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Programma Elettorale Europee 2024

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SINTESI

1. COSTRUTTORI DI PACE
Stop all'invio di armi in Ucraina e Conferenza di pace. Nessun fondo europeo per l'industria delle armi. Cessate il fuoco a Gaza e soluzione "due popoli, due Stati"

2. NO AUSTERITY, EUROPA SOCIALE E INNOVAZIONE GIUSTA
Lotta alla povertà e alle disuguaglianze. Creazione di una nuova cultura economica e finanziaria che sia davvero sostenibile e al servizio dei cittadini

3. TUTELA AMBIENTE E ANIMALI. TRANSIZIONE VERDE E GIUSTA
Più tutele per gli animali e stop all'allevamento e al commercio di pellicce.
Tutela delle piccole e medie imprese per una transizione davvero equa e inclusiva

4. TOLLERANZA ZERO SU CORRUZIONE E CONFLITTI DI INTERESSE
Regole più dure contro la malapolitica.
Lotta a mafie e riciclaggio di denaro a livello europeo

5. DIRITTI VERI, DIRITTI PER TUTTI
Eliminazione di ogni genere di discriminazione in ogni ambito.
Standard europei per sanità e scuola.

1. RIPORTARE LA PACE IN EUROPA

La politica estera dell’Unione europea deve focalizzarsi sul rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto, delle libertà individuali, della democrazia e dello sviluppo sostenibile nel mondo. Questi obiettivi si devono raggiungere non attraverso l’uso della forza e dell’intimidazione ma attraverso la diplomazia e la moral suasion.
La pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale devono quindi essere la bussola dell’azione europea in particolare nei teatri di guerra in Ucraina, in Medio Oriente, tra Armenia e Azerbaijan, in Yemen e Sudan, per citare i casi più urgenti. La difesa comune europea deve essere uno strumento di peacekeeping al servizio delle Nazioni Unite: un Commissario alla difesa non significa un Commissario alla guerra. È necessaria una razionalizzazione della spesa militare tramite i tagli agli sprechi e i risparmi derivanti dall’economia di scala. È importante colmare il gap tecnologico dell’industria europea, in particolare sul tema dell’intelligenza artificiale. La collaborazione e l’adesione alla Nato, mai messa in discussione, va sviluppata in chiave puramente difensiva. Non è con la guerra che si ottiene la pace, come sancisce la nostra Costituzione nel suo articolo 11.

1.1 UNA CONFERENZA DI PACE PER FERMARE LA GUERRA IN UCRAINA

La guerra in Ucraina va avanti da oltre due anni. Fin da subito abbiamo condannato l’invasione di Putin. Al popolo ucraino va tutto il nostro supporto, ma adesso diciamo basta all’invio di nuove armi e perseguiamo in tutti i modi la pace. L’Unione europea deve tornare protagonista nello scenario internazionale promuovendo incisive azioni diplomatiche volte all’immediato cessate il fuoco e all’avvio di negoziati per il raggiungimento di una soluzione politica, giusta, equilibrata, duratura, adoperandosi da subito per una Conferenza di pace da tenersi sotto l’egida delle Nazioni Unite. All’Europa serve un Commissario per la pace.

1.2 DUE STATI E DUE POPOLI IN MEDIO ORIENTE

La pace è l’unica opzione possibile in Medio Oriente. Condanniamo gli attacchi e le violenze perpetrate da Hamas il 7 ottobre e tutte le forme di terrorismo. Chiediamo l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani. La risposta dell’esercito israeliano a Gaza non ha risparmiato civili, donne e bambini. In questo modo non arriveremo mai a una pace duratura e a una civile convivenza: bisogna in ogni modo perseguire il “cessate il fuoco” immediato.
Israele deve rispettare le risoluzioni dell’ONU che invitano i coloni a lasciare i territori occupati. L’occupazione della Palestina è illegale e impedisce qualsiasi opzione di pace. Per questa ragione l’Unione europea deve combatterla mettendo anche in discussione l’accordo di associazione UE-Israele siglato nel 1995. Deve iniziare il processo di riconoscimento dello Stato della Palestina.

1.3 IL MEDITERRANEO CULLA DELL’UE

In una politica estera europea sempre più sbilanciata verso oriente sia a causa della Russia che del crescente ruolo della Cina, va rilanciato il ruolo cruciale del Mediterraneo allargato per la nostra sicurezza e la nostra prosperità. L’istituzione di accordi di partenariato, sia bilateralmente che nei quadri multilaterali, sono fondamentali per affrontare le sfide comuni regionali, quali ad esempio la migrazione, il cambiamento climatico, la transizione verde e la sicurezza alimentare. L’Unione europea si deve impegnare maggiormente affinché tutti i suoi Stati membri raggiungano l’obiettivo di destinare lo 0,7% del Pil alla cooperazione allo sviluppo che deve supportare attività di microcredito e il supporto a filiere del cibo sostenibile ed eque.

Chiediamo inoltre che l’Unione europea sia più risoluta nel tutelare i propri cittadini anche attraverso prese di posizione verso Paesi terzi più decise, come nel caso di Giulio Regeni e dell’Egitto, con il quale le relazioni dovrebbero essere riviste anche alla luce della scarsa cooperazione ricevuta nell’indagare e nell’identificare i responsabili delle vicende che hanno portato alla morte di Giulio.

1.4 SANZIONI PER CHI VENDE ARMI AI PAESI IN CONFLITTO

È necessario un regime più rigido nell’export di armi, in particolare chiedendo un maggior rispetto della Posizione comune europea sull’export di armi. Questa posizione del Consiglio adottata nel 2008 include otto criteri comuni minimi che devono essere presi in considerazione dagli Stati membri al momento di valutare le domande di licenza di esportazione di tecnologia e attrezzature militari. Ciononostante, l’Unione continua a essere il secondo esportatore di armi a livello mondiale, spesso anche verso Paesi che dovrebbero essere esclusi perché non rispettano la Posizione comune. Abbiamo ripetutamente denunciato queste violazioni e chiesto insistentemente l’introduzione di sanzioni, ora assenti, in una futura revisione della proposta in caso di violazioni, oltre a una maggiore trasparenza degli Stati Membri riguardo alle loro esportazioni. Più in generale siamo a favore di forti regimi multilaterali di controllo degli armamenti e di non proliferazione nucleare, nonché a politiche di disarmo.

1.5 ALLARGAMENTO SÌ, MA NON PER TUTTI

Sosteniamo fermamente l’adesione dei Paesi dei Balcani occidentali al progetto europeo. Questo processo va accelerato e consideriamo la loro integrazione nell’Unione europea come un passo naturale nell’evoluzione dell’Unione. Questi Paesi sono geograficamente, socialmente e culturalmente europei in toto e la loro inclusione porterebbe benefici a tutte le parti coinvolte. Le legittime aspirazioni europee di molti Paesi vanno commisurate con il rispetto di tutte le tappe e le condizioni necessarie, senza accettare scorciatoie o agevolazioni basate sulle circostanze. Per quanto riguarda la Turchia, abbiamo fin dall’inizio espresso dubbi, notando il progressivo allontanamento di Istanbul dai valori europei. Pertanto, sosteniamo la necessità di sospendere le negoziazioni, dirottando i finanziamenti previsti verso la società civile turca.

1.6 UE-CINA: NESSUNA SUDDITANZA

Con la Cina dobbiamo tenere aperto il canale del dialogo così da perseguire degli obiettivi comuni su alcuni dossier multilaterali come ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici e il rispetto dei diritti umani. Tuttavia, non possiamo ignorare le sanzioni che sono state imposte in modo irragionevole su alcuni membri del Parlamento europeo. Queste sanzioni vanno tolte. Consideriamo le cosiddette esercitazioni militari vicino a Taiwan come molto pericolose ed esprimiamo preoccupazione per il rispetto dei diritti umani ad Hong Kong e contro la minoranza degli uiguri. L’Europa deve proteggere le proprie infrastrutture strategiche e la sovranità tecnologica e cambiare strategia per contrastare l’influenza cinese.

1.7 FONDI EUROPEI PER LO SVILUPPO E NON PER LE ARMI

Le politiche energetiche e di decarbonizzazione e resilienza e lo stanziamento di fondi eccezionali a loro sostegno non possono essere trasformate in politiche a sostegno del riarmo. Le norme europee dovrebbero prevedere una clausola di protezione a riguardo che stabilisca la non percorribilità di questa opzione. Proponiamo dunque il divieto di cambio di destinazione dei fondi europei per scopi militari. La possibilità di spostare nel regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni, definito ASAP, fondi inizialmente destinati a ben altri scopi (fondi di coesione e dei Piani nazionali di ripresa e resilienza) verso la produzione di munizioni ha determinato un precedente grave e preoccupante deve far tenere alta la guardia affinché le norme siano scritte in modo che questo non possa avvenire in nessun caso. Lo scorporo dal Patto di stabilità e crescita deve riguardare solo le politiche di decarbonizzazione e resilienza ed autonomia strategia industriale, o di supporto alla sanità ed istruzione, e non le spese militari.

2. UN’UNIONE EUROPEA CHE FUNZIONI: RIFORMIAMO I TRATTATI

Dai ricatti di Orban alla negazione dei diritti fondamentali, dalle tasse alle multinazionali alle crescenti disuguaglianze sociali: se l’Unione europea vuole davvero dimostrarsi all’altezza delle sfide attuali deve iniziare il percorso di riforma dei Trattati e rafforzare i suoi processi democratici. Le proposte dei cittadini inserite nella relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa sono ambiziose e incisive e le sosteniamo in pieno. Alcune delle misure proposte possono essere attuate nel contesto dell’attuale quadro giuridico di riferimento mentre altre richiedono una modifica dei Trattati per ottenere piena attuazione.

2.1 LE NOSTRE PROPOSTE

Sostituire il voto all’unanimità con il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e attribuire al Parlamento europeo il diritto di iniziativa legislativa come avviene in tutti i Parlamenti nazionali. Al Parlamento europeo (e non al Consiglio europeo) va assegnato il potere di nominare il Presidente della Commissione europea. Chiediamo l’istituzione di un referendum abrogativo a livello europeo, in modo che i cittadini di almeno un terzo degli Stati membri possano chiedere di abrogare un atto giuridico. Il referendum sarebbe valido con il raggiungimento del quorum del 25% e il controllo amministrativo sarebbe affidato alla Corte di Giustizia. Con questo tipo di strumento il cittadino europeo, oltre ad avere un ruolo attivo, prenderebbe coscienza di essere un protagonista della democrazia europea e non più un semplice soggetto passivo come invece accade oggi. È una priorità la riforma del meccanismo ex articolo 7 sullo Stato di diritto, in particolare quella che concerne l’eliminazione del riferimento all’unanimità.
La trasparenza del processo decisionale dell’Unione deve essere migliorata, a partire dai triloghi che devono essere pubblici e il Consiglio deve sempre pubblicare le relative posizioni degli Stati membri sui provvedimenti.
Chiediamo di assegnare all’Unione europea competenza esclusiva per contrastare la crisi climatica e di aumentare le competenze condivise in materia di sanità, protezione civile, industria, istruzione, energia, diritti dei cittadini, affari esteri, sicurezza esterna e difesa, politica delle frontiere esterne, libertà, sicurezza, giustizia e immigrazione.

2.2 UNA SEDE UNICA PER IL PARLAMENTO EUROPEO

La riforma dei Trattati europei deve essere la storica occasione per modificare l’art. 341 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) assegnando al Parlamento europeo la sede unica di Bruxelles. La sede di Strasburgo dal nostro punto di vista deve diventare un hub di promozione della pace e di difesa dei diritti umani nel mondo. L’UE deve istituire un Corpo Diplomatico di Pace dedicato alla risoluzione dei conflitti e delle crisi nel mondo: si tratta di un vero e proprio corpo autonomo di intervento nelle aree di crisi e a rischio di escalation, portatore del know how della costruzione della pace e aperto alle iniziative della società civile. Investiamo nella pace i 70 milioni annui che risparmieremmo chiudendo la doppia sede di Strasburgo.

2.3 CANDIDATURE AL PARLAMENTO SENZA INGANNI

L’elezione dei deputati al Parlamento europeo deve avvenire secondo principi comuni a tutti gli Stati membri. La legge europea stabilisce già alcuni di questi principi, quali per esempio l’incompatibilità fra mandati nazionali ed europei (per esempio, un eurodeputato non può essere anche membro di un governo o di un Parlamento nazionale). È necessario estendere questo insieme di regole anche al processo delle candidature per assicurare la giusta trasparenza verso i cittadini.

2.4 UN’UNIONE CHE APPLICA LA DEMOCRAZIA DIRETTA

L’iniziativa dei cittadini europei (ICE) è uno strumento importante per garantire e rafforzare in modo significativo la partecipazione dei cittadini, inclusi i giovani, alla vita democratica dell’Unione europea. Attraverso l’ICE, raccogliendo almeno un milione di firme di cittadini di almeno sette Stati membri dell’Unione, si può chiedere alla Commissione europea di presentare un atto giuridico in un campo di sua competenza. Si tratta di uno strumento molto importante già usato in circa cento occasioni, ma solo nel dieci per cento dei casi si è arrivati al quorum richiesto. Nonostante le modifiche adottate nel 2020, presentare un’ICE è ancora un processo difficile e non obbliga la Commissione a presentare una proposta legislativa. Pertanto, è necessario riformare questo strumento per renderlo di più facile approccio, snello ed efficace, supportato anche da un sistema efficiente di divulgazione e promozione all’interno dell’Unione.
Nella necessaria revisione dei Trattati l’ICE deve diventare un autentico processo di iniziativa legislativa dei cittadini a livello dell’UE e le proposte che ottengono il supporto necessario devono essere recepite dalla Commissione europea e trasformate in una proposta legislativa. La riforma di questo strumento deve anche prevedere un sostegno finanziario alle ICE che ricevono un milione di firme e un sostegno progressivo a quelle iniziative che raggiungono determinate soglie di sottoscrizione.
Proponiamo inoltre l’estensione di questa piattaforma anche ad altri ambiti di partecipazione democratica, concedendone l’uso a ciascun Paese membro in base alle forme previste dalla propria legislazione nazionale, oltre che agli enti locali per quanto riguarda le iniziative che coinvolgono ambiti di loro competenza.

2.5 LA SALUTE COME COMPETENZA CONCORRENTE

Su temi cruciali come quello della salute serve una marcia in più. La pandemia ha dimostrato che su questi temi gli Stati da soli non bastano. Per questo chiederemo la riforma dei Trattati affinché la salute, diritto pubblico fondamentale, diventi una competenza concorrente tra Unione e Stati Membri. I campi di intervento sarebbero numerosi: dalla ricerca sulle malattie rare alla resistenza antimicrobica, dai vaccini all’acquisto congiunto di medicinali critici.

2.6 SCOMPUTO INVESTIMENTI SANITARI DA PATTO STABILITÀ

L’emergenza pandemica ha messo in luce la necessità di potenziare i sistemi sanitari a livello globale e ha evidenziato criticità e fragilità nei vari Paesi sia in termini di risorse umane che infrastrutturali. L’invecchiamento della popolazione pone sfide che rendono ancora più urgente l’aumento degli investimenti in salute. Riteniamo fondamentale che l’Unione europea renda più flessibile il Patto di stabilità e crescita, consentendo lo scomputo degli investimenti nel settore sanitario dal calcolo del deficit pubblico. Tale modifica consentirebbe ai Paesi membri di investire in infrastrutture sanitarie, servizi e personale senza incorrere in sanzioni per non aver rispettato i parametri di bilancio stabiliti dal Patto. Ovviamente, è importante monitorare attentamente le criticità connesse ad eventuali abusi, prevedendo un approccio basato su criteri chiari e trasparenti per determinare quali investimenti nel settore sanitario possano essere esclusi dal calcolo del deficit pubblico. Solo così potremo incrementare l’organico medico e infermieristico, garantendo una più efficiente sanità di prossimità.

3. PER UNA UNIONE DEI DIRITTI

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea garantisce i diritti fondamentali dei cittadini europei. Tuttavia, questi diritti civili, politici, economici, sociali e culturali troppo spesso restano sulla carta e vengono negati nella vita quotidiana dei cittadini. Serve un cambio di passo, un salto di qualità per trasformare in realtà quello che avevano sognato i nostri Padri fondatori. I valori europei contenuti nei Trattati sono elencati nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea (TEU) e sono il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Oltre a essere uno dei valori fondanti dell’UE, il rispetto dello stato di diritto è altresì la condizione fondamentale per la tutela di tutti gli altri valori su cui si basa l’UE e per il suo stesso funzionamento tra cui la corretta applicazione e il rispetto del diritto europeo, il corretto funzionamento del mercato interno e il mantenimento della fiducia reciproca tra i Paesi membri. Il rispetto dello stato di diritto presuppone un sistema giudiziario indipendente cui i cittadini possono avere accesso per veder tutelati i propri diritti, un’amministrazione pubblica scevra da corruzione e media liberi e indipendenti, e l’eliminazione di ogni forma di discriminazione all’interno degli Stati membri dell’Unione europea.

3.1 UNA STAMPA LIBERA E INDIPENDENTE

Il rapporto della Commissione europea sullo Stato di diritto del 2022, la piattaforma Mapping Media Freedom e Media Pluralism Monitor hanno evidenziato una regressione della libertà dei media nell’UE. Negli ultimi anni numerosi giornalisti sono stati assassinati a causa del loro lavoro: ricordiamo la giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata nel 2017, il giornalista slovacco Ján Kuciak, ucciso insieme alla sua fidanzata nella loro casa nel 2018, il giornalista greco Socrates Giolias nel 2010 e il reporter olandese Peter de Vries colpito a morte mentre usciva da uno studio televisivo nel 2021. Gli omicidi rappresentano il metodo più estremo e visibile impiegato per far tacere i giornalisti. Tuttavia, altri metodi meno visibili sono utilizzati in Europa.
Numerosi giornalisti sono stati arrestati o detenuti, hanno subito attacchi, molestie e intimidazioni o hanno fatto ricorso all’autocensura per evitare problemi. Il caso più clamoroso è rappresentato da Julian Assange, che si trova in carcere da oltre cinque anni per aver svelato dei crimini di guerra. Chiediamo alla Commissione europea di intervenire sul governo inglese e su quello americano per la sua liberazione immediata.
In UE esistono già diversi strumenti per tutelare la stampa quali per esempio la direttiva sulla protezione degli informatori (whistleblowers). Tuttavia, la Commissione ha riconosciuto che sono necessari nuovi provvedimenti per contrastare la crescente politicizzazione dei media in alcuni Stati membri e per aggiornare gli strumenti esistenti a livello europeo. Nella prossima legislatura sarà importante monitorare il corretto recepimento della direttiva contro le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (la cosiddetta direttiva anti-SLAAP) e continuare a rafforzare la normativa a tutela del giornalismo investigativo. La Commissione europea deve inoltre vigilare che gli Stati membri applichino correttamente i principi del Media Freedom Act, approvato nell’ultima legislatura, che vietano l’occupazione politica delle tv pubbliche. Vogliamo inoltre adottare un piano d’azione europeo per i media utilizzando le risorse del bilancio europeo per sostenere il giornalismo indipendente, introdurre standard e parametri di riferimento sulla libertà dei media a livello europeo, misure per promuovere il giornalismo di alta qualità e sostenere le condizioni di lavoro dei giornalisti. Riteniamo di fondamentale importanza, infine, istituire un meccanismo di allerta preventiva o rapida a livello europeo tramite l’istituzione di una linea telefonica dedicata a disposizione dei giornalisti che richiedono protezione.

3.2 L’UE NON È UN BANCOMAT MA UNA COMUNITÀ DI VALORI

Sosteniamo l’importanza del rispetto dello stato di diritto quale presupposto di ogni democrazia sana e ribadiamo la necessità di istituire una vera e propria strategia interna dei diritti fondamentali dell’UE basata sull’applicazione dell’articolo 2 TUE (Trattato sull’Unione europea) e che coinvolga tutti gli organi dell’Unione attivi nel campo del rispetto dei diritti fondamentali. La riforma della procedura ex articolo 7 TUE deve prevedere l’eliminazione del requisito dell’unanimità in seno al Consiglio e inoltre il Parlamento europeo deve essere coinvolto nelle audizioni per determinare il rispetto dello stato di diritto. Sosteniamo la necessità di continuare a finanziare gli attori della società civile attivi nella tutela dei diritti umani e della democrazia e dello stato di diritto negli Stati membri. Anche in questo contesto, ribadiamo l’importanza di efficaci azioni di contrasto alla corruzione che rappresenta una concreta minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia, i diritti umani e il trattamento equo di tutti i cittadini.

3.3 MAI PIÙ QATARGATE E POLITICI PAGATI DA LOBBY: IL DIRITTO ALLA TRASPARENZA

Lo scandalo Qatargate ha svelato i tanti, troppi, tentativi da parte di attori stranieri di condizionare la democrazia europea. È arrivato il momento di rafforzare le regole, prevenire i conflitti di interesse e vietare in modo esplicito ogni tipo di finanziamento opaco ai partiti politici. Proponiamo il divieto per gli europarlamentari di ricevere consulenze da parte di fondazioni e/o entità legate a Stati stranieri. Il Parlamento europeo ha adottato alcune modifiche al proprio regolamento interno con l’obiettivo di rafforzare la trasparenza e prevenire i conflitti di interesse e la corruzione dei deputati. Queste modifiche rappresentano una buona base di partenza, tuttavia, offrono soluzioni ancora limitate e sempre basate sull’auto-applicazione delle regole esistenti. È stata approvata inoltre la creazione di un organismo etico interistituzionale per preparare standard minimi applicabili a tutti i membri eletti o nominati delle Istituzioni europee. Temiamo che questa nuova entità non sarà in grado di prevenire i problemi emersi dal Qatargate. La composizione del Comitato interno va modificata includendovi membri indipendenti e non solo deputati.
Per rafforzare la trasparenza all’interno delle Istituzioni europee proponiamo di rivedere il Codice di condotta dei deputati prevedendo delle sanzioni in caso di violazione. Inoltre, se un deputato viene dichiarato colpevole di un reato commesso con dolo correlato all’esercizio delle proprie funzioni, deve perdere i benefici relativi al mandato, come, ad esempio, il trattamento pensionistico. Va rafforzato il registro di trasparenza, non solo rendendone la registrazione obbligatoria a tutti i rappresentanti di interesse, ma anche dotando il segretariato di maggiori risorse per poter espletare controlli circa l’effettiva veridicità delle dichiarazioni in esso contenute.
Serve un periodo di raffreddamento più lungo di quanto previsto oggi e equivalente all’indennità transitoria che i deputati ricevono. Le attività secondarie retribuite e non dei deputati vanno bandite. Le regole sulla protezione degli informatori vanno allineate alla direttiva europea sugli informatori che, al momento, non si applica allo staff del Parlamento europeo. Va introdotta una rotazione degli incarichi dei funzionari dei gruppi politici, così come già avviene per i funzionari in forza all’amministrazione del Parlamento (ogni sette anni).
Infine, proponiamo di rivedere la procedura decisionale in seno al Bureau del Parlamento europeo al fine di assicurare una maggiore trasparenza e responsabilità dei suoi organi direttivi, includendo la pubblicazione proattiva e tempestiva di tutti i documenti le cui decisioni risultano opache persino agli occhi degli stessi deputati, figuriamoci dei cittadini.

3.4 VIOLENZA SULLE DONNE, UN DRAMMA EUROPEO

La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più sistematiche e comuni a livello mondiale e purtroppo i Paesi dell’UE non fanno eccezione. Una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale, per lo più da parte di partner intimi.
Le donne sono vittime di violenza anche sul posto di lavoro: circa un terzo delle donne nell’Unione europea vittime di molestie sessuali le ha infatti subite sul lavoro, ciò è fonte di grave discriminazione e impedisce che le donne possano sviluppare a pieno il loro potenziale al pari degli uomini.
Nella prossima legislatura continueremo a lavorare per promuovere la parità di genere quale valore cardine dell’Unione europea, un diritto fondamentale e un principio chiave del pilastro europeo dei diritti sociali. La direttiva europea sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica purtroppo è passata senza prevedere fra i crimini europei quello di stupro, le molestie sul lavoro e le mutilazioni genitali femminili. Queste lacune, stralciate dal testo originale in un secondo momento, sono inaccettabili e segnano un passo indietro nel contrasto al fenomeno della violenza maschile contro le donne. Per questo motivo il Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo ha espresso voto contrario. Nella prossima legislatura il nostro impegno sarà per una direttiva che sia davvero di tutela delle vittime e delle potenziali vittime, senza compromessi ideologici. Alla luce dei continui femminicidi è importante punire i colpevoli ma anche porre l’accento sulla prevenzione. Sosteniamo programmi educativi per i ragazzi e ragazze alla parità di genere, allo sviluppo di relazioni non violente e per una sana e consapevole sessualità. Fondamentale rimane il sostegno alle vittime di violenza e l’accesso gratuito ai servizi socio-sanitari di qualità, compreso il diritto a un aborto legale e sicuro che va garantito in tutta l’Unione.
Proponiamo di ampliare le direttive europee sulla violenza domestica, integrando specifiche linee guida per affrontare la violenza sulle donne nei casi di separazione, ponendo particolare attenzione alla protezione dei minori coinvolti. Inoltre vanno stabiliti criteri chiari e misure di protezione nei processi di affido quando ci sono prove di violenza domestica, assicurando il benessere del minore e la sicurezza della madre.
È fondamentale promuovere la formazione degli operatori giudiziari e dei servizi sociali in tutta Europa, per garantire un’adeguata comprensione e gestione dei casi di violenza domestica in contesti di separazione e si deve assicurare alle vittime un accesso facilitato a supporto legale e psicologico, soprattutto durante i processi di separazione e affido.
A livello europeo vanno raccolti dati sui casi di violenza domestica in contesti di separazione, per comprendere meglio il fenomeno e sviluppare politiche più efficaci, collaborando anche con organizzazioni internazionali per condividere migliori pratiche e strategie di intervento. Sosteniamo programmi di supporto per le famiglie come la creazione di un Osservatorio europeo, dedicato allo studio e monitoraggio delle dinamiche di violenza nelle separazioni, con focus sugli affidi. L’Unione europea deve elaborare infine linee guida specifiche per i Tribunali su come gestire i casi di affido in presenza di violenza domestica.

3.5 ADOZIONI INTERNAZIONALI E AFFIDI DEI MINORI

È necessario promuovere una collaborazione internazionale per rafforzare i legami con le agenzie internazionali di adozione per garantire processi trasparenti e etici, incoraggiando gli scambi di buone pratiche tra i Paesi membri dell’Unione europea su adozioni e affidi. Proponiamo la standardizzazione delle leggi e delle procedure di adozione e affido in tutti i Paesi membri dell’Unione, introducendo standard minimi comuni per garantire la protezione dei diritti dei minori. Inoltre, prevediamo programmi di formazione per genitori adottivi e affidatari su tematiche come l’integrazione culturale e il supporto emotivo, fornendo, inoltre, assistenza finanziaria e psicologica alle famiglie che adottano o prendono in affido minori.
I diritti dei minori siano sempre al centro del processo di adozione e affido, promuovendo campagne di sensibilizzazione sui diritti dei minori e sulle adozioni internazionali. È necessaria una collaborazione con organismi internazionali per combattere il traffico di minori, implementando sistemi di monitoraggio e verifica per prevenire le adozioni illegali. Infine è doverosa la promozione dell’inclusione sociale dei minori adottati o in affido, soprattutto quelli provenienti da contesti culturali diversi, realizzando campagne di informazione per ridurre lo stigma associato all’adozione e all’affido. Promuoviamo anche un’intensificazione del lavoro a stretto contatto con ONG e organizzazioni che si occupano di adozioni e affidi per arricchire e implementare le politiche, favorendo progetti di supporto e assistenza ai minori in situazioni di vulnerabilità.

3.6 PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA COME NUOVO DIRITTO

In Europa non esiste un atteggiamento univoco nel difendere la procreazione come diritto della persona. Se Francia e in Spagna, per esempio, hanno recentemente esteso la procreazione medicalmente assistita (PMA) a tutte le donne, in Italia e molti Paesi dell’est esistono paletti e divieti che invece limitano il ricorso a questa pratica alimentando anche il cosiddetto “turismo procreativo”. L’Unione europea deve riconoscere pari diritti a tutte le sue cittadine nell’accesso alla PMA e garantire che questo diritto alla salute venga riconosciuto dai sistemi sanitari nazionali degli Stati membri. Tutte le donne che desiderano portare avanti una gravidanza, a prescindere dal loro orientamento sessuale e dal loro status civile, devono essere in grado di realizzare il loro sogno. La scienza oggi ci può aiutare in questo percorso: utilizziamola!

3.7 PARI DIRITTI PER LE FAMIGLIE ARCOBALENO

L’Unione europea è il faro della difesa dei diritti fondamentali dei cittadini nel mondo e ha fatto della protezione della diversità una delle sue principali battaglie. Al Parlamento europeo abbiamo promosso e sostenuto ogni iniziativa politica volta a far rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il divieto di discriminazione è scritto nero su bianco nei Trattati fondativi e molte direttive tutelano i diritti della comunità LGBTQIA+.
Secondo il sondaggio European LGBTI Survey 2020 il 43% delle persone LGBTQIA+in Europa si sente discriminato. Dobbiamo fare di più e trasformare in provvedimenti legislativi la strategia per l’uguaglianza delle persone LGBTQIA+ presentata nel novembre 2020 dalla Commissione europea. Nella Carta dei Principi e dei valori presente nello Statuto del Movimento 5 Stelle c’è scritto che: “le libertà individuali sono un caposaldo di uno Stato laico. E dunque, tra i diritti e le libertà fondamentali, va ricompreso il pieno diritto ad amare e ad essere amati, nel rispetto delle identità sessuali e di genere. Ogni forma di discriminazione va combattuta, valorizzando un approccio culturale basato sul rispetto dell’altro”. La prima strategia dell’Unione sull’uguaglianza delle persone LGBTQIA+ 2020- 2025 è stata sicuramente un momento importante ma non sufficiente.
Grazie a numerose petizioni presentate al Parlamento europeo, da noi sempre sostenute, per la prima volta la Commissione europea nel 2022 ha presentato un regolamento che prevede l’armonizzazione delle norme di diritto internazionale privato sulla genitorialità. Questo significa che “la genitorialità stabilita in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale”, incluso il riconoscimento per i “genitori dello stesso sesso”. E quindi che i figli delle famiglie omogenitoriali avranno gli stessi diritti in tutti i Paesi membri.
Inoltre, sulla base della sentenza 14 dicembre 2021 della Corte di Giustizia UE, deve essere fatto rispettare l’articolo 2 della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo che chiede agli Stati di rispettare i diritti dei bambini senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali.
È urgente che la direttiva sul principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, che è sul tavolo del Consiglio dal 2008 perché bloccata da alcuni Paesi governati da maggioranze di estrema destra, venga approvata quanto prima.

3.8 ADDIO BARRIERE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

L’Unione europea deve favorire politiche di sostegno per le persone con disabilità e prevedere fondi europei ad hoc per sostenere in particolar modo i casi più gravi. La strategia europea sulla disabilità è disattesa in molti punti. In Europa vi sono troppi edifici pubblici con barriere architettoniche e questa rappresenta una odiosa forma di discriminazione. La Commissione europea deve promuovere la piena inclusività di tutti i suoi cittadini e prevedere una quota minima dei fondi stanziati per lo sviluppo urbano agli investimenti per una completa accessibilità a persone con disabilità. Serve una revisione globale e trasversale della legislazione e dei programmi di finanziamento dell’UE, con l’obiettivo di garantire il pieno rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) coinvolgendo in modo costruttivo le relative organizzazioni e i membri del quadro dell’Unione.
Nel 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva orizzontale antidiscriminazione concernente una vasta gamma di ambiti come l’istruzione, la protezione sociale, l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura. Tuttavia, a distanza di oltre 15 anni, il Consiglio non ha mai assunto una posizione e, malgrado i ripetuti inviti del Parlamento europeo, la proposta resta bloccata in seno al Consiglio. Questo perché alcuni Stati membri ostacolano il compimento di progressi concreti su questo fascicolo. Questo provvedimento va approvato quanto prima. Uno degli obiettivi da raggiungere nella prossima legislatura è quello di garantire anche l’implementazione di programmi di deistituzionalizzazione delle persone con disabilità e la loro massima autonomia, con progetti di vita indipendente e autodeterminata da sostenere in tutti i Paesi membri, nel rispetto della convenzione ONU sulla disabilità.

3.9 SPORT, IL MODELLO AUSTRALIANO PER TUTELARE I MINORI

Con il trattato di Lisbona l’Unione europea ha acquisito una competenza specifica nel campo dello sport e la protezione dell’integrità fisica e morale degli sportivi dovrebbe essere il primo fondamento dell’attività del Parlamento europeo nello sport.
Gli abusi sessuali sui minori nello sport sono una piaga che va considerata e contrastata. Spesso la violenza è conosciuta ma nascosta da un ambiente connivente, soprattutto se chi commette il reato è considerato un “vincente”.
Per poter svolgere attività sportive in totale sicurezza proponiamo, sul modello australiano della “Working with children”, la creazione di un certificato che sia un lasciapassare per poter lavorare con minorenni. Questo permesso viene rilasciato dopo un processo di screening atto a valutare, e rivalutare anche in un secondo momento, le persone che lavorano o si prendono cura di minori. Tale permesso deve esaminare, ad esempio, la fedina penale in tutti gli Stati europei e la condotta professionale.

3.10 PREVENZIONE E CONTRASTO DEL CYBERBULLISMO: INTRODUZIONE DEL DASPO VIRTUALE

Il rapporto con i supporti digitali coinvolge i bambini fin dalla prima infanzia: dallo smartphone dei genitori, ai videogiochi, fino al gaming online e ai social network.
Occorre intervenire a livello europeo per una disciplina omogenea in tutti i Paesi membri per prevenire con misure più efficaci i fenomeni del cyber-bullismo e delle “challenge online”. È necessario partire da una normativa uniforme a livello europeo che preveda in tutti i Paesi membri l’obbligo dell’age verification per l’accesso ai social network e ad altre piattaforme. A tal fine, sarebbe utile ed opportuno portare a termine in tutti i Paesi membri il progetto del cosiddetto “SPID europeo”, ovvero, l’uso dell’eID (Electronic identification) per verificare l’età dei minori. Bisogna realizzare un’infrastruttura tecnica interoperabile e transfrontaliera che, pur rendendo anonimi i dati, possa essere capace di rendere funzionali meccanismi di protezione dei minori online (come appunto con la verifica dell’età) e meccanismi di consenso dei genitori basati sulla legislazione dell’UE pertinente come Audio Visual Media Services Directive (AVMSD) e GDPR, in primis.
Contro gli autori di condotte di violenza perpetrate sui social network - sia essa un’offesa, stalking, un atto di bullismo virtuale o anche solo la pubblicazione e diffusione di condotte di vita pericolose, come le challenge - va utilizzato l’istituto del “daspo”, che già esiste per chi si macchia di comportamenti violenti perpetrati in occasione degli eventi sportivi. Questo meccanismo va esteso alla rete così da intervenire nell’immediatezza di una condotta socialmente pericolosa, inibendo all’autore di quella condotta l’accesso ai social media e alle piattaforme che diffondono contenuti audiovisivi per un arco temporale commisurato alla gravità della condotta e alla platea di utenti che l’autore è in grado di raggiungere.
Il meccanismo di tutela verrebbe azionato su iniziativa dell’Autorità o su istanza della parte vittima della situazione o di chiunque intenda segnalare la pubblicazione di contenuti criminogeni o comunque ispiratori di condotte di vita pericolose per l’incolumità propria o altrui.

4. UN’ECONOMIA AL SERVIZIO DEI CITTADINI: STOP AUSTERITY

Il governo Meloni ci ha riportati dritti nell’austerity. Dopo la sospensione del Patto di Stabilità decisa durante la pandemia, avevamo la storica occasione di cambiare dalle fondamenta i rigidi vincoli previsti dalla governance economica europea. In particolare, i principi privi di una reale giustificazione economica, dal debito sotto al 60% del Pil al deficit non oltre il 3%, sono rimasti invariati. In sede europea il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha subìto passivamente l’accordo franco-tedesco sulla riforma di questo Patto. Successivamente al Parlamento europeo siamo stati l’unica forza politica italiana a votare contro una proposta di riforma che prevede un taglio dell’1% del debito pubblico l’anno, il che comporterebbe una diminuzione della spesa per scuole, ospedali, trasporti, pensioni e minori investimenti produttivi. In sostanza, il nuovo Patto di Stabilità chiede ai Paesi in difficoltà uno sforzo fiscale maggiore alimentando quella che si chiama una “Europa a due velocità” che lascia indietro i Paesi più poveri e favorisce quelli che stanno meglio. Noi non ci arrendiamo all’Europa dell’austerity e continueremo a lottare per il rilancio delle economie europee con politiche espansive, mentre si decide di tornare indietro con le fallimentari dottrine dell’austerità, delle privatizzazioni selvagge e del rigorismo finanziario. Vogliamo includere uno strumento simile a una golden rule, ossia la detrazione dal debito di alcuni investimenti produttivi tra cui quelli green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei nonché lo scorporo degli investimenti produttivi in capitale umano.

4.1 PER UNA ECONOMIA PIÙ SOSTENIBILE

La transizione verso un’economia a basse emissione di carbonio deve passare verso la promozione di investimenti e incentivi per la produzione e l’adozione di energie rinnovabili, come l’energia solare e eolica, può ridurre le emissioni di gas serra e favorire la creazione di posti di lavoro nel settore delle energie pulite. L’economia circolare deve introdurre nuovi strumenti e agevolazioni per ridurre gli sprechi e l’utilizzo delle risorse e promuovendo il riciclo, il riutilizzo e il ripristino dei materiali, nonché allungando la vita utile dei beni. Questa prospettiva comprende politiche per ridurre l’uso di plastica monouso, promuovere l’eco-design dei prodotti e incoraggiare l’economia del riutilizzo. Altro obiettivo è quello di migliorare l’efficienza energetica negli edifici, nei trasporti e nell’industria per ridurre i consumi energetici e i costi, oltre che favorire l’innovazione tecnologica e introdurre norme più rigide sull’efficienza energetica nella costruzione e ristrutturazione degli edifici, favorire l’acquisizione di veicoli a basse emissioni e incoraggiare l’uso di tecnologie e pratiche più efficienti dal punto di vista energetico. È necessario promuovere una politica comune d’investimento nella ricerca e nell’innovazione dei settori economici strategici per favorire la competitività delle imprese e sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate che possano contribuire alla transizione verso un’economia verde, la ricerca delle energie rinnovabili, la mobilità verde, la gestione dei rifiuti, lo sviluppo di tecnologie pulite e sostenibili e la promozione dell’innovazione nel settore dell’energia.

4.2 UN BILANCIO FEDERALE FINALMENTE AMBIZIOSO…

L’attuale bilancio europeo ammonta a poco più dell’1% del PIL dell’Unione, un valore esiguo per affrontare le sfide che l’economia fronteggerà nei prossimi anni: transizione verde, investimenti ad elevata intensità tecnologica, sviluppo di aree arretrare, sanità e sicurezza sociale. L’Unione deve giocare un ruolo da protagonista nella realizzazione delle politiche economiche del futuro, e per farlo è necessario ampliare la dimensione del bilancio. Estendere la capacità di spesa dell’UE in modo permanente e strutturale aiuterà a sostenere la realizzazione di investimenti ad alto potenziale di crescita e a sostegno della coesione e dello sviluppo delle aree più svantaggiate. L’espansione della capacità di spesa favorirebbe inoltre la creazione di uno strumento di stabilizzazione ciclica centralizzato, funzionale a garantire un’adeguata capacità di risposta dell’Unione rispetto shock simmetrici. Ciò permetterebbe all’Unione europea nella sua interezza di costituire uno strumento di sostegno ai Paesi Membri, evitando di amplificare la frammentazione e la dualità esistente tra le economie e di scaricare il peso degli aggiustamenti fiscali su Paesi finanziariamente più deboli.

4.3 …CON PIÙ RISORSE PROPRIE

Nel 2026 verrà negoziato il nuovo quadro finanziario pluriennale. Non dobbiamo farci trovare impreparati. La politica di coesione va rilanciata perché è il senso stesso dell’esistenza dell’UE. Una maggiore attenzione dovrà essere posta anche sulle risorse proprie. Lo stato attuale risulta poco ambizioso, innanzitutto per una questione di dimensioni e tempistiche. In base alle stime fornite dalla Commissione, infatti, le nuove risorse proposte porterebbero un totale di nuove entrate per 36 miliardi, ma solo a partire dal 2028. In ogni caso un importo inferiore rispetto alle esigenze di un’Europa autorevole davanti ai suoi cittadini e forte davanti ai partner internazionali. In questo paniere di entrate ci sono risorse legate alle emissioni che sono destinate, almeno per quelle interne, a diminuire coerentemente con la transizione ambientale. Quindi sarebbe necessario individuare ulteriori fonti di entrata, per compensare l’andamento del gettito nel tempo.

Chiederemo alla Commissione europea di mappare gli extraprofitti delle grandi multinazionali e di aumentare la tassa sulle transazioni finanziarie, specialmente quelle di evidente natura speculativa, e di chi investe in criptovalute perché chi ha di più deve contribuire al benessere di tutti.

4.4 I CONTROLLI SUL RECOVERY FUND

Il Parlamento europeo deve essere coinvolto nel processo di controllo e verifica dell’uso del Recovery Fund. Inoltre, in un Paese come l’Italia la spesa poi passa per la burocrazia e per i Comuni, i più piccoli dei quali tendono a incontrare enormi difficoltà nella traduzione in pratica del Pnrr. Per questo serve uno snellimento delle procedure tramite una sburocratizzazione e una migliore e più realistica identificazione dei target, tenendo ferme le priorità. In ultimo, auspichiamo una semplificazione per la presentazione dei bandi e una maggiore trasparenza durante tutto il processo da parte delle istituzioni coinvolte.

4.5 IL RUOLO DELLA BCE: UNA POLITICA MONETARIA AL SERVIZIO DEI CITTADINI

L’attuale e unico obiettivo della politica monetaria della BCE è mantenere l’inflazione entro livelli di sicurezza. La BCE è dotata di piena autonomia, ma altre banche centrali puntano alla piena occupazione e hanno quindi poteri più ampi. Per il Movimento 5 Stelle la politica monetaria deve essere finalizzata al perseguimento di entrambi gli obiettivi, promuovendo lo sviluppo economico, la tutela dell’ambiente, della salute e dei cittadini europei. Le politiche monetarie fortemente restrittive degli ultimi anni hanno messo in grave difficoltà imprese e cittadini, in particolare quelli che desiderano acquistare una nuova casa o che hanno un mutuo a tasso variabile. Noi siamo dalla loro parte. Auspichiamo che la BCE tenga maggiormente conto delle conseguenze sulla vita reale delle proprie decisioni. Le politiche monetarie attuate attraverso forti modifiche dei tassi possono favorire la generazione di elevati profitti per gli Istituti di credito a prescindere dalle loro policy, strategie e capacità gestionali e operative. L’UE deve tenere sotto controllo gli effetti delle modifiche dei tassi e la successiva eventuale generazione di suddetti extraprofitti, per definire di volta in volta, efficaci azioni comuni da parte dei Paesi membri, in grad di intercettare questi extraprofitti e restituire alle comunità una parte consistente di essi. Nessuno deve restare penalizzato.

4.6 BLOCKCHAIN E CRYPTO

Sosteniamo la crescita dell’ecosistema blockchain a livello europeo. La tecnologia blockchain si è dimostrata matura in alcuni ambiti importanti come quello della transizione ecologica in cui abilita la generazione e lo scambio di crediti di carbonio e di altre soluzioni cleantech o come nel settore dell’arte in cui gli NFT hanno segnato un vero e proprio cambio di paradigma.
Per ciò che riguarda il tema delle criptovalute è necessario partire dal dato sugli investimenti in questo settore. Sono almeno 31 milioni gli europei che hanno investito in questi asset . Il dato è previsto in crescita, specie considerando la recente approvazione di ETF Bitcoin dedicati da parte della SEC Statunitense . È dunque opportuno favorire uno sviluppo delle imprese blockchain e crypto e, al contempo, investire in programmi di informazioni per i cittadini, di modo da creare consapevolezza e tutelare gli investitori da comportamenti malevoli, truffe e frodi.

4.7 L’EURO DIGITALE PER UN’EUROPA MODERNA E COMPETITIVA

Nell’ottobre 2020, la Banca centrale europea ha pubblicato un rapporto che esaminava la possibile emissione di una valuta digitale. La fase istruttoria del progetto dell’euro digitale è durata circa 24 mesi e si è conclusa nell’ottobre 2023. Adesso bisogna accelerare. Secondo l’attuale normativa dell’UE, il contante in euro è l’unica moneta avente corso legale nell’area dell’euro. Il suo status di moneta a corso legale significa che il contante fisico deve essere disponibile e accettato per pagare servizi e beni e per estinguere i debiti.
La nuova proposta mira a chiarire queste regole, compresa l’interazione con l’euro digitale per garantire la coerenza tra le due forme di denaro pubblico. L’innovazione tecnologica sta aprendo scenari impensabili, come l’ingresso nel mercato finanziario delle grandi società tecnologiche, per lo più statunitensi, con reti potenti, capacità d’investimento quasi illimitate e archivi di dati di dimensioni planetarie.
La sfida richiede una visione strategica e un conseguente approccio legislativo equilibrato che promuova e sostenga l’innovazione europea mantenendo al contempo l’autonomia strategica. Ci sono iniziative normative, come il Digital Markets Act (DMA) e il regolamento sui mercati delle cripto-attività (MICA), che possono svolgere un ruolo importante nel contrastare il fenomeno dello shadow banking.
È importante che il progetto dell’euro digitale prenda forma. Aspettare il 2026 come dichiarato dalla BCE è un periodo non compatibile con la rapida evoluzione del mondo. Il digital yuan è già operativo sin dalle Olimpiadi invernali di Pechino.
La BCE deve avere il coraggio di compiere appieno il proprio mandato, realizzando uno strumento di pagamento gratuito per le persone, com’è gratuita la gestione del contante i cui costi di produzione sono sostenuti dalle banche centrali, in cui sia garantita anche la privacy, e che sia indipendente dalla presenza di intermediari e così anche più semplicemente programmabile e di più rapida realizzazione.

4.8 DIFENDIAMO GLI ISTITUTI DI CREDITO TERRITORIALI

Il 18 aprile 2023 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte per riformare l’attuale quadro normativo in materia di gestione delle crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi (la cosiddetta “CMDI”). Queste proposte non creano un quadro chiaro e unitario, lasciano molti margini di incertezza e aggiungono altra complessità, mettendo a rischio i meccanismi esistenti a livello nazionale che hanno dimostrato di funzionare bene per gestire le crisi bancarie.
L’intenzione della Commissione europea è quella di colmare alcune lacune della disciplina in materia di risoluzione ma alla fine rischia di ridurre la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di sostegno pubblico o di ristrutturazione delle banche al di fuori del quadro normativo europeo, ad esempio attraverso la ricapitalizzazione precauzionale o l’applicazione di procedure di liquidazione giudiziale per le banche di medie o piccole dimensioni. Anche se l’obiettivo iniziale poteva essere condivisibile e cioè quello di semplificare le regole dell’Unione bancaria, in realtà questa proposta diventa un cappio per le banche piccole e quindi un problema per il sistema bancario italiano che è fatto appunto di piccole banche. La CMDI complica l’Unione bancaria, la appesantisce di più regole, permette un vantaggio comparato ai gruppi bancari più grandi e crea incertezza per esempio sulla questione degli aiuti di Stato.

4.9 SUGLI AIUTI DI STATO NO AI DOPPI STANDARD

Il piano messo a punto dalla Commissione europea punta ad allentare le restrizioni sugli aiuti di Stato, una decisione che ha facilitato esclusivamente Germania e Francia e chi ha maggiore autonomia di bilancio. Secondo i dati della stessa Commissione europea il nuovo quadro temporaneo di crisi dell’UE per gli aiuti di stato ha avvantaggiato in modo enorme Germania e Francia che hanno utilizzato in totale l’80% degli aiuti approvati, mentre l’Italia meno del 5%.
È evidente dunque che perseguire questa strada alimenterebbe disuguaglianze nel mercato unico europeo. Il ‘Net Zero Industrial Act’ va dunque rivisto e aggiornato.
La locomotiva franco-tedesca senza i vagoni degli altri Stati membri rischia di deragliare. Per l’Italia e i Paesi più piccoli vanno garantite parità di condizioni o gli squilibri nel mercato interno aumenteranno. Le norme sugli aiuti di Stato vanno dunque aggiornate al nuovo contesto geopolitico. Dal nostro punto di vista la revisione delle norme sugli aiuti di Stato deve procedere di pari passo con la revisione del quadro normativo CMDI.

4.10 BANDIRE I PARADISI FISCALI

Per il Movimento 5 Stelle la tassazione deve essere equa e progressiva purtroppo però, nonostante la tassa minima sulle multinazionali approvata in questa legislatura, la delocalizzazione delle ricchezze continua e penalizza soprattutto le piccole e medie imprese e i cittadini più vulnerabili. Secondo l’Osservatorio fiscale europeo l’ammontare di profitti spostati nei paradisi fiscali nel 2022 ha raggiunto il picco di 1.000 miliardi di dollari. Si tratta dell’equivalente del 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. Le perdite in termini di gettito fiscale sono significative e rappresentano l’equivalente di quasi il 10% delle imposte societarie raccolte a livello globale. Le multinazionali statunitensi sono responsabili di circa il 40% di questo ammontare a livello globale e i Paesi europei sono i più colpiti. Ricordiamo anche la stima di Tax Justice Network che ha quantificato in 4.8 trilioni di dollari i profitti di multinazionali e super ricchi che verranno spostate offshore nei prossimi 10 anni. Proponiamo di introdurre una tassazione per tutti i Paesi membri che si applichi all’utile mondiale consolidato applicando una formula per ripartire la tassazione nei diversi Paesi combinando fatturato, capitale e manodopera, che potremmo denominare catasto finanziario. Questo strumento funziona come un registro internazionale che indica i possessori di titoli finanziari, azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento. Così facendo il gettito fiscale aumenterebbe del 20% e questo permetterebbe di combattere l’elusione delle tasse attraverso il trasferimento degli utili dai paradisi fiscali. Per farlo è necessario assicurare maggiore trasparenza delle informazioni sulla proprietà di asset patrimoniali attraverso la predisposizione di un registro centralizzato europeo che raccolga informazioni a disposizione di banche, fondazioni, autorità finanziarie e consenta di conoscere i beneficiari effettivi di trust, attività finanziarie e immobili rafforzando il contrasto agli abusi fiscali, all’elusione, al riciclaggio al finanziamento del terrorismo e a possibili conflitti di interesse. Inoltre, contestualmente va adottata una legislazione efficace di contrasto al ricorso alle società di comodo. Per quanto riguarda le sanzioni, per noi devono essere reali e devono colpire le multinazionali, i consulenti fiscali o gli istituti finanziari che non forniscono informazioni alle autorità fiscali.
Infine, vanno riformati i criteri della composizione della lista giurisdizioni non cooperative a fini fiscali: l’Unione non deve chiudere un occhio sui paradisi fiscali all’interno dei suoi confini. Su questo il Code of Conduct Group, responsabile per la creazione della lista, è stato criticato dal Parlamento europeo per i criteri deboli e ingiusti utilizzati per valutare i regimi fiscali dannosi dei Paesi inseriti nella lista nera, nonché per la mancanza di trasparenza del processo di screening. Il Code of Conduct Group lavora a porte chiuse e non pubblica tutti documenti, come per esempio il verbale di ciascuna riunione e la composizione del gruppo e dei sottogruppi.

4.11 UN CREDITO ACCESSIBILE PER LE NOSTRE PMI

Applicare gli standard internazionali in maniera indiscriminata e senza alcun adattamento alla realtà europea porterà inevitabilmente ad una maggiore fragilità del settore bancario europeo, un crescente rischio sistemico, con evidenti ricadute nel mercato del credito al consumo, il che è inaccettabile se vogliamo un credito al servizio dell’economia. La riforma in discussione ha portato importanti novità come l’introduzione dell’ESG (Enviromental social governance) e la richiesta di regolamentazione delle criptovalute. Questo lavoro non è concluso. Serve una valutazione oggettiva di tutta la legislazione di secondo livello sui requisiti di capitale delle banche europee, soprattutto per quelle più piccole, evitando così un accanimento sul credito. In secondo luogo, sarà necessario lavorare alla revisione delle riserve di capitale al fine di evitare la stigmatizzazione sui mercati delle banche che utilizzano le proprie riserve e creando un sistema UE armonizzato. Infine, bisogna assolutamente disincentivare e ridurre l’ipertrofia dei mercati finanziari in particolare quello dei derivati che stanno drenando enormi risorse alle attività economiche. Nel 2018 un rapporto dell’European Markets and Infrastructure Regulation (EMIR) ha stimato in 600 trilioni di dollari il mercato dei derivati in UE. Il che corrisponde a decine di trilioni di euro in potenziali investimenti mancati. Non si tratta più di forme assicurative dei mercati ma di pura speculazione.

4.12 RISPARMIATORI TUTELATI AL 100%

I sistemi di garanzia dei depositi sono organizzati a livello nazionale e devono rispettare standard minimi concordati a livello dell’UE che si limitano ad armonizzare i livelli di tutela offerti. Nei casi di dissesto di una banca, tali standard garantiscono fino a un importo di 100.000 euro per depositante e le modalità di intervento in caso di crisi, ma mantengono diverse facoltà discrezionali per gli Stati membri.
La crisi finanziaria ha messo in luce le possibili ripercussioni sui conti di un Paese qualora un sistema nazionale di garanzia dei depositi non fosse in grado di coprire le perdite dei depositanti. In risposta alla crisi finanziaria e allo scopo di eliminare le asimmetrie residue, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che raccomanda una graduale introduzione dell’EDIS (European deposit insurance scheme). La proposta è complessivamente neutra sotto il profilo dei costi per il settore bancario: le banche infatti continuerebbero a finanziare i loro sistemi nazionali di garanzia dei depositi (DGS) esistenti, che progressivamente confluirebbero (entro il 2024) in un Fondo europeo di assicurazione dei depositi.
Le banche più rischiose sarebbero chiamate a versare contributi più elevati rispetto alle banche più sicure. Lo stallo sulla proposta che ha caratterizzato gli ultimi anni non è stato ancora superato, dal momento che alcuni Stati membri, tra cui Germania, Olanda, Finlandia e Austria, continuano a opporsi fermamente alla messa in comune di risorse e alla condivisione dei rischi previa approvazione di misure di riduzione del rischio, come l’armonizzazione di altre importanti normative nazionali, quali le leggi fallimentari, la disciplina delle garanzie, alcuni aspetti relativi al trattamento fiscale e soprattutto all’introduzione di requisiti prudenziali sui titoli di Stato detenuti dalle banche.
Riteniamo EDIS necessario in quanto rafforzerebbe la resilienza del sistema finanziario nei confronti di crisi future mediante una più ampia condivisione del rischio offrendo pari protezione per i depositanti assicurati. Obiettivo primario è riprendere i negoziati su EDIS durante il prossimo mandato.

4.13 PER UNA FINANZA ETICA E SOSTENIBILE

La definizione di prodotti di finanza sostenibile da parte dell’Unione europea è sicuramente significativa a livello mondiale. Di particolare interesse è il principio “do not significantly harm” che implicitamente impone una attenzione ambientale e sociale continua nel fare impresa. Coerentemente dobbiamo migliorare la tassonomia ambientale, escludendo gas e nucleare, e implementare correttamente anche la tassonomia sociale. Regolamentare solo dei prodotti di finanza sostenibile sta favorendo nuove forme di greenwashing ed allontana l’obiettivo della Commissione europea di reindirizzare i mercati verso la sostenibilità.
Proponiamo linee guida per la redazione e revisione dei piani “net zero” delle Istituzioni finanziarie, coerenti con le raccomandazioni ONU: impedire la realizzazione di nuovi finanziamenti finalizzati all’espansione delle fonti fossili, stabilire obblighi di definizione di obiettivi di decarbonizzazione assoluti, prevedere obblighi di rafforzamento dell’impegno verso la transizione ecologica e di tutela non solo dei territori ma anche dei diritti umani e delle popolazioni indigene. Serve una politica di disincentivi per l’economia e la finanza “tradizionali” altrimenti non si potrà realizzare la transizione auspicata solo attraverso i cambiamenti volontari degli operatori finanziari. Un esempio è quello dei requisiti patrimoniali differenziati su finanziamenti con impatto ambientale: maggiorati per finanziamenti che possano generare impatti ambientali negativi e ridotti per finanziamenti legati alla tutela dell’ambiente (escludendo quelli riguardanti gas e nucleare), di modo da disincentivare le banche a realizzare finanziamenti per attività più rischiose e rendere disponibili più risorse finanziarie per il credito alla transizione ecologica. Allo stesso tempo vanno favorite, e non schiacciate dalla burocrazia, le imprese finanziarie orientate ad obiettivi di sostenibilità.

4.14 INVESTIMENTI NELLE ARMI: SERVE PIÙ TRASPARENZA BANCARIA

L’aggressione della Russia in Ucraina, il conflitto a Gaza e le tensioni in Medio Oriente hanno portato a una corsa al riarmo che impegna non solo la spesa pubblica ma regala profitti stratosferici ai produttori di armi, alle banche e alle società di investimento che li sostengono.
Proponiamo una norma comunitaria che imponga alle banche e alle Istituzioni finanziarie trasparenza sui loro affari con il commercio di armamenti. I cittadini e i risparmiatori devono sapere se la propria banca utilizza il loro denaro per finanziare commerci di armi non sempre trasparenti. La finanza etica da sempre esclude categoricamente qualsiasi finanziamento o investimento nell’industria bellica. Gli investimenti in armi devono essere esclusi da qualsiasi definizione di finanza sostenibile, contrariamente a quanto affermato di recente dai ministri della difesa dell’Unione. Siamo contrari alle modifiche della legge italiana 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi italiane nel mondo: se le modifiche saranno approvate i cittadini e il Parlamento non avranno più accesso alle informazioni sulle esportazioni di armi e su quali banche finanziano con profitto queste operazioni.

5. CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E CORRUZIONE, IL MALE EUROPEO

La criminalità organizzata e le infiltrazioni nell’economia legale rappresentano una grave minaccia per i cittadini e le Istituzioni democratiche degli Stati membri. Nessuno è esente da questo fenomeno. I gruppi criminali sono presenti in tutti i Paesi dell’UE e spesso operano a livello transfrontaliero, tant’è che il 70% di questi è attivo in più di tre Stati membri. Nel 2019 i loro proventi sono stati pari all’1% del PIL dell’UE, ovvero 139 miliardi di euro. Le principali attività criminali sono il traffico di droga, la criminalità informatica, frodi a IVA e accise, il traffico di migranti e la tratta di esseri umani. Uno studio recente stima che il 60% delle reti criminali sia coinvolto in casi di corruzione. Questa permette alle reti criminali di ottenere informazioni o di accedere o infiltrarsi nell’economia legale degli Stati membri per riciclare i proventi dei propri traffici criminali. Non minaccia solo la sicurezza interna dell’Unione, ma anche lo Stato di diritto e impatta negativamente i diritti fondamentali dei cittadini.

5.1 LOTTA AL RICICLAGGIO

Solo il 2% dei proventi illeciti delle organizzazioni criminali viene sequestrato e l’1% confiscato. Il resto viene riciclato e immesso nell’economia legale o riutilizzato per commettere altri reati. Prevenire e sanzionare il riciclaggio di denaro è pertanto fondamentale per lottare efficacemente contro la criminalità organizzata e privare le organizzazioni criminali delle disponibilità economiche per poter continuare a operare.
Nel maggio 2022, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva per aggiornare e rendere più veloce il sequestro e la confisca dei beni proventi di reati e colmare le lacune esistenti a livello europeo, tra cui la confisca in assenza di condanna. Questa riforma è stata da noi più volte richiesta anche per estendere le possibilità di confisca dei beni mafiosi. Le organizzazioni criminali sfruttano la frammentazione nell’applicazione delle norme europee antiriciclaggio tra gli Stati membri. Chiediamo che questi recepiscano correttamente e attuino in toto la legislazione antiriciclaggio esistente, compreso l’obbligo di istituire un registro per i beneficiari finali.
Nella prossima legislatura, lavoreremo per ottenere la rapida e piena attuazione del pacchetto antiriciclaggio negli Stati membri, per superare l’attuale frammentazione normativa e evitare che le organizzazioni criminali possano beneficiare di queste differenze nelle legislazioni e nei regimi sanzionatori.
Chiediamo che le autorità di contrasto e quelle fiscali siano dotate di migliori strumenti operativi e investigativi per tracciare il denaro e confiscare rapidamente i profitti delle attività illegali rafforzando i meccanismi di coordinamento e lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto. Chiediamo che l’Unione europea vieti i cosiddetti visti dorati o i programmi di cittadinanza in cambio di investimenti che facilitano il riciclaggio e l’infiltrazione dei gruppi criminali nell’economia legale. L’UE deve inoltre indicare le linee guida tese al rafforzamento di nuclei giudiziari e investigativi dei Paesi membri favorendo l’istituzione di Procure nazionali antimafia.

5.2 CONTRASTARE FRODI E CORRUZIONE

La lotta a frodi e corruzione deve essere una priorità. Chiediamo l’adesione dell’UE al Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO) come membro effettivo. Le gare di appalto e le procedure di concessione di licenze devono essere più trasparenti e resilienti alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Vogliamo favorire gli scambi transfrontalieri di informazioni tra le autorità amministrative competenti e istituire un registro europeo per gli appalti, in cui pubblicare le informazioni sui partecipanti e la loro struttura societaria, inclusi i titolari effettivi. Queste devono essere le condizioni per l’aggiudicazione di un contratto di appalto o concessione. Proponiamo l’implementazione di un sistema di “e-procurement” al fine di ridurre il rischio di corruzione negli appalti pubblici.
Chiediamo una revisione della legislazione europea esistente al fine di precisare le definizioni comuni dei reati, compresa quella di appartenenza a un’organizzazione o associazione criminale, in particolare di tipo mafioso. Chiediamo una proposta legislativa che istituisca un programma europeo specifico destinato a tutelare i testimoni e i collaboratori di giustizia.
Va istituita una banca dati europea alla quale possano accedere le autorità locali per verificare possibili casi di infiltrazione. Questa banca dati deve includere informazioni relative alle persone condannate per un reato connesso alla criminalità organizzata nei diversi Stati membri.
Le capacità della Procura europea (EPPO) e dell’Ufficio europeo per la lotta alle frodi (OLAF) va rafforzata ampliandone l’ambito di operatività, includendo la competenza in materia di reati ambientali e in materia di lotta al terrorismo. Il registro per la trasparenza dell’UE deve essere valorizzato così da rafforzare i suoi meccanismi di controllo interno, anche istituendo un meccanismo anticorruzione interno per le Istituzioni dell’UE.
Chiediamo anche di aggiornare il sistema di reporting delle frodi sui fondi spesi fuori dai confini UE e rendere le gare di appalto e le procedure di concessione di licenze o di gara più trasparenti e resilienti alle infiltrazioni della criminalità organizzata.

5.3 UN CODICE ANTIMAFIA PER PROTEGGERE I FONDI EUROPEI

Le infiltrazioni della mafia e della criminalità organizzata nel settore agro-industriale sono in pericoloso aumento, in particolare nei Paesi dell’Est Europa. Nel 2019 l’allora Commissario europeo Phil Hogan aveva definito un esempio di eloquente lotta alla mafia l’esperienza italiana applicata in Sicilia a partire dal 2015 e più comunemente nota come ‘Protocollo Antocì. Questo complesso di norme prevede controlli antimafia per le aziende che richiedono l’accesso ai fondi europei della Politica agricola comune sostituendo il sistema delle autocertificazioni con i controlli di Comuni e Prefetture. Il Movimento 5 Stelle chiede che questo pacchetto di norme di contrasto alla mafia venga esteso a tutti i Paesi membri attraverso il varo di una direttiva vincolante. L’Unione europea deve tenere la guardia alta contro la mafia e i suoi tentativi di infiltrazione nell’economia legale.

5.4 UNA PROCURA EUROPEA CONTRO IL TERRORISMO INTERNAZIONALE

I drammatici attentati compiuti in Europa e le azioni di guerra in diverse aree del Medio Oriente e dell’Africa hanno radicalmente mutato lo scenario di riferimento della minaccia proveniente dal terrorismo internazionale. Servono strategie adeguate.
La nascita della Procura Europea ha favorito la necessaria “cooperazione rafforzata” che vede coinvolti tutti i Paesi aderenti. Questa positiva esperienza deve essere replicata anche per i reati di terrorismo. La criminalità organizzata rappresenta una minaccia per tutti gli Stati membri dell’UE. Le reti criminali sono ormai transnazionali e influenzano i sistemi economici e finanziari di tutti gli Stati membri. La Procura europea si è dimostrata uno strumento efficace per perseguire le frodi e i reati contro gli interessi finanziari dell’UE ed è necessario ora utilizzare appieno quanto prevedono i Trattati ampliandone le competenze anche al contrasto alle mafie a al terrorismo in modo da agire a livello preventivo e contrastarli a livello internazionale.

5.5 LOTTA AI REATI AMBIENTALI E ALLE ECOMAFIE

La criminalità ambientale è la terza attività criminale al mondo e cresce del 5-7% all’anno. Molto redditizi e meno rischiosi di altri, i crimini ambientali hanno ripercussioni considerevoli sull’ambiente e sulla salute umana. Si tratta di reati difficili da individuare, perseguire e punire, per cui si rendono necessari strumenti di indagine specifici e innovativi. I crimini ambientali sono spesso perpetrati da mafie e altre organizzazioni criminali che agiscono su base transnazionale, per cui va rafforzata la collaborazione tra magistrati e forze dell’ordine dei diversi Stati membri dell’UE. A livello di Unione europea sono due le misure rilevanti: la direttiva sulla tutela penale dell’ambiente, un’iniziativa normativa che si inserisce nel contesto più generale del Green Deal, con cui l’Unione si è impegnata ad attuare una nuova strategia globale per la protezione e il miglioramento dello stato dell’ambiente, e la Strategia per contrastare la criminalità organizzata 2021-2025 nella quale la lotta alla criminalità ambientale è uno degli obiettivi principali da perseguire. Il limite è quello che ogni Stato sulla legislazione penale difende le proprie prerogative, risultando difficile poi individuare un sistema di reati comune a tutti. La legislazione dei singoli Paesi UE in tema di reati ambientali è, inoltre, ancora troppo diseguale e prevede soluzioni normative molto variabili tra loro. Per rispondere in modo efficace e coeso, l’Unione europea deve scendere in campo con più convinzione. Solo con una armonizzazione a livello comunitario delle norme sarà possibile ottenere risultati credibili.

6. FLUSSI MIGRATORI: LA NOSTRA TERZA VIA

La recente riforma del sistema europeo comune di asilo è stata molto deludente, sia sotto l’aspetto della tutela dei diritti fondamentali sia dal punto di vista dei Paesi frontalieri come l’Italia, lasciati ancora una volta con i maggiori oneri rispetto agli altri Paesi UE. Il principio della responsabilità in capo al Paese di primo ingresso resta, il meccanismo permanente e obbligatorio di redistribuzione dei richiedenti asilo che abbiamo sempre chiesto fin dal 2016 non ha trovato attuazione e nei periodi di maggiore afflusso gli Stati membri possono sempre rifiutarsi, dietro pagamento di una somma di denaro, di accogliere nei loro territori dei richiedenti asilo da ricollocare, lasciando così i Paesi frontalieri con maggiori oneri e responsabilità. Anche per quanto riguarda la migrazione legale cosiddetta “economica” le misure adottate nella presente legislatura non sono sufficienti a rendere più semplice l’ingresso in Europa di persone che cercano opportunità di lavoro nel nostro continente. Il problema della gestione dei flussi migratori non può essere risolto con approcci ideologici e semplicistici. Servono un approccio pragmatico e soluzioni di buon senso, serve una terza via basata sul principio fondamentale e indiscutibile che occorre offrire vie legali e sicure a chi vuole esercitare il diritto di asilo in Europa e serve tener conto della reale capacità di accoglienza di ogni singolo Paese membro dell’UE al fine di non sovraccaricare pochi Stati e offrire un’accoglienza dignitosa a chi ha diritto alla protezione internazionale. Altro tema importante da valutare attentamente è quello delle migrazioni legate al cambiamento climatico, che si accentueranno nel corso dei prossimi anni.

6.1 VIE LEGALI DI ACCESSO ALL’UE

L’Unione europea garantisce il diritto di asilo e l’accoglienza di chi fugge dalle guerre, dalle persecuzioni per ragioni politiche, religiose, per motivi di razza o per orientamenti sessuali. Istituendo vie legali di accesso riusciamo a raggiungere il duplice beneficio di minare il modello di business dei trafficanti di esseri umani e di permettere a chi è costretto ad abbandonare il proprio Paese di origine di esercitare il diritto di asilo in maniera legale e sicura. La nostra proposta prevede di istituire in Paesi terzi sicuri delle task force di esperti composte da delegazione dell’UE, l’agenzia EASO, organizzazioni internazionali quali l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) o l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) con l’obiettivo di esaminare preliminarmente la domanda presentata da un migrante volta al riconoscimento dello status di rifugiato, per poi permettergli di raggiungere un Paese dell’UE in maniera legale e sicura, rispettando una distribuzione quote e tenendo conto di requisiti prestabiliti. Solo con le vie legali di accesso archiviamo una volta e per tutte il modello della destra rappresentato da costosi e disumani hotspot che troppo spesso si trasformano in vere e proprie galere per cittadini che non hanno commesso nessun reato.

6.2 RICOLLOCAMENTI OBBLIGATORI E AUTOMATICI

Per coloro i quali, lungo la loro rotta, non dovessero avere la possibilità di avvalersi delle task forces presenti in Paesi terzi sicuri arrivando così sul territorio europeo in maniera irregolare, proponiamo di attivare un sistema di ricollocamento automatico ed obbligatorio dei richiedenti asilo tra tutti i Paesi europei sulla base di criteri che tengano conto da un lato - e per quanto possibile - delle necessità del richiedente asilo (lingua parlata, familiari/ comunità già presenti in un determinato Paese, ecc) e dall’altro lato della reale capacità di accoglienza del Paese membro, prendendo ad esempio in considerazione criteri come il Pil, la popolazione e il tasso di disoccupazione. L’attuazione di tale meccanismo equivale al superamento e dunque all’abolizione del criterio in base al quale il primo Paese di arrivo è responsabile per l’esame della domanda di protezione internazionale.

6.3 LOTTA AI TRAFFICANTI

Inserire la lotta ai trafficanti nella lista dei reati europei è stato sicuramente un successo di questa legislatura ma per azzerare il business dei trafficanti occorre offrire un’alternativa legale e sicura, rendendo praticabili canali di accesso legali e sicuri all’Unione europea.
Occorre inoltre lavorare ad una missione europea di search and rescue che metta in sicurezza la vita delle persone nel Mar Mediterraneo.

6.4 CONTRASTO ALLE CAUSE DELLE MIGRAZIONI

L’Italia deve portare in Europa la proposta di un grande piano europeo per garantire pace, democrazia e sviluppo sostenibile nei Paesi terzi e in particolar modo in Africa, partendo dalla cancellazione del debito estero che impedisce ogni sviluppo reale. I numeri di chi oggi fugge dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e dalle catastrofi naturali sono in continuo aumento. L’Unione europea deve finanziare in primis micro-progetti che abbiano come obiettivo, per esempio, una corretta gestione delle risorse idriche. Il Green Deal deve diventare un modello per tutti i Paesi del mondo perché solo con un Pianeta sano possiamo assicurare un futuro alle prossime generazioni ed evitare migrazioni forzate.

6.5 ACCOGLIENZA E INCLUSIONE

L’Unione europea deve finanziare attraverso programmi mirati i progetti di accoglienza diffusa, in modo da conseguire un’inclusione sociale reale e sostenibile. Per quanto riguarda i minori, proponiamo l’attuazione a livello europeo dello Ius Scholae, un modello che permette l’acquisizione della cittadinanza a seguito del compimento di un ciclo di studi.

6.6 NUOVA DIRETTIVA SULLA CARTA BLU

A livello europeo esistono al momento solo misure a sostegno di ricercatori e studenti o di lavoratori altamente qualificati (direttiva sulla carta blu). Per ovviare alle carenze di manodopera in molti settori produttivi, proponiamo un maggior coordinamento a livello europeo che attragga alcune specifiche categorie professionali pur lasciando agli Stati membri il diritto di individuare i loro effettivi bisogni.

6.7 LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Aumentare le risorse UE per la cooperazione internazionale facendo sì che i Paesi membri raggiungano l’obiettivo, proclamato ma disatteso da decenni, di destinare lo 0,7% del proprio reddito nazionale lordo all’aiuto pubblico allo sviluppo.

7. L’EUROPA PER IL SOCIALE: NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO

Nei Trattati europei la costruzione del pilastro europeo dei diritti sociali è una priorità: un elevato livello di occupazione, la protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e la formazione dei nostri giovani. Nella scorsa legislatura per la prima volta nella storia europea si sono messe a terra alcune riforme epocali: dalla direttiva sul salario minimo a SURE che ha finanziato la cassa integrazione di milioni di lavoratori durante la pandemia. Adesso è il momento di fare il salto di qualità.

7.1 UNA DIRETTIVA PER IL REDDITO DI CITTADINANZA EUROPEO

L’Unione europea di oggi è una unione economica e monetaria, dobbiamo adesso costruire un’Unione sociale che metta al centro il cittadino. L’obiettivo di far uscire dalla povertà 15 milioni di cittadini europei entro il 2030 non potrà mai essere raggiunto senza una direttiva sul reddito di cittadinanza che nella nostra visione costituirà il germe di quello che sarà il welfare europeo. La direttiva deve stabilire i criteri dei redditi minimi che tutti gli Stati membri devono adottare e che devono essere universali e non categoriali. Questa misura va finanziata attraverso una tassazione sui capitali delle società, sulle corporate tax a livello europeo, minima e uguale per tutti. Non si tratterebbe di un reddito unico a livello europeo ma varierebbe sulla base della povertà relativa di ciascun Paese. Questa misura garantirebbe anche un miglioramento nelle politiche di ripresa all’interno dell’area euro rispetto ai ricorrenti shock asimmetrici che avvengono in Europa dove i disavanzi degli Stati membri, spesso del Nord, non sono compensati da nessun meccanismo automatico di stabilizzazione, e anzi le crisi finiscono per approfondire le divergenze tra Stati membri più ricchi e più poveri. Una diversa fonte di finanziamento europeo che assorbe così il costo sociale di povertà e disoccupazione, alleggerirebbe il peso nazionale del welfare, con evidenti guadagni in termini di sostenibilità, riequilibrerebbe il peso della tassazione tra capitale e lavoro, oggi a svantaggio del lavoro, e porterebbe a maggiori guadagni in termini di uguaglianza tra le persone, tra capitale e lavoro, e tra Stati membri. La prospettiva di una economia sempre orientata all’innovazione e alla digitalizzazione, a cui aspiriamo, e le inevitabili conseguenze che porterà non vanno sottovalutate. Per questa ragione proponiamo l’istituzione di una Commissione speciale da istituire al Parlamento europeo per analizzare e valutare gli impatti economici e sociali dell’intelligenza artificiale nel processo di transizione del mercato del lavoro. È vero che nasceranno nuove figure professionali, ma tantissime altre rischiano di sparire. Si stima che in tutto il mondo fino a 600 milioni di posti di lavoro saranno sostituiti da altrettanti nuovi posti di lavoro entro il 2030. Tuttavia il processo di sostituzione non è né automatico né immediato, ed è soprattutto per questo che serviranno interventi di politica economica importanti: compito di questa Commissione sarà quella di valutare l’efficacia di alcune misure con l’obiettivo di mitigare gli effetti sulla vita delle persone: la riduzione degli orari di lavoro, l’integrazione di reddito al lavoro, una forma universale di reddito di base. La Commissione europea deve varare un nuovo fondo europeo per gestire la transizione del lavoro nell’epoca dell’intelligenza artificiale.

7.2 DAL DECRETO DIGNITÀ ALLA DIRETTIVA DIGNITÀ

Dopo la pandemia i mercati del lavoro europei sono risultati particolarmente solidi. Il tasso di disoccupazione si è portato sui livelli minimi e l’occupazione è cresciuta significativamente, raggiungendo valori eccezionalmente elevati. Tuttavia, la qualità dell’occupazione non è migliorata, anzi risulta ancora largamente insoddisfacente: negli ultimi anni sono aumentati la precarietà e diminuita l’intensità lavorativa. L’estensione della precarietà lavorativa alimenta inoltre la precarietà esistenziale e questo, oltre a produrre una crescita fragile e illusoria, contribuisce a creare cittadini infelici che non riescono a immaginare un futuro. Dobbiamo invertire rotta partendo dal cosiddetto ‘lavoro buonò. Prendendo spunto dall’esperienza del Decreto Dignità in Italia, poi replicata in Spagna nel 2023, proponiamo misure finalizzate a ridurre il ricorso a forme di lavoro precario, così da favorire la trasformazione dei contratti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. In tal modo, si eliminerebbe la pratica del rinnovo continuo dei contratti temporanei e si andrebbe a generare un circolo virtuoso nel sistema economico, favorendo continuità lavorativa, stabilizzazione dei redditi e maggiore produttività. Lo si può fare senza ostacolare la necessità di flessibilità che hanno le imprese. L’Unione Europea deve impegnarsi nel garantire degli standard minimi per i contratti di lavoro attraverso una ‘direttiva dignità’ che contenga la necessità di una causale per stipulare un contratto a tempo determinato e un limite più basso alla durata e ai rinnovi di tali contratti, affinché ad essi ci si rivolga nei casi in cui le esigenze della produzione e non dei profitti lo richiedano. Solo così il numero di dipendenti a tempo indeterminato può crescere senza ridurre il ritmo di crescita dell’occupazione totale in tutta Europa.

7.3 IL SALARIO MINIMO PER CONTRASTARE IL DUMPING SOCIALE

Obiettivo della prossima legislatura sarà quello di garantire la piena attuazione del principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo, affrontando con determinazione il fenomeno del dumping sociale e salariale. Dobbiamo agire con decisione per favorire una crescita salariale che rafforzi il potere d’acquisto e aumenti la produttività in modo uniforme e coordinato tra i vari Paesi europei. Per raggiungere questo obiettivo, proponiamo l’adozione di un salario minimo legale europeo calibrato sulle specifiche condizioni economiche e sociali dei singoli Stati membri. Si tratta di una soglia minima retributiva, fissata per legge, che permetterebbe ai salari di non scendere sotto un determinato livello di adeguatezza. Il salario minimo dovrebbe essere definito attraverso un processo di dialogo costruttivo tra le parti sociali e la contrattazione collettiva nazionale e settoriale. È uno strumento che esiste già nella gran parte dei Paesi europei e perfino negli Stati Uniti. Il potenziamento e l’espansione del dialogo sociale e della contrattazione collettiva in tutta l’Unione Europea rappresentano una condizione fondamentale per promuovere la coesione e il progresso sociale nell’intera Comunità europea.

7.4 PER UNA EFFETTIVA PARITÀ SALARIALE UOMO-DONNA

Un rapporto della Global Gender Gap del 2023 posiziona l’Italia al 79esimo posto su 146 Paesi sul tema della parità retributiva. Il divario retributivo di genere è un male della nostra società e colpisce moltissimi Paesi europei, in particolari quelli dell’Est. Nella scorsa legislatura europea è stata approvata la direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione, ma non basta. L’Unione europea deve fare di più e deve ripensare le politiche adottate finora introducendo misure di rottura con il passato come, per esempio scoraggiando il lavoro part-time involontario, fenomeno che colpisce in particolare le giovani donne. È necessario un profondo rafforzamento dei servizi di sostegno alla genitorialità come gli asili nido, poi servono obblighi di trasparenza aziendali sui contratti di lavoro così da monitorare il rispetto delle pari opportunità. Attraverso programmi specifici l’UE deve sostenere maggiormente l’imprenditorialità femminile e implementare o rafforzare il bilancio di genere e le statistiche di genere, come strumento di valutazione delle politiche pubbliche. Anche il mondo dello sport è purtroppo indietro sulla parità salariale: se i club calcistici e non hanno più libertà nel decidere i livelli salariali, le Federazioni devono invece promuovere l’uguaglianza dei montepremi e delle diarie. Perché un’atleta che indossa la maglietta della Nazionale deve essere svantaggiata rispetto a un atleta uomo?

7.5 DIRITTO ALLA CASA E PIANO PLURIENNALE PER L’ABITARE SOSTENIBILE

Il numero di cittadini italiani ed europei che non riescono, con i propri mezzi economici, ad accedere a una abitazione, per sé e/o per la propria famiglia, in fitto o in proprietà, aumenta sempre più. Proponiamo di introdurre nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea il principio del diritto alla casa, come diritto fondamentale e inalienabile per i cittadini europei.
Chiediamo uno strumento europeo di finanziamento agli Stati membri (sul modello Recovery Fund) con l’obiettivo di soddisfare, entro un periodo di 10-20 anni, l’intero fabbisogno abitativo dei cittadini europei che vivono in condizioni di disagio e/o emergenza abitativa, non in grado economicamente di soddisfare le proprie esigenze abitative sul libero mercato.
Il Piano europeo deve avere i seguenti obiettivi prioritari: transizione ecologica, di ambiente urbano, miglioramento della sostenibilità dell’abitare delle città europee, al fine di raggiungere, entro il 2050, l’obiettivo di vivere bene «entro i limiti del pianeta», sia in fase di realizzazione e sia in fase gestione degli alloggi; realizzazione di edi lizia sostenibile, di qualità, significativa e caratterizzante anche dal punto di vista architettonico ed estetico, a costi contenuti, potendo contare su economie di scala; inclusione sociale, dotazione delle aree di intervento di tutti i servizi necessari e complementari all’abitare, realizzazione incubatori di lavoro/piccola impresa, nonché servizi innovativi alla residenza.
Auspichiamo anche un più efficace e penetrante monitoraggio della BCE sulle banche degli Stati membri in tema di tassi di interesse per l’acquisto della prima casa, in special modo per i nuclei familiari i cui componenti abbiano età inferiori ai 36 anni. L’aumento vertiginoso dei tassi sta causando enormi problemi alle famiglie a basso reddito che pagano mutui sulla prima casa, alle prese con le pratiche di espropriazioni immobiliari da parte delle banche mutuanti.

7.6 UNA DIRETTIVA SULLA SETTIMANA CORTA

In Italia non esiste una legge sulla settimana corta e questo ha avuto effetti negativi sulla produttività delle aziende (tra il 1995 e il 2022 solo +0,4% contro una media UE-27 del +1,5%) così come sull’aumento dei salari (-2,9% fra il 1990 e il 2020). In molti Paesi europei la settimana corta è già realtà, in altri si sono avviate sperimentazioni che hanno dato ottimi risultati. Pertanto, l’Unione europea deve approvare una direttiva e concedere pari diritti a tutti i lavoratori europei. La sperimentazione di questa misura può partire dai settori a più alta intensità tecnologica, mettendo a disposizione anche i fondi europei così com’è avvenuto per la prima volta nel 2020 con il Fondo Nuove Competenze, istituito dal governo Conte II. Il nostro obiettivo è quello di garantire che le persone possano lavorare meno senza subire tagli salariali e avere un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Allo stesso tempo, ciò consentirebbe la creazione di nuovi posti di lavoro per sostituire coloro che optano per un orario ridotto, anche attraverso incentivi per gli imprenditori. In questo contesto l’efficienza del lavoro crescerebbe, la produttività migliorerebbe, e il benessere dei lavoratori aumenterebbe, in un circolo virtuoso che porterebbe maggiore produttività nelle aziende. Nel concreto la proposta andrebbe a ridurre gli orari di lavoro fino a 32 ore settimanali (4 giorni a settimana) e sarebbe articolata concedendo ai lavoratori strumenti di welfare aziendale di valore pari alla quota di lavoro a cui hanno rinunciato (8 ore) in voucher validi per l’acquisto di beni (buoni pasto e buoni spesa) e servizi (come, ad esempio, gli asili nido). Cosicché il salario complessivo rimarrebbe costante. Le aziende sarebbero aiutate in una prima fase prevedendo la defiscalizzazione della quota del salario versata sotto forma di welfare aziendale. L’UE e gli Stati membri devono fare la loro parte mettendo a disposizione rispettivamente i fondi europei e i contributi figurativi dei lavoratori per la parte di salario ricevuta sotto forma di welfare aziendale.

7.7 CONGEDO PER CHI SOFFRE DI DISMENORREA

La Spagna ha approvato un provvedimento che prevede un congedo di tre giorni, sovvenzionato dallo Stato, per chi soffre di dismenorrea, termine che identifica la sofferenza causata dalle mestruazioni. È opportuno che anche l’Unione europea intervenga per indicare a tutti gli Stati membri come intervenire su questo tema, offrendo in tal modo alle donne pari tutele e pari godimento dei diritti su tutto il territorio comunitario.

7.8 FAVORIRE L’ECONOMIA SOCIALE

I congedi paterni e materni devono essere identici: le cure per i nuovi nati non possono ricadere unicamente sulle spalle delle donne. È giusto dunque concedere ad entrambi i genitori i stessi diritti e le stesse responsabilità oggi in capo esclusivamente alle donne. L’economia sociale è un tratto distintivo dell’Europa che aiuta la coesione sociale, l’inclusione, il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Occorre favorire i processi partecipativi dell’economia sociale come le forme aggregative, cooperative di comunità sociali e non profit. Vanno definiti inoltre gli assorbimenti patrimoniali ridotti su finanziamenti aventi finalità sociali, favorendo così lo sviluppo del credito bancario per tali attività Social Supporting Factor. Proponiamo di rendere efficace l’alleanza fra pubbliche amministrazioni, finanza ed economia sociale, attraverso la partecipazione sussidiaria e congiunta di tutti gli attori socio-economici, di finalizzare la legge sulla Fondazione Europea (ancora non emessa) e istituire una Società Benefit europea. Infine, bisogna promuovere interventi sia per l’accesso a credito e microcredito, anche tramite garanzie, che per quello al mercato di capitali tramite interventi azionari, quasi azionari e mezzanini, oltre che a ogni altra forma di contributo a sostegno della crescita delle imprese sociali e ad impatto sociale, in linea con quanto previsto dal Piano Europeo per l’Economia Sociale (2021) e dalle Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea (2023).

7.9 IL RICONOSCIMENTO DELLA FIGURA DEL CAREGIVER

Il caregiver familiare è quella figura professionale che presta assistenza e cura ad una persona non autonoma e autosufficiente. Una società che invecchia come la nostra deve tutelare sempre di più le persone fragili che spesso soffrono anche di solitudine. Il riconoscimento legale di questa figura professionale permette di superare tutti gli aspetti legali e burocratici di ordine organizzativo che spesso portano i genitori o chi si prende cura dei fragili ad arrendersi e non usufruire di quei servizi.

7.10 LA SALUTE DELLA POPOLAZIONE ANZIANA

Le persone anziane rappresentano e rappresenteranno sempre più una risorsa per le nostre comunità. In tal senso l’età non dovrebbe mai vista come aspetto di discriminazione. L’UE deve garantire la promozione di percorsi partecipativi, di apprendimento permanente, di accesso ai servizi e beni essenziali e fondamentali come i servizi sanitari e di assistenza (senza trascurare, cibo, alloggio, trasporti pubblici, servizi digitali). Importante sono la valorizzazione delle esperienze di vita e lavorative attraverso la promozione di scambi e solidarietà intergenerazionale così come programmi di protezione da abusi e violenza compresi gli abusi finanziari. Sosteniamo misure di protezione delle pensioni che mantengano il potere di acquisto e, comunque, un reddito minimo garantito.
L’aumento delle dimensioni della popolazione anziana implica un cambiamento del paradigma di azione e impone un modello di intervento che si occupi di più di salute e di persone, senza tuttavia trascurare gli interventi sulle malattie e sui malati. Vale anche in questo contesto il contrasto alle malattie ecologico-correlate e quelle legate agli stili di vita (tabacco, alcol, sovrappeso, sedentarietà, consumo di sale, ipertensione e diabete non controllati). Infine, va sempre garantita alle persone anziane autonomia e autodeterminazione, partecipazione all’assistenza e formazione continua degli stessi assistenti formali e informali, compresi i care-giver. In tal senso diventa fondamentale far tesoro dalle esperienze maturate dalle persone affette da malattie croniche e loro familiari, anche attraverso le loro forme associative.

8. MADE IN, PER RILANCIARE LE NOSTRE IMPRESE

Gli accordi di libero scambio di “nuova generazione” dell’UE sono lo strumento di cui l’UE si avvale nella politica commerciale, al fine di rispondere alle esigenze delle imprese europee nell’era moderna senza però ignorare la società civile. Si tratta di accordi di libero scambio in grado di influenzare positivamente non solo il mercato dell’UE, ma anche i mercati degli altri Paesi con cui sono stati stipulati, per facilitare pienamente sia la liberalizzazione tariffaria propria delle politiche commerciali adottate in passato sia il sostegno dei diritti umani fondamentali, la protezione dell’ambiente e dei lavoratori. Si tratta quindi di un’idea di un commercio non basato su barriere e tariffe, ma sui valori e principi europei e sulla ricerca di soluzioni reciprocamente vantaggiose.
Abbiamo da sempre sostenuto questo nuovo formato di accordi commerciali seppur evidenziando alcune lacune soprattutto nel capitolo dello sviluppo sostenibile, dove vengono inseriti i requisiti in ambito sociale, ambientale e lavorativo. Senza sanzioni efficaci ed applicabili, l’UE non avrebbe nessun deterrente per far rispettare clausole negli accordi in maniera efficace e repentina.
L’accordo commerciale fra UE e Nuova Zelanda, recentemente votato dal Parlamento europeo, va nella direzione da noi auspicata e si allontana dai vecchi modelli come quello del TTIP: prevede infatti sanzioni in caso di violazione degli impegni ambientali e in caso di mancato rispetto dei diritti dei lavoratori. È la prima volta che clausole di questo tipo vengono inserite in un accordo europeo e per noi, che da sempre lottiamo per un commercio equo, solidale e rispettoso dell’ambiente, ne è motivo di orgoglio.

8.1 SALVIAMO L’ECCELLENZA DEL MADE IN

Il regolamento per proteggere le indicazioni geografiche dei prodotti non agricoli, incluso l’artigianato italiano, è stato un nostro grande successo di questa legislatura. Ora chiediamo che queste liste vengano inserite in tutti gli accordi commerciali come avviene per le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli.

8.2 AIUTIAMO IL TESSILE CON UNA NUOVA ETICHETTATURA

Altro settore particolarmente colpito dalla concorrenza sleale è quello tessile. Oggi si contano in Italia 40.000 aziende del settore per un totale di 400.000 lavoratori impiegati: si tratta di un settore in grande sofferenza anche perché molte grandi case di moda acquistano i tessuti all’estero e usano impropriamente il marchio Made in Italy sfruttando le maglie larghe dell’attuale sistema europeo delle etichettature.
Serve una maggiore trasparenza e tracciabilità, come già avvenuto con successo per il settore agroalimentare. La nostra proposta è quella di prevedere l’obbligatorietà in etichetta di tutti e quattro i passaggi del tessile: non solo la confezione, ma anche la filatura, la tessitura e la nobilitazione, cioè la stampa o la tintura. Se si vuole veramente difendere il tessile e l’abbigliamento italiano dobbiamo salvaguardare l’integrità di tutta la filiera, comparto con punte di eccellenza nella tutela dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente, della sicurezza e salute dei consumatori.

8.3 UE-MERCOSUR: NO A UN ACCORDO CHE AGGRAVA LA DEFORESTAZIONE

Uno degli accordi commerciali più discussi è sicuramente quello con i Paesi del Mercosur, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. I negoziati sono sospesi ma la bozza su cui si stava lavorando è problematica da un punto di vista delle conseguenze sul clima. Sosteniamo l’importanza di proteggere le popolazioni indigene e garantire metodi di coltivazione sostenibili per gli agricoltori. Purtroppo, così come formulato allo stato attuale, si antepongono le multinazionali e i loro profitti economici ai diritti sociali e ai diritti umani.
Questo accordo mette a rischio anche le condizioni di lavoro e l’occupazione. Rischia di aggravare la disuguaglianza di genere e di favorire le multinazionali rispetto alle PMI locali. Solo in Brasile sono consentiti oltre 500 pesticidi, 150 dei quali sono vietati nell’UE. Invece di un accordo che importa in Europa alimenti potenzialmente pericolosi, dobbiamo aiutare i Paesi partner a eliminarli gradualmente per migliorare la sicurezza alimentare. Ciò implica che l’UE smetta di esportare ai Paesi del Mercosur i pesticidi vietati nel mercato interno.
Con questo accordo è in gioco anche il benessere degli animali: il miglioramento delle condizioni di allevamento del bestiame in Europa non deve essere compromesso dalla chiusura dell’UE sulle importazioni. Vanno richieste garanzie formali che non si aggravi la deforestazione attraverso l’inserimento di uno strumento aggiuntivo da allegare alla bozza di accordo.

8.4 BANDO DEI BENI PRODOTTI ATTRAVERSO LAVORO FORZATO

La comunità internazionale si è impegnata a eliminare il lavoro forzato entro il 2030 (obiettivo di sviluppo sostenibile 8.7 delle Nazioni Unite), tuttavia il ricorso a questo tipo di lavoro resta diffuso. L’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha stimato a 27,6 milioni il numero complessivo di persone costrette al lavoro forzato. Nel 2022 la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa sotto forma di regolamento che vieterebbe tutti i prodotti realizzati con il lavoro forzato sul mercato dell’UE. Questo regolamento va applicato alla lettera.
È fondamentale il rispetto del lavoro dignitoso in tutto il mondo soprattutto in quei Paesi con i quali negoziamo e scambiamo merci. Il bando della commercializzazione di questi prodotti deve essere incluso nei capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile degli accordi commerciali dell’UE, in modo tale da avere un maggior coinvolgimento dei nostri stessi partner commerciali. L’aiuto delle tecnologie dell’intelligenza artificiale è indispensabile per controllare i territori di produzione dove spesso queste regole non vengono rispettate. Solo così si può bandire l’ingresso nel mercato unico delle merci prodotte attraverso lo sfruttamento dei lavoratori in qualsiasi punto della catena di produzione globale.

8.5 RIPORTARE A CASA LE IMPRESE CHE DELOCALIZZANO

Per rafforzare la sicurezza economica proponiamo di inserire un incentivo al rientro di alcune imprese strategiche nei confini europei. Diversificazione e re-shoring rappresentano senz’altro un’arma importante a sostegno della nostra sicurezza economica. L’Unione europea dovrebbe favorire, attraverso diversi strumenti di politica commerciale, la possibilità di riconsiderare l’ubicazione delle catene di valore internazionali delle imprese europee così da spostare le loro attività manifatturiere nel Paese d’origine o in quelli vicini. Riusciremmo così a rivitalizzare il settore manifatturiero e aumentare l’occupazione.
L’Unione europea deve quindi focalizzarsi sulla sicurezza degli approvvigionamenti di prodotti critici per la salute e la sicurezza umana, in particolare di prodotti farmaceutici e prodotti medici. Poi, deve salvaguardare ed estendere la sovranità tecnologica dell’economia nella ricerca di una maggiore autonomia strategica in un ordine internazionale in evoluzione che comprende la grande sfida sociale della transizione verde, come delineato nel Green Deal, e rivedere quelle misure che rendono più costosi il commercio e i trasporti internazionali. Infine, gli appalti pubblici potrebbero essere utilizzati per promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti attraverso un acquisto preferenziale da fornitori che si impegnano a rispettare i requisiti di due diligence e si impegnano a utilizzare le capacità produttive nazionali e regionali.

8.6 UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE EUROPEA

Per massimizzare i suoi benefici la politica industriale deve essere integrata con le politiche di sviluppo e con le politiche del lavoro. Non si può avere una politica industriale trasformativa di successo se il lavoro è povero, i salari sono bassi, i contratti offrono scarse tutele e le politiche della formazione non sono disegnate per garantire lo sviluppo delle competenze necessarie a massimizzare i benefici. La nuova politica industriale deve essere inoltre socialmente sostenibile, deve avere tra i suoi obiettivi centrali la transizione ecologica consentendo all’Unione di raggiungere i target ambiziosi che si è data. Infine, la politica industriale europea deve contrastare le dipendenze strategiche che ci vedono dipendenti dall’estero per quanto riguarda l’acquisizione di materie prime, tecnologie e beni intermedi strategici. È necessario che la nuova politica industriale rafforzi la produzione in modo selettivo ponendo obiettivi chiari per quanto riguarda la crescita della capacità produttiva domestica e la riduzione delle dipendenze. In questo modo, l’Europa costruirà rapporti commerciali e produttivi all’insegna non di dipendenze e ritorsioni ma di cooperazione e mutui benefici.

8.7 UNA AUTHORITY EUROPEA PER IL SETTORE DEL GAMING

Il settore del Gaming si sta imponendo sempre di più come uno con i più alti tassi di crescita nel mondo e sta rivoluzionando non solo l’esperienza di intrattenimento ma l’industria creativa nel suo complesso, influenzando anche architettura, cinema, serie, musica e arte in generale. Nonostante una risoluzione del Parlamento europeo del 10 novembre 2022 che raccomanda agli Stati membri una “strategia di lungo periodo per sostenere e incentivare il settore”, ad oggi non esiste una strategia comune europea che consenta di giungere alla tutela del mercato e di attrarre investimenti. È necessario quindi un approccio uniforme a livello dell’Unione europea al fine di garantire una solida protezione dei consumatori. È inoltre necessario che l’Unione europea adotti un approccio responsabile nei confronti dei videogiochi e degli sport elettronici, promuovendoli nel quadro di uno stile di vita sano, tra cui l’attività fisica e l’interazione sociale di persona e l’impegno culturale.
Proponiamo il varo di una Authority europea che supervisioni questo ecosistema e garantisca pari opportunità di accesso, e la nascita di una Commissione di esperti europea che possa studiare l’impatto generato dal processo evolutivo del Gaming sul diritto al gioco, tenendo conto delle recenti raccomandazioni e linee guida con cui organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti dei bambini tentano di orientare la prassi dei principali attori privati attivi nell’emergente metaverso dei giochi, verso comportamenti conformi al rispetto dei diritti umani. È importante anche la creazione di incubatori europei per gli sviluppatori di videogiochi, tramite la creazione di un network paneuropeo finalizzato alla formazione, allo sviluppo, al sostegno e alla promozione di nuove startup nel campo dei videogiochi. L’obiettivo è valorizzare le abilità informatiche e creative dei giovani laureati in programmazione.

9. UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE PER I TERRITORI

L’Unione europea non può mancare l’appuntamento con la storia fissato dagli accordi di Parigi: per salvare il pianeta dobbiamo concentrarci su progetti che abbiano un reale valore aggiunto per lo sviluppo di un sistema di trasporti efficiente e moderno e investire laddove c’è una maggiore carenza di infrastrutture come nel Sud Italia. La relazione speciale 10/2020 della Corte dei conti europea ha sollevato molti dubbi sui benefici in termini economici ed ecologici del progetto Tav Lione-Torino, rilevando, inoltre, che le previsioni di traffico si sono rivelate non corrispondenti alla reale situazione. Le pesanti critiche dei giudici contabili europei vanno prese in considerazione. L’Italia non ha bisogno di cattedrali nel deserto, ma di opere che servono ai cittadini, per questa ragione diciamo no alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina con l’utilizzo dei fondi europei.

9.1 RETI TEN-T, PER UNIRE IL SUD ITALIA AL RESTO D’EUROPA

Il nuovo regolamento sulle TEN-T (rete transeuropea dei trasporti) vedrà emergere il ruolo dei nodi urbani: in quest’ottica gli hub di mobilità intermodale dovrebbero essere realizzati in prossimità dei nodi di mobilità esistenti, come le stazioni ferroviarie e altre stazioni di transito. È importante facilitare l’interscambio tra le diverse modalità di trasporto e sarà fondamentale il sostegno finanziario allo sviluppo di connessioni di ultimo miglio tra le reti ferroviarie in Italia e in Europa direttamente a siti industriali. Lo scenario che promuoviamo è la realizzazione di connessioni dirette per esempio dal porto al sito industriale e viceversa in sinergia con la strategia di sviluppo con il sistema portuale, interportuale, aeroportuale e retroportuale. In questo scenario il sistema ferroviario faciliterebbe gli obiettivi di transizione ecologica, sostenendo l’evoluzione del sistema industriale.
Unire le reti strategiche con investimenti previsti dall’UE è il modo migliore per consentire al Sud di non rimanere indietro. È fondamentale inoltre la promozione di una cultura della manutenzione così da modernizzare le infrastrutture esistenti anche alla luce dei progressi tecnologici. Il miglioramento della manutenzione della rete contribuisce alla sua efficienza e continuità, accresce la sostenibilità, le prestazioni e quindi la resilienza dell’infrastruttura TEN-T, migliorando nel contempo la sicurezza stradale. L’assetto attuale delle reti transeuropee di trasporto nell’Italia peninsulare esclude vaste aree della dorsale adriatica e lascia scoperte le tratte di collegamento tra la dorsale adriatica e quella tirrenica che necessitano di maggiori collegamenti. Questi interventi attesi da anni e richiesti a gran voce dai territori spaziano dal potenziamento della rete ferroviaria a quello dei porti, dalle rispettive connessioni con la rete ferro-stradale agli impianti intermodali. Chiediamo un prolungamento del corridoio europeo che garantirebbe una migliore connessione a livello logistico ed energetico: l’Italia è la porta d’accesso d’Europa verso Oriente e i Balcani. I collegamenti mancanti dovrebbero costituire una priorità: è inderogabile il completamento dei corridoi essenziali e l’eliminazione delle strozzature, in particolare laddove manchi una rete nazionale coerente con le necessità di garantire una mobilità in linea con gli obiettivi di coesione economica, sociale, territoriale e ambientale.

9.2 LA TRANSIZIONE DELLA MOBILITÀ

L’obiettivo numero uno dell’Unione europea è quello dell’elettrificazione dei trasporti pubblici e privati. La mobilità elettrica è irreversibile in virtù del regolamento approvato nella scorsa legislatura sul divieto di immatricolazione delle auto inquinanti a partire dal 2035. Le automobili a diesel o benzina acquistate prima del 2035 potranno ancora circolare, e sarà consentito vendere auto usate con motori endotermici. Tuttavia, l’obiettivo europeo è quello di eliminare progressivamente questi veicoli dalla circolazione per lasciare spazio alle auto non inquinanti, mirando a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 e a migliorare sensibilmente la qualità dell’aria nei centri abitati. Il nostro impegno è quello che nessun cittadino resti indietro nella transizione della mobilità. Il raggio di azione del già esistente Fondo di transizione giusta va allargato anche per difendere l’industria europea dalla concorrenza sleale cinese e per sostenere le piccole e medie imprese dell’indotto della componentistica nella riconversione tecnologica, anche per garantire la competitività e tutelare i posti di lavoro nel settore. Al netto del processo di elettrificazione del parco veicolare (privato e pubblico) va sottolineata l’esigenza di ridurre il numero di auto private circolanti, soprattutto nei centri urbani, dove l’utilizzo del mezzo privato dovrà lasciare necessariamente spazio ad altre forme di mobilità. In quest’ottica sono necessari ulteriori sforzi per potenziare e rendere più efficiente la mobilità collettiva e condivisa per renderla un’alternativa valida all’uso del mezzo privato. Inoltre bisogna garantire una rete di ricarica capillare e uniforme per le auto elettriche, con un sistema unico trasparente e di facile gestione per l’utilizzatore e che sia accessibile in tutti gli Stati membri.

9.3 BICICLETTA, L’ALTERNATIVA POSSIBILE

La mobilità ciclistica gioca un ruolo fondamentale nell’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, l’inquinamento atmosferico e acustico, nonché la congestione del traffico. Questa forma di trasporto favorisce anche il turismo sostenibile e genera benefici economici concreti attraverso opportunità di lavoro nel settore verde, specialmente per le piccole e medie imprese. Nonostante i molteplici vantaggi della mobilità ciclistica, il ricorso alla bicicletta nell’UE è ancora limitato, con notevoli disparità tra gli Stati membri, le regioni e le città. Proponiamo di utilizzare i fondi europei per potenziare le infrastrutture ciclabili nei piani urbanistici delle città. Inoltre, è indispensabile creare le condizioni per favorire una produzione europea di biciclette, comprese quelle elettriche. La concorrenza selvaggia, in particolare quella cinese, ha infatti indebolito quella che era un’eccellenza in particolare italiana. Infine, l’intero sistema cicloviario nazionale va messo in rete con i percorsi europei.

9.4 SICUREZZA STRADALE: UN OBIETTIVO EUROPEO

Ogni anno si contano in Europa circa 22 mila morti e 120 mila feriti in incidenti stradali, molti dei quali sono minori. La prevenzione che passa attraverso l’educazione, la formazione e la messa in sicurezza delle infrastrutture deve diventare anche una priorità europea. Nel quadro strategico dell’UE per la sicurezza stradale 2021-2030, l’UE ha riaffermato l’obiettivo di dimezzare i morti sulle strade entro il 2030 e di azzerarli entro il 2050. La nuova strategia in materia di sicurezza stradale deve incoraggiare il miglioramento degli attraversamenti pedonali e promuovere una cultura del rispetto del pedone. È fondamentale prevedere nei piani urbanistici un ulteriore sviluppo delle corsie dedicate alle biciclette e ai nuovi veicoli di mobilità personale. L’UE è chiamata a supportare ulteriormente la mobilità ciclistica, promuovendo in modo organico forme di trasporto combinato quali treno e bicicletta.
La promozione di una mobilità sostenibile si deve basare su sistemi di trasporto alternativi all’utilizzo del mezzo privato come la mobilità condivisa, il cui successo si fonda sulla trasformazione del comportamento dei cittadini che tendono a privilegiare l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità, aderendo ad un nuovo stile di vita che predilige l’efficienza, la sostenibilità e la condivisione.

9.5 IL TRASPORTO MARITTIMO AL COSPETTO DEL GREEN DEAL

Il trasporto marittimo svolge un ruolo imprescindibile nell’economia europea dal momento che il 90% delle merci arriva nell’Unione via mare e attraverso i porti, tuttavia questo settore non è contemplato dall’accordo di Parigi sul clima e dalla normativa dell’UE in materia di riduzione dei gas a effetto serra. Inoltre, questo settore utilizza uno dei combustibili più inquinanti disponibili sul mercato: l’olio combustibile pesante. Il trasporto marittimo produce 940 milioni di tonnellate di CO2 all’anno ed è responsabile del 2,5% delle emissioni globali di gas a effetto serra. La posta in gioco è quindi notevole, a maggior ragione se si considera che, secondo le previsioni, le emissioni generate dal settore registreranno un vertiginoso aumento compreso tra il 50% e il 250% entro il 2050. L’uso dell’idrogeno può essere una valida alternativa. La Commissione europea deve proporre un piano di ammodernamento delle navi in linea con il Green New Deal con finanziamenti e agevolazioni per sostenere il settore marittimo nella transizione verso un’economia a zero emissioni, tenendo conto anche dell’aspetto sociale della trasformazione.
È infine necessario un ulteriore sforzo per sostenere l’elettrificazione dei porti a supporto della transizione energetica.

10. L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL SERVIZIO DELLE PERSONE

L’intelligenza artificiale (IA) sta già trasformando profondamente la società in cui viviamo e i modelli produttivi tradizionali. Può essere considerata una delle tecnologie più strategiche del XXI secolo e il modo in cui affrontiamo le sfide poste da essa definirà il nostro futuro.
I potenziali vantaggi economici e sociali delle tecnologie di IA sono enormi, possono portare benefici a un pubblico molto ampio e in una vasta gamma di settori tra cui ambiente e sanità, servizi pubblici, finanza, agricoltura, mobilità e trasporti, ma anche nel campo della giustizia, della sicurezza e degli affari interni in generale.
I modelli basati sull’IA sono particolarmente utili per migliorare le previsioni, ottimizzare operazioni complesse, allocare efficacemente le risorse e per personalizzare prodotti e servizi. Tuttavia, vi sono anche rischi legati all’utilizzo delle applicazioni di IA. Se non programmate correttamente, il loro utilizzo potrebbe portare pregiudizio ai diritti fondamentali dei cittadini così come tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (non discriminazione, libertà di espressione, dignità umana, protezione dei dati personali e privacy), nonché comportare rischi per la sicurezza degli utenti quando le tecnologie di IA sono integrate in prodotti e servizi.

10.1 LE NOSTRE PROPOSTE

Il Movimento 5 Stelle propone una prospettiva olistica che consideri l’innovazione tecnologica non solo come uno strumento di progresso economico, ma anche come un mezzo per il benessere sociale. L’Unione europea per prima ha voluto regolamentare l’IA con il cosiddetto “AI Act”, un complesso tuttavia non sufficiente di norme orientate agli aspetti etici e alla classificazione dei sistemi di intelligenza artificiale sulla base del loro rischio, valutato rispetto all’impatto sui diritti dei cittadini dell’UE. È importante proseguire sulla strada del monitoraggio e della regolazione ma occorre evitare che un impianto normativo eccessivo ingessi l’economia dell’innovazione europea. Dobbiamo essere flessibili di modo da adattarsi per tempo e adeguatamente alle sfide poste da un così rapido progresso. Questo sviluppo dovrà essere inoltre inclusivo, aperto all’ascolto di esperti e stakeholder che ogni giorno affrontano in prima persona le sfide dell’IA. La regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale deve inoltre tenere in conto altri aspetti rilevanti come la trasparenza del funzionamento dei modelli e dei dati di addestramento, la possibilità di stress test sui modelli stessi, la responsabilità giuridica del funzionamento dei sistemi, l’impatto nel mondo dei contenuti, come per esempio il rispetto del diritto d’autore, e dell’informazione come il contrasto alle fake news e al deep fake.

10.2 GLI EFFETTI SUL MONDO DEL LAVORO

Tra gli impatti più rilevanti da considerare c’è quello sul mondo del lavoro. Come ogni rivoluzione tecnologica l’introduzione capillare di sistemi IA porterà a una conseguenze occupazionali. Molti posti di lavoro saranno messi a rischio, diverse mansioni spariranno ma al contempo si creeranno nuove opportunità.
Al fine di potere sostenere i cittadini europei in questo periodo di transizione sarà opportuno favorire percorsi di upskilling e reskilling, in particolare per le persone over-40. È fondamentale promuovere la formazione continua in un contesto internazionale di rapido progresso tecnologico. Occorrerà inoltre prevedere opportuni sistemi di redistribuzione a favore delle persone fragili o temporaneamente disoccupate.

10.3 INVESTIRE NELLE APPLICAZIONI STRATEGICHE

L’UE deve investire in singole applicazioni strategiche dell’Intelligenza Artificiale come l’utilizzo di sistemi per le diagnosi in ambito sanitario, l’adozione di strumenti per le smart cities e la transizione ecologica, l’impiego di modelli di IA nel mondo della ricerca.
Sul fronte internazionale, l’UE dovrà affermare la propria identità, sviluppando una strategia sia verso l’estero, che consenta un posizionamento del Continente nello scenario di competizione globale, che interno, sostenendo la nascita e la crescita di campioni nazionali ed europei nell’IA.
Questo include un supporto robusto alle startup e un sostegno diretto alla domanda delle PMI, che possono trarre enorme vantaggio dall’adozione dell’IA per migliorare la loro competitività e produttività.

10.4 INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER PREVENIRE I DISASTRI CLIMATICI

Le tecnologie basate sull’IA sono strumenti utilissimi per elaborare modelli climatici maggiormente affidabili che consentano di prevedere, con un ridotto margine di errore, eventi calamitosi come uragani, alluvioni e valanghe.
A tal fine è necessario potenziare ed ampliare le banche dati disponibili, eliminando il gap informativo tra le diverse aree. L’implementazione delle banche dati informative unita allo sviluppo dell’IA consentirà di rafforzare le sinergie tra energie rinnovabili, mitigazione, modelli previsionali e adattamento. Grazie all’intelligenza artificiale non solo sarà possibile legare il perseguimento della giustizia sociale a quello della giustizia ambientale, ma si potrà accelerare il percorso per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) indicati nell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

10.5 L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER LA SCUOLA DEL FUTURO

I progressi tecnici e tecnologici offrono grandi opportunità e benefici nei settori lavorativi e alla società intera nel suo complesso. Ciò nonostante, dobbiamo mettere in guardia sulle grandi discrepanze che l’uso dell’Intelligenza Artificiale è in grado di generare tra gli utenti. Per contrastare questo fenomeno dobbiamo rafforzare Horizon Europe, il programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione. Esso mira a sostenere progetti di ricerca avanzata, innovazione e sviluppo tecnologico in vari settori, promuovendo la collaborazione tra Istituzioni, aziende e Paesi membri, attraverso la concessione di finanziamenti a progetti di ricerca e innovazione selezionati mediante procedure competitive. La competenza digitale è una delle otto competenze-base individuate dalla raccomandazione europea del 22 maggio 2018, eppure da allora poco è stato fatto. Nel settore della formazione scolastica a diversi livelli, l’intelligenza artificiale deve affermarsi come uno strumento di “sviluppo per soluzioni educative innovative, piattaforme di apprendimento personalizzato oppure strumenti di valutazione automatica”. Supportato da finanziamenti per la ricerca e l’innovazione in settori educativi avanzati, l’IA deve concorrere alla formazione delle scuole del futuro. Proponiamo di incentivare l’educazione digitale creando nuove metodologie didattiche che consentano ai discenti l’acquisizione di nuove conoscenze, generando abilità nell’applicazione di conoscenze e di uso del know-how, al fine di far proprie le competenze acquisite e utilizzarle nello studio e nello sviluppo personale. A tal fine è utile l’attivazione di Poli formativi e tecnici nei vari Stati europei, la creazione di una piattaforma centralizzata europea con diramazioni verso Stati membri, lo sviluppo di nuove tecnologie per finalità mediche e di nuove tecnologie di controllo per la sicurezza sul lavoro e della persona.

11. ENERGIA E CLIMA: RAFFORZIAMO IL GREEN DEAL

Sulle politiche energetiche e climatiche nella passata legislatura europea è avvenuta una straordinaria accelerazione verso gli obiettivi di impiego di energie rinnovabile ed efficienza energetica. Tuttavia nell’ultimo periodo c’è stata una tendenza a ridimensionarle. Dobbiamo assolutamente invertire questa rotta. Il cambiamento climatico si affronta con un mix di misure di “mitigazione” (decarbonizzazione, riduzione emissioni GHG) e “adattamento” (costruzione della resilienza agli effetti del cambiamento climatico). Ancora oggi l’Europa importa fonti fossili per soddisfare più della metà del suo fabbisogno, 1.000 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti su 1.750. In Italia il 75% del nostro fabbisogno è soddisfatto solo grazie alle importazioni nette: per il 40% dal gas naturale, per il 33% dal petrolio. Sono numeri che assegnano ancora una importanza geopolitica e di dipendenza a un bene che dovrebbe essere comune. L’Unione europea è il primo importatore di energia al mondo: importa il 60% del proprio fabbisogno con un costo di oltre 400 miliardi di euro l’anno. Undici Stati membri sono ancora al di sotto dell’obiettivo del 15% di interconnessione dell’energia elettrica entro il 2030, alcuni dei quali anche in maniera significativa; sono pochi gli Stati che stanno attuando progetti di interesse comune (PIC) per l’interconnessione e il potenziamento della rete che dovrebbero consentire loro di raggiungere l’obiettivo del 15%. I PIC nel settore del gas mirano ad affrontare le necessità della sicurezza di approvvigionamento, inclusa la trasmissione e lo stoccaggio dell’energia elettrica. Altri dati significativi: il 92% per cento dei trasporti dipende dai prodotti petroliferi; il 43% dell’energia consumata nell’UE è usata per il riscaldamento o il raffreddamento degli edifici e il 75% del parco immobiliare è a bassa efficienza energetica. Inoltre, i prezzi all’ingrosso dell’elettricità e del gas sono più elevati, rispettivamente, del 30% e del 100% rispetto a quelli praticati negli USA. Oltre a non essere conveniente, il modello economico-culturale esistente ha avuto, tra l’altro, la conseguenza di ampliare le disuguaglianze: non è possibile applicare alla transizione energetica le regole autocratiche, inique, inefficaci e pericolose di un modello che ha consegnato al 10% della popolazione mondiale il 75% della ricchezza globale e che è responsabile di circa il 50% delle emissioni globali, contro l’8% del 50% più povero. Non è più accettabile che la metà della popolazione mondiale più povera, che non ha contribuito al cambiamento climatico, sarà quella che verrà più penalizzata.

11.1 UN ENERGY RECOVERY FUND STRUTTURALE CONTRO LA POVERTÀ ENERGETICA

NextGenerationEU (NGEU) è uno strumento temporaneo per la ripresa che contribuisce a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di Coronavirus per creare un’Europa più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future. Il fulcro di NextGenerationEU è il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), strumento che offre sovvenzioni e prestiti a sostegno delle riforme e degli investimenti negli Stati membri dell’UE e il cui valore totale ammonta a 723,8 miliardi di euro. Il resto dei fondi di Next Generation viene erogato agli Stati membri dell’UE attraverso diversi programmi europei: l’Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (REACT-EU), Horizon Europe, InvestEU, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale o il Fondo per una transizione giusta (JTF). Per la prima volta nella storia europea l’UE ha messo in campo uno strumento di condivisione del debito per rilanciare la propria economia. Questo è un modello vincente che va replicato. La nostra proposta è quella innanzitutto di rendere NGEU e il RRF degli strumenti strutturali. Sebbene questi siano nati in concomitanza di contingenze speciali, risulta alquanto inopportuno pensare di bloccarli già nel 2026. La fase di debolezza dell’economia europea proseguirà infatti nei prossimi anni. Anche se l’inflazione sta rientrando, i tassi sono alti e l’economia è debole. Sono ancora in difficoltà sia i servizi, sia l’industria. Gli investimenti sono bloccati a causa del credito troppo caro, mentre il mercato del lavoro non spinge i consumi. Se a questo si aggiunge la stretta fiscale che arriverà con i nuovi criteri del Patto di Stabilità e crescita le aspettative future sono tutt’altro che rosee. Rimane dunque perentorio continuare a sostenere le economie europee tramite il NGEU e l’RRF anche per rispondere alla potenza di fuoco messa in campo dagli Stati Uniti con l’IRA (Inflation Reduction Act) e dalla Cina che sovvenziona pesantemente le proprie aziende. Questo Energy Recovery fund dovrà essere destinato esclusivamente al finanziamento delle energie rinnovabili e delle azioni di efficientamento energetico (sia in chiave di processi industriali che in chiave di edilizia residenziale), e in generale della transizione verde tutta, con particolare attenzione a favore delle famiglie a basso reddito, e dovrà essere finanziato attraverso l’emissione di nuovo debito congiunto.
La transizione verde è estremamente costosa, e i soldi messi sul piatto dall’UE fino ad ora rappresentano solamente una frazione di quanto sarà necessario.

11.2 LA DECARBONIZZAZIONE DELLA NOSTRA ECONOMIA

I programmi europei per la decarbonizzazione prevedono il rispetto vincolante degli obiettivi del FitFor55 e RePowerEU. Tra i principali: almeno 55% di riduzione dei gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990 (80-95% entro il 2050); il 42,5% dell’energia consumata prodotta da fonti rinnovabili; almeno 36-39% di miglioramento in efficienza energetica; il livello di interconnessione elettrica del 15%. La strategia dell’Unione dell’Energia intende garantire all’UE e ai suoi cittadini energia sicura, sostenibile e a prezzi accessibili. L’economia e il benessere degli europei dipendono da un approvvigionamento energetico stabile e a prezzi accessibili. Per centrare questi obiettivi occorre un maggiore e rinnovato impegno nella costruzione dell’Unione dell’Energia, con particolare riferimento al ruolo della ACER, l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia. L’ACER deve maggiormente aiutare a garantire il corretto funzionamento del mercato unico europeo del gas e dell’energia elettrica, con l’elaborazione delle norme sulla rete europea in grado di interconnettere efficacemente gli Stati membri e regolare le condizioni di accesso e di sicurezza operativa delle infrastrutture transfrontaliere. In particolare, tenendo presente gli aspetti sociali del tema energia, una delle dimensioni dell’Unione dell’Energia molto trascurata in questi anni. Gli Obiettivi REPowerEU per l’Italia sono lontani dall’essere realizzati. In particolare, occorre triplicare la capacità rinnovabile esistente al 2030, garantire un approvvigionamento energetico dell’UE sicuro e a prezzi accessibili, sviluppare un mercato dell’energia pienamente integrato, interconnesso e digitalizzato, costruire reti meglio integrate per sostenere le fonti energetiche rinnovabili. Un tema fondamentale per la completa integrazione del modello energetico del futuro è riferito soprattutto a responsabilizzare gli Stati membri ad affrontare con convinzione ed in modo coordinato la povertà energetica. La piena adesione ai programmi di decarbonizzazione impongono una revisione della tassonomia verde, strumento importante che ha lo scopo di finanziare solo le attività allineate con la transizione. Purtroppo, l’inclusione del nucleare e del gas, pur con delle condizioni, tra le tecnologie considerate ‘verdì indebolisce questo strumento e rischia di sottrarre risorse economiche per la transizione. Anche prendere in considerazione come mezzo di decarbonizzazione il Carbon Capture and Storage (CCS) è da contrastare, anche in relazione ai costi e all’applicazione pratica di questa tecnologia.

11.3 INTERVENIRE SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE COMPAGNIE ENERGETICHE

Una misura emergenziale importante, che permetterebbe di calmierare i prezzi dell’energia, è un intervento straordinario sugli extraprofitti realizzati dalle compagnie energetiche che, in questo periodo e date le circostanze straordinarie in cui ci troviamo, hanno goduto di un’impennata degli utili conseguiti in tutta Europa. Questa imposizione andrebbe a sostenere le risorse proprie dell’UE e supportare i nuclei familiari e le imprese più vulnerabili dagli shock energetici.

11.4 I CREDITI FISCALI EUROPEI PER FINANZIARE LA TRANSIZIONE VERDE

In analogia all’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense e a quanto fatto ancora prima dal governo Conte con il Superbonus, è necessario un utilizzo esteso di un meccanismo di crediti fiscali europei (collegati a politiche fiscali comuni UE) al fine di sostenere famiglie, PMI negli investimenti necessari alla produzione di energia rinnovabile e stoccaggio, elettrificazione dei consumi e della mobilità, stoccaggio energetico, remunerazione dei servizi di flessibilità, efficientamento energetico degli edifici. L’utilizzo dei crediti fiscali negli Stati Uniti ha permesso un grande balzo del PIL oltre all’aumento della resilienza del sistema industriale.

11.5 DA BEI A BEST: NASCE LA BANCA EUROPEA PER LO SVILUPPO E LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

L’Europa è stata finora il grande assente nella competizione globale nel settore degli investimenti green, dominata dalla continua sfida tecnologica fra Cina e Stati Uniti. Grazie a massicci investimenti e sussidi pubblici e a bassi costi di produzione, la Cina ha assunto negli scorsi anni una posizione di leadership in tutti i processi produttivi fondamentali per le tecnologie green. Per rispondere a questa sfida, gli Stati Uniti hanno lanciato l’Inflation Reduction Act (IRA), un programma di sostegno pubblico all’industria in grado di mobilitare quasi 1.000 miliardi di dollari per attirare investimenti nella produzione di energie rinnovabili e nella ricostruzione di filiere produttive interne per le tecnologie verdi. In questo contesto, l’Unione europea sembra priva di qualsiasi visione industriale e la sua risposta all’Inflation Reduction Act statunitense è stata sinora debole e frammentaria. Da un lato, i Paesi con maggiori spazi di finanza pubblica, come la Germania, hanno spinto per allargare le maglie degli aiuti di Stato nel tentativo di proteggere il più possibile la propria industria nazionale. Dall’altro lato, il Net Zero Industry Act e il Critical Raw Material Act emanati dalla Commissione nel 2023 si sono limitati a fissare obiettivi e delineare raccomandazioni, ma senza stanziare nuove risorse per l’industria europea. Il mandato della Banca Europea degli Investimenti (BEI) deve essere esteso al fine di costruire una vera e propria Banca Europea per lo Sviluppo e la Transizione ecologica (BEST), che sia in grado di realizzare una politica industriale green europea. La BEST deve finanziare capitali pazienti e sostenere lo sviluppo di filiere strategiche per la transizione, come quelle delle batterie di accumulo elettrico, delle pompe di calore e della loro componentistica, dei pannelli solari, del riciclo di materiali quali i Raee per la produzione di pannelli solari e pale eoliche, dell’idrogeno verde e dei semiconduttori. Inoltre, la BEST dovrebbe finanziare l’innovazione tecnologica nei settori dell’efficienza energetica, dei trasporti e della produzione di energia da fonti rinnovabili e riportare in Europa filiere strategiche come le produzione di batterie, pannelli solari, pompe di calore, auto elettrica e sostenere i progetti di startup innovative e dei servizi avanzati.

11.6 UN FONDO SOCIALE PER IL CLIMA CHE SIA PERMANENTE

Nell’aprile 2023 il Parlamento europeo ha dato il via libero definitivo al Fondo sociale per il clima. Esso verrà istituito nel 2026 con l’obiettivo di garantire una transizione energetica equa e socialmente inclusiva e sarà finanziato dai ricavi della messa all’asta delle quote di ETS II fino a un importo di 65 miliardi di euro, tra il 2026 e il 2032, e con un ulteriore 25% coperto da risorse nazionali, per un totale di circa 86,7 miliardi di euro. Secondo dati della stessa Commissione europea, la transizione verde richiede però investimenti aggiuntivi annui pari a 620 miliardi. Questa somma include solo gli obiettivi previsti dal Green Deal Europeo e non include “i costi e le conseguenze della crisi climatica e della biodiversità”. È alquanto evidente, quindi, che la somma investita finora dalle Istituzioni europee è del tutto insufficiente. I Paesi membri non hanno a disposizione spazio fiscale sufficiente per incrementare gli investimenti in misura adeguata. La riforma del Patto di Stabilità, infatti, non prevede lo scorporo degli investimenti green dai nuovi criteri di rientro del debito. Il gap di investimenti deve essere colmato a livello europeo. Per questa ragione proponiamo di trasformare il Fondo sociale per il clima in un potente strumento per una rivoluzione europea verso la sostenibilità. Il Fondo deve essere permanente e in grado di emettere nuovi bond a scadenza dei vecchi titoli. Questo darebbe stabilità finanziaria e una prospettiva di lungo termine alla trasformazione ecologica del Continente. Per venire incontro ai flussi di cassa di uscita, il Fondo deve fare uso anche delle risorse proprie dell’Unione Europea, a partire proprio dai nuovi ricavi del sistema ETS sulle emissioni. Mobilitando almeno l’1% del Pil europeo in investimenti green ogni anno raggiungiamo la soglia minima per centrare gli obiettivi del Green Deal.

11.7 MINIMIZZARE I RISCHI DEL CARBON CAPTURE STORAGE

Il Net-Zero Industry Act (NZIA) contiene un elenco di tecnologie da considerare net zero e da promuovere per decarbonizzare l’industria. Tra queste rientrano le tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio (CCS). Si tratta di una tecnologia ancora non matura e che potrebbe impiegare decenni per diventare applicabile su scala commerciale e a costi contenuti. Il CCS viene erroneamente presentato come la soluzione per tutte le emissioni industriali, laddove invece andrebbe usata come soluzione di ultima istanza, basata in ogni caso sul principio “non arrecare un danno significativo”, esclusivamente per i settori per i quali risulta impossibile l’elettrificazione diretta e andrebbe dismessa progressivamente man mano che la strategia dell’idrogeno e la sua produzione da fonti solo rinnovabili sia in grado di sopperire alle necessità dei medesimi settori. Il ricorso a questa tecnologia rischia di distrarre gli investimenti pubblici dalle infrastrutture green già disponibili, comprovate e mature per la decarbonizzazione e di veicolare il denaro dei contribuenti verso strumenti ancora del tutto immaturi su scala commerciale e sotto il profilo dei costi. Il costo dei progetti CCS non può essere scaricato sui singoli Stati membri e quindi sulla collettività.

11.8 PIANTIAMO TRE MILIARDI DI ALBERI IN TUTTA UE

Piantare tre miliardi di alberi in più entro il 2030 è un obiettivo europeo che va rispettato e raggiunto già al termine della prossima legislatura. Le foreste sono i polmoni del nostro pianeta: immagazzinano CO2 e quindi ci proteggono dal riscaldamento globale. Inoltre, ospitano l’80% della biodiversità del pianeta e sono fonte di sostentamento e di reddito per circa il 25% della popolazione mondiale. La causa principale della deforestazione è l’espansione dei terreni agricoli da destinare agli allevamenti bovini o per la produzione di materie prime quali il legno, l’olio di palma, la soia, il cacao, il caffè e la gomma.
L’Unione europea è responsabile del 7-10% del consumo globale di colture e prodotti zootecnici che sono associati alla deforestazione nei loro Paesi d’origine.
È anche tra i principali importatori di prodotti legati alla deforestazione. Le norme europee stabiliscono regole di due diligence obbligatorie per tutti gli operatori che mettono a disposizione o esportano dal mercato dell’UE i seguenti prodotti causa di deforestazione: olio di palma, carne bovina, legname, caffè, cacao, gomma e soia.
Le regole si applicano anche a una serie di prodotti derivati come il cioccolato, i mobili, la carta stampata e alcuni derivati a base di olio di palma (utilizzati ad esempio come componenti di prodotti per la cura della persona). Nella prossima legislatura si procederà a una revisione di tali norme per verificare la necessità di includere altri prodotti.
Proponiamo di allargare ulteriormente la lista a tutti quelli prodotti che creano deforestazione, senza eccezione.
In conclusione, assume particolare rilievo la forestazione urbana soprattutto nelle grandi città dove l’incremento delle aree verdi alberate costituisce un presidio fondamentale per la riduzione del fenomeno delle isole di calore, e per assorbire le polveri sottili dovute alle emissioni nocive del traffico veicolare e del riscaldamento degli edifici.

11.9 ADDIO FONTI FOSSILI

Proponiamo l’abolizione del meccanismo di sostegno per le fonti fossili e una riforma organica di progressiva eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) e la loro trasformazione in sussidi ambientalmente favorevoli (SAF) prevedendo al contempo misure compensative per le famiglie più vulnerabili e le categorie coinvolte che non siano in grado di favorire la transizione ecologica. I SAD rappresentano un costo per la collettività perché alterano le decisioni di spesa di imprese e consumatori mettendo pressione sulle risorse e sull’ambiente. Risulta cruciale pertanto guidare la transizione ecologica dei settori interessati agendo a saldo zero. I SAD devono essere sostituiti da misure economiche di supporto green, di pari entità, che compensano i precedenti aiuti riconosciuti sia alle imprese sia alle famiglie.

11.10 UNA RIFORMA DEL MERCATO ELETTRICO

Il costo dell’energia non pesa solo sulle famiglie, ma anche sulle piccole e medie imprese. Le misure transitorie introdotte per la mitigazione del costo dell’energia hanno un carattere emergenziale che non risolve la questione, e in alcuni casi non sono in linea con l’ordinamento europeo perché riducono i costi per i clienti finali in maniera indistinta, senza considerare le reali esigenze delle diverse categorie dei clienti finali. Proponiamo la creazione di una piattaforma europea di acquisto gas a medio-lungo termine (dai due ai cinque anni), con una indicizzazione non trimestrale ma annuale dei prezzi e con una rivisitazione sostanziale del meccanismo di formulazione dei prezzi sul mercato elettrico. Se non avessimo avuto uno stop significativo negli ultimi anni sullo sviluppo delle rinnovabili, l’incidenza delle commodity sul prezzo dell’energia sarebbe stato molto più basso. Anche il potenziamento degli strumenti per uno sviluppo accelerato dell’efficienza energetica va nella direzione giusta, perché oltre alla riduzione dell’esposizione dell’UE alle fluttuazioni delle fonti energetiche, viene ridotta automaticamente la dipendenza dell’unità di PIL dalla quantità di energia necessaria. Quello dell’efficienza energetica è un altro antidoto al caro-energia: la potenzialità dell’efficienza energetica in questo ambito non è ancora consolidata, e questo anche da parte dell’industria, nonostante l’obbligatorietà dei bilanci di sostenibilità.
Il dibattito sulla riforma del mercato dell’energia include il superamento del sistema attuale basato sul prezzo marginale, dove i produttori di elettricità sono remunerati con il prezzo dell’offerta massima entrata nel pacchetto giornaliero di produzione, quest’ultima tipicamente riferita al gas, completamente slegata dalle più economiche fonti rinnovabili.

11.11 CREAZIONE DI UNA AGENZIA EUROPEA DELLE RETI ELETTRICHE

Dobbiamo rendere l’energia pulita accessibile per tutti i cittadini e le imprese europee. La recente crisi energetica è un campanello d’allarme e l’Unione deve diventare autonoma e deve prendere il controllo del nostro futuro energetico. Per realizzare questa visione, proponiamo la creazione di un’Agenzia europea delle reti elettriche, che agirà da operatore europeo di rete e permetterà di costruire un ‘ponte energeticò in tutta l’Unione. L’Agenzia avrà il compito di individuare e incentivare i piani di sviluppo più efficienti delle reti europee per ridurre al minimo i costi di gestione e garantire interconnessioni elettriche tra le reti di trasmissione di energia fra i diversi Paesi e dovrà garantire anche la presenza e la diffusione di adeguati sistemi di stoccaggio dell’energia. Tutto questo permetterà di distribuire l’energia rinnovabile in modo efficiente, trasferendola dal luogo in cui è prodotta al luogo in cui è più necessaria. L’Agenzia europea delle reti elettriche rappresenterà un passo significativo verso l’autonomia energetica europea, aiutandoci a costruire un futuro in cui la transizione verso le energie rinnovabili non solo salvaguardi il nostro pianeta, ma alleggerisca anche le bollette di tutti. Riducendo i costi dell’energia per le famiglie e le imprese, questa transizione porterà risparmi significativi e aumenterà la competitività delle nostre aziende sul mercato globale.

11.12 UN PIANO D’AZIONE UE SULLE POMPE DI CALORE

La consultazione pubblica avviata nel 2023 per accelerare l’introduzione di pompe di calore a livello europeo ed eliminare il ricorso a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da combustibili fossili è stata un successo. Il successivo Piano d’azione è stato però rinviato a “data da destinarsi”. Sosteniamo la necessità e l’urgenza di accelerare nella predisposizione di una strategia UE per le pompe di calore, una tecnologia che è efficiente e sicura ed è particolarmente sostenibile, sia in termini finanziari che di emissioni di CO2 nell’ambiente. La massiccia diffusione di queste tecnologie inoltre contribuirebbe fortemente alla riduzione dell’emissione di particolato atmosferico, in quanto basata sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, e dunque al miglioramento della qualità dell’aria.

11.13 ITALIA HUB EUROPEO DELL’ENERGIA RINNOVABILE

L’UE deve prestare maggiore attenzione allo sviluppo di tecnologie di rete e di flessibilità, anche su piccola scala, con particolare riferimento alla ricarica rapida e bidirezionale dei veicoli elettrici (V2G e V2H), al rafforzamento delle reti di distribuzione, per sostenere la produzione distribuita locale, la elettrificazione dei consumi e la mobilità elettrica e relativo piano di finanziamento adeguato. Occorre, inoltre, agire nelle competenti sedi istituzionali europee per incrementare le risorse destinate a favorire lo sviluppo di nuovi progetti transfrontalieri finalizzati alla maggiore integrazione dei sistemi energetici a valere sul Fondo per gli investimenti strategici europei, anche in previsione dei negoziati per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con particolare riferimento alla realizzazione di nuovi interconnettori elettrici sottomarini nell’area mediterranea, nonché di facilitare lo sviluppo dei mercati energetici regionali con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. L’Italia deve diventare l’hub europeo di energia prodotta da fonti rinnovabili e a impatto climatico nullo.

11.14 DIRITTO ALLA PORTABILITÀ DEL KWh

Il diritto alla portabilità del KWh deve diventare realtà. Per questa ragione proponiamo una riforma del mercato energetico in cui questo diritto sia riconosciuto e quindi le norme e le infrastrutture digitali necessarie alla portabilità del KWh tutelate. Questo meccanismo funziona in modo semplice e democratico: il KWh prodotto da fonti rinnovabili sia dalle grandi utilities che dai piccoli produttori e/o prosumers viene quantificato e inserito in un portafoglio energetico. Questi portafogli tengono traccia della produzione e del consumo. Così facendo i cittadini ma anche le imprese avranno un vantaggio reale nell’investire in impianti di produzione rinnovabile, come i pannelli solari.

12. LA SALUTE È UNA: MIGLIORARE LA QUALITÀ DI VITA

Durante la prossima legislatura l’Unione europea dovrà stimolare concretamente i diversi attori economici per raggiungere gli obiettivi fissati senza che questi obblighi diventino un onere. Vogliamo aiutare le nostre imprese a innovare utilizzando e sviluppando nuove tecnologie che aumentino la loro competitività e rispettino l’ambiente.
La nostra economia non deve scegliere tra profitto, sostenibilità e qualità: le tre cose devono andare di pari passo.
Dobbiamo delineare una visione a lungo termine affinché l’Unione diventi, entro il 2050, una società resiliente ai cambiamenti climatici e a zero emissioni inquinanti.
Ma per farlo serve una migliore raccolta e analisi di dati, maggiore cooperazione tra Stati membri e soluzioni basate sulla natura per contribuire a creare resilienza ai cambiamenti climatici.
Facciamo nostro il concetto “One Health” che nei prossimi cinque anni sarà il principio cardine da utilizzare quando si approcciano temi come salute e benessere delle persone, degli animali, della natura e dell’ambiente. “One Health” è un termine utilizzato per descrivere un principio che riconosce che la salute umana e animale sono interconnesse, che le malattie sono trasmesse dall’uomo agli animali e viceversa, e che quindi devono essere affrontate da entrambe le prospettive.

12.1 PUNTIAMO SULLA PREVENZIONE

Prevenzione è la parola del futuro. Basti pensare che dal 1944 ad oggi in Italia sono stati spesi più di 250 miliardi per riparare i danni dovuti ai dissesti idrogeologici che interessano il 90% dei comuni italiani. Di tutto questo l’Europa non si è mai fatta abbastanza carico. Chiediamo che il Fondo di Coesione europeo venga utilizzato soprattutto per adottare le più sofisticate misure di prevenzione e monitoraggio sul nostro territorio.
Devono essere poste fuori dal patto di Stabilità le spese per la prevenzione del dissesto idrogeologico e la spesa per la qualificazione del personale specializzato, con particolare riferimento alla professione di architetto, geologo, ingegnere civile e ambientale, pianificatore territoriale, biologo, ecc. Servono maggiori investimenti nel monitoraggio dei dati e per il miglioramento delle previsioni meteorologiche. Ripensiamo anche il Meccanismo Europeo di protezione civile: abbiamo bisogno di una nuova strategia. Serve un piano comune di prevenzione, pianificazione e gestione delle emergenze, che abbia un approccio unitario e integrato per tutti gli Stati membri. Un approccio che privilegi la prevenzione, oltre ad avere positive ricadute sulla tutela dell’ambiente e del territorio, rappresenta un vantaggio straordinario in termini di bilancio, perché i costi – infrastrutturali, sociali e di vite umane – degli eventi calamitosi, causati da eccezionali avversità atmosferiche o dalla vulnerabilità del territorio, sono di gran lunga più elevati di quelli necessari per attuare un’adeguata politica di prevenzione. A tal fine promuoviamo l’istituzione di un apposito fondo europeo per la tutela e salvaguardia del territorio per l’avvio di progetti virtuosi di prevenzione e mitigazione dei rischi derivanti da fenomeni naturali.

12.2 POTENZIAMO LE MISURE DI TUTELA AMBIENTALE

L’Unione europea deve proseguire il suo impegno per contrastare la dispersione in ambiente di inquinanti organici persistenti, le sostanze chimiche nocive che possono essere presenti in molti prodotti di consumo (ad esempio prodotti tessili impermeabili, plastica e apparecchiature elettroniche). Serve una disciplina che punti a ridurre i valori limite di concentrazione per la presenza di inquinanti organici persistenti nei prodotti. In particolare si evidenzia la delicata problematica relativa alla contaminazione da PFAS - composti chimici usati dalle industrie, sversati talvolta illegalmente e molto pericolosi per la salute umana - che si attesta su livelli inquietanti.
In Europa ci sono più di 17mila siti contaminati dai PFAS, ma secondo i risultati di un’inchiesta condotta del Forever Pollution Project in tutta Europa ci sarebbe molta più contaminazione di quanto riportato dai dati ufficiali. È necessaria la revisione del regolamento sulle sostanze chimiche. Questi inquinanti chimici permanenti e tossici che troviamo letteralmente ovunque – dagli utensili per la cucina alle protesi mediche e nei tessuti - devono essere messi al bando perché sono un pericolo per la nostra salute e l’ambiente. Si diffondono e accumulano nelle acque sotterranee, con l’elevato rischio che entrino nella catena alimentare.

12.3 UN NUOVO FONDO EUROPEO PER LE BONIFICHE E I SITI ORFANI

Proponiamo di istituire un Fondo europeo volto a finanziare misure e tecniche a basso impatto ambientale per la bonifica dei siti inquinati e il recupero dei siti orfani negli Stati membri al fine di supportare gli enti locali nel reperimento delle risorse economiche necessarie per il risanamento del proprio territorio.

12.4 NO A DISCARICHE E INCENERITORI

Bruciare i rifiuti ha costi altissimi per la salute e l’ambiente. Nella letteratura scientifica internazionale sono in aumento le pubblicazioni che ne dimostrano la pericolosità.
Occorre distrarre risorse e investimenti dagli impianti che bruciano rifiuti a favore di impianti e tecnologie volti alla prevenzione, al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero di materia, al fine di pervenire alla dismissione progressiva degli inceneritori esistenti.

12.5 AMPLIAMENTO MATRICI AMBIENTALI

Potenziare e rafforzare il controllo della qualità dell’ambiente e ridurre complessivamente l’emissione di sostanze inquinanti nell’acqua, nell’aria e nel suolo, risulta cruciale approfondire ed ampliare l’elenco delle sostanze inquinanti in grado di alterare gli equilibri del sistema naturale e generare effetti potenzialmente nocivi per le componenti dell’ecosistema e per la salute umana al fine di individuare i valori limite da considerare nell’ambito della definizione dei criteri di significatività degli aspetti ambientali.

12.6 SICCITÀ E DISPERSIONE IDRICA

Secondo i dati dell’Osservatorio europeo della siccità, più di un quarto del territorio dell’Unione europea si trova attualmente in condizioni di allarme siccità. La crisi idrica avrà conseguenze rilevanti su numerosi settori economici, a cominciare dall’agricoltura. Secondo il rapporto pubblicato dall’Istat a marzo 2023, in Italia, in più di un capoluogo su tre, le perdite raggiungono valori superiori al 45%. È necessario agire in sede europea per incrementare le risorse pubbliche per ulteriori investimenti nelle infrastrutture idriche volti ad aumentare l’efficienza nell’utilizzo dell’acqua in vari comparti (civile, industriale, energetico, agricolo), la piena funzionalità delle reti idriche e dall’eliminazione delle perdite, anche attraverso sistemi di monitoraggio ad hoc, frequenti manutenzioni e sviluppo delle reti e degli impianti e incentivando il riciclo e la raccolta.

12.7 BIODIVERSITÀ E SALUTE

La biodiversità è alla base del funzionamento degli ecosistemi e della vita sul nostro pianeta. La fornitura di acqua e aria pulite, di risorse essenziali e della salute umana e animale dipendono dalla biodiversità e da un ambiente sano.
Purtroppo, nonostante la loro importanza, gli ultimi rapporti sulla biodiversità dipingono un quadro non incoraggiante. La perdita di biodiversità non si può negare, per questo va aumentata l’estensione delle superfici terrestri e marine protette in Europa e vanno ripristinati degli ecosistemi degradati. La protezione della biodiversità è il punto di partenza per garantire la qualità del suolo, la sicurezza alimentare, la protezione delle nostre eccellenze agricole e protezione della salute.

12.8 NO AI PESTICIDI DANNOSI PER LA SALUTE UMANA

Un uso sostenibile dei pesticidi è fondamentale se si vuole garantire il controllo dei rischi e il contenimento degli impatti sulla salute umana, ambientale e degli animali.
Mettere al primo posto i bisogni dei piccoli agricoltori e i controlli sui prodotti significa investire su un’agricoltura di qualità e sulla sicurezza alimentare.
Per queste ragioni la proposta legislativa sull’uso dei pesticidi – ora ritirata - deve essere rimodulata su quelle che sono le caratteristiche dell’agricoltura, in particolare la piccola agricoltura, così da non impattare completamente sulla produzione e sul reddito, ma anzi accompagnando il settore in un graduale ma necessaria riconversione.
Il principio di precauzione va sempre applicato in particolare sugli OGM e sul glifosato, la cui autorizzazione al commercio va ritirata dall’Unione europea. Proprio con tale finalità sarebbe importante rendere maggiormente stringenti i sistemi di monitoraggio dell’EFSA sugli effetti dei prodotti legalmente in commercio ma potenzialmente dannosi per acqua, terreni, aria, e di conseguenza per i prodotti agricoli ed alimentari che finiscono sulle nostre tavole.
Dopo il via libera dal Parlamento europeo alle norme UE per le nuove tecniche genomiche (Ngt), sarà necessario continuare ad investire sulla massima sostenibilità dei sistemi alimentari, mediante un virtuoso adeguamento ai fenomeni – tragicamente estremi e ripetuti - del cambiamento climatico, con il duplice obiettivo di limitare sempre di più l’utilizzo di fertilizzanti ed agrofarmaci e di fornire agli agricoltori gli strumenti necessari per la transizione verde.
Tale percorso dovrà essere supportato da una costante ricerca, sperimentazione e valutazione del rischio, in modo da garantire elevati standard di sicurezza per la salute umana, animale e in piena armonia con gli equilibri ecologici.

12.9 SOSTANZE PERICOLOSE, FACCIAMO CHIAREZZA

L’obiettivo è ridurre, e gradualmente eliminare, tutte le sostanze pericolose per la salute umana e dannose per il nostro pianeta.
Nel frattempo, è necessario unificare in un regolamento europeo tutte le norme sulle sostanze pericolose, con indicazioni del relativo grado e livello di pericolosità. Successivamente sarà necessario unire queste informazioni, in coerenza con il regolamento sull’etichettatura, per offrire ai consumatori uno strumento di valutazione e informazione sulle sostanze pericolose contenute in un determinato prodotto.
La continua evoluzione tecnologica e lo sviluppo di nuove sostanze chimiche potenzialmente nocive ed inquinanti rendono necessaria l’istituzione, a livello europeo, di una struttura che monitori costantemente l’immissione nell’ambiente di composti, individuando rapidamente anche quelli di nuova realizzazione.

12.10 LE MICROPLASTICHE MINACCIANO LA NOSTRA SALUTE

Le microplastiche sono minuscole particelle di plastica (massimo 5 mm) che derivano sia dallo sviluppo di prodotti commerciali sia dalla disgregazione di plastiche più grandi.
Le microplastiche sono estremamente persistenti, il che significa che è quasi impossibile rimuoverle dall’ambiente in cui si accumulano. A causa della loro persistenza e delle sostanze chimiche di cui sono composte, possono essere altamente dannose per gli organismi con cui entrano in contatto, anche causando una riduzione dell’alimentazione, avvelenamento e aumento della mortalità.
Inoltre, tendono a facilitare il trasferimento di contaminanti lungo la catena alimentare, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute umana. Al momento l’Unione europea è intervenuta con due misure. La prima per limitare le microplastiche aggiunte intenzionalmente, la seconda affronta l’inquinamento da microplastiche causato dai pellet di plastica. È un punto di partenza, ma per contrastare efficacemente il problema servono misure più stringenti, anche per evitare che si ripetano le vere e proprie catastrofi ambientali causate proprio dall’utilizzo disinvolto di materiali e sostanze potenzialmente inquinanti e nocivi.
Proponiamo migliori pratiche di gestione della filiera, certificazioni obbligatorie, una metodologia armonizzata per monitorare, mitigare e prevenire l’inquinamento da microplastiche.
Un’ulteriore sfida a cui sarà chiamato il prossimo Parlamento europeo sarà quella di affrontare il tema delle nanoplastiche, le quali, a causa delle loro dimensioni minuscole (inferiori a 1 μm), mostrano infatti comportamenti distintivi, inclusa la capacità di penetrare le membrane cellulari e interagire con i componenti subcellulari.

12.11 UNA DIRETTIVA EUROPEA PER LIMITARE IL CONSUMO DEL SUOLO

L’uso non sostenibile delle risorse naturali dell’Unione, in particolare il degrado e l’inquinamento dei suoli, è uno dei principali fattori che concorrono alla crisi climatica e della biodiversità. Nello specifico il degrado del suolo è già costato miliardi di euro e i danni imputabili alla perdita dei suoi servizi essenziali sono stimati a oltre 50 miliardi di euro all’anno.
Tale degrado è dovuto principalmente alla gestione non sostenibile dei terreni, all’impermeabilizzazione, alla contaminazione e allo sfruttamento eccessivo, che si sommano agli effetti dei cambiamenti climatici e degli eventi meteorologici estremi. Coerentemente con il Piano per la transizione ecologica, bisogna anticipare l’obiettivo europeo dell’azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050 e consolidare le misure previste per la protezione adeguata del suolo in quanto risorsa essenziale del capitale naturale, in particolare attraverso la recente strategia dell’Unione europea per il suolo per il 2030 per ribadire come la salute del suolo sia essenziale per conseguire gli obiettivi in materia di clima e di biodiversità del Green Deal europeo. Dobbiamo investire piuttosto nella riconversione di aree già urbanizzate o compromesse.

12.12 PUNTIAMO SULL’ECONOMIA CIRCOLARE

Per conseguire la neutralità climatica dell’Unione europea entro il 2050 è fondamentale dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e passare a sistemi circolari di produzione e consumo. È necessario rivedere il sistema economico-produttivo che, pur confermando l’importanza di alcuni strumenti, quali il riciclo dei materiali, punti all’adozione di un modello ancor più virtuoso che sottragga una parte significativa di materiali dal processo gestionale del post-consumo.
Bisogna intervenire alla fonte: per diminuire l’enorme quantità di rifiuti serve anche il riuso. I rifiuti in plastica riciclati, in Italia, sono solo il 17%. Con l’economia circolare si creano nuove filiere e nuove occasioni di lavoro, utilizzando e sfruttando meno risorse naturali. Ne giovano i consumatori e ne beneficia l’ambiente.
Pensare a una varietà di contenitori riusabili, alimentari e non, spingerà le imprese a innovare, a usare materiali di qualità e più resistenti senza per questo far sparire la filiera del riciclo. Il cittadino deve una volta per tutte diventare il vero protagonista perché solo con piccole azioni concrete e quotidiane l’economia circolare diventerà realtà. In questo contesto è necessario introdurre un provvedimento per mettere davvero fine all’obsolescenza precoce dei prodotti, in primis quelli tecnologici.
Questo si tradurrà in una riduzione significativa dei rifiuti - pensiamo solo che ogni anno si producono 45 milioni tonnellate di RAEE e solo una piccola percentuale viene riciclata - in prodotti più sostenibili perché più durevoli e di maggiore qualità e in una riduzione della pressione sull’ambiente e sulle risorse naturali. Bisogna implementare il Piano d’azione per l’economia circolare, con particolare riguardo alla necessità di: assicurare lo sviluppo di prodotti sostenibili e la circolarità dei processi produttivi; responsabilizzare i consumatori; ridurre i rifiuti.
La prevenzione dei rifiuti nasce dalle caratteristiche del bene che viene immesso al consumo, per il quale è necessaria una Progettazione ecocompatibile, finalizzata alla migliore efficienza funzionale ed energetica, ma, soprattutto, all’introduzione del c.d. “Diritto alla riparazione” per contrastare lo smaltimento prematuro dei beni riparabili.

12.13 CIRCOLARITÀ DEI PROCESSI PRODUTTIVI

È necessario portare a termine la proposta di aggiornamento della direttiva sulle emissioni industriali al fine di sostenere le industrie nel loro impegno a conseguire l’obiettivo “inquinamento zero” dell’UE entro il 2050. Un’economia sostenibile e circolare deve poter contare su un ruolo di responsabilità sia dei consumatori, a cui bisogna garantire informazioni attendibili, anche sull’obsolescenza precoce e sulla riparabilità dei prodotti, sia dei produttori, che devono garantire la veridicità delle “asserzioni ambientali”, per evitare il proliferare di casi di green washing. Grande attenzione deve essere data a tutti quei prodotti che potrebbero essere sottratti utilmente alla filiera dei rifiuti, perché intrinsecamente idonei a rientrare rapidamente nei cicli economici e produttivi, consentendo così di ridurre la domanda di materie prime – comprese quelle critiche – il cui reperimento comporta spesso impatti ambientali molto significativi. Sotto questo profilo bisogna proseguire l’azione europea di innovazione della disciplina relativa ad alcuni importanti settori produttivi: dalle batterie agli imballaggi, dai manufatti in plastica ai prodotti tessili e ai materiali di costruzione. Bisogna impegnarsi nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei rifiuti fissati a livello europeo ed adoperarsi per traguardi ancora più ambiziosi, permettendo così la graduale eliminazione del conferimento in discarica e prevenendo una potenziale dipendenza da un sistema di trattamento dei rifiuti potenzialmente inquinante e pericoloso come l’incenerimento. Proponiamo una politica europea finalizzata alla riduzione degli sprechi alimentari, sia nella trasformazione e nella fabbricazione, sia nel commercio al dettaglio e nei consumi.

12.14 BATTERIE AL LITIO E SECOND LIFE

Con la rapida promozione dei veicoli elettrici nell’Unione europea, sta emergendo una nuova categoria di rifiuti elettronici, le batterie agli ioni di litio (LIB), che richiedono una gestione adeguata attraverso modelli di business di economia circolare imperniati sulla rigenerazione, il riutilizzo e il riciclaggio delle medesime e volti a diminuire l’impatto dell’uso delle risorse. Sebbene il Regolamento 2023/1542, relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, miri a creare un’economia circolare per questo settore in tutte le fasi del ciclo di vita (dalla progettazione al trattamento dei rifiuti), occorre potenziare con appositi programmi incentivanti i progetti nel campo delle batterie e dei sistemi di accumulo specificatamente rivolti all’integrazione delle batterie di seconda vita nelle infrastrutture di ricarica ad altissima potenza e negli impianti di stoccaggio su grande scala. Risulta cruciale consolidare ed incrementare i finanziamenti per le aziende che investono in possibili applicazioni di seconda vita delle batterie quali i sistemi di accumulo di energia per supportare la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, lo stoccaggio per scopi domestici o altri usi per la micro o mobilità elettrica urbana nonché definire standard e linee guida uniformi ed armonizzate in tutta l’Unione per la valutazione, la certificazione, l’uso e il riutilizzo delle batterie di seconda vita.

12.15 BIOECONOMIA CIRCOLARE

Il ricorso a materiali e processi innovativi è un passaggio intermedio fondamentale nel percorso per l’adozione di una strategia economica, finanziaria e politica che punti alla piena sostenibilità. L’Unione europea ha già avviato la revisione del quadro normativo finalizzata alla significativa riduzione della dipendenza da materie prime fossili delle nostre industrie, per raggiungere l’obiettivo di diminuire la plastica e i prodotti chimici del 20% entro il 2030, come indicato nella EU Communication on Sustainable Carbon Cycles. La bioeconomia è un elemento imprescindibile per il passaggio compiuto dall’economia lineare all’economia circolare.

12.16 I SISTEMI SANITARI IN EUROPA

I sistemi sanitari europei hanno mostrato fragilità, specialmente durante la pandemia. In tal senso le proposte che avanziamo si riferiscono a vari ambiti di intervento, a partire dall’inclusione della salute e dell’assistenza sanitaria fra le competenze condivise tra l’UE e gli Stati membri, investendo anche nei sistemi sanitari, in particolare in ambito pubblico e non- profit. È necessario creare uno spazio europeo dei dati sanitari e garantire condizioni di lavoro adeguate, paritarie, anche salariali a tutti gli operatori sanitari. Inoltre, dobbiamo stabilire norme sanitarie minime comuni a livello dell’Unione, che contemplino anche la prevenzione, l’accessibilità e la prossimità delle cure, e garantire che chiunque possa accedere alle cure esistenti, agevolando a tal fine la cooperazione transfrontaliera, in particolare per quanto riguarda le malattie rare, il cancro, le malattie cardiovascolari e le terapie specializzate, come il trapianto di organi e le cure per le ustioni gravi. Dobbiamo considerare la dimensione internazionale della salute e riconoscere che i medicinali dovrebbero essere universalmente disponibili, anche nei paesi più poveri, e garantire che le cure e i medicinali in tutta l’Unione europea siano di pari qualità e che il loro costo a livello locale sia equo. Ai fini della prevenzione delle malattie, incoraggiare modelli di educazione alla salute a corretti stili di vita, inclusa l’educazione sessuale e le cure odontoiatriche (da garantire a tutti cittadini europei).

12.17 FONDIAMO UNA CASA E UNA SCUOLA EUROPEA DELLA SALUTE

Non possiamo affidare ai calcoli dei privati e delle grandi case farmaceutiche la tutela del diritto alla salute. Dobbiamo garantire ai cittadini europei l’accesso alle medicine a prezzi equi. È assurdo che all’interno della stessa Unione europea ci siano forti oscillazioni dei prezzi dei farmaci fra Paesi membri. La nuova legislazione dovrebbe affrontare i fallimenti del mercato che si sono creati al fine di realizzare sinergie e partenariati tra il settore pubblico e il settore privato. L’Unione deve farsi carico di ricerca e studio di tali patologie, innovazione e produzione di cure. Se i malati sono pochi, nessuna azienda farmaceutica si farà carico di sviluppare le cure necessarie. Anche per questo motivo è fondamentale concentrare le risorse nel campo della ricerca sulle malattie rare.
L’Unione europea deve essere garante di un’attività di ricerca, produzione, creazione di scorte strategiche e distribuzione dei farmaci e dei dispositivi medici di protezione essenziali. Pertanto, chiederemo con ancora più voce un cambiamento di paradigma nell’approccio degli Stati membri e dell’Unione alle attività di una Casa Europea della Salute, sul modello del CERN, in campo farmaceutico in settori chiave prioritari e nella spesa pubblica destinata alla sanità. Questa infrastruttura di diritto pubblico deve essere incaricata di condurre attività di ricerca e sviluppo in relazione a nuovi antimicrobici, nonché in altri settori caratterizzati da esigenze mediche insoddisfatte.
Inoltre, per superare tali fallimenti di mercato, risulta necessario intensificare la conclusione di accordi di acquisto preliminari e procedere ad aggiudicazioni congiunte con l’obiettivo di fornire all’Unione e ai suoi Stati membri una maggiore flessibilità in base alle loro esigenze e garantire la disponibilità di medicinali per tutti, indipendentemente dal loro Stato membro di origine. Creare una vera e propria Facoltà di Medicina europea per la formazione di ricercatori, medici, infermieri e altro personale sanitario di cui oggi c’è scarsità: scuola di medicina pubblica di eccellenza, interamente finanziata dalla UE.

12.18 LA SALUTE DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI

L’ultimo rapporto dell’UNICEF evidenzia che tra i bambini che vivono nell’Unione europea si stanno osservando casi di aumento della povertà, deterioramento della salute mentale, abuso sessuale online ed esposizione all’inquinamento. Si parla di un bambino su quattro, pari a 20 milioni di bambini, a rischio di povertà o esclusione sociale, in aumento di circa un milione dal 2019. Oltre undici milioni di bambini e giovani soffrono di problematiche legate alla salute mentale, con impatti rilevanti di patologie come i disturbi d’ansia e depressivi. Un bambino su venti è esposto a livelli elevati di inquinamento da pesticidi, con rischi significativi, specificamente per i bambini sulla salute e associazione con ritardi nello sviluppo. Viene segnalato inoltre che nel 2019, l’anno più recente in cui sono disponibili i dati, sono stati registrati 472 decessi di bambini e giovani nell’Unione a causa dell’inquinamento atmosferico, la maggior parte dei quali aveva meno di un anno. La tutela della salute dei bambini e degli adolescenti, con ancora maggiore attenzione per i più fragili, tra cui i bambini con disabilità, quelli che vivono in povertà, i bambini rifugiati e migranti e i gruppi che subiscono discriminazioni, deve rappresentare un imperativo per le politiche europee.
Intendiamo far proprie le raccomandazioni UNICEF come il sostegno ai progressi in materia di diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, l’aumento degli investimenti nei servizi essenziali per i bambini. Inoltre, l’impatto delle azioni di governo sui diritti dei minori e sulle generazioni future deve essere sistematicamente considerato in tutte le politiche e le leggi dell’Unione europea. È necessario migliorare la base di raccolta dati che includa i bambini e agire sui principali fattori che hanno un impatto sulla povertà dei bambini. Prioritario è anche adottare una strategia globale pluriennale e multisettoriale per la salute mentale e valutare l’impatto del Green New Deal sulla salute e sul benessere dei bambini per orientare le politiche ambientali. Infine, deve essere promosso l’uso sicuro delle tecnologie digitali da parte dei bambini, affrontare il divario digitale e promuovere le competenze digitali.

12.19 PROTEGGERE LA SALUTE MENTALE DEI NOSTRI CITTADINI

La salute e il benessere mentale sono influenzati da una combinazione di fattori socioeconomici, ambientali, biologici e genetici, e qualsiasi persona, in qualsiasi momento della sua vita, può diventare più suscettibile a una peggiore salute mentale.
Gli Stati membri devono dare priorità e a migliorare l’accesso ai servizi di salute mentale per i gruppi vulnerabili, come i bambini, gli adolescenti, i giovani adulti, le persone LGBTQIA+, i pazienti con condizioni croniche e disabilità, gli anziani, i migranti e le minoranze etniche. Tutti i cittadini dell’Unione devono avere accesso all’intera gamma di servizi di salute mentale di qualità, senza difficoltà finanziarie e amministrative.
Inoltre, è necessario garantire ulteriori investimenti nella sanità pubblica e di affrontare le carenze di forza lavoro nel campo della salute mentale e una formazione adeguata.
Diventa necessario investire nell’alfabetizzazione sulla salute mentale e sul supporto dei servizi disponibili, incoraggiando al riconoscimento delle cause, dei sintomi e dei segnali, a gestire i problemi di salute mentale e a trovare aiuto in caso di necessità. Ad abbandonare lo stigma della salute mentale e a rivedere gli approcci ideologici sul consumo di alcol e di sostanze stupefacenti. In tale ambito dobbiamo seguire il riconoscimento, avvenuto nel 2020, da parte dell’ONU delle proprietà mediche della cannabis e sostenere la legalizzazione della cannabis a scopo ludico ricreativa, anche come contrasto alla criminalità organizzata.

13. TUTELA DEI DIRITTI DEGLI ANIMALI

L’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che bisogna tenere pienamente conto delle esigenze connesse al benessere degli animali, dal momento che sono esseri senzienti.
Nonostante negli ultimi anni sia notevolmente cresciuta la sensibilità e l’attenzione dei cittadini sul tema dei diritti degli animali e della loro tutela, l’attuale normativa europea ancora non garantisce concretamente un sistema idoneo alla protezione degli animali e al loro benessere. L’odierna legislazione risulta datata, derogatoria e vaga e non permette di applicare i minimi livelli di tutela garantiti.
In diversi settori produttivi sono in uso prassi e comportamenti che sono fortemente distanti dal garantire agli animali una vita senza sofferenze e nel rispetto delle loro caratteristiche etologiche. La detenzione in gabbie che impediscono agli animali di muoversi, la pratica delle mutilazioni, dell’alimentazione forzata sono solo alcuni dei crudeli trattamenti subiti dagli animali, che provocano loro dolore e malessere.

13.1 ANIMALI ALLEVATI A SCOPO ALIMENTARE

Con la strategia “Farm to Fork”, elemento chiave del Green Deal europeo, era stata annunciata una revisione della normativa in materia di benessere degli animali, compresa quella sul trasporto e sulla macellazione, al fine di aggiornarla ai più recenti dati scientifici e ampliarne l’ambito di applicazione all’interno dell’Unione. La Commissione europea inoltre aveva preso in considerazione l’introduzione di una specifica etichettatura relativa al benessere degli animali, utile per informare i consumatori sulle condizioni di vita degli animali allevati. Ad oggi questo processo di riforma risulta incompleto e rischia di essere disatteso.
Crediamo invece nella necessità di portare avanti questa revisione e migliorare le attuali leggi a tutela degli animali allevati. Chiediamo che vengano introdotti nuovi standard di benessere, nel rispetto delle più recenti evidenze scientifiche anche della stessa Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Sulla protezione degli animali durante l’abbattimento, un principio fondamentale da inserire nelle nuove normative è quello dell’obbligo dello stordimento pre- macellazione per tutti gli animali. Inoltre riteniamo necessario introdurre: il divieto di impiegare le razze ad alto accrescimento, ovvero quelle razze selezionate geneticamente per garantire la massima crescita nel minor tempo possibile; il divieto di praticare le mutilazioni agli animali quali il debeccaggio, il taglio delle corna e l’amputazione di coda e testicoli e l’alimentazione forzata. Anche il tema della tutela delle specie ittiche e dell’acquacoltura merita una profonda riflessione e reputiamo urgente un intervento legislativo specifico, per garantire forme di allevamento meno cruente possibili. Bisogna intervenire sul tema dello “spinnamento” degli squali, una pratica crudele e illegale, che alimenta il commercio internazionale di pinne di squalo sfuse, e sostenere la recente Iniziativa dei cittadini europei “Stop finning — Stop the trade” (Stop allo spinnamento — Stop al commercio) per rafforzare il sistema dei controlli sulle misure di conservazione e di gestione per le specie di squali e promuovere un divieto mondiale dello spinnamento degli squali. A seguito del successo di un’altra Iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age” (Basta animali in gabbia), Il 2023 inoltre avrebbe potuto rappresentare un anno di svolta per gli animali allevati a scopo alimentare poiché, a seguito del successo dell’Iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age” (Basta animali in gabbia), la Commissione europea si era impegnata a presentare una proposta legislativa volta a vietare l’uso delle gabbie per una serie di animali da allevamento. La proposta avrebbe integrato la strategia “Farm to Fork” ed avviato la tanto attesa transizione verso sistemi di allevamento più etici e sostenibili. Anche su questa iniziativa purtroppo la Commissione europea ha disatteso le sue promesse. Infatti, ha presentato esclusivamente la proposta di regolamento relativa ai trasporti, un testo lacunoso che ha fallito lo scopo preposto: evitare di provocare sofferenza e stress agli animali. Basti pensare, ad esempio, che non sono previsti limiti di temperatura interna o esterna al veicolo per i trasporti con durata uguale o inferiore alle 8 ore, e numerose disposizioni attuali non fanno riferimento a parametri oggettivi. Oltre ad un’applicazione più rigorosa del regolamento UE in materia dei trasporti, chiediamo una revisione della normativa che tenga presente, ad esempio, il ciclo di vita degli animali (età, gravidanza), le temperature e la tipologia di viaggio a cui sono sottoposti e la possibilità di sostituire il trasporto di animali vivi con quello di carcasse, così come anche raccomandato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Imprescindibile nella riforma della legislazione europea sul benessere animale, sarà l’introduzione di un nuovo sistema europeo di etichettatura sul benessere degli animali. Gli stessi cittadini europei si sono espressi a favore dell’etichetta, come riportato anche dall’Eurobarometro speciale n.533, pubblicato lo scorso ottobre 2023 (benessere animale), secondo cui il 79% degli italiani vuole sapere di più sulle condizioni degli animali allevati a scopo alimentare.

13.2 ANIMALI D’AFFEZIONE IN EUROPA

Ci impegneremo affinché vengano portate avanti, e in maniera efficace, insieme alla nuova proposta di regolamento sul benessere e la tracciabilità dei cani e dei gatti, con l’obiettivo di prevenire il randagismo e contrastare il traffico di cuccioli, nuove disposizioni su canili e rifugi. Numerose, infatti, sono le segnalazioni da parte di associazioni e cittadini europei, i quali denunciano veri e propri stermini di cani randagi all’interno dell’Unione. Ad oggi non esiste una normativa europea per la protezione dei cani randagi, per la loro sterilizzazione o registrazione e questi ambiti sono soggetti alla legislazione nazionale degli Stati membri. Chiediamo quindi il rafforzamento delle tracciabilità, dell’obbligatoria identificazione e la registrazione dei cani e dei gatti, con l’obiettivo di porre fine al commercio illegale.

13.3 STOP ALL’ALLEVAMENTO E AL COMMERCIO DI PELLICCE

Sarà fondamentale affrontare anche il tema dell’introduzione del divieto di allevamento di animali da pelliccia a livello europeo. In linea con quanto richiesto dai cittadini europei, attraverso europei “Fur Free Europe” (Basta pellicce in Europa), chiediamo l’introduzione di un divieto in tutta l’Unione riguardante la detenzione e l’abbattimento di animali allo scopo esclusivo o principale di produrre pellicce, e l’immissione sul mercato dell’UE di pellicce di allevamento e di prodotti che le contengono. Inoltre bisogna fermare definitivamente la crudele pratica dello spiumaggio e dello strappamento del pelo agli animali vivi.

13.4 RICERCA SCIENTIFICA CRUELTY FREE

Assicurare la transizione verso la ricerca scientifica senza uso di animali anche nei test regolatori e formativi, con l’obiettivo di vietare la sperimentazione anche nel contesto della legislazione sulle sostanze chimiche all’interno dell’Unione europea, così come richiesto anche dall’Iniziativa dei Cittadini Europei “Save Cruelty Free Cosmetics” (Salvare i cosmetici cruelty-free: impegnarsi per un’Europa senza sperimentazione animale).

13.5 ANIMALI ESOTICI E TROFEI DI CACCIA

L’Unione europea è parte della CITES, la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione e, svolge un ruolo chiave nell’implementare le disposizioni della Convenzione, con l’obiettivo di salvaguardare e tutelare l’ambiente, le specie di flora e di fauna selvatiche mediante il controllo del commercio internazionale degli esemplari di specie a rischio.
Chiediamo un miglioramento della regolamentazione europea in materia, prevedendo anche la realizzazione di un elenco positivo europeo che disciplini il commercio di animali selvatici ed esotici e limiti la loro detenzione come animali da compagnia. Ci impegneremo inoltre per introdurre nuove norme a tutela degli animali impiegati negli spettacoli e prevedere il divieto di far esibire gli animali nei circhi e nei delfinari, in tutti i paesi membri.
Inoltre riteniamo necessario intervenire sul commercio dei trofei di caccia, per introdurne il divieto di importazione in tutti i Paesi membri e vietare la caccia al trofeo nella sua totalità.
L’uccisione di migliaia di animali selvatici, comprese le specie in via di estinzioni o minacciate, non solo è considerata una pratica crudele e brutale dai cittadini europei, che rappresenta un passatempo coloniale, ma è in palese contrasto con le finalità promosse dalla Commissione Europea per la tutela della biodiversità e del benessere degli animali, a qualsiasi specie essi appartengano.

13.6 FAUNA SELVATICA E TUTELA DEI GRANDI CARNIVORI

La strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, comprende diverse azioni per la protezione della natura in Europa. Tra queste iniziative ricordiamo la creazione di zone protette comprendenti almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’UE e il ripristino degli ecosistemi degradati. È necessario perseguire questi obiettivi anche al fine di raggiungere uno stato di conservazione favorevole per tutte le specie protette, anche attraverso un’attività di monitoraggio e verifica del rispetto delle direttive europee “Habitat” e “Uccelli” con l’obiettivo di arrivare, anche se nel lungo periodo, ad un’Europa in cui l’attività venatoria sia vietata. Chiediamo maggiore sostegno all’Europa per implementare il numero dei Centri di recupero della fauna selvatica ed estendere la protezione di specie nuovamente in pericolo quali orsi e lupi, per i quali, oltre al divieto di caccia, è necessario sostenere attività, anche di carattere legislativo, che favoriscano la sicura convivenza, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.

13.7 LA CARNE COLTIVATA PER UN’ALIMENTAZIONE SANA E SOSTENIBILE

Il sistema alimentare attuale è insostenibile, è basato su un consumo crescente di carne e derivati animali che ha gravi impatti sull’ambiente, sul clima, sulla salute e sul benessere degli animali. Oltre 630 milioni di animali terrestri e miliardi di animali acquatici vengono uccisi ogni anno solo in Italia. Le emissioni di CO2 sono significative e contribuiscono al cambiamento climatico. C’è urgente necessità di ridurre le emissioni e di sviluppare alternative sostenibili alla carne e agli altri prodotti animali per soddisfare le richieste di un mercato sempre più “animal free”. Tra le soluzioni emergenti vi è quella della carne coltivata, considerata da ricercatori e aziende come una possibile risposta all’insostenibilità del sistema alimentare attuale. Il Movimento 5 Stelle si batte contro l’assurdo e propagandistico divieto di produzione e vendita di carne coltivata, che si è esteso ideologicamente al divieto di denominazioni “meet-sounding” per prodotti a base vegetale, come le cotolette di soia o le polpette di melanzane, divieto quest’ultimo ancora più irragionevole visto che ha colpito proprio quei produttori agricoli che gli ideatori del divieto dichiaravano di voler tutelare. Siamo a favore della ricerca finalizzata a un’alimentazione sana e sostenibile che tenga in conto l’eliminazione della sofferenza animale. Vogliamo favorire lo sviluppo delle tecnologie che consentano produzione di cibo sano che riduca le emissioni di CO2, il consumo di suolo e di acqua e l’utilizzo degli allevamenti intensivi.

13.8 ISTITUZIONI EUROPEE

Proponiamo che, con riferimento all’organizzazione interna delle commissioni del Parlamento europeo, il tema del benessere animale sia di competenza della commissione salute e sicurezza alimentare. E se ne tenga conto, analogamente, per le attribuzioni delle competenze dei commissari europei con una delega specifica.

14. PER UNA PESCA SOSTENIBILE E RESILIENTE

Il settore della pesca deve diventare più sostenibile e resiliente, in grado di adattarsi meglio alle sfide del cambiamento climatico e all’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Vogliamo incentivare la “crescita blu”, cioè lo sviluppo di imprese e industrie che traggono vantaggio in senso ampio dalle nostre acque e che comprendano anche attività legate all’energia marina rinnovabile e al turismo. Guardiamo, infatti, con favore a sistemi di acquacoltura sostenibili, che stanno crescendo rapidamente in tutta Europa.

14.1 PESCA A STRASCICO, PERCHÉ NO

Quanto messo in atto nel corso di questa legislatura per rendere più sostenibile il settore della pesca è sicuramente positivo. Condividiamo, in particolare, il piano d’azione per la protezione e il ripristino degli ecosistemi marini, che prevede, entro il 2030, una drastica riduzione della cosiddetta pesca a strascico, responsabile del danneggiamento dei fondali nonché delle maggiori e più consistenti catture accidentali di specie non pescabili. Aumenteranno le aree in cui questo tipo di tecnica è vietata. Attualmente in Europa le 7.000 imbarcazioni che usano il metodo a strascico rappresentano il 25% della produzione ittica dell’UE. Una così importante transizione deve essere accompagnata da politiche di sostegno ai pescatori nel percorso di graduale riconversione della loro attività. In tal senso è importante prevedere, la promozione e l’incentivo a rinnovare, nella direzione di una maggiore sostenibilità, tutte le attrezzature utilizzate nel settore, proprio a partire dalle reti. Vanno aggiornate sia la tipologia di reti utilizzate (quelle che selezionano la taglia del pescato e che non danneggiano il fondale marino) che il materiale con cui sono prodotte. Ciò vale anche per tutti gli altri attrezzi da pesca “inquinanti”, tenendo in considerazione che nel Mar Mediterraneo vengono abbandonati una quantità di attrezzi da pesca pari all’89% circa dei rifiuti pescati. La strada per una pesca sostenibile è possibile, e percorrerla al fianco del settore è fondamentale.

14.2 SÌ ALLA PESCA ARTIGIANALE

Il nostro impegno sarà quello a tutela della piccola pesca artigianale, l’unico sistema di pesca che per le sue caratteristiche è in grado di garantire il rispetto dell’ecosistema marino. Vanno implementate formule di sostegno diretto alle imprese locali, la promozione di campagne per i prodotti della pesca artigianale e un accesso facilitato per i mercati di nicchia legati a enti pubblici, mercati locali a km0 dei contadini, mense delle scuole. Per questa ragione vogliamo che il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) sia gestito con un meccanismo più agile e soprattutto rapido nella evasione delle pratiche burocratiche, andando verso un modello che renda automatico per i beneficiari certificati l’accesso ai fondi.

14.3 CONTRASTARE LA PESCA ILLEGALE E LE FRODI

Continuiamo a chiedere una maggior convinzione nella lotta contro la pesca illegale, introducendo norme di commercializzazione comuni per definire le caratteristiche standard dei prodotti. Contro le frodi è necessario un sistema rigoroso di etichettatura del pesce, che informi ancora più chiaramente i consumatori sulle indicazioni geografiche delle zone di cattura. E dobbiamo prevedere incentivi per le pratiche sostenibili, per la certificazione attraverso marchi di qualità e sostenibilità ecologica.

14.4 FORMARE ALLA PESCA

Per far crescere un settore così centrale per la nostra economia, ma anche per la storia del nostro Paese, è importante intervenire anche nella formazione alla pesca, promuovendo campagne che incentivano gli Istituti Tecnici Nautici a prevedere all’interno del loro piano formativo materie inerenti questo settore. Allo stesso tempo è importante sostenere la ricerca nel settore, al fine di introdurre tecniche e strumenti innovativi che possano anche accompagnare il settore verso una vera e propria transizione green.

15. LA PAC DEL FUTURO SI ALLEA CON I NOSTRI AGRICOLTORI

I nostri agricoltori sono stati messi a dura prova negli ultimi anni. La guerra in Ucraina, l’inflazione alle stelle, i cambiamenti climatici, l’instabilità negli approvvigionamenti di fertilizzanti e prodotti per l’alimentazione animale, con conseguente aumento dei costi di produzione. L’accelerazione evidente degli effetti del cambiamento climatico in atto sta costringendo i produttori a modificare i piani colturali e li sottopone a costanti rischi di impresa difficilmente preventivabili. Infine, nuovi obblighi normativi hanno avuto un impatto negativo. Il reddito dei nostri agricoltori è crollato essenzialmente per due problemi. In primis perché la nostra agricoltura soffre la concorrenza selvaggia dei prodotti a basso costo che arrivano dall’altra parte del mondo e poi perché la nostra filiera avvantaggia i grandi distributori. Un kilo di mele viene oggi venduto nei supermercati a più di due euro, ma ai produttori vanno appena 29 centesimi. Questo è il problema principale su cui dobbiamo intervenire, al contrario le politiche ambientali su cui la destra ha puntato il dito sono solo un diversivo per non affrontare i veri nodi che gravano sul comparto. Tra l’altro la biodiversità e la messa a riposo dei terreni aumentano nel medio periodo la fertilità del suolo e la sua produttività. Gli agricoltori sono e devono dunque essere i migliori alleati dell’ambiente. Da tempo denunciamo politiche commerciali che sacrificano l’agricoltura. Abbiamo contestato il CETA, il trattato internazionale che sancisce un accordo commerciale di libero scambio tra Canada e Unione europea, che ha favorito l’importazione selvaggia di grano canadese a basso costo e ci siamo sempre opposti all’accordo UE-Mercosur che penalizzerebbe il nostro settore ortofrutticolo. Agli agricoltori dobbiamo tendere la mano, insieme a loro dobbiamo costruire un commercio equo e vicino ai loro interessi. Solo così riusciremo a salvaguardare le nostre eccellenze e a garantire un futuro alla nostra agricoltura. Abbiamo la grande opportunità di scegliere: è inevitabile nonché vitale avviare una reale conversione agricola, che deve essere sociale ed ecologica, quindi equa e concreta, e sostenere sistemi che arricchiscono la vita del suolo e quella delle comunità.

15.1 LA PROSSIMA PAC: SOSTENIBILITÀ, REDDITIVITÀ E GIOVANI GENERAZIONI

La futura Politica Agricola Comune (PAC) per il post 2027 deve prevedere alcuni elementi qualificanti in discontinuità con il passato. In particolare, serve una semplificazione delle procedure di accesso. Troppo spesso infatti l’onere in termini di assistenza tecnica e di tempo impiegato per ottenere i contributi PAC è superiore agli stessi contributi.
Il secondo elemento fondante deve essere la flessibilità, intesa come la possibilità di adattamento alle esigenze dei diversi territori degli Stati membri e alle peculiarità dei singoli sistemi produttivi nazionali, confermando e rafforzando il ruolo dei Piani Strategici Nazionali nel rispetto del ruolo della Conferenza Stato Regioni.
È necessario, inoltre, rafforzare il quadro economico complessivo, rivedendo alcuni elementi della convergenza esterna particolarmente penalizzanti per il nostro Paese, consentendo una sempre maggiore differenziazione del cofinanziamento anche in forza delle modifiche intercorse alla governance economica europea che consentono di calcolare i parametri di finanza pubblica al netto dei cofinanziamenti statali alle politiche di incentivo europee. I fondi europei devono essere erogati in base allo stato di avanzamento dei lavori e non più all’approvazione del progetto stesso. In questo modo, si ha la certezza dell’efficacia dell’intervento dei fondi europei. Sostenere gli agricoltori che adottano pratiche agricole eco-compatibili (sotto l’egida della cosiddetta agro-ecologia), oltre gli attuali eco-schemi attraverso incentivi finanziari, compensazioni e sussidi specifici, includendo il credito d’imposta. Un pilastro fondamentale della PAC del futuro deve essere il potenziamento degli incentivi inerenti la gestione del rischio. Le imprese agricole da sole non sono in grado di affrontare le sfide del cambiamento climatico e i danni da esso provocati. Va quindi rafforzato il concetto di mutualizzazione del rischio, tema già affrontato proprio grazie alle proposte italiane nella scorsa programmazione, sia in ordine al ristoro del danno patito che in relazione agli investimenti in prevenzione e protezione necessari. Il percorso di sostenibilità già intrapreso dall’agricoltura europea e in particolar modo da quella italiana, alla quale va dato atto di aver accelerato negli investimenti necessari verso tecniche colturali di precisione e verso l’innovazione (grazie soprattutto al pacchetto Transizione 4.0), deve essere rafforzato attraverso l’implementazione ed il finanziamento di strumenti di sostegno economici e finanziari.
La nuova PAC deve, da ultimo, rafforzare la possibilità di prevedere misure volte a migliorare la distribuzione del valore aggiunto nelle filiere, considerando il settore primario quale elemento cardine dell’agroalimentare. Vanno valorizzate le giovani generazioni, sviluppando politiche che rendano l’agricoltura attraente, affinché abbiano voglia di investire in questo settore le proprie capacità e il proprio futuro. Il ricambio generazionale è infatti fondamentale sia per la competitività di lungo periodo della nostra agricoltura, sia per il percorso di transizione ecologica a cui il settore è chiamato. Particolare attenzione deve essere poi data alla ricerca in agricoltura. L’innovazione è un tassello fondamentale per il settore e anch’essa è parte integrante del percorso verso la transizione ecologica agricola.

15.2 PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

Alcune pratiche su cui puntare con sussidi e/o riduzione della pressione fiscale sono: vendita diretta e filiera corta, coltivazioni perenni e consociazione di specie, utilizzo di specie autoctone e in via di estinzione, uso parsimonioso delle risorse idriche come per esempio chi fa uso della raccolta dell’acqua piovana, bande floreali per gli insetti pollinatori, piccoli boschi, siepi naturali e paludi frammiste a terreni coltivati a protezione delle fasce riparie, “cover crops” e maggese, composting, ripristino di zone degradate, misure che preservino il benessere animale e produzioni locali ed estensive. Sosteniamo con forza la proposta di ridurre l’uso dei pesticidi chimici di almeno il 50% entro il 2030: questo non farà che aumentare la qualità dei prodotti agricoli europei e agevolerà la produzione del biologico. L’agricoltura italiana in questi anni ha fatto passi da gigante in questo settore con un tasso di crescita del 7,5% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Già oggi il 20% di tutte le superfici coltivate sono biologiche. È questa la strada per assicurare sicurezza alimentare e difendere l’eccellenza dei prodotti Made in Italy. Pratiche invece da disincentivare sono: uso irregolare dei pozzi artesiani, uso di energia da fonti fossili, uso di diserbanti e pesticidi, uso di fertilizzanti chimici, rimozione meccanica dei suoli, monocolture, OGM, allevamenti intensivi e uso sproporzionato di antibiotici. Serve infine una regolamentazione stringente sugli agenti inquinanti di suoli e acque.

15.3 NO AL NUTRISCORE, SÌ A UNA ETICHETTATURA A TUTELA DEL NOSTRO MADE IN

Continueremo a valorizzare e difendere il Made in agro-alimentare, con particolare riferimento all’etichettatura che riguarda diversi aspetti (a partire dal front of pack nutritional labelling, o etichettatura “fronte pacco”). In questa legislatura abbiamo avuto una grande occasione e opportunità per proteggere e rafforzare l’agricoltura di qualità con la revisione del regolamento sulle indicazioni geografiche (il nostro Paese è leader per numero di indicazioni geografiche registrate). Crediamo che le indicazioni geografiche non siano solo cibo, ma la nostra storia. Sono la storia del nostro continente, del nostro paese, della nostra cucina, la storia dei nostri agricoltori e produttori. La definizione di un sistema armonizzato di norme su alcune importanti questioni del nostro settore quali etichettatura, sicurezza alimentare e standard ambientali è essenziale per garantire ai nostri operatori pari condizioni operative rispetto ai concorrenti europei, nonchè per fornire ai consumatori europei alimenti sicuri, di alta qualità, a prezzi accessibili su tutto il territorio dell’Unione.
L’assenza di regole uguali per tutti, accompagnata da una certa lentezza della Commissione nella definizione e implementazione del quadro normativo, ha infatti innanzitutto permesso il diffondersi di schemi di etichettatura volontaria fronte pacco semplicistici, discriminatori e penalizzanti per le nostre eccellenze (come il “Nutriscore” francese), che non hanno basi solide ma sono utilizzati come leve di politiche commerciali e talvolta come vero e proprio strumento di concorrenza sleale. È necessario, a riguardo, comprendere ad esempio anche l’indicazione del contenuto di additivi potenzialmente dannosi per la salute, in grado di mettere il consumatore nelle condizioni di operare scelte consapevoli.
Qualsivoglia decisione e discussione in ambito di etichettatura d’origine e di sistemi deve essere promossa ed effettuata a livello europeo, nella convinzione che un approccio armonizzato sia l’unico in grado di garantire pari diritti per i consumatori dell’Unione, salvaguardare il corretto funzionamento del mercato unico e la leale concorrenza delle imprese al suo interno. Grande impegno poi per contrastare ogni forma di Italian Sounding; da evitare, il ripetersi nel futuro, di episodi come quello del Prosek, per questo dobbiamo proteggere i nostri agricoltori con regole giuste e uguali per tutti.

15.4 CONTRASTARE LE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI

Dobbiamo rendere l’agricoltura un capitolo con più peso nella negoziazione degli accordi commerciali. La sfida dell’agricoltura del futuro è quella di integrare la tecnologia con la tradizione, per trovare un equilibrio tra produttività ed efficienza, rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali, e la produzione di cibo sano e nutriente per tutti. Continueremo a contrastare ogni forma di pratica commerciale sleale che tocca la filiera agroalimentare, sia per i canali classici che nelle vendite online. Fondamentali saranno anche i controlli dei prodotti in ingresso in Europa, affinché rispettino i principali canoni stabiliti dall’UE e non rappresentino un elemento di distorsione del nostro mercato, oltre che una truffa nei confronti dei cittadini/consumatori. A tal proposito appare importante valutare la possibile applicazione sul settore agricolo del cosiddetto CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), un meccanismo finalizzato a compensare - attraverso uno specifico tributo ambientale destinato al bilancio dell’Unione europea - il costo delle emissioni di carbonio di un determinato bene. Il CBAM entrerà in vigore nel 2026 e al momento contempla un numero ristretto di merci la cui produzione è caratterizzata da un’alta intensità di carbonio: cemento, prodotti siderurgici, alluminio, fertilizzanti, energia elettrica e idrogeno.

15.5 TUTELA DEI PREZZI DEI PRODOTTI ALL’ORIGINE

I prodotti dell’ortofrutta, quando arrivano nelle mani dei consumatori, sugli scaffali dei supermercati, subiscono un ricarico di circa il 300% rispetto alla cifra corrisposta ai produttori del comparto primario. Fortissimi squilibri si registrano anche nel settore cerealicolo, versante trainante delle produzioni del Made in Italy, oggi sottoposto alle ripetute pressioni al ribasso di un mercato altalenante.
Queste evidenze, insieme alle recenti proteste del mondo agricolo di tutta Europa e al fatto che simili problematiche investono ormai la maggior parte delle filiere, mostrano inequivocabilmente che i tempi siano ormai maturi per introdurre una legislazione relativa alla tutela dei prezzi dei prodotti agricoli all’origine.
L’elaborazione dei prezzi, lungi dall’essere un elemento lesivo della redditività, deve tenere conto delle specificità territoriali di ciascuno Stato membro che ha caratteristiche vocazioni agricole, climatiche e, dunque, produttive.
È fondamentale, quindi, lavorare a una proposta normativa che tenga conto del ciclo delle colture, della loro collocazione geografica, della destinazione finale dei prodotti, delle caratteristiche territoriali e organolettiche, delle tecniche di produzione medie ordinarie e del differente costo della manodopera negli areali produttivi, stimato sulla base dei dati forniti annualmente dai singoli Stati dell’Unione europea.

15.6 L’INNOVAZIONE PER UNA AGRICOLTURA PIÙ EFFICIENTE

Vogliamo strumenti di assistenza tecnica e opportunità di formazione per l’innovazione nel settore agricolo, con l’obiettivo di rendere le pratiche sostenibili più efficienti e meno costose. Investiamo di più in ricerca e sviluppo su tecnologie per la transizione ecologica e in progetti che riducono consumi di risorse naturali e sviluppano l’agricoltura circolare, per esempio la valorizzazione delle biomasse di scarto, la pianificazione sostenibile degli spazi di coltura come le serre bioclimatiche ed idroponiche, sfruttano le sinergie acqua- energia-cibo (per esempio. l’agrovoltaico), gli strumenti di tracking e accorciamento della filiera (con nuove tecnologie e IA “etica”), specialmente favorendo l’imprenditoria giovanile nel settore agricolo.

16. RAFFORZARE L’IDENTITÀ EUROPEA CON L’ISTRUZIONE, LA FORMAZIONE E LA CULTURA

Alla base di ogni tipo di insegnamento-apprendimento l’educazione è il fondamento per lo sviluppo umano nella sua totalità e all’interno della società perché l’educazione trasforma la vita e fornisce le basi per la generazione di comunità pacifiche e produttive. Muovendo da ciò, ad ogni persona è assicurato lo sviluppo delle proprie capacità personali fondamentali per vivere la vita in modo cosciente, libero, responsabile e solidale, nel mondo e con gli altri. Il compito della formazione è di permettere un passaggio da una cultura all’altra attraverso l’apprendimento, determinando quindi un cambiamento reale della persona. Ciò consente di allargare i nostri orizzonti e apprezzare differenti culture. L’istruzione si pone dunque come chiave per il successo individuale e collettivo di una nazione. Una buona governance a livello europeo deve equiparare il sistema dell’istruzione, generando scuole del futuro di alta qualità educativa. Vogliamo anche una legge europea per tutelare la ricerca e i ricercatori. Lo studio delle lingue straniere costituisce uno dei punti fondamentali su cui si concentra l’interesse della Commissione europea che, nell’incontro del 2017 “Rafforzare l’identità europea grazie all’istruzione e alla cultura”, ha posto l’attenzione sull’istruzione e sulla cultura.
Essere cittadini europei vuol dire conservare la propria identità culturale, ma significa anche sapersi rapportare e integrarsi con le altre culture. In questo l’apprendimento delle lingue straniere rappresenta una priorità, per cui il Consiglio europeo ha inserito tra le 8 competenze chiave della Raccomandazione Europea del 22 maggio 2018, la competenza multilinguistica.

16.1 PRIORITÀ DEGLI INVESTIMENTI NELLA SCUOLA PUBBLICA

Gli investimenti in istruzione, università e cultura devono essere fuori dai vincoli di bilancio europei. Occorre avere maggiore flessibilità per gli investimenti in questi settori di fondamentale importanza per i cittadini europei e in particolar modo per i cittadini italiani. Tale esigenza assume un valore rilevante considerati i dati particolari e complessivi che vedono il nostro Paese occupare generalmente le ultime posizioni nelle diverse classifiche che riguardano i Paesi dell’Unione Europea.

16.2 FONDI EUROPEI PER L’EDILIZIA SCOLASTICA

La situazione degli edifici scolastici in Italia è decisamente preoccupante sia dal punto di vista strutturale che ambientale. Gli edifici scolastici hanno in media circa 53 anni, il 58% non sono in possesso dell’agibilità ed il 55% non hanno il certificato di prevenzione incendi. A questi dati si aggiunga che il 75% di essi è classificato tra le categorie energetiche più basse, E e G. Si rende necessario, pertanto, un intervento straordinario con fondi europei per migliorare gli edifici scolastici in termini di sicurezza ed efficienza energetica e per consentire ai nostri studenti di ambienti funzionali alle metodologie didattiche che favoriscano la cooperazione e la collaborazione degli studenti.

16.3 AUMENTO DELLE RISORSE PER L’ERASMUS+

Occorre sostenere il programma Erasmus+ con ulteriori finanziamenti rispetto a quanto stanziato per il periodo 2021-2027 che ha previsto un finanziamento per l’intero periodo nei riferimento pari a quasi 26 miliardi di euro. I dati della partecipazione degli studenti e dei docenti italiani al programma Erasmus+ nei diversi settori finanziati, sia pur registrando un aumento progressivo negli anni, è ancora lontano dall’offrire tale opportunità alle effettive richieste. Nel 2023 infatti ha partecipato al programma mediamente un alunno su dieci. Considerata l’alta valenza del programma Erasmus+ per l’acquisizione della consapevolezza dell’essere cittadini d’Europa, occorre prevedere per la prossima programmazione, un aumento delle risorse tale da almeno triplicare le risorse stanziate nel periodo 2021-2027. Sono ancora pochi infatti gli studenti e i docenti che possono partecipare a questa opportunità. Nel settore scolastico, nel 2023 l’Italia ha visto la partecipazione di circa 16.000 studenti e 10.000 insegnanti in mobilità per formazione e scambi.

16.4 RICONOSCIMENTI TITOLI ACCADEMICI E QUALIFICHE PROFESSIONALI

Allo stato attuale non è previsto uno schema automatico di riconoscimento dei titoli accademici a livello europeo. Per proseguire gli studi in un altro Paese dell’UE, ora è necessario rivolgersi alle autorità competenti di ogni Stato membro per ottenere il riconoscimento del titolo di studio. Un meccanismo spesso complicato, burocratico e lungo. È opportuno prevedere un sistema automatico di riconoscimento reciproco tra gli Stati membri almeno per i titoli di studio più diffusi e comuni in tutta Europa, fino ad arrivare ad una preventiva armonizzazione dei piani di studio dei corsi universitari.
Inoltre, è necessario migliorare l’attuale sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali negli Stati membri, ovvero dei diplomi di laurea che consentono l’esercizio di una professione. Anche nel nostro Paese sono migliaia i cittadini che hanno intrapreso percorsi abilitanti all’estero e in molti casi la poca chiarezza in merito alla validità di tali percorsi ha provocato un contenzioso per il riconoscimento della validità dei titoli conseguiti. Occorre fare chiarezza a livello europeo a garanzia di tutto il mondo della scuola e di coloro che intendono diventare docenti.

16.5 DISTRETTI CULTURALI E CREATIVI EUROPEI PER RIGENERARE I TERRITORI

La cultura, intesa sia come patrimonio materiale e immateriale, può essere una leva di coesione sociale ed economica e uno strumento di rigenerazione di quei territori, in particolare del Sud Europa, che subiscono il fenomeno dello spopolamento. Questa marginalità nasce da fattori economici e sociali che impediscono lo sviluppo di un sistema di welfare adeguato a rispondere ai fabbisogni delle comunità locali. Il patrimonio culturale ma anche quello paesaggistico possono rappresentare un volano di riscatto. Le imprese culturali, spesso di origine non profit, devono avere un ruolo propulsore per la rigenerazione di leve sociali ed economiche in grado di innescare la rinascita di queste comunità marginali e fragili sul piano sociale prima ancora che economico. Proponiamo dunque che ciascun Stato membro possa istituire Distretti culturali e creativi sui territori che per indici sociali ed economici sono ritenuti marginali. I Distretti culturali e creativi sono aree ben delimitate che consentono di attrarre e favorire investimenti per la creazione di imprese connesse alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Sono aree a tassazione zero o ridotta, purché venga garantito l’obiettivo di favorire la rigenerazione urbana, sociale ed economica. Alla realizzazione dei Distretti culturali e creativi deve essere dedicato anche un fondo ad hoc nell’ambito del Programma Europa Creativa, consentendo alle imprese che nasceranno in tali distretti di accedere ad apposite linee di bando previste nell’alveo dei fondi strutturali diretti europei. Questi distretti non devono incentivare il consumo di suolo ma sfruttare le risorse esistenti anche tramite riconversione di aree già urbanizzate o compromesse. Proponiamo inoltre l’istituzione di un fondo smart-working a favore di piccole, medie e grandi imprese, finalizzato a incentivare l’utilizzo dello smart-working come strumento di sviluppo di questi distretti.

16.6 AGENZIA EUROPEA PER GESTIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE

La Convenzione di Faro, entrata in vigore nel 2011, siglata dai Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, sancisce il principio dell’universalità del patrimonio culturale. La stessa Convenzione fa un ulteriore passo in più, cristallizzando un altro principio in base al quale ogni persona ha il diritto di partecipare alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione del patrimonio culturale. Gli Stati, pertanto, sono invitati a promuovere processi di valorizzazione del patrimonio culturale basati sulla partecipazione di cittadine e cittadini, associazioni, istituzioni pubbliche e private che diventano così “comunità di eredità”. Una maggiore spinta a quanto prescritto in questa Convenzione si può concretizzare attraverso un impegno serio dell’Unione europea nel campo della cultura come leva di sviluppo dei territori e coesione sociale. Proponiamo quindi l’istituzione della Agenzia Europea per la partecipazione alla gestione del patrimonio culturale, finalizzata a promuovere percorsi e processi virtuosi di partecipazione delle comunità alla gestione del patrimonio culturale materiale e immateriale, consolidando le esperienze esistenti in tutto il territorio dell’Unione europea. All’Agenzia, ovviamente, dovranno essere affidate le risorse umane e finanziarie necessarie per adempiere al mandato che le verrà assegnato

16.7 RIDUZIONE DEL NUMERO DI ALUNNI PER CLASSE

La media di alunni per classe nel nostro Paese è caratterizzata da una media più alta di alunni per classe rispetto a diversi paesi dell’Unione Europea. La letteratura scientifica internazionale è unanime sul concordare che un minor numero di alunni per classe favorisca i processi di apprendimento. Tuttavia non è l’unico elemento che deve essere preso in considerazione per ottenere il miglioramento degli apprendimenti. È auspicabile che l’Unione Europea, si impegni a farsi carico della riduzione del numero medio degli alunni per classe in ogni Paese, prevedendo le risorse finanziarie adeguate e proporzionate per il raggiungimento di questo obiettivo in tutti gli Stati membri con un numero massimo di alunni per classe che si attesti in media a 18 alunni per classe.

16.8 TUTELIAMO I PROFESSIONISTI DELLO SPETTACOLO

Le professioni del mondo dello spettacolo (dalla scrittura alla messa in scena) sono state finalmente riconosciute a livello europeo come professioni ad alto fine socioculturale, attraverso una risoluzione approvata all’unanimità. Riteniamo sia fondamentale la salvaguardia della dignità economica di questi operatori che da sempre vivono in una situazione di pseudo precarietà lavorativa, data l’incertezza produttiva in cui operano. Per rimediarvi proponiamo un sistema integrativo di compensazione: si tratta di un meccanismo di soccorso economico per i periodi di fermo dall’attività e per coloro che nei sei mesi precedenti hanno registrato ricavi totali che non gli permettono di condurre una vita dignitosa. Questo contributo che definiamo di discontinuità (da calcolare con tabelle certe da concordare in sede di legiferazione) dovrà essere corrisposto a chi negli ultimi due anni, da dichiarazione dei redditi presentate, non avrà superato un tetto reddituale da stabilire, non sia titolare di altro reddito ed abbia esercitato in maniera costante e continuativa la professione il cui codice contributivo è incluso in quelle dichiarate dello spettacolo.

16.9 DIFENDIAMO IL CINEMA D’AUTORE E INDIPENDENTE

L’industria cinematografica e audiovisiva europea è sostenuta con finanziamenti e opportunità che stimolano le coproduzioni tra più Paesi, mirano a tutelare e incentivare le opere originali europee e ad agevolare gli investimenti internazionali. Tuttavia, spesso il prodotto cinematografico indipendente e originale europeo non viene adeguatamente tutelato o ciò non viene fatto nello stesso modo in tutti i Paesi europei. Pertanto, vogliamo lavorare per una maggiore armonizzazione tra i Paesi delle regole a tutela e supporto delle produzioni indipendenti ed originali, dei giovani talenti emergenti in tutti i settori dell’industria cine-audiovisiva. Le linee direttrici devono essere: maggiori investimenti sulla formazione delle professioni legate a questa industria, al fine di tutelare soprattutto le cosiddette maestranze, che sono una tipicità in particolare italiana, e che rischiano di scomparire nonostante siano molto richieste; tutela e supporto dell’esercizio cinematografico che purtroppo sta scomparendo attraverso finanziamenti per favorire l’innovazione digitale ed ecosostenibile delle sale cinematografiche; azioni di supporto alla distribuzione europea delle opere prime di registi emergenti e delle opere con particolare valore sociale.

17. IL RUOLO DELLE CITTÀ NELL’ATTUAZIONE DELLE POLITICHE EUROPEE

Nel corso degli ultimi anni la città è tornata in modo dirompente al centro dell’attenzione delle politiche nazionali ed europee, con una nuova vitalità progettuale che investe non solo la città fisica, ma soprattutto il campo delle strategie e delle politiche per lo sviluppo urbano. Del resto il concetto di riqualificazione urbana ha, per definizione, una natura “multidimensionale” ovvero, si configura come un progetto sociale ed economico, ancora prima che disciplinare, che deve tener assieme una pluralità di dimensioni: insediative (ristrutturazione urbana, infill, nuove funzioni, welfare materiale); energetiche (standard, materiali); ambientali (spazi aperti, connessione con reti e sistemi ecologici); economiche (nuove attività, imprenditorialità giovanile); sociali (coesione, integrazione multietnica, parità di genere); istituzionali (partecipazione, presidio, agenzie di sviluppo). Nonostante la mancanza di una competenza diretta delle Istituzioni europee nelle politiche di sviluppo urbano, la maggior parte delle politiche e una parte molto significativa della normativa comunitaria presenta una dimensione urbana più o meno rilevante e le città sono ormai riconosciute come il luogo dove molte delle grandi sfide che l’Unione europea è chiamata a sostenere possono essere meglio affrontate.
L’Europa è tra i continenti più urbanizzati al mondo. Più di due terzi della popolazione europea infatti vive oggi nelle aree urbane e questa percentuale continua a crescere; inoltre le città utilizzano circa l’80% delle risorse energetiche e generano fino all’85% del PIL europeo. Le città svolgono quindi un ruolo fondamentale come motore dell’economia, luoghi di connettività, creatività e innovazione e centri servizi per le zone circostanti. Queste aree fungono da catalizzatori per l’innovazione in tutta l’Unione, ma sono anche i luoghi in cui vari problemi persistenti, quali ad esempio disoccupazione, segregazione e povertà, raggiungono i livelli più allarmanti. Grazie alla loro densità, le città hanno un potenziale enorme di risparmio energetico e di spinta verso un’economia a zero emissioni di carbonio. Sarà quindi lo sviluppo delle nostre città a determinare il futuro sviluppo economico, sociale e territoriale dell’Unione europea.
Bisogna poi essere consapevoli che i loro confini amministrativi non corrispondono più alla realtà fisica, sociale, economica, culturale o ambientale dello sviluppo urbano, specialmente in tutti quegli agglomerati urbani che presentano strette connessioni con i territori limitrofi e che in Italia sono stati definiti con l’istituzione delle Città metropolitane.

17.1 IL MODELLO EUROPEO DI SVILUPPO URBANO SOSTENIBILE

Una città sostenibile deve disporre di spazi pubblici all’aperto che siano attrattivi e promuovere una mobilità sostenibile, inclusiva e sana. Occorre incentivare i sistemi di trasporto pubblico multimodale che, rafforzando il trasporto pubblico locale, organizzino una rete di mobilità in grado di offrire più mezzi di trasporto a basso impatto ambientale sullo stesso tragitto. Le città medio-piccole prospere e dinamiche possono poi svolgere un ruolo importante non solo per il benessere degli abitanti, ma anche delle popolazioni rurali circostanti. Sono fondamentali per contenere lo spopolamento delle zone rurali e l’esodo verso le metropoli nonché per promuovere uno sviluppo equilibrato del territorio.
Anche i livelli di rumore ambientale sono in crescita nelle aree urbane, principalmente a causa dell’aumento del traffico e delle attività industriali e ricreative. Tale aspetto può incidere sulla qualità della vita e condurre a livelli significativi di stress, disturbi del sonno e a ripercussioni negative per la salute.
Le città rappresentano quindi il livello ottimale per testare soluzioni innovative che portano benefici a cittadini, imprese e a tutto l’ecosistema urbano. Molte risorse sono state stanziate nella programmazione 2021-2027 e proprio a tal fine è importante sottolineare come sia già riconosciuta l’importanza di promuovere un nuovo protagonismo delle città piccole e medie dimensioni e il ricorso ad approcci di natura funzionale quali fattori chiave. Il valore aggiunto dei fondi UE non va ricondotto solo alla possibilità di sostenere finanziariamente nuovi programmi e progetti, coerenti con gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile e inclusivo, ma anche nella capacità di trasformare e innovando le amministrazioni pubbliche responsabili di questi programmi e progetti.

17.2 LA REVISIONE DEL SISTEMA DI GOVERNANCE TRA L’UE E LE SUE METROPOLI

Per poter rispondere alle sfide urbane di questo momento storico servono anche nuovi modelli di governance. Le città del futuro devono adottare un modello globale di sviluppo urbano sostenibile, caratterizzato da sistemi di governance in grado di adeguarsi all’evolversi dei contesti globali e locali promuovendo un coordinamento orizzontale e verticale delle scelte politiche strategiche con tutti gli altri livelli amministrativi e decisionali.
È necessario rafforzare le possibilità per le città di esercitare un ruolo attivo nel policy design europeo che deve passare dal confronto con chi, vivendo e operando sul territorio, ne incorpora le conoscenze per consentire alle politiche di adeguarsi alle specificità dei singoli contesti. Va quindi ripensato e reinterpretato il principio di sussidiarietà che finora ha caratterizzato i rapporti tra l’Unione ei propri centri urbani. Il principio di sussidiarietà non deve più implicare solo la sostituzione di un livello di governance superiore con uno inferiore, ma anche la creazione di relazioni nuove tra livelli diversi. Tra gli attori che partecipano ai processi di elaborazione e definizione delle politiche dovranno figurare tutte le parti interessate, cittadini compresi. In sostanza, le politiche devono operare in un quadro di governance multilivello. Le politiche dell’Unione devono quindi sostenere le città e le metropoli consentendo loro di esprimere e realizzare pienamente il loro potenziale in quanto motori di crescita economica, occupazione, inclusione sociale e sviluppo sostenibile.

17.3 LA VALUTAZIONE DI IMPATTO TERRITORIALE NELLA ELABORAZIONE DELLE STRATEGIE EUROPEE

Nell’elaborare nuove iniziative strategiche destinate alle aree urbane si deve seguire un nuovo approccio integrato maggiormente basato sul territorio, al fine di assicurare la coerenza delle politiche e conferire alle città e alle metropoli gli strumenti necessari per realizzare gli obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Proponiamo dunque una preventiva valutazione d’impatto territoriale sulla dimensione urbana delle politiche e strategie europee nell’ottica di garantire la fattibilità pratica di tutte le iniziative strategiche dell’UE a livello regionale e locale. L’Unione deve dimostrarsi più ricettiva verso i contributi provenienti dai livelli decentrati di governo in fase di elaborazione delle valutazioni d’impatto e delle nuove politiche che devono concentrarsi sui seguenti aspetti: sviluppo territoriale equilibrato, integrazione territoriale, aspetti di governance, regolamentazione, attuazione a livello locale e coerenza con altri obiettivi strategici.

17.4 LA CITTÀ EUROPEA DEL FUTURO

La strategia europea deve fondarsi su un nuovo metodo di governance multilivello, che coinvolga maggiormente il livello locale in tutte le fasi del ciclo politico in modo da avvicinare le politiche alla realtà rendendole più coerenti e reattive rispetto ai continui cambiamenti che interessano le Città metropolitane.
La città europea del futuro deve essere un luogo dallo sviluppo sociale avanzato, con un grado elevato di coesione sociale, alloggi socialmente equilibrati, nonché servizi sanitari ed educativi rivolti a tutti. E anche una piattaforma per la democrazia, il dialogo culturale e la diversità, un luogo verde, di rinascita ecologica e ambientale. Deve essere un posto attrattivo e un motore della crescita economica. Lo sviluppo delle nostre città determina il futuro dell’Europa.