Dizionario del Nuovo Umanesimo
Questo dizionario è stato pubblicato da Silo nel 1994 con il titolo “Alcuni Termini di Uso Frequente nell’Umanismo”, e poi notevolmente ampliato nel 1997. I termini che troverete non provengono dagli ambiti della cultura generale bensì, per la maggior parte, da quelli più specifici della Politologia e della Sociologia. Secondo l’autore “in questo dizionario, cui hanno contribuito collaboratori scelti, non s’è riusciti ad armonizzare l’umanismo occidentale con le altre forme di umanismo, ugualmente ricche, presenti nelle diverse culture. Tale mancanza potrà essere superata nel momento in cui si riuscirà a realizzare una enciclopedia della portata richiesta dall’umanismo universalista.”
A
Adattamento
(der. di adattare, dal lat. tardo adaptare, comp. di ad- e aptare). Capacità degli esseri viventi che consente loro di sopravvivere quando mutano le condizioni ambientali. Accordo di una struttura con il suo ambiente. Senza entrare nel merito della discussione sul significato di èstruttura e di èambiente, e solo a titolo di citazione, diremo che:
- si chiama adattamento crescente lo sviluppo di una struttura che interagisce con il proprio ambiente
- nell'adattamento stabile una struttura può rimanere più o meno invariata, ma tende a destrutturarsi a causa dei cambiamenti dell'ambiente
- nell'adattamento decrescente, la struttura tende all'isolamento dall'ambiente e, di conseguenza, cresce la differenziazione tra i suoi fattori interni.
- Nel caso dell'inadattamento, si possono osservare due varianti: a) la situazione di adattamento decrescente per isolamento o per decomposizione dell'ambiente b) la situazione di superamento di un ambiente che risulta insufficiente a intrattenere relazioni interattive.
Ogni adattamento crescente conduce alla modificazione progressiva della struttura e del suo ambiente e, in questo senso, comporta il superamento del vecchio da parte del nuovo. Infine, in un sistema chiuso, si produce la disarticolazione di struttura e ambiente.
In termini generali, il Nuovo Umanesimo incoraggia comportamenti personali e sociali di adattamento crescente, e nello stesso tempo contesta il conformismo o l'inadattabilità.
Aggressione
(dal lat. aggressio, -onis, der. di aggredi, comp. di ad- e gradior, lett. muovo il passo verso. Di qui il significato di muovere contro, aggredire; l’uso dell’aggettivo “aggressivo” nel senso di dinamico, attivo e intraprendente è un anglicismo). Azione ed effetto dell'aggredire, atto contrario al diritto dell'altro. Attacco armato di una nazione contro un'altra nazione, in violazione del diritto internazionale.
L'aggressione non si esprime soltanto in forma di aggressione fisica, ma anche con parole, gesti o atteggiamenti (aggressione morale). L'aggressione è l'assunzione dell'iniziativa in ogni azione di èviolenza.
Alienazione
(l'alienatio, dall'agg. lat. alienus, a sua volta der. di alius, altro, è propriamente il trapasso di proprietà, il cedere la proprietà di una cosa ad un altro). Alterazione dell'equilibrio dei fattori dell'attività individuale e sociale verso la cosificazione dei valori e a danno degli intangibili psicologici che contribuiscono allo sviluppo dell'essere umano.
La parola “alienazione” come la definisce Hegel nella sua “Fenomenologia dello Spirito” può anche essere tradotta con espropriazione, allontanamento o estraniazione: L’alienazione, in questo autore, sembra incarnare una “coscienza infelice”, una “coscienza di sé come natura divisa”. Hegel pensa che la coscienza possa sperimentarsi come separata dalla realtà di cui fa parte; questo fa sentire la coscienza “lacerata” da se stessa. La diffusione di questa idea è cresciuta quando Feuerbach la prende nel suo aspetto “naturale-sociale”; questa concezione influisce nell’interpretazione che ne dà Marx nei suoi “Manoscritti economico-filosofici” del 1844.
Con lo sviluppo dello Stato e man mano che diventa più complicata l'organizzazione della vita sociale, l'individuo è sempre più schiacciato dall’ambiente sociale, innanzitutto a causa dell'autorità e del potere altrui che sacrificano la sua libertà e il suo interesse. Ma nella misura in cui la società civile evolve, si allarga lo strato dei cittadini che partecipano in forme diverse agli affari sociali e statali, all'assunzione di decisioni e alla gestione sociale, fino ad arrivare alla èproprietà del lavoratore delle fonti e dei mezzi di produzione. I limiti inizialmente esigui della democrazia si allargano fino ad abbracciare la maggioranza della popolazione adulta anche quando questa democrazia continui ad avere, fino ad oggi, un carattere più o meno formale. Gli stranieri e i senza patria, inizialmente privi di diritti civili, conquistano taluni diritti stabiliti sul piano nazionale e internazionale.
Lo sviluppo della tecnica, se da un lato testimonia la forza e le vittorie dell'essere umano, dall’altro lo subordina sempre di più alla macchina, cambiando il suo ritmo di vita e meccanizzando molte delle sue funzioni organiche. Il progresso nella sfera scientifico-tecnica assicura alle persone il dominio sulle forze della natura con un’ampiezza sempre maggiore, e ciò conferisce loro inusitata mobilità nello spazio accelerando il “tempo” sociale, consentendo comunicazioni sempre più articolate, aprendo la strada che porta nel cosmo, permettendo loro di creare ambienti artificiali corrispondenti alle loro necessità. Tuttavia, questi successi hanno generato nuovi pericoli, hanno messo in pericolo l'esistenza della vita sulla Terra.
Lo sviluppo della cultura e soprattutto quello del flusso informativo in generale, dà conto del progresso intellettuale, ma allo stesso tempo mostra il crescere del controllo soggettivo sull'esistenza individuale, che viene subordinata a impulsi e pensieri altrui. Nella sfera della cultura e dell'arte l'essere umano va verso la creazione di un mondo nuovo con proprietà non esistenti in natura. È fortemente cresciuta la diversità ma insieme all'allargamento dei confini umani della cultura si rivela una pericolosa tendenza all'uniformità, e ciò può condurre ad un sistema chiuso ed al blocco della civiltà.
La crescente divisione del lavoro, l'ampliamento del mercato, la diffusione della tecnologia e delle comunicazioni va di pari passo con la generale destrutturazione delle vecchie forme istituzionali e delle modalità dei rapporti sociali, mentre si sono accentuati cambiamenti anche nel comportamento collettivo e personale che rendono squilibrato l'èadattamento crescente alle nuove situazioni. Da un lato, l'inerzia sociale delle istituzioni e forme di relazione obsolete non favoriscono il transito verso la fase di cambiamento che si sta rendendo evidente; dall'altro, le esigenze del progresso non mostrano una chiara direzione di sviluppo. Questa situazione viene sperimentata come una delle tante alienazioni che bussano alle porte della civiltà. Queste perturbazioni si esprimono come aumento dell’aggressività, nevrosi, suicidi ecc. Si afferma la feticizzazione dei meccanismi sociali e tecnologici a scapito dei rapporti interpersonali propriamente umani e a danno della perfezione spirituale e morale degli esseri umani.
Il potere, la cultura, la vita spirituale si concentrano nelle mani di élites ristrette, e di conseguenza gli individui si trovano in condizione di dipendenza a causa della loro separazione dai beni e dai valori vitali. La personalità si trasforma in oggetto di manipolazione e di sfruttamento, l'isolamento e la solitudine crescono e ogni persona si sente sempre più inutile, abbandonata e priva di forze. Tutto ciò rende possibile la manipolazione delle coscienze e dei comportamenti dei popoli.
Il Nuovo Umanesimo vede nell'alienazione non tanto un problema economico quanto esistenziale, vitale e morale, e pone come obiettivo la diminuzione del livello di deprivazione quale stato pericoloso che deforma la personalità. La crisi della civiltà contemporanea è generata in larga misura dall'ipertrofismo di alterazione e violenza, da un lato, e dalla ricerca delle vie per il suo superamento, dall'altro. L'umanità aspira a progredire in questi nuovi cammini senza che si allarghi l'alienazione. In futuro non mancherannno elementi di deprivazione, ma l'essere umano può agire in modo cosciente in una determinata direzione sull’ambiente sociale e su se stesso, per armonizzare fattori esterni e interni della sua vita. In questo senso, il Nuovo Umanesimo rappresenta un grande movimento contro il pericolo dell'alienazione crescente.
Altruismo
(der. da altrui, lat. volg. alterui per alteri, dativo di alter, l'altro, sul modello del fr. altruisme). Attenzione e interesse per il bene altrui, anche a costo del proprio, e per motivi puramente umani. Si tratta del servizio prestato in nome del benessere degli altri, della disposizione a sacrificare gli interessi personali sull'altare del beneficio dei più.
Il termine fu introdotto nel linguaggio scientifico e filosofico da Comte, che lo usò per costituire la dottrina morale del positivismo. Nell'esperienza dell'altruismo, Comte vide inoltre una forma di esperienza capace di opporsi all'egoismo quotidiano, come pure all'egoismo quale fattore di progresso, sostenuto dal liberalismo. L'altruismo, come la èsolidarietà e la èreciprocità, sono propri dell'etica umanista, perché contribuiscono al progresso, alla soluzione giusta e favorevole dei conflitti interpersonali e sociali.
Ambiente
(dal lat. ambiens, -entis, p. pres. di ambire, ambi intorno e ire andare; nel senso di ciò che ci circonda). In generale, si usa questo termine per indicare una èstruttura che fa parte dei sistemi vitali.
Amministrazione
(dal lat. administrare, da minister, addetto al servizio di qualcuno, e il pref. ad.) Gestione, direzione. Attività professionale mirante a stabilire gli obiettivi e i mezzi per il loro conseguimento, a definire l'organizzazione di sistemi, a elaborare la strategia dello sviluppo e ad attuare la gestione del personale.
Si distinguono: l'amministrazione diretta, di comando, e quella indiretta, attuata mediante incoraggiamenti e punizioni. Inoltre, si possono osservare tre stili: democratico, con la partecipazione della collettività; autoritario, basato sul comando unipersonale; liberale, che prevede compromessi e attenua la rigidità nell'eseguire le decisioni. Questi metodi vengono applicati con combinazioni diverse in diversi sistemi. I metodi di gestione delle forze armate, delle aziende, degli istituti d'insegnamento, delle organizzazioni sociali, si differenziano in base alla natura di ciascuna di queste istituzioni. In epoche e situazioni diverse, i metodi di direzione non possono essere uguali.
Nessuno Stato può funzionare senza apparato amministrativo. Qualunque gruppo o istituzione ha bisogno della gestione, della elaborazione di obiettivi e mezzi, della mobilitazione dei suoi membri per realizzarli, della manifestazione della volontà collettiva ecc. Senza direzione il sistema perde l'orientamento. I quadri amministrativi devono essere formati secondo procedimenti democratici, ma la loro qualificazione richiede specializzazione, frequenza di centri di apprendimento qualificati e la comprensione e la pratica di attività sociali.
Amore
(dal latino amor, -oris). Affetto che spinge a cercare un bene vero o immaginario desiderandolo. La parola ha significati molto diversi, ma rappresenta comunque una inclinazione nei confronti di qualcuno o di qualcosa. Si considera una specie di amore l'attenzione con cui ci si dedica a un'opera ricavandone diletto. Si definisce anche amore la passione sessuale e la relazione con la persona amata.
Quanto all'amor proprio, gli viene attribuito significato positivo quando lo si interpreta come sforzo per migliorare il proprio agire, e significato negativo quando è smodata stima di sé.
Gli umanisti considerano l'amore una forza psicologica fondamentale che assicura reciproco aiuto e èsolidarietà tra gli esseri umani al di sopra delle frontiere stabilite tra gruppi sociali e Stati.
Anarchismo
(nome composto dal gr. a-, alfa privativa, senza e árkho, comando) Corrente politico-sociale il cui principio fondamentale è la negazione dello Stato che viene considerato strumento di violenza. In generale, l'anarchia nega anche la proprietà privata e la religione, che indica quali fattori che attentano alla libertà assoluta dell'essere umano.
Dal punto di vista teorico, l'anarchismo è eclettico e può accettare tanto le proposte più ispirate alla violenza, quanto l'anarco-individualismo di M. Stirner, l'anarco-comunismo di P. Kropotkin e l'anarco-sindacalismo, fortemente influenzato da quest'ultimo.
L'anarco-sindacalismo nega importanza alla lotta politica e al ruolo di guida del partito nel movimento operaio, mentre assegna al sindacato anarchico la più forte valenza rivoluzionaria.
M. Bakunin sostiene che dall'anarchia nascerà spontaneamente il nuovo ordine, tesi prossima a quella di P. J. Proudhon, che concepisce la nuova società come un'organizzazione di scambio di servizi e di mutualismo in cui non manca la cooperazione né il principio di autogestione.
Alcuni studiosi hanno visto in Nietzsche un anarchico assiologico e in Tolstoj e Gandhi espressioni pratiche dell'anarchismo etico, socialista e nonviolento.
Antiumanesimo
Ogni posizione pratica e/o teorica che tenda a sostenere uno schema di potere basato sugli antivalori di discriminazione e di violenza.
Antiumanesimo filosofico
I pensatori esistenzialisti, basandosi sulla descrizione tracciata dagli studiosi del XIX secolo, sostennero che l'umanesimo era una filosofia, dando così motivo ai loro oppositori per consolidare il proprio antiumanesimo filosofico. Le critiche provenivano soprattutto dalle fila dello strutturalismo e del marxismo conservatore. In realtà, già F. Nietzsche aveva tracciato alcune premesse che vennero in seguito usate da C. Lévi-Strauss e da M. Foucault. La critica di M. Heidegger all'umanesimo si inserisce anch'essa nell'antiumanesimo filosofico.
Nell'ambito del marxismo, L. Althusser ha sostenuto la tesi dei “due Marx”: il giovane Marx, ancora “ideologo”, e il Marx maturo, realmente “scientifico”. Le conseguenze che il filosofo francese ha tratto da questa dicotomia sono le seguenti: “Ogni pensiero che riconduca a Marx per instaurare, in un modo o nell'altro, un'antropologia o un umanesimo filosofici, 'teoricamente' non sarebbe altro che polvere. Ma in pratica, edificherebbe un monumento di ideologia premarxista che peserebbe gravemente sulla storia reale e potrebbe trascinarla in una strada senza uscita [...]. Una politica marxista (eventuale) dell'ideologia umanista, cioè un atteggiamento politico di fronte all'umanesimo (politica che può essere il rifiuto o la critica, l'uso o il sostegno, lo sviluppo o il rinnovamento delle forme attuali dell'ideologia umanista in campo 'etico-politico'), non è possibile se non a condizione di essere fondata sulla filosofia marxista, la cui premessa è l'antiumanesimo teorico”.
Abitualmente, l'antiumanesimo filosofico formula la propria critica all'umanesimo basandosi su un rigido scientismo. Il Nuovo Umanesimo accetta numerose critiche che vengono rivolte contro l'umanesimo tradizionale, ma incoraggia la revisione non soltanto dell'idea di “essere umano”, tipica del XIX secolo, ma anche dell'idea di “scienza”, inerente la stessa epoca.
Ateismo
(der. da ateo, dal greco a privativo e theos, dio) Letteralmente, negazione della divinità. Di conseguenza, rifiuto della religione e negazione di qualunque forza sovrannaturale e ignota. In generale, l'ateismo non accetta i paesaggi proposti dalla religione, come inferni e paradisi, e neppure l'esistenza di entità psichiche indipendenti dal corpo, come angeli, spiriti ecc.
L'ateismo ammette credenze diverse a proposito dell'origine e del funzionamento della natura, ma in tutti i casi esclude l'intervento di una intelligenza o di una ragione o di un logos nello sviluppo dell'universo.
Esiste un ateismo teorico, che si basa su giudizi relativi alla condizione in cui si trova lo sviluppo della scienza in un determinato momento; esiste anche un ateismo empirico, che non presuppone sviluppi né giustificazioni teoriche. Esiste un ateismo autentico e un ateismo apparente.
Nel corso dello sviluppo dell'umanità, e in diverse culture, la religione e l'ateismo si sono sviluppati in maniera parallela. Allo stesso tempo i fedeli di ognuna di queste posizioni sono stati perseguitati o massacrati dalla parte avversa.
L'ateismo va difeso alla pari di ogni fede, così come vanno difesi i diritti alla sua propaganda e al suo insegnamento senza che siano sottoposti ad alcuna richiesta uniformatrice.
I sostenitori del Nuovo Umanesimo sono disposti a discutere amichevolmente con le diverse forme di ateismo e con le confessioni e gli organismi di ispirazione religiosa, siano questi istituzioni sociali, partiti, sindacati ecc., con l'obiettivo di agire in modo congiunto e solidale a vantaggio dell'essere umano e del progresso sociale, della libertà e della pace.
Atteggiamento antiumanista
(der. dal lat. actum, propriamente esprimere con gli atti) Non si tratta di una posizione dottrinaria ma di un comportamento che, in pratica, è l'immagine opposta dell'atteggiamento umanista. Non si riferisce neppure a situazioni particolari né a una esecuzione contingente di azioni riprovevoli dal punto di vista dell'etica umanista. In definitiva, l'atteggiamento antiumanista è un modo personale di porsi nel mondo, un modo relazionale “oggettivante” caratterizzato dalla negazione della intenzione e della libertà di altri esseri umani.
Atteggiamento umanista
Esisteva prima che fossero coniate parole come “umanesimo”, “umanista” e altre simili. Per quanto riguarda l'atteggiamento in questione, costituiscono posizione comune degli umanisti nelle diverse culture:
- l'assunzione dell'essere umano come valore e come interesse centrale
- l'affermazione dell'eguaglianza di tutti gli esseri umani
- il riconoscimento della diversità personale e culturale
- la tendenza allo sviluppo della conoscenza al di sopra di quanto viene ccttato o imposto come verità assoluta
- l'affermazione della libertà in materia di idee e di credenze
- il rifiuto della violenza.
L'atteggiamento umanista, al di fuori di ogni approccio teorico, può essere inteso come una “sensibilità”, come un porsi di fronte al mondo umano in cui si riconosce l'intenzione e la libertà negli altri, e in cui si assumono impegni di lotta nonviolenta contro la discriminazione e la violenza. (momento umanista)
Autogestione
(parola composta, dal gr. aütós, da sé, e il lat. gestio, -onis, der. del vb. gerere, condurre) Autoamministrazione, autogoverno.
All'interno del sistema politico democratico, questo termine si applica agli organi territoriali eletti dal popolo a livello locale e anche alle autorità elettive delle società cooperative e agli organi eletti dalle organizzazioni sociali democratiche.
L'autogestione è un ideale dei sistemi anarchici e di alcune correnti socialiste, di movimenti giovanili di protesta, femministi, ecologisti ecc.
Gli umanisti contemporanei appoggiano gli sforzi dei movimenti popolari a livello dei quartieri, dei centri di apprendimento, dei club ecc. per organizzarsi democraticamente secondo il principio di autogestione, che viene inteso come una variante della democrazia diretta e partecipativa. Gli umanisti cercano di collaborare con i cittadini nell'attuazione dei loro diritti civili e costituzionali per allargare i confini della democrazia e costituire organi di potere locale, municipale, sulla base del principio di autogestione, come espressione democratica della loro volontà, della cultura del consenso e della nonviolenza, della solidarietà umana.
Autoritarismo
(neol. in -ismo dall'agg. autoritario, a sua volta der. di autorità, lat. auctoritas, -atis, potere, forza, ordine, dignità) 1. Fede e obbedienza irrazionali nei confronti della personalità, dell'istituzione e del gruppo sociale che sono considerati fonti dell'autorità. 2. Regime politico antidemocratico basato sul potere illimitato di una persona, di una istituzione o di un gruppo sociale che si basa sulla manipolazione e sulla violenza. 3. Una delle forme del dogmatismo che considera l'autorità come unica e suprema fonte della sapienza o dell'etica.
Il Nuovo Umanesimo condanna tutte le forme e le manifestazioni di autoritarismo in quanto incompatibili con la libertà della persona e indica la via e i metodi di lotta per eliminarlo attraverso la democratizzazione e la modernizzazione della società.
Azione
(dal lat. actio, -onis, der; di agere, fare) Nel campo delle relazioni umane, ogni manifestazione di intenzione o di espressione d'interesse capace di influire su una situazione data. Per esempio, azione sociale (sciopero, protesta pubblica, dichiarazione attraverso i mezzi d'informazione), azione politica (partecipazione a elezioni, manifestazione, trattative, intervento parlamentare), azione diplomatica, azione militare ecc.
Alcune posizioni estreme non annullano l'enorme gamma di possibilità che si possono presentare di fronte all'azione in generale. Gli anarchici assolutizzano il ruolo dell'azione diretta. I buddisti, al contrario, sono propensi a sopravvalutare l'atteggiamento passivo.
Nella vita personale, si osserva un insieme di azioni più o meno codificate che vengono definite “condotta” o “comportamento”. La psicologia umanista scopre nell'immagine la direzione della coscienza verso il mondo, e intende questa come attività intenzionale, in nessun modo come passività, semplice riflesso, o deformazione della percezione.
Il Nuovo Umanesimo afferma
- il riconoscimento della libertà di azione all'interno di un campo di condizioni situazionali e di responsabilità di fronte a se stesso e di fronte ad altre persone
- la valutazione dei fini e delle forme dell'azione in relazione ai valori dell'umanesimo.
Rispetto alle precedenti affermazioni, si suole parlare di coerenza o incoerenza nell'azione.
B
Bene sociale
Benessere. Oggetto e misura del progresso della società. Si riferisce anche all'autorganizzazione, all'uguaglianza e alla prosperità dei cittadini, all'ampiezza dei loro diritti e delle loro libertà.
Il bene sociale è indice del livello materiale e spirituale dello sviluppo della società, da un lato, e obiettivo permanente verso il miglioramento, dall'altro. I principali indicatori del bene sociale sono: il livello dei redditi procapite; le condizioni reali di vita (alimentazione, abitazione, abiti); il grado di sviluppo dei diritti democratici della persona; la libertà di coscienza e le garanzie sociali di soddisfacimento dei bisogni vitali in materia di lavoro, sanità, istruzione e sicurezza sociale.
Per il Nuovo Umanesimo, il bene sociale è una delle principali e più dinamiche categorie attraverso cui si tenta di armonizzare il bene individuale e il bene comune.
Borghesia
(dall'agg. borghese, da borgo, sul modello del fr. bourgeois e bourgeoisie. Cfr. tardo lat. burgus; germanico burgs). Classe dominante della società capitalistica, proprietaria dei principali mezzi di produzione nell'industria, nell'economia, nel campo finanziario, nei trasporti. La borghesia moderna possiede anche la terra (proprietari terrieri borghesi) e il sottosuolo. La borghesia accumula la propria ricchezza e, di conseguenza, il potere per sfruttare il lavoro salariato di operai e impiegati.
Esistono diversi strati di borghesia: alta, media e piccola. Lo strato più vasto è quello dei piccoli imprenditori e dei commercianti. Lo strato superiore, quello dei miliardari, è poco numeroso ma detiene una enorme potenza industriale-finanziaria e spesso subordina il potere dello Stato ai propri interessi: orienta la politica interna ed estera, imponendo la propria volontà a tutta la società. Su scala internazionale, l’alta borghesia di diversi paesi costituisce corporazioni e banche internazionali che spartiscono il mondo in zone di influenza.
In un determinato periodo, la borghesia ha svolto un ruolo di progresso nella storia (nella rivoluzione inglese, nella grande rivoluzione francese, nella guerra d'indipendenza degli Stati Uniti, nelle riforme del XIX e del XX secolo).
Oggi, soltanto la piccola e in parte la media borghesia sono in grado di intervenire da posizioni democratiche e progressiste. L’alta borghesia, nel presente, accelera il processo di informatizzazione, lo sviluppo di nuove tecnologie e, in generale, la globalizzazione. Senza dubbio svolge un ruolo frenante nel percorso di umanizzazione della vita sociale, distorcendo la direzione della libertà individuale e collettiva allorché predica idee di violenza, di esclusivismo e di discriminazione.
Il Nuovo Umanesimo agisce affinché la borghesia sia controllata dalla società attraverso l'introduzione di tasse proporzionali alla proprietà e alla ricchezza, e per ottenere lo sviluppo di una legislazione antimonopolista.
Burocrazia
(composto dal fr. bureau, ufficio pubblico, e il gr. krátos, forza) Categoria particolare di funzionari professionisti che servono lo Stato e, di conseguenza, direttamente coinvolta nell'amministrazione della società. In linea di principio, lo Stato non può funzionare senza tale apparato. La corporazione dei funzionari-amministratori, in generale, non si occupa di organizzare la prosperità sociale, ma di difendere gli interessi dei gruppi dominanti e in primo luogo i suoi stessi interessi, facendo però finta di preoccuparsi degli interessi sociali di tutti i cittadini.
La burocrazia si oppone alla democrazia reale, la sostituisce con il potere degli impiegati dell'apparato di governo (cancellerie, ministeri, uffici) e dei funzionari (prefetti, amministratori). Il potere attuale non può esistere senza burocrazia, poiché questa detiene l'informazione, l'esperienza amministrativa e gli strumenti legali. Il funzionario identifica la società civile con lo Stato o con la corporazione in cui lavora.
Il pericolo maggiore rappresentato dalla burocrazia consiste nel fatto che i funzionari mantengano il monopolio sull'ideologia, sui mezzi di comunicazione, sulla cultura e sulla tecnologia, a causa della loro tendenza a manipolare la società a favore degli interessi dei gruppi, dei partiti o dei settori dominanti.
La burocrazia ha struttura gerarchica e, fatta eccezione per gli alti funzionari, i suoi membri appartengono alla classe media. L'amministrazione costituisce una funzione molto importante della politica e perciò la burocrazia politica assolve dovunque un ruolo centrale e spesso impone la propria volontà ai governi. La burocrazia contribuisce all'alienazione dello Stato dalla società civile, si frappone tra l'uno e l'altra. La burocrazia è interprete particolare delle funzioni del potere. In linea di principio, è esente da ogni orientamento morale; pone lo Stato, il ministero, la corporazione al di sopra di ogni cosa, sottomettendo la società al potere formale e alla sua volontà professionale. In alcuni casi, i funzionari amministrativi pubblici svolgono il ruolo di una vera e propria classe politica, che gestisce completamente l'amministrazione dello Stato, della proprietà, della produzione e delle relazioni sociali.
Il principale strumento di lotta contro la burocrazia è lo sviluppo della democrazia diretta, il controllo del popolo sul potere, la partecipazione dei cittadini a tutti i settori e a tutti i livelli di amministrazione e lo sviluppo della “glasnost” (trasparenza e comunicazione pubblica attraverso i mezzi di diffusione delle attività dei funzionari).
C
Capitalismo
La sociologia dei secoli XIX e XX definisce così il regime economico-sociale la cui spinta propulsiva è costituita dall'accrescimento del capitale.
Le varie scuole sociologiche forniscono diverse interpretazioni del contenuto e del ruolo storico di questo regime. I sociologi positivisti ne individuano l'esistenza non soltanto nei tempi moderni, ma anche nell'antichità e nel medioevo. I marxisti vedono nel capitalismo una “formazione socio-economica”, una fase necessaria e inevitabile nell'evoluzione storica universale. I sociologi neoliberali ritengono questo regime il fine della storia universale. Tali punti di vista sono inficiati da un riduttivismo economicista, in quanto limitano la crisi della società contemporanea alla crisi di un determinato regime socio-economico (sia esso “capitalista” o “socialista”). Il regime economico-sociale è parte di una struttura sociale molto più complessa del sistema socio-culturale storico concreto.
La base economica del capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo sfruttamento del lavoro salariato. Le classi principali sono la èborghesia e il proletariato (la classe operaia), anche se la composizione di queste due ultime ha subito radicali mutamenti.
Il Nuovo Umanesimo critica con forza l'amoralismo e il carattere sfruttatore di questo regime. Gli umanisti difendono gli interessi dei lavoratori lottando anche contro la tendenza del capitalismo attuale, responsabile di creare disoccupazione e crescente emarginazione in larghi strati della società e in vaste regioni del mondo.
Carità
(dal lat. caritas) Per alcune correnti filosofiche e religiose, è sinonimo di “compassione”. È diverso da ètolleranza.
Qualità morale di chi pratica l'amore attivo rivolto verso tutti gli esseri – innanzitutto gli esseri umani – che versano in stato di necessità. Comprende il sentire il dolore dell'altro come dolore proprio e l'intenzione di prestare l'aiuto e la cooperazione opportuni. Fa parte del fondamento etico di tutte le religioni universali. La carità consente di superare ostilità e intolleranze tribali e corporative e classiste. Pretende il superamento dell'uso di dividere gli esseri umani in prossimi ed estranei. Questa caratteristica è tipica della personalità umanista.
A loro volta, varie attività dell'èumanitarismo sono mosse da sentimenti di carità.
Casta
(dal lat. castus, casto, pulito) Gruppo sociale e religioso delle società dispotiche dell'antico Oriente e dell'America precolombiana (caste di sacerdoti, di guerrieri, di agricoltori, di artigiani ecc.). In generale, le caste si dividono in superiori e inferiori. La posizione di ogni essere umano è determinata per via ereditaria, di padre in figlio, e ogni mobilità tra gruppi è proibita.
I residui del regime di casta sopravvivono fino a oggi in alcuni gruppi dell'India, del Giappone e in altri paesi asiatici. Il governo dell'India ha concesso agevolazioni ai rappresentanti delle caste inferiori per accedere ai centri d'istruzione, al lavoro e alla terra, per assicurarne l'integrazione nella società e cancellare gli elementi residui di quel regime.
Centri delle culture
Organizzazioni umaniste che coordinano azioni in difesa delle minoranze etniche e culturali in un determinato paese. Lavorano soprattutto con immigranti e rifugiati, collaborando con questi alla difesa dei loro interessi; fornendo assistenza legale e medica; facendo ricorso agli organismi statali interessati e rendendo pubbliche le loro richieste con lo scopo di informare l'opinione pubblica nazionale e internazionale sulle violazioni arrecate ai loro diritti umani. Spesso operano in collaborazione con i èclub umanisti che hanno sede nei paesi d'origine di quelle minoranze che si sono viste costrette a emigrare.
Centri di comunicazione umanista
Locali umanisti, a livello di quartiere o di vicinato, dove si concentrano le attività delle organizzazioni di base e dei diversi èfronti d'azione. Prima della loro attivazione si avvia di solito un organismo minimo di diffusione, in grado di trasmettere tempestivamente proposte alla base sociale e di convocarla su temi specifici.
Centrismo
(der. da centro. Lat. centrum, dal gr. kéntron, il pungolo, poi punto centrale) Una determinata corrente politica o ideologica più o meno equidistante dagli “estremi” o dalle posizioni più radicalizzate. Il centrismo preferisce di regola la via del compromesso, l'ammorbidimento del conflitto, la pacificazione. Piuttosto frequentemente il centrismo viene accusato di mancare di principi, di risultare inconsistente e vile. In realtà, questa corrente svolge sempre un ruolo importante, occupando uno spazio particolare tra le correnti di “destra” e di “sinistra”. All'interno di diversi partiti e correnti possono esistere gruppi centristi o moderati che si collocano in posizioni differenti. Nella maggior parte dei casi, il centrismo fa tradizionalmente proprie le posizioni del non-scontro e del dialogo. In casi particolari, il centrismo può svolgere un ruolo reazionario.
Centro mondiale di studi umanisti
Per decisione del èForum umanista, è stata disposta la creazione del Centro mondiale di studi umanisti. Si tratta di un’organizzazione per lo studio e la ricerca nelle scienze sociali (in particolare: storiologia, storia delle culture, antropologia, politologia e psico-sociologia) che è stata costituita ufficialmente a Mosca il 24 novembre 1993. E’ un’organizzazione non governativa e volontaria orientata dal Nuovo Umanesimo. Realizza di frequente pubblicazioni e organizza conferenze e incontri multidisciplinari. È intenzione del Centro produrre studi e contributi che favoriscano l'umanizzazione della scienza e della tecnologia, con particolare attenzione ai problemi dell'istruzione. Sebbene all'origine sia stato costituito essenzialmente da accademici, tende a dare partecipazione a persone di un ambito sempre più vasto.
Ceti medi
(aspetto particolare della figura del “ceto sociale” contemplata in sociologia) Categoria sociologica che indica una parte importante della struttura sociale della società moderna e della società in transizione dal tradizionalismo al modernismo. Comprende i settori situati tra i ceti superiori e inferiori nella piramide sociale e contribuisce alla stabilità sociale.
La struttura interna dei ceti medi risulta contraddittoria. Il settore più dinamico e moderno è costituito dagli strati che si sviluppano con il progresso scientifico-tecnico e informativo (piccoli imprenditori di aziende industriali, agricole e zootecniche, commerciali e terziarie, dipendenti qualificati, professionisti ecc.).
Un altro settore è costituito dai ceti medi ereditati dalla società industriale (operai specializzati, impiegati, agricoltori ecc.). Una parte importante dei ceti medi è costituita dai dipendenti pubblici (maestri di scuola e di altri centri di insegnamento, personale medico salariato, funzionari non dirigenti ecc.). Esistono ceti medi ereditati dalla società tradizionale (artigiani, maestri d’arte, titolari di piccole attività commerciali, di imprese di trasporto, di centri di servizio, fattori agricoli ecc.).
Nei paesi moderni, i ceti medi costituiscono l'ossatura della società civile, in quanto ne garantiscono lo sviluppo democratico e la stabilità sociale e politica, contribuendo al consenso nazionale. Questi ceti sono le forze più attive, più dinamiche, più aperte alle innovazioni.
Nelle società in transizione il ruolo dei ceti medi è contraddittorio e il loro comportamento sociale e politico non può essere definito omogeneo. Mentre i loro settori più moderni (e meno consistenti dal punto di vista numerico, evidentemente) mostrano dinamismo e tendenze democratiche in molte situazioni, i settori tradizionali sono portatori della propensione al fondamentalismo e al radicalismo di destra e di sinistra.
Nei periodi di crisi, i ceti medi tradizionali possono costituire la base sociale per tendenze autocratiche e perfino totalitarie, incoraggiando la mentalità corporativista, sciovinista (èsciovinismo) e statalista. Il loro comportamento corrisponde al modello clientelista. Ma in questo caso si tratta dei ceti medi impoveriti e declassati, finiti in rovina, che acquisiscono esperienza diretta nella pratica della violenza all'interno delle forze armate e di raggruppamenti paramilitari. Un tale comportamento è conseguenza della partecipazione alle guerre di rapina, alle avventure colonialiste, alle guerre civili e ai conflitti interetnici e intercofessionali. I ceti medi sono allo stesso tempo i più portati ad assimilare le tradizioni umaniste e a ripudiare la violenza e l'ingiustizia in tutte le loro manifestazioni.
Il comportamento dei ceti medi non è predeterminato fatalmente dalla loro condizione sociale, ma è il risultato delle scelte personali e della interazione di forze politiche e ideologiche.
Classe
Gruppi di persone più o meno consistenti che si differenziano gli uni dagli altri per il loro rapporto con i mezzi di produzione (alcuni li possiedono: borghesia, proprietari terrieri, banchieri; altri non possiedono altro che la capacità di lavorare: operai, impiegati, braccianti); che occupano posizioni diverse nel sistema della divisione del lavoro (alcuni dirigono e organizzano, altri producono ed eseguono gli ordini); che hanno diverse forme di reddito (profitto, rendite terriere, salario) e diversi volumi dello stesso (ricchi, medi, poveri); con diverse forme di interazione rispetto al potere e allo Stato (classi dominanti e classi sfruttate). Le classi si differenziano anche in base al loro livello di istruzione e di cultura, ma queste differenze sono secondarie.
La società non si divide soltanto in classi ma anche in diversi ceti, strati e gruppi. La classe operaia, i contadini e i ceti medi sono, per ora, i più numerosi nel mondo. La grande borghesia, i proprietari terrieri, sono i più ricchi. La gente non è sempre capace di stimare in maniera adeguata il proprio status sociale, e tende spesso a sopravvalutarlo. Quindi, molti operai si considerano “classe media”.
I marxisti hanno ritenuto che la classe operaia fosse la più rivoluzionaria e progressista. La storia del movimento operaio internazionale è stata assai ricca di infuocate battaglie rivoluzionarie e di grandi scioperi. Attualmente, la lotta di classe ha superato le vecchie forme di radicalismo e ha assunto il carattere di lotta più o meno pacifica. L'idea di accordo sociale e di impegno prevale sull'idea di rivoluzione e di aperto confronto delle classi.
Nel momento attuale gli obiettivi principali del rapporto tra classi sono quelli di stabilire nuove forme di distribuzione della proprietà, del potere, di cambiamenti nello status sociale e nel livello di vita.
Club umanisti
Organizzazioni decentrate, non formali né di partito, in cui si svolge il dibattito e si perfezionano le proposte del Nuovo Umanesimo in settori specifici stabiliti dagli interessi dei loro membri. Il primo club è stato fondato a Mosca il 27 maggio 1991. I club umanisti aderiscono di solito al èdocumento del movimento umanista. I rapporti tra club umanisti sono in genere molto attivi.
Coalizione
1. alleanza politica o militare di due o più Stati contro il nemico comune (l'“Intesa” negli anni della prima guerra mondiale, la coalizione antihitlerista negli anni della seconda guerra mondiale); 2. accordo per portare avanti azioni in comune tra partiti o tra uomini pubblici.
La politica di coalizione produce vantaggi per ciascuno dei partecipanti, spesso si fonda sul compromesso e sulle reciproche concessioni, ma può anche comportare seri svantaggi se una delle forze pretende di egemonizzare l'insieme.
La coalizione può essere un'unione ufficialmente costituita da diversi individui, raggruppamenti politici o Stati, contro altri, per raggiungere un obiettivo comune. I membri della coalizione conservano la loro autonomia e agiscono secondo la convergenza dei rispettivi interessi. Si costituisce sulla base del reciproco impegno e ha carattere limitato nel tempo. Con il raggiungimento dell'obiettivo o con il mutamento delle circostanze, la coalizione cessa di esistere, si disfa. In altri casi la coalizione conduce alla fusione organica dei membri.
La coalizione di Stati può avere carattere economico, politico, militare o unire diversi aspetti: può essere bilaterale, subregionale, regionale o internazionale. Ad esempio l'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), è nata come coalizione di Stati che combattevano il fascismo durante la seconda guerra mondiale. L'OSA (Organizzazione degli Stati Americani) si è costituita come una coalizione per respingere il pericolo di una aggressione extracontinentale.
Collettivismo
(da collettivo, dal lat. colligere, raccogliere; attraverso il fr. collectivisme) Dottrina, sistema sociale e movimento politico i cui ideali sono la comunità di beni e servizi e che si propone di trasferire allo Stato la distribuzione della ricchezza.
Si tratta di un movimento molto contraddittorio, che ha contribuito al sorgere delle correnti socialista, comunista, anarchica e a diverse correnti nazionaliste. Parte dalla contrapposizione tra sociale e individuale, e considera prioritario il collettivo. Questa dicotomia crea difficoltà dato che la società non può essere ridotta a un organismo biologico o a una specie né l'essere umano a un semplice animale. Ma il collettivismo rappresentava storicamente una reazione contro l'individualismo esacerbato. L'esperienza storica ha confermato l'inconsistenza teorica e pratica delle tesi del collettivismo e dell'individualismo; ne ha mostrato i limiti e le conseguenze negative ogni qual volta si scelga a favore di uno dei poli di questa dicotomia.
In realtà, gli interessi dell'essere umano in quanto personalità non sono né possono essere in contrapposizione alle necessità del progresso sociale. Lo sviluppo integrale della persona, delle sue capacità, è una condizione inalienabile dell'avanzamento della società. Al contrario, quando l'essere umano viene ridotto alla condizione di ingranaggio del collettivo, a lungo andare si giunge alla morte di una civiltà.
Il collettivismo parte da principi morali e da sentimenti di solidarietà tra persone nel lavoro, nella vita comune, nella lotta politica, nella cultura. È contrario all'individualismo e all'egoismo. Le tradizioni del collettivismo determinano l'azione della persona nei confronti della società, di altre persone e orientano il comportamento sociale, contribuendo alla formazione di determinati valori umanisti (aiuto reciproco, rispetto reciproco, solidarietà).
In alcuni casi il riconoscimento della priorità degli interessi collettivi e più in generale sociali (compresi quelli statali) può contribuire al soffocamento della libertà della persona, dei suoi interessi esistenziali e delle sue necessità. Simile situazione è caratteristica delle società totalitarie.
Colonialismo
(der. di coloniale, dal lat. colonia, e questo da colere, coltivare) Dottrina che tende a legittimare il dominio politico ed economico di un territorio o di una nazione esercitato dal governo di uno Stato straniero. Viene così chiamato il processo iniziato nel XV secolo con la conquista, l'insediamento e lo sfruttamento, da parte dell'Europa, di territori in America, in Oriente e in Africa. Furono la Spagna, il Portogallo, l'Inghilterra, la Francia e i Paesi Bassi ad avviare le attività coloniali. A partire dal 1880 e fino agli inizi del XX secolo, la ricerca di nuovi mercati e di materie prime provocò il risorgere del colonialismo con la divisione dell'Africa tra le grandi potenze europee, soprattutto Inghilterra e Francia (èneocolonialismo, èimperialismo).
Comunismo
Sistema sociale in cui la proprietà è posseduta in comune da tutto il popolo secondo il principio “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue necessità”. Per buona parte del XIX secolo, comunismo fu sinonimo di socialismo, ma dopo il Manifesto comunista del 1848 e dopo altre opere di K. Marx e di F. Engels, i due termini si separarono. Nella teoria di Marx, il èsocialismo rappresenta una fase a cui seguirà la società comunista. Il èmarxismo interpretato come èmarxismo-leninismo comporta una decisa distinzione tra partiti socialisti e comunisti.
Comunità per lo sviluppo umano
Organizzazione sociale e culturale del Nuovo Umanesimo fondata da Silo (èsiloismo). E’ sorta in Argentina e in Cile all'epoca delle dittature militari. Le sue prime forme di organizzazione risalgono agli anni Settanta, ma i suoi primi documenti sono stati pubblicati l'8 gennaio 1981. Le sue posizioni nonviolente, antidiscriminatorie e antiautoritarie le hanno valso numerose persecuzioni. In quanto appartenenti alla Comunità, molti membri furono cacciati dal lavoro, incarcerati, mandati in esilio. L'istituzione ricorda l'assassinio di alcuni dei propri militanti per mano di bande paramilitari, tra cui la nefasta “Triple A” (Associazione Anticomunista Argentina). Dopo numerose intimidazioni e detenzioni, il fondatore della Comunità ha subito vari attentati, tra cui quello del 12 agosto 1981. Molti simpatizzanti andarono in esilio nei paesi europei e lì cominciarono a diffondere le loro attività. La persecuzione contro diverse organizzazioni del Nuovo Umanesimo non è cessata, ma poiché nel frattempo è mutato il contesto sociale ormai più nessuno può continuare a muovere le stesse accuse di “guerriglierismo” e di “sovversione” che venivano rivolte loro nei decenni trascorsi. I settori più reazionari della destra e i fondamentalisti delle confessioni religiose si limitano ora alla diffamazione grazie alla manipolazione di alcuni organi d'informazione oppure tentano di censurare e di togliere dalla circolazione gli scritti, le dichiarazioni e i documenti della Comunità. (ècentri di comunicazione umanista, èCentro mondiale di studi umanisti, ècentri delle culture, èclub umanisti, èforum umanista, èmovimento umanista)
Conformismo
(sul modello del fr. conformisme, dall'agg. lat. conformis, -e, che ha la stessa forma) 1. Tratto caratteristico del comportamento sociale di accettazione acritica dell'ordine esistente e dell'ideologia, dei valori e delle norme dominanti. 2. Caratteristica psicologica di un individuo che si subordina alla pressione del gruppo e si adatta alle opinioni della maggioranza. Incapacità di elaborare una posizione propria e di assumere una qualche decisione in maniera indipendente.
Indubbiamente, per la èburocrazia dello Stato il comportamento sociale conformista riveste un’importanza centrale perché rafforza il suo potere e facilita la manipolazione.
Per il Nuovo Umanesimo, una adeguata formazione della personalità comporta il superamento del conformismo, l'educazione ad affrontare le scelte per proprio conto, al di là dei pregiudizi dominanti nella società contemporanea.
Consenso
(dal lat. consensus, da consentire, sentire insieme) Unanime accettazione da parte di tutte le persone che compongono una corporazione o un gruppo. Contratto costituito dall'accordo delle parti. La coincidenza di opinioni riguardo ad un problema di reciproco interesse consente di stabilire un'azione comune.
Un certo grado di consenso riguardo alle opinioni e alle azioni è necessario per qualunque forma di relazione sociale. In senso lato, il consenso rappresenta il livello di armonia e di solidarietà cosciente; il superamento dei conflitti, delle divergenze e delle inimicizie. Il consenso è anche un metodo per raggiungere l'obiettivo, è un compromesso, un accordo, un desiderio di comprensione reciproca e un minimizzare le contraddizioni tra le parti.
Nella sociologia positivista, il consenso è stato interpretato come solidarietà concepita razionalmente.
Il principio del consenso o dell'unanimità viene largamente utilizzato nell'attività parlamentare e nella pratica diplomatica. La realizzazione del principio del consenso rende inutile il ricorso al voto e l'imposizione dell'opinione della maggioranza che ignora i punti di vista della minoranza. In questo senso il procedimento del consenso rafforza la solidarietà umana perché prende in considerazione l'esperienza e gli interessi legittimi di tutti e non soltanto di una parte della società.
Non esiste consenso pieno e assoluto, come pure non è possibile l'assimilazione e l'identificazione di tutti gli interessi in gioco. Qualsiasi consenso è relativo e spesso di breve durata. Il consenso ottenuto con maggioranza formale può discriminare gli interessi della minoranza.
Il principio del consenso è un metodo per evitare le votazioni, esaurendo la discussione per risolvere disaccordi e assicurare così lo spirito di cooperazione all'interno di un gruppo. Non esiste processo sociale che non comprenda diverse forme e diversi livelli di consenso. Quanto più ricco e consistente risulti il consenso, tanto più armonico sarà lo sviluppo sociale. Nel mondo attuale, la forma più sana di consenso sociale può essere proprio l'orientamento umanista.
Conservatorismo
(der. di conservatore, dal lat. conservator, da conservare, cum e servare, che mantiene o conserva un oggetto, stato o situazione) Dottrina politica propria dei sostenitori della necessità di conservare e perpetuare il regime esistente, attribuendo valore di feticcio alle tradizioni e al passato, rinunciando a qualsiasi cambiamento nei rapporti economici e sociali. Difesa delle basi esistenti, tra cui forme reazionarie e antiquate. Di regola, questa linea è propria dell'élite dominante che non vuole perdere potere e ricchezza e neppure i privilegi conquistati. Spesso i conservatori intervengono sventolando la bandiera della difesa dell'ordine e della stabilità. Storicamente, i conservatori e i liberali hanno combattuto tra loro durante molti anni per il potere, anche se con una certa frequenza gli stessi liberali hanno occupato posizioni ispirate a conservatorismo allorché altre forze hanno minacciato il loro dominio.
Il conservatorismo è nato come movimento aristocratico ed anche clericale per salvare i privilegi feudali ai tempi della rivoluzione borghese, come espressione degli interessi dei grandi proprietari terrieri e dei loro clienti. Per questo fin dall’inizio si è opposto al liberalismo, difendendo tradizioni, privilegi e proprietà della chiesa, soprattutto cattolica, ma poi anche della chiesa anglicana, cristiana orientale ecc. È stato nemico acerrimo dell'indipendenza degli Stati Uniti, dell'America latina e della Grecia. Dopo la Rivoluzione Francese, si è opposto alle rivoluzioni spagnola, portoghese, napoletana e per l'unità d'Italia (Risorgimento). La storia politica dell'Europa e dell'America nel XIX secolo è stata travagliata dalle lotte tra conservatori e liberali. Nel XX secolo, soprattutto nella seconda metà, questo antagonismo si indebolisce quando i due avversari assimilano gradualmente i valori e i concetti uno dell'altro e quando il movimento conservatore classico scompare dall'arena politica della maggioranza degli Stati americani ed europei.
Consumismo
(der. da consumare. Cfr.: lat.consumere, comp. di sumo, prendo per usare che si è venuto praticamente a fondere con consummare, cum e summa, somma) Consumo delle cose che si distruggono con l'uso. Si parla spesso di “società dei consumi” sottolineando il fatto che si verifica nelle società industriali avanzate in cui le necessità primarie sono soddisfatte nella maggior parte della popolazione e dove una intensa pubblicità propone nuovi beni che incitano a un consumo continuo. Si tratta di un modo di fare molto esagerato che mostra l'incapacità della società a muoversi verso intangibili e valori che contribuiscano alla costruzione di beni per lo sviluppo della personalità e della cultura. Il consumismo conduce la società in una palude senza uscita, alla catastrofe demografica ed ecologica. Nella genesi di questo orientamento vi sono le tradizioni dell'edonismo e dell'eudemonismo (dal greco eudaimon “fortunato” “possessore di un buon genio”). Il consumismo, nemico di ogni spiritualità, non pone al primo posto l'essere umano, ma il denaro, gli oggetti, il lusso, il soddisfacimento dei capricci, la moda ecc.
L'élite dominante propaganda con tutti i mezzi e impone il culto del consumismo, irretendo le persone nei lacci del mercato, del credito, dei giochi di borsa, abbassando il livello dei loro interessi e delle loro necessità fino a cosificarle. Ogni persona vuole vivere nel benessere e avere tutte le cose e i prodotti necessari, ma i suoi interessi sono infinitamente più vasti ed elevati del semplice consumismo, della schiavitù esercitata dagli oggetti.
Purtroppo, il consumismo ha conquistato e continua a conquistare la volontà di enormi masse di persone. Opporsi a questa tendenza pericolosa è difficile ma necessario. Il Nuovo Umanesimo ha trai suoi compiti la lotta contro il consumismo. L'essere umano non è consumatore ma creatore. (èalienazione).
Contratto sociale
Secondo i classici dell'illuminismo europeo il contratto sociale, cioè il patto tra cittadini, è l'unica fonte del diritto, del potere e dello Stato. Il sistema democratico parte dal concetto di contratto sociale, secondo cui ai diritti dei cittadini corrispondono simmetrici obblighi civili. Tale concezione considera il sistema politico come un equilibrio certo tra i poteri.
Idea relativa al sorgere dello Stato sulla base del contratto cosciente tra gli esseri umani in contrapposizione all'epoca dell'anarchia e della barbarie, della “guerra di tutti contro tutti”. Secondo tale concezione, gli uomini hanno limitato coscientemente la loro libertà a favore dello Stato per garantirne la sicurezza e l'ordine. Questa idea è stata sviluppata in maniera più articolata dal filosofo J. J. Rousseau, il quale riteneva che il contratto sociale potesse proteggere i diritti di tutti.
Il contratto sociale viene anche considerato come una specie di intesa tra diverse classi sociali, come cooperazione tra i cittadini e lo Stato, con l'obiettivo di eliminare scioperi, guerre civili e altre forme di conflitti violenti.
Cooperazione
(dal lat. cum, insieme e operari, operare)
- Rapporti che si formano in un processo d’insieme e in cui si stimolano e si moltiplicano i risultati delle azioni comuni. Presuppone interessi e obiettivi condivisi e l'individuazione dei mezzi adeguati a realizzarli nella pratica. In questo senso rappresenta parte essenziale dell'attività sociale e politica del Nuovo Umanesimo. Comprende lo scambio di esperienze e di iniziative personali dei partecipanti all'azione comune.
- Forme della produzione e della proprietà collettiva.
Il movimento sociale noto come “cooperativismo” usa un metodo di azione economica attraverso il quale persone che hanno interessi comuni costituiscono un'impresa in cui i diritti di tutti alla gestione sono uguali e i guadagni ottenuti vengono ripartiti tra gli associati. L'idea di trasformare questo metodo di azione in sistema sociale (come una rete complessa di cooperative di produzione, di distribuzione dei beni e di consumo) è stata in voga nella seconda metà del XIX e nella prima metà del XX secolo. La sua influenza si è sentita nei paesi anglosassoni, soprattutto nella piccola industria e nell'agricoltura e in misura minore nella sfera dei servizi. I progetti di trasformare tutta la società in base alla proprietà cooperativa (socialismo cooperativo) sono stati deformati a causa del fatto che molte di queste organizzazioni (che richiedevano credito e talune esenzioni impositive) si videro applicare regole che finirono per trasformarle in società anonime. In altri casi, la regolamentazione statale le trasformò in semplici appendici di una politica sottoposta a regime. D'altra parte, la tendenza generale dello sviluppo scientifico e tecnico ha contribuito a ridurre l'efficacia di tale sistema di gestione e di distribuzione degli utili. Tuttavia, l'esperienza cooperativa è diffusa in numerosi paesi ed esistono casi di cooperative ad attività complessa di estrema efficienza, come dimostra il caso di Mondragón in Spagna. Attualmente, non si deve sottostimare l'importanza delle cooperative nella vita sociale e, in sintonia con i nuovi tempi, si riscontra una rivalutazione di questo schema adattato allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Corporativismo
Corrente ideologica che ritiene la corporazione (associazione di persone che praticano la stessa professione od operano nello stesso ramo di attività) fondamento della società e considera il regime corporativo come sistema ideale.
Il sistema corporativo di organizzazione della società fu impiantato nella sua forma più precisa nell'Italia fascista, nel Portogallo di Salazar e nel Brasile di Vargas (Estado Novo dal 1937 al 1945). In tale sistema, le corporazioni di interessi (industriali, commerciali, bancari, terrieri ecc.) avevano la loro rappresentanza ufficiale nelle camere, a danno della rappresentatività parlamentare propria delle democrazie. Il controllo ideologico e politico sulle corporazioni tendeva a trasformarle in strumento del potere totalitario.
Il Nuovo Umanesimo vede nel corporativismo un pericolo per la dignità e le libertà della persona umana, perché in un sistema siffatto si cerca di sostituire i diritti umani con gli interessi corporativi, annullando le persone nella corporazione come se questa fosse un ente al di sopra delle persone.
Coscienza sociale
(dal lat. conscientia, der. di conscire, essere consapevole, cum, insieme e scio, so) È la sfera psico-sociale della vita e del processo storico che comprende idee morali, religiose, giuridiche, economiche, politiche, estetiche, arte, scienze, intenzioni sociali, usi, tradizioni ecc. La coscienza sociale procede di pari passo con i processi di comunicazione interindividuale, che sorgono dallo sviluppo dell'interazione e delle influenze reciproche tra gli esseri umani.
Nella sua complessa struttura è da sottolineare il livello generazionale (ègenerazioni) e l'azione dei grandi gruppi sociali e dei microgruppi. La coscienza sociale ha un rapporto complesso con la cultura, ed acquisisce caratteristiche tribali, locali, nazionali, regionali e internazionali. Il suo modo di esprimersi è diverso nelle strutture verticali e orizzontali.
Le forme di coscienza sociale riguardano la morale, la religione, l'arte, la scienza, la filosofia, la coscienza giuridica e politica. Uno dei casi d'espressione della coscienza sociale è l'opinione sociale o pubblica.
L'èatteggiamento umanista è una forma storica di coscienza sociale che si va sviluppando in diverse culture e che si manifesta con chiarezza in un determinato èmomento umanista.
Cosmopolitismo
(der. di cosmopolita, dal gr. kósmos, mondo e polítes, cittadino) Corrente ideologica che considera l'essere umano cittadino del mondo. Si formò durante la rivoluzione francese del 1789, ponendosi in qualche misura come reazione al costituirsi dello Stato nazionale e, in seguito, alle guerre di rapina napoleoniche. Si trattò, quindi, di una posizione critica nei confronti dello èsciovinismo ufficiale.
In Russia (dal 1936-37 fino alla “perestroika”) il cosmopolitismo fu considerato un atteggiamento contrario agli interessi dello Stato. L'accusa di essere sostenitore del cosmopolitismo era un pretesto per le repressioni politiche più crudeli, e serviva a mascherare l'antisemitismo della politica ufficiale dell'URSS. I difensori dei diritti umani furono dichiarati cosmopoliti e la Carta dell'ONU considerata come un documento sovversivo. L'umanesimo ha sempre espresso, e continua a esprimere con il Nuovo Umanesimo, la propria simpatia nei confronti dell'idea del superamento di ogni tipo di frontiera tra gli esseri umani, dell'idea del mondo uno e diverso insieme.
Cosmopolitismo è l'opposto di patriottismo e di nazionalismo. Frequentemente il cosmopolitismo viene confuso con l'èinternazionalismo. La differenza consiste nel fatto che il primo consente di minimizzare le tradizioni e i valori nazionali a vantaggio di alcuni obiettivi planetari, mentre il secondo cerca la via verso la loro armonizzazione e combinazione. Il primo, in larga misura, riflette gli interessi della borghesia mondiale; il secondo, parte dalla priorità dell'unità degli interessi degli oppressi su scala mondiale, contro l'èimperialismo e contro i diktat delle superpotenze.
Nelle condizioni attuali, il cosmopolitismo deve essere orientato verso il raggiungimento del consenso internazionale per la soluzione dei problemi globali: fame, sanità, disarmo, ecologia e demografia.
Credenza
Struttura di ideazione antepredicativa su cui si basano altre strutture che appaiono come “razionali”. La credenza determina il campo, la prospettiva che si sceglie per sviluppare un'idea o un sistema di idee. Nel caso del dialogo, anche di quello più razionale, le parti che dialogano danno per acquisite proposizioni non dimostrate e di cui ci si serve senza discussione. In questo caso si parla di “predialogici”. La credenza determina sia gli usi e costumi sia l'organizzazione del linguaggio, o l'illusione di un mondo che si considera “reale”, ma che si osserva sulla base dei limitati parametri stabiliti da una determinata prospettiva storica. Di solito questa prospettiva esclude tutte le altre.
Il sistema di credenze si modifica man mano che cambia il “livello” storico delle ègenerazioni, con cui si modifica anche la prospettiva, il “punto” da dove si può o si vuole osservare il mondo (personale, sociale, scientifico, storico ecc.). È questo mutamento di prospettiva a consentire il sorgere di nuove idee. Le idee recenti si basano sul nuovo livello storico e stabiliscono compresentemente nuovi antepredicativi, nuove proposizioni che non si discutono più e che danno luogo a nuove credenze. A titolo di esempio, si può prendere in considerazione quanto è accaduto in Occidente fino a poco tempo fa: affermare che una conoscenza era “scientifica”, risultava sufficiente per sostenere una posizione e per squalificare quella opposta in quanto “ascientifica” (èscienza). Varie generazioni si sono impegolate in questa discussione, fino a che non si è cominciato a discutere la credenza su cui si basavano gli espedienti scientificisti. Quando si è compreso che ogni teoria scientifica era, essenzialmente, una costruzione che consentiva di approssimarsi alla realtà ma non era la realtà in sé, la prospettiva scientificista ha cominciato a cambiare. Ma questo cambiamento ha dato luogo, a sua volta, al sorgere di correnti neoirrazionaliste.
Critica
(dal gr. kritiké, ovvero l'arte del giudicare, dal verbo kríno, giudico) Metodo di analisi e di valutazione della realtà, dell'attività sociale e individuale, che consente di stabilire corrispondenza o separazione tra le intenzioni e le azioni, le promesse e il loro mantenimento, le parole e i fatti, la teoria e la pratica.
La capacità dell'individuo di giudicare con spirito critico l'ambiente in cui opera e di sottoporre ad analisi critica la sua stessa esperienza e il suo comportamento è una condizione indispensabile per la formazione della personalità e un elemento essenziale dell'educazione. Il grado di estensione dell'atteggiamento critico e autocritico nella società, caratterizza la sua forza o la sua decrepitezza, la sua capacità o incapacità al perfezionamento e allo sviluppo. La critica è la premessa di ogni innovazione e fa parte della forza motrice dello sviluppo e del progresso scientifico-tecnico, artistico e sociale.
Il metodo critico facilita la comprensione degli errori commessi e il loro superamento, poiché aiuta a comprendere l'essenza delle crisi nello sviluppo della personalità e della società.
Ma tale metodo non può essere assolutizzato, poiché spinto all'estremo consente di scaricare la responsabilità dei propri errori sugli altri e su tutta la società. D'altra parte, l'assolutizzazione dell'autocritica può distruggere la dignità di una persona sommergendola nella colpa.
Il Nuovo Umanesimo apprezza profondamente la pratica della critica sia nella vita quotidiana sia nell'attività socio-politica, artistica e teorica, in quanto la considera uno dei pilastri della libertà. Nell'attuale società di massa, la critica espressa nei mezzi di comunicazione sociale risulta di particolare importanza.
Cultura politica
È quella parte integrante della cultura civica (civismo) che regola i rapporti politici tra cittadini, raggruppamenti politici e istituzioni statali e sovranazionali, e internazionali.
Nelle società differenziate, ogni ceto sociale possiede determinate particolarità di cultura politica, ma allo stesso tempo esistono norme e istituzioni comuni a tutti che garantiscono una relativa stabilità socio-politica e impediscono la dissoluzione sociale. La cultura politica dello Stato si concentra sulle norme e sulle istituzioni giuridiche riguardanti la sfera politica, comprese la costituzione, le leggi politiche e altri documenti. La cultura politica comprende anche tradizioni e abitudini che si trasmettono a livello di gruppo e perfino di famiglia.
D
Darwinismo sociale
Scuola sociologica della fine del XIX secolo che ha esteso le idee del naturalista inglese Charles Darwin sull'evoluzione delle specie mediante la selezione naturale all'evoluzione sociale dell'umanità, confondendo biologia e sociologia. L'assolutizzazione della tesi relativa alla lotta per l'esistenza e la sua estensione alla vita sociale conduce alla negazione di un'altra tendenza dello sviluppo della natura: la solidarietà all'interno della specie e il reciproco aiuto. Il darwinismo sociale si ricollega alla scuola antropologica razziale, stimolando l'aggressività nel comportamento dell'essere umano e trasformandolo da fratello in nemico e rivale dei suoi stessi simili.
Il darwinismo sociale è un caso tipico di èantiumanesimo poiché divide artificialmente il genere umano, aizzando gli uni contro gli altri, giustificando le guerre fratricide e l'oppressione.
Demagogia
(dal gr. demagogía, der. di demagogós, démos distretto, popolo e ago, conduco) Metodo di agitare i cittadini per mezzo di false promesse, travisando i fatti per raggiungere obiettivi torbidi. Ovviamente, il Nuovo Umanesimo condanna l'uso della demagogia come strumento di mobilitazione sociale.
Democrazia
(dal tardo lat. democratia che si rifà al greco demokratía, démos, popolo e kratéo, comando. Quindi il potere in mano al popolo) Dottrina politica favorevole alla partecipazione del popolo nel governo. Forma di Stato che riconosce nel popolo l'unica fonte del potere e assicura l'elezione dei suoi organi amministrativi nazionali, regionali o locali mediante votazione popolare, stabilendo il controllo pubblico sulla gestione statale.
Rappresentatività, indipendenza tra poteri e rispetto delle minoranze costituiscono i fondamenti della democrazia. Al venir meno di tutti o di uno di questi elementi, ci troviamo al di fuori della democrazia reale per cadere nella democrazia formale. Si sono tentate diverse combinazioni per eludere questo problema: dalla democrazia rappresentativa adottata dall'Occidente, a quella “diretta” di alcuni paesi asiatici negli anni Sessanta. Si è anche voluto sostenere che alcune forme di corporativismo, in opposizione alle democrazie liberali, siano le espressioni idonee e “naturali” della democrazia. Infine, in alcune dittature burocratiche è stata usata la definizione “democrazia popolare” per indicare l'esercizio della democrazia reale. In realtà, questo esercizio comincia nella base sociale ed è a partire da essa che deve scaturire il potere del popolo. Dai municipi e dai comuni, il principio della democrazia reale, plebiscitaria e diretta deve generare una nuova pratica politica. La democrazia diretta presuppone la partecipazione personale dei cittadini all'assunzione di tutte le decisioni riguardanti la vita della comunità.
La democrazia indiretta si realizza attraverso i rappresentanti eletti dai cittadini, ai quali questi delegano i loro poteri per un periodo determinato. Come forma di organizzazione dello Stato, la democrazia si sviluppa storicamente, i suoi contenuti si perfezionano, si ramificano; la sua struttura diviene più profonda e complessa, e i cittadini acquisiscono diritti sempre più egualitari.
Nello Stato democratico moderno, è obbligatoria la divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario, di controllo ecc.); il suffragio è universale, attraverso voto segreto e diretto, e sullo scrutinio si esercita il controllo pubblico. È in vigore il sistema pluripartitico. Vi è libertà di espressione. Lo Stato è laico ed è separato dalle chiese.
La base della democrazia consiste nell'esistenza di una società civile forte e ben ramificata che limita lo Stato e ne controlla il funzionamento. Nonostante ciò, la democrazia moderna ha un carattere formale perché la democrazia non è vigente nella produzione. La ricchezza sociale è concentrata in poche mani che esercitano una forte influenza sulle questioni vitali sia nazionali sia internazionali e non esiste sistema di equilibrio o di controllo reale del loro potere economico e informativo. A ciò si deve la crisi della democrazia moderna che si manifesta nella crescente indifferenza politica mostrata dal popolo, nell'assenteismo elettorale, nell'aumento del terrorismo e della criminalità, nella burocratizzazione sempre più evidente dello Stato. Tutte queste sono manifestazioni dell'alienazione che mina le basi stesse della democrazia. Se si considera che la maggioranza assoluta della popolazione mondiale non gode neppure di questi beni alquanto formali della democrazia moderna, il quadro risulta ancora più triste. Tuttavia, negli ultimi decenni i limiti della democrazia si sono allargati considerevolmente su scala mondiale, con la liquidazione del colonialismo e con la condanna mondiale del razzismo e del fascismo.
Il campo d’influenza della democrazia si è ridotto nella sfera della produzione, a causa dei cambiamenti tecnologici, delle dimensioni e del tipo di imprese e della graduale decadenza dei movimenti sindacale e cooperativo. L'urbanizzazione e la concentrazione di gran parte delle popolazioni nelle megalopoli hanno ridotto il campo d’influenza della democrazia a livello locale. Ma la democrazia si è allargata come conseguenza dello sviluppo, per tipo e per consistenza numerica, di associazioni di persone unite da interessi particolari (artistici, sportivi, confessionali, educativi, ambientali, culturali ecc.). Con il progresso della società informatizzata e a elevata tecnologia mediale, le possibilità di sviluppo della democrazia aumentano ulteriormente. L'integrazione regionale, continentale e globale, con lo sviluppo di organismi sovranazionali, ha accresciuto la democrazia a livello internazionale, rafforzando il movimento federalista in diverse forme. Lo sviluppo di organizzazioni non governative a livello internazionale favorisce a sua volta il rafforzamento dei principi democratici.
Il Nuovo Umanesimo dà un proprio contributo al processo di democratizzazione in tutti i livelli, ma sottolinea la necessità dello sviluppo della democrazia nella base sociale, contribuendo alla pubblicazione di periodici di quartiere e di città, alla fondazione di emittenti locali radiofoniche e televisive, allo sviluppo della comunicazione informatica in rete ecc. Gli umanisti sono convinti che i destini della democrazia dipendono dalla formazione del cittadino nello spirito democratico, dal suo sviluppo integrale e armonico e dalla creazione di condizioni propizie alla realizzazione delle sue capacità creative e al loro perfezionamento, dall'innalzamento della sua cultura generale e civica. È necessario rafforzare ed estendere i germogli della cultura democratica nella sfera della produzione e utilizzare i successi democratici nella vita politica a tutti i livelli.
Democrazia cristiana
Corrente ideologica e politica della fine del XIX e del XX secolo. Sorse all'interno del cattolicesimo sulla base della famosa enciclica di papa Leone XIII, del 1893. Tuttavia, agli inizi del XX secolo la gerarchia ecclesiastica preferì adottare il termine “social-cristianesimo”.
Soltanto nel corso della lotta contro il fascismo, in particolare durante e dopo la seconda guerra mondiale, la Santa Sede approvò l'uso ufficiale del termine “democrazia cristiana”, che consentì agli adepti di unirsi politicamente e di formare i partiti democratico-cristiani in molti paesi d'Europa e d'America latina, e poi in alcuni paesi dell'Africa e dell'Asia. Questi partiti si riunirono negli anni Cinquanta nell'Internazionale dei partiti democratico-cristiani. Molti di quei partiti arrivarono al potere in Germania, Italia, Cile, Costa Rica, Panamá, Venezuela e in altri paesi d'Europa e d'America. Il collasso del partito democristiano in Italia all'inizio degli anni Novanta ha notevolmente acuito la crisi del movimento democratico-cristiano. La base teorica della democrazia cristiana si fonda sulla dottrina sociale della chiesa cattolica e sull'ecumenismo, che consente al movimento di estendere la propria influenza anche a quei settori della popolazione che risultano fedeli al protestantesimo nelle sue diverse manifestazioni. Grande influsso sulle concezioni politiche della democrazia cristiana fu esercitato dal filosofo neotomista francese J. Maritain, soprattutto con la sua dottrina dell'umanesimo integrale (èumanesimo cristiano).
Democrazia rivoluzionaria
Questa definizione è stata introdotta nel linguaggio politico internazionale durante gli anni Sessanta del XX secolo, quando in diversi giovani Stati dell'Asia e dell'Africa, sorti sulle rovine del sistema coloniale, giunsero al potere per la via della lotta armata i dirigenti di movimenti di liberazione nazionale, nella loro ala più radicale. In generale, proclamarono la via non capitalista di sviluppo dei loro paesi e si servirono della “guerra fredda” tra i due blocchi mondiali per trattare con entrambi a loro favore. Alcuni passarono apertamente al blocco sovietico o preferirono aderire al maoismo. Altri entrarono a far parte del movimento dei non allineati. In generale, i principi democratici e i diritti umani furono respinti da quei leader che insediarono regimi autocratici crudeli, come dimostrano gli esempi di Somalia, Etiopia, Birmania, Yemen del sud ecc. L'assolutizzazione della rivoluzione e l'uso preferenziale della violenza come metodo di governo, hanno finito per svuotare il sostantivo del suo contenuto riempiendolo con l'aggettivo, dove per “rivoluzione” si intende la lotta armata.
Con la fine della “guerra fredda”, l'espressione ha perduto la propria ragione d'essere e attualmente non viene più usata.
Destrutturazione
Decomposizione di una èstruttura dove si perde la continuità nella tendenza del processo che ad essa ha dato origine. In un sistema chiuso, la disarticolazione di struttura e ambiente produce una relazione combinatoria in cui non si ha il èsuperamento del vecchio da parte del nuovo.
Dignità
(dal lat. dignitas, -atis, der. di dignus, degno, indicava anche la carica sociale, cfr. dignitario) 1. Valore morale, riconoscimento del valore di tutto l'essere umano come personalità di per sé e per la società a cui appartiene. 2. Incarico o impiego onorifico e di autorità.
La dignità è una forma di autocoscienza e di controllo della propria personalità che permette all'essere umano di comprendere la responsabilità nei confronti di se stesso e della società, e a quest'ultima di riconoscere nella pratica i diritti della personalità e di dare risposte riguardo a questa.
Il Nuovo Umanesimo afferma la dignità della personalità come alto valore etico nei rapporti interpersonali, nell'attività pratica quotidiana e nell'azione socio-politica. In questo modo l'umanesimo innalza la persona umana e incoraggia a lottare contro l'umiliazione dei cittadini nella vita quotidiana e socio-politica della società attuale.
Dipendenza
(da dipendere, lat. dependere, pendere da, stare subordinato a una persona o cosa) Soggezione, subordinazione, sistema di rapporti di dominio imposto da un soggetto ad un altro soggetto, da una potenza forte a un paese debole, dalla metropoli a una colonia. È un sistema di subordinazione economica, politica, socio-culturale, psicologica di una persona, di un gruppo, di uno Stato, di un popolo da parte di un'altra persona, gruppo, Stato. Di regola, il più debole si trova in situazione di dipendenza dal più forte.
La dipendenza può avere origine storica naturale oppure artificiale (imposta): la prima, padre e figlio; la seconda, metropoli e colonia, Stato sviluppato e Stato sottosviluppato. La dipendenza è il risultato della dominazione e della violenza dell'uno sull'altro.
Il problema della dipendenza è uno dei principali nella vita degli Stati latinoamericani, nei quali da secoli prosegue la lotta per la vera indipendenza economica e politica e per la sovranità nazional-statale.
Nella famiglia patriarcale, la dipendenza si manifesta nei rapporti di superiorità dell'uomo rispetto alla donna, del maggiore di età rispetto al minore ecc.
Attualmente, i rapporti di dipendenza dei paesi più deboli rispetto alle grandi potenze non vengono riconosciuti giuridicamente e sono anche condannati moralmente e dal punto di vista giuridico dalla comunità mondiale, ma esistono di fatto, anche se tutti gli Stati membri dell'ONU sono riconosciuti come indipendenti. Tuttavia, le ex-metropoli conservano il controllo finanziario, economico, militare e perfino amministrativo (in alcune zone).
Il Nuovo Umanesimo si batte per il superamento della dipendenza e per il consolidamento della sovranità, per i rapporti di buon vicinato, per l'uguaglianza di tutti i popoli e per il rispetto delle norme internazionali universalmente riconosciute. Si dichiara contro tutte le forme di dipendenza nei rapporti tra esseri umani, popoli e nazioni, e insieme lotta per l'uguaglianza di diritti, per la libertà e per la solidarietà.
Diplomazia
(dal fr. diplomatie, der. dal lat. diploma, gr. díploma, scritto piegato in due) Scienza e arte delle relazioni interstatali; corpo e carriere diplomatici; sistema di istituzioni statali incaricate di intrattenere negoziati con altri Stati e organizzazioni governative internazionali, regionali e subregionali.
Con questo termine si designa anche l'insieme di metodi e di procedimenti nelle negoziazioni interstatali, con l'obiettivo di giungere a compromessi e ad accordi internazionali bilaterali o multilaterali.
Discriminazione
(dal t. lat. discriminatio, -onis der. di discriminare, da discrimen, divisione) Indica un tipo di comportamento ispirato a considerare inferiori – nel campo dei diritti e della considerazione sociale – persone, organizzazioni e Stati a causa della razza, dell'etnia, del sesso, delle preferenze sessuali, dell'età, della cultura, della religione, dell'ideologia, a seconda dei casi. Privazione premeditata o limitazione dei diritti e delle prerogative. Una delle forme della discriminazione politica è la restrizione del diritto a eleggere o a essere eletto.
La discriminazione è una azione manifesta o larvata di differenziazione di un individuo o di un gruppo umano in base alla negazione delle sue intenzioni e delle sue libertà. Ciò avviene sempre in contrasto con l'affermazione di speciali attributi, virtù o valori, che il discriminatore si arroga. Questo modo di procedere si collega ad uno “sguardo” (ad una sensibilità o ad una ideologia) oggettivante della realtà umana.
Il Nuovo Umanesimo condanna la discriminazione in tutte le sue manifestazioni ed incita a smascherarla pubblicamente in ogni occasione.
Disoccupazione
(dal lat. occupatio, -onis col prefisso nominale dis- dal lat. dis, che in questo caso indica il contrario) Mancanza di occupazione, ozio involontario. È un fenomeno sociale proprio di tutte le società e di tutte le culture, con ben poche eccezioni, provocato da calamità naturali o sociali. Parte della popolazione adatta al lavoro non trova il modo per ottenere occupazione socialmente necessaria e ricevere la quota di prodotto sociale che le assicuri la sussistenza e quella dei suoi familiari non in grado di lavorare. Questa situazione ingiusta sorge quando l'essere umano non ha accesso ai mezzi di produzione e non può acquisire per proprio conto conoscenze e specializzazioni che gli consentano di realizzare le sue potenzialità. Nella società dedita all'agricoltura e all'allevamento emerge come risultato del monopolio detenuto dai proprietari sulla terra coltivabile, sui pascoli, sul bestiame e sulle sorgenti d'acqua. Nella società industriale si riscontra in coincidenza delle cosiddette crisi di sovrapproduzione.
Negli Stati democratici che praticano una legislazione lavorativa avanzata esistono liste di disoccupazione e fondi sociali la cui funzione è corrispondere un salario nel periodo in cui i disoccupati cercano lavoro. Esistono inoltre istituzioni di riqualificazione che consentono di conseguire una nuova professionalità o un nuovo impiego. Tali misure statali e tali pratiche sindacali arrecano qualche miglioramento alla condizione dei disoccupati ma non sono sufficienti a porre fine al flagello.
Oltre alle forme di totale disoccupazione, ne esistono altre di disoccupazione parziale che si verificano quando i lavoratori non possono svolgere una intera giornata lavorativa o quando vengono assegnate loro ferie prolungate con salari effimeri. In molti casi, le imprese aggirano la legislazione lavorativa ingaggiando manodopera per brevi periodi, evitando così il versamento degli indennizzi e violando i diritti dei disoccupati. Si verificano altre forme di disoccupazione latente, soprattutto in campagna, dove non esistono liste né fondi sociali per la disoccupazione. La sottoccupazione è un ulteriore caso, quello in cui si trova il lavoratore che svolge lavori diversi e saltuari, o pratica un commercio di articoli in cui viene aiutato dalla pubblica solidarietà.
La disoccupazione riguarda tra il 3 e il 10 % della popolazione economicamente attiva nei paesi sviluppati, e tra il 10 e il 50 % nei paesi in via di sviluppo, dove costituisce il maggior male sociale e la fonte essenziale della povertà. Nelle file dei disoccupati (nel senso moderno della parola) non sono compresi gli strati marginali della popolazione e le persone non adatte al lavoro.
Dispotismo
(der. di dispotico, cfr.: il gr. despótes, il padrone) Autorità assoluta e arbitraria. Regime sociale e politico sorto nell'antico Oriente e successivamente nell'America precolombiana. Il suo fondamento è la redistribuzione centralizzata della rendita socio-economica prodotta dalle comunità agrarie e dalle corporazioni di artigiani, di cui lo Stato si appropria. Allo stesso tempo, i sistemi dispotici praticano il saccheggio e la schiavizzazione dei popoli contigui. È per questo che l'impero dispotico non può esistere senza una continua espansione territoriale. La sua base sociale è il sistema di caste che riproduce il dispotismo legando l'essere umano a una determinata casta e assicurando l'immobilismo sociale. Sul piano spirituale, il dispotismo è connesso alla deificazione della persona del despota ed è vincolato all'equilibrio e alla ciclicità dei fenomeni naturali, come pure all'idea che la storia riproduca il ciclo della natura (giorno, notte, stagioni, flussi e riflussi ecc.).
Questo fenomeno si riscontra anche nel medioevo (impero mongolo) e in tempi recenti (gli imperi di Stalin, di Mao e di Hitler, che presentavano significativi tratti dispotici, soprattutto nel sistema del lavoro forzato e nel totale potere personale).
Lo stile dispotico nella direzione e nella gestione amministrativa si pratica attualmente in alcuni Stati dell'Asia e dell'Africa, dove l'arbitrarietà del capo e la violenza nei confronti dei sudditi, il disprezzo per la vita e la dignità umane sono le regole dell'organizzazione statale. Esempio di ciò sono il Tagikistan e il Turkmenistan.
Disumanizzazione
Processo di contrazione della libertà umana. È caratteristico della disumanizzazione, nel rapporto interpersonale, la negazione della libera soggettività dell'altro e, di conseguenza, la sua cosificazione pratica. Uno sguardo disumanizzante priva gli altri esseri umani della loro essenza di libertà, ponendo in rilievo alcune caratteristiche secondarie che diventano sostanziali (sesso, razza, origine, occupazione ecc.) Lo sguardo disumanizzante tende a differenziare anziché rendere complementari, spinto dall'intenzione di naturalizzare l'altro. Esiste anche un naturalismo storico attraverso il quale i processi umani si interpretano sulla base di determinismi che pretendono di essere consacrati dalla èscienza del momento. La geopolitica, il èdarwinismo sociale e, in larga misura, il èmarxismo-leninismo ortodosso possono essere inseriti nel determinismo disumanizzante.
Per un lungo periodo del medioevo (durante il quale la chiesa concentrava il potere religioso, politico ed economico) si discusse se le donne avessero un’anima. Altrettanto è avvenuto con i nativi americani all'epoca della conquista, e si è deciso che gli abitanti di quelle terre erano “naturali”, cioè non strettamente degli esseri umani. In seguito, e forse come conseguenza di quelle concezioni, si è continuato a ridurre la personalità umana a semplici funzioni dell'attività o della condizione sociale in cui le persone si trovano e si è sempre messo l’accento sulle relazioni di subordinazione o di dipendenza. Il Nuovo Umanesimo raccomanda un uso attento di talune definizioni perché attraverso di esse si può introdurre una riduzione disumanizzante (“paziente” rispetto al medico; “adolescente” come persona incompleta; “contribuente” come cittadino definito dal suo apporto allo Stato ecc.).
La disumanizzazione come processo sociale corrisponde a momenti storici antiumanisti (èmomento umanista) in cui l'èalienazione collettiva invade tutte le attività umane.
Dittatura
(dal lat. dictatura, cfr.: dictator, -oris, da dictare, nel senso di prescrivere, comandare, intens. di dicere) Potere assoluto, regime politico che è il risultato della violenza armata e che pratica il terrore, l'arbitrarietà, la violenza diretta come metodo principale della gestione amministrativa statale; è il potere che si basa sulla violenza diretta e non è limitato dalla legge.
Questo modello politico sorto nella Grecia e a Roma antiche, si riproduce nel medioevo e ancora nei tempi moderni. L'URSS e altri Stati detti socialisti si proclamarono ufficialmente “dittature del proletariato”, anche se si trattava di regimi oligarchici dittatoriali della “nomenclatura” del partito comunista, che deteneva nelle sue mani un potere totale.
In diversi paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'America latina si instaurarono dittature militari che utilizzarono l'anticomunismo come pretesto per insediare regimi oligarchici, reprimere il movimento sociale e distruggere per mezzo del terrore le organizzazioni democratiche. La maggior parte di quelle dittature fu cancellata dal successivo avvento di governi democratici.
Il Nuovo Umanesimo condanna, dal punto di vista etico, giuridico e politico, qualsiasi forma di dittatura poiché attenta alla dignità e alla sicurezza umane; perché viola i diritti umani; per il suo culto della violenza e per la sua pratica terroristica; perché pone interessi di gruppo, molte volte corporativi, al di sopra dell'essere umano in quanto tale.
Documento del Nuovo Umanesimo
Chiamato anche documento del movimento umanista o documento umanista (umanista, documento).
Dogmatismo
(dal gr. dógma, -atos, decreto, decisione, der. di dokéo, sembrare) Modo di pensare che accetta determinate opinioni, dottrine, norme come postulati o principi incondizionati, validi in ogni situazione e adottati senza critica e senza giudizio razionale. Chiude la via all'acquisizione di nuove conoscenze e all'introduzione delle innovazioni. È proprio della coscienza religiosa più rigida che giustifica il tradizionalismo e il conservatorismo. La lotta contro il dogmatismo favorisce il libero sviluppo della scienza e la divulgazione delle conoscenze riguardanti la natura e la società.
Il dogmatismo è stato, e continua a essere, un freno per il progresso spirituale e sociale che conduce, in fin dei conti, all'irrigidimento di una cultura, al suo isolamento e alla sua èdestrutturazione.
L'umanesimo si è formato storicamente nella lotta implacabile contro il dogmatismo medievale, praticando e introducendo innovazioni culturali. Lo spirito universalista, aperto e creatore del Nuovo Umanesimo prosegue attualmente la lotta contro ogni dogmatismo che limiti artificialmente le capacità creative dell'essere umano.
E
Ecologia
(composto con eco-, dal gr. oîkos, casa e -logo, dal gr. lógos, discorso) Dobbiamo a Lamarck e a Treviranus le basi e il nome della nuova scienza che cominciò a esser chiamata “biologia” a partire dal 1802. Inoltre, la vecchia storia naturale venne rimodellata da E. Haeckel nel 1869, e cominciò a far parte della biologia sotto la denominazione di “ecologia”. Questo ramo del sapere ha sempre mirato ad osservare il rapporto tra gli organismi e l'ambiente in cui essi vivono. Oggi l'ecologia studia l’adattamento delle diverse specie sulla base dei loro bisogni energetici, nutritivi e riproduttivi. A livello scolastico, si divide in ecologia vegetale, animale e umana. In termini generali, l'ecologia si interessa all'adattamento delle specie e ai fattori che intervengono su di esse (terreni, climi e altre specie).
Uno dei temi fondamentali dell'ecologia è quello che riguarda gli ecosistemi (l'ecosistema è un insieme di esseri viventi e non viventi in relazione tra loro e legati a uno stesso ambiente). Gli ecosistemi sono sistemi termodinamicamente aperti che ricevono energia dall'esterno e la trasmettono agli ecosistemi vicini. Il loro studio si basa sulla teoria dei sistemi e sulla cibernetica, in cui l'ecosistema viene assimilato a un insieme di elementi biotici (specie) e abiotici in costante interazione.
Attualmente, l'interesse ecologico ha oltrepassato gli ambienti accademici e ha raggiunto vasti settori della popolazione. Gli effetti delle aziende inquinanti sono sotto gli occhi di tutti: squilibri di ogni tipo nell’aggressione a flora e fauna, immissione nell'ambiente prodotti tossici e rifiuti non biodegradabili, uso di centrali nucleari come fonte d'energia, inquinamento ambientale e le piogge acide. A ciò si aggiunge la crescita delle macrocittà, l'impoverimento della resa dei campi stimolati irrazionalmente da fertilizzanti chimici e pesticidi, la desertificazione di vaste zone ecc. Tutto ciò costituisce motivo di forte preoccupazione per quanti sono interessati a conservare flora, fauna e clima in un ambiente equilibrato che garantisca la sopravvivenza umana. Questa tendenza a porre in rilievo le crescenti difficoltà ecologiche delle società di oggi, e che è stata genericamente chiamata èecologismo, rappresenta un importante avanzamento nella presa di coscienza da parte delle popolazioni di uno dei problemi più gravi del momento. Sebbene non esista tra i sostenitori dell'ecologismo una interpretazione omogenea del deterioramento ambientale né dei metodi da seguire per superare questa pericolosa situazione, in poco tempo è cresciuta una sensibilità collettiva che ha condotto all'assunzione di alcuni provvedimenti legali contro le attività antiecologiche. Certamente ciò non si potrà risolvere appieno fino a quando quelle attività non saranno incluse tra i crimini contro l'essere umano. Del resto, sebbene si possa procedere in tale direzione, bisogna comprendere che il sistema inumano in cui viviamo oggi reca nel proprio sviluppo la decomposizione di sé e di tutto ciò di cui si appropria. La necessità di un mutamento radicale nello schema del potere e nell'organizzazione delle società diviene evidente alla luce del crescente disastro ecologico.
Ecologismo
Estensione e generalizzazione dei concetti dell'ecologia che vengono trasferiti sul terreno della realtà sociale. Sorto negli anni Sessanta dai movimenti per la protezione della natura e dell'ambiente, l'ecologismo ha comportato la presa di coscienza della rottura tra l'essere umano e il suo ambiente naturale, rottura provocata dalla civiltà industriale che contamina, distrugge una parte delle risorse non rinnovabili e pone in pericolo la sopravvivenza stessa della specie. L'ecologismo sostiene la necessità della ricerca urgente di forme di sviluppo in equilibrio con la natura, basate sull'uso di energie rinnovabili e non inquinanti. La loro applicazione potrà avvenire soltanto attraverso la massima decentralizzazione dei centri decisionali e l'applicazione di misure di autogestione per far sì che ogni individuo si senta pienamente responsabile del proprio avvenire.
Economia
(dal gr. oikonomía, da oîkos e -nomia, l'amministrazione della casa) Sistema di rapporti di produzione, distribuzione e servizi, e delle aziende relative, dal livello familiare fino a quello internazionale. Ramo della scienza che studia tali rapporti e il sistema economico in generale. Abitualmente si parla di economia domestica o privata e di economia pubblica per porre in rilievo l'estensione del fatto economico; di economia rurale o urbana, per sottolineare l'ambiente in cui si svolgono le operazioni produttive; di economia concertata per porre in evidenza il sistema economico intermedio tra l'economia liberale (che presuppone l'assenza di interventi dello Stato) e l'economia guidata o pianificata (contraddistinta da ingerenza statale al massimo grado). Inoltre, si parla di una economia di scala in cui i guadagni di un'azienda si accrescono mediante la riduzione dei costi medi di produzione ottenuta grazie ad un aumento delle dimensioni; di economia esterna quando ci si riferisce a quella realizzata da aziende al di là del loro stesso impegno e che è il risultato di una generale condizione economica favorevole e anche di economie rudimentali, sommerse e floride a seconda del taglio interpretativo che si dà al fenomeno della produzione.
Il Nuovo Umanesimo presenta in ogni situazione concreta uno schema economico in cui i rapporti di produzione, di scambio e di consumo sono regolati dalla èproprietà del lavoratore e dagli interessi della maggior parte della popolazione. Questa proposta tende all'umanizzazione dell'economia partendo dalla concezione che i fattori economici debbano esere strumenti al servizio dell'essere umano. L'umanizzazione dell'economia sostenuta dal Nuovo Umanesimo va radicalmente contro tutti gli schemi di radice economicista basati sul riduzionismo interpretativo che fanno dell'individuo, della società e del fatto politico epifenomeni o semplici riflessi delle condizioni economiche o macroeconomiche. La proposta di umanizzazione dell'economia è definita in linee generali nel documento del Nuovo Umanesimo (èumanista, documento).
Educazione
(dal lat. educatio, -onis, azione che sviluppa le facoltà fisiche, intellettuali e morali)* Sistema di trasmissione ed estensione di conoscenze, capacità e norme di comportamento e di comunicazione sociale che comprende le relative teorie (scienza pedagogica) e le istituzioni docenti. Si divide in educazione prescolare, scolare, media, a indirizzo tecnico, superiore, per adulti, istruzione specializzata (per sordomuti, per ciechi ecc.), educazione a distanza, autoistruzione e altri settori. Si distingue tra educazione statale, comunale, privata e a gestione associativa.
L'educazione è preparazione dell'individuo alla cultura, al lavoro, alla scienza, alla morale, all’arte. L'educazione è la fonte più importante e tradizionale della socializzazione tra persone in quanto contribuisce alla formazione della loro ideologia, della loro cultura, della loro morale, ai loro orientamenti di vita e di lavoro.
Si è soliti parlare di educazione in almeno due significati diversi: il primo si riferisce alla trasmissione di dati e di conoscenze dall'educatore all'educando (in italiano, istruzione N.d.T.) e, in questo senso, le nuove tecnologie di informazione tendono a sostituire progressivamente la figura dell'educatore; il secondo considera l’educazione una preparazione, un adeguamento dell'educando al mondo in cui vive. Il termine “mondo” si riferisce tanto alle cose considerate dal punto di vista fisico quanto a elementi intangibili quali i valori e i rapporti umani. L'educazione, in questa seconda accezione, intende abilitare a vari modi di comprensione, punti di vista non uniformi, prospettive differenti per comprendere tanto le realtà degli oggetti materiali e culturali quanto quelle della stessa interiorità. Un’educazione che si limiti sempre più alla trasmissione di dati oggettuali è un fattore importante di “svuotamento” di soggettività e di senso delle azioni umane. Tale tipo di educazione richiede profonde riforme. Il problema dell'educazione è, senza dubbio, uno dei più stimolanti del mondo odierno.
L'educazione di massa attraverso l'uso delle nuove tecnologie elettroniche apre un campo immenso di possibilità allo sviluppo della conoscenza collettiva. Bisogna segnalare, tuttavia, che la diffusione della conoscenza (per quanto si voglia considerare quest'ultima neutra o scientifica) reca in sé il segno dell'ideologia dominante, cosa che si può osservare con evidenza nel campo delle scienze umane (filosofia, storia, psicologia, sociologia, diritto, economia ecc.). Del resto, ciò è accaduto e accade per qualsiasi metodo di istruzione, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata.
In Umanizzare la Terra, Silo scrive: 1. [...] credo che educare consista principalmente nel rendere le nuove generazioni capaci di una visione non ingenua della realtà, nel senso che il loro sguardo consideri il mondo non come una presunta realtà obiettiva in sé, ma come un oggetto di trasformazione sul quale l’essere umano applica la propria azione. Qui non sto parlando dell’informazione riguardo al mondo, quanto piuttosto dell’esercizio intellettuale di una particolare visione dei paesaggi [èpaesaggio esterno] priva di pregiudizi, e di un’attenta pratica del proprio sguardo. Un’educazione elementare deve mirare allo sviluppo di un modo di pensare basato sulla coerenza. Qui non si sta parlando di conoscenza in senso stretto, ma del contatto con la propria esperienza del pensare.
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In secondo luogo, l’educazione dovrà stimolare la sensibilità e facilitare lo sviluppo emotivo. Per questo, al momento di pianificare una formazione integrale, bisognerà tenere presente l’esercizio della rappresentazione e dell’espressione, insieme allo sviluppo della capacità di padroneggiare l’armonia e il ritmo. Ma quanto detto non ha lo scopo di mettere a punto procedimenti atti a “creare” talenti artistici; la sua intenzione sta piuttosto nel far sì che gli individui stabiliscano un contatto emotivo con se stessi e con gli altri, senza la confusione a cui porta un’educazione basata sulla separatezza e l’inibizione.”
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In terzo luogo, si dovrà ricorrere a qualche pratica che metta in gioco tutte le risorse corporee in modo armonico; ma una disciplina di questo tipo somiglia più ad una ginnastica portata avanti con arte che ad uno sport, poiché lo sport non forma in modo integrale ma unilaterale. Il punto chiave, infatti, sta nel prendere contatto con il proprio corpo e nel governarlo con scioltezza. Per questo lo sport non dovrà essere considerato un’attività formativa; sarà però importante coltivarlo se la disciplina suddetta ne costituisse la base.”
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Fin qui ho parlato dell’educazione, considerandola dal punto di vista delle attività formative per l’essere umano nel suo paesaggio umano, ma non ho parlato dell’informazione che ha a che vedere con la conoscenza, con l’assimilazione di dati grazie allo studio ed alla pratica intesa come forma di studio.”.
Effetto dimostrazione
Questa espressione si usa, nel Nuovo Umanesimo, per indicare un evento sociale capace di agire da esempio su punti contigui o anche molto distanti. In quest'ultimo caso, le comunicazioni sempre più veloci e frequenti contribuiscono a ridurre le distanze, e di conseguenza l'effetto dimostrazione tende a essere più frequente. D'altra parte, la similitudine di situazioni strutturali in un sistema che si avvia a diventare mondiale fa sì che l'effetto dimostrazione venga “importato” ed “esportato” con maggiore facilità. L'importanza del fenomeno consiste nel fatto che mostra la possibilità del suo inserimento in ambienti più vasti di quelli in cui ha avuto origine. È un caso di influenza “debole” che segue un percorso inverso rispetto a quello delle correnti “forti” che si impongono alle culture o ad ambienti sociali sempre più dipendenti. Il fenomeno delle influenze reciproche tra ambienti distanti è oggi osservabile in diverse attività. Bisogna considerare che nessuna formazione sociale o culturale rimane passiva, ma interagisce con l'effetto dimostrazione di piccola o grande scala e che questo a sua volta si modifica entrando in contatto con un nuovo ambiente. La serie di effetti dimostrativi che può generare la diversità culturale arricchisce, senza dubbio, l'attuale processo di èmondializzazione.
Elezione
Azione di eleggere; nomina attraverso suffragio o votazione; procedimento democratico essenziale per inaugurare una istituzione, una carica pubblica o per costituire organi di potere mediante la delega di poteri da parte di ciascun cittadino o membro di una associazione.
Vi sono diversi sistemi elettorali, per esempio quello maggioritario, che si realizza quando in ogni circoscrizione elettorale vince il candidato che ottiene la maggioranza assoluta o relativa dei voti. Le elezioni possono essere generali o limitate secondo criteri selettivi determinati; segrete o a voto palese, o ancora per acclamazione; dirette o indirette.
Allo scrutinio devono partecipare i rappresentanti ufficiali delle forze che presentano candidati e anche osservatori neutrali.
Elite
Il nucleo più scelto e distinto di leader informali che si manifesta all'interno di ogni gruppo sociale o corporazione, e che elabora e divulga valori etici, estetici ecc. e norme di comportamento sociale all'interno del gruppo.
Vi sono varie teorie che forniscono definizioni diverse di questo fenomeno, della sua natura, del suo status sociale e del suo ruolo nella società (dalle interpretazioni biologiche, che non rivelano differenze essenziali tra élite naturali e sociali, a quelle meccanicistiche, sistemologiche e culturologiche).
Emancipazione
(der. dal lat. emancipare, liberare dalla tutela o dalla schiavitù)* Processo e obiettivo della liberazione dallo stato di soggezione. Recupero della libertà, della sovranità, dell'autonomia e dell'indipendenza.
Nei rapporti sociali, si tratta dell'emancipazione dei gruppi o degli strati oppressi (servi, schiavi, donne, omosessuali, minoranze etniche o religiose ecc.).
Nelle relazioni internazionali si tratta della liberazione dei paesi coloniali e oppressi, della proclamazione della loro indipendenza e della parità di diritti con altri Stati. Si possono distinguere diverse forme di emancipazione: spirituale, culturale, politica, economica ecc.
La lotta per l'emancipazione prevede forme violente e nonviolente. Gli umanisti scelgono le seconde. La ricerca di possibilità diverse per eliminare tutti i fattori di oppressione affinché l'essere umano possa sviluppare la propria libertà, le proprie qualità e le proprie forze creatrici è l'obiettivo principale dell'attività del Nuovo Umanesimo.
Esercito
(dal lat. exercitus, der. di exercere, tenere costantemente in esercizio) Insieme delle forze militari di uno Stato, in particolare quelle di terra.
È una delle istituzioni armate dello Stato che contribuisce a realizzare la funzione esterna di difesa. Inoltre, lo Stato usa l'esercito non soltanto per la difesa del paese, ma per aggredire e sottomettere altri paesi e popoli, cioè per la sua espansione. Ma ciò viene considerato infrazione alle norme del diritto internazionale (èaggressione).
Un altro uso improprio dell'esercito consiste nel coinvolgerlo nella soluzione armata di conflitti interni. Esistono Stati che non hanno eserciti e assolvono le loro funzioni di difesa con altri metodi.
In alcuni paesi, l'esercito è professionale e agisce come una corporazione, i suoi membri sono vincolati da contratto e i loro doveri e diritti sono specificati nel contratto concordato con lo Stato. In altri paesi esiste il servizio militare obbligatorio per i cittadini di determinate età. Esistono inoltre sistemi misti.
Il Nuovo Umanesimo condanna l'uso della violenza in tutte le forme, ivi compresa la forza armata. Tuttavia, per la realizzazione di questo principio sono richieste opportune condizioni esterne e interne allo scopo di escludere la violenza dalla vita quotidiana e dalla pratica sociale sia nazionale sia internazionale. Nel frattempo, per procedere in questa direzione è necessario limitare progressivamente l'uso dell'esercito, democratizzarne il funzionamento e i suoi rapporti con la società civile, porlo sotto il controllo pubblico, discutere sui mezzi di comunicazione la sua vita interna e le sue relazioni, il suo bilancio e la dottrina militare dello Stato. Dal punto di vista umanista è inammissibile qualunque intervento dell'esercito nella vita politica, e i militari in servizio attivo non possono avere diritti elettorali né rilasciare dichiarazioni pubbliche sulla politica statale. Riprendono questo diritto nel momento in cui entrano in congedo, come comuni cittadini.
Esistenzialismo
(der. di esistenziale, sul modello del ted. Existentialismus e del fr. existentialisme. Dal lat. exsistere, ex, fuori e sisto, sto, propr. levarsi fuori, apparire) È uno dei sistemi filosofici e culturali che hanno esercitato maggiore influsso; una tendenza particolare della concezione umanista che ha per obiettivo l'analisi e la descrizione del senso e delle contraddizioni della vita umana. Dal punto di vista dell'esistenzialismo, l'individuo non è una parte meccanica di un tutto unico (generazione, classe, ambiente sociale) ma è l'integrità in sé e per sé.
Nella filosofia dell'esistenzialismo si distinguono numerose tendenze, tra cui quella religiosa e quella atea. Sono unite insieme da una problematica comune, ma ciascuna ha un proprio punto di vista riguardo alla definizione del senso della vita. Nella prima si attribuisce priorità al rapporto dell'uomo con Dio. La tendenza atea considera l'individuo come l'unico dio. Tali concezioni, tuttavia, si influenzano reciprocamente, manifestando la medesima preoccupazione per le sofferenze dell'uomo, proclamando gli stessi principi etici e sperimentando le stesse delusioni in merito a quanto di assurdo e insensato vi è nella vita. Lo spirito di pessimismo, e a volte di disperazione, caratterizza tutte le tendenze del movimento esistenzialista.
Uno dei precursori della dottrina esistenzialista è Søren Kierkegaard (1813-1855), filosofo e teologo danese, che ha analizzato in modo dettagliato e approfondito tratti dell'esistenza dell'uomo come afflizione, paura, amore, colpa, bene e male, morte, coscienza, spavento ecc. Lo spavento permanente che l'individuo patisce è frutto del senso di abbandono nell’attesa dell'inevitabile morte. La fede sincera è la sola cosa che consenta all'individuo di vivere la propria vita coscientemente. Questa linea del pensatore protestante viene perseguita da Nikolaj Berdjaev (1874-1948), filosofo ortodosso russo, fondatore del cosiddetto “nuovo cristianesimo”. È sua opinione che l'esistenza dell'individuo si basi sulla libertà, mentre il senso della vita si basa “sulla nascita di Dio nell'individuo e dell'individuo in Dio”. Esiste soltanto l'individuo, mentre tutto il resto “c'è” ma non esiste, poiché non ha coscienza della propria esistenza e si adatta soltanto a condizioni oggettive. In questa forma di esistenzialismo si scontrano tre fattori: la libertà, la predestinazione divina e la responsabilità e l'energia personale di un essere che sa pensare, sentire e produrre. L'individuo deve sempre rinnovarsi, vale a dire, riuscire a essere sempre più umano.
Karl Jaspers (1883-1969) intese questo problema a modo proprio, proponendo di separare il “tempo assiale” dalla storia e di centrare l'attenzione sugli aspetti di continuità che si trovano nella vita (malattia, morte, sofferenza) e determinano il senso principale dell'esistenza. Secondo Jaspers, ogni essere deve cercare la propria individualità nella vita presente.
Nella filosofia e nella letteratura spagnole è Miguel de Unamuno (1864-1936) ad aver sviluppato la concezione esistenzialista. Attribuì un particolare significato all'idea del “donchisciottismo”, secondo cui l'uomo conduce una lotta permanente (allo stesso modo di don Chisciotte) per un ideale irreale. Ogni esistenza concreta reca in sé contrasti tra categorie correnti e sublimi, tra pragmatismo e lucidità spirituale.
Per molti esistenzialisti, un'altra fonte di questa corrente di pensiero, oltre che da Kierkegaard, è costituita da Friedrich Nietzsche (1844-1900).
Allo stesso modo in cui i marxisti hanno fatto uso del metodo dialettico di Hegel, gli esistenzialisti più recenti ricorrono per le loro descrizioni al rigoroso metodo fenomenologico di Husserl.
Martin Heidegger (1889-1976) e Jean-Paul Sartre (1905-1980) sono due altri pensatori che hanno contribuito considerevolmente allo sviluppo dell'esistenzialismo. Può essere considerato a sua volta come appartenente a questa corrente José Ortega y Gasset (1883-1955), anche se la sua linea di pensiero razional-vitalista si distacca in molti punti dalle formulazioni fondamentali dell'esistenzialismo.
Indipendentemente dalla diversità che caratterizza il punto di vista esistenzialista sulle situazioni della vita umana, tale concezione è contraddistinta anche dalla sensibilità nei confronti di tutti i problemi dell'esistenza individuale, come pure dalla fiducia nelle forze creative personali. L'affermazione di molti esistenzialisti secondo cui “l'esistenza significa l'essere umano, l'essere umano significa l'esistenza” corrisponde esattamente alla concezione del Nuovo Umanesimo.
Essere umano
Il riferimento dell'essere umano in una situazione è il proprio corpo. In esso il suo momento soggettivo si pone in rapporto con l'oggettività e attraverso esso si può comprendere come “interiorità” o “esteriorità” secondo la direzione che dà alla propria intenzione, al proprio “sguardo”. Di fronte all'essere umano si trova tutto ciò che non è esso stesso e che non risponde alle sue intenzioni se non attraverso il corpo. Quindi, il mondo in generale e altri corpi umani di fronte ai quali il corpo stesso può agire e registra la sua azione, pongono le condizioni in cui si costituisce l'essere umano. Tali condizionamenti si presentano anche come possibili nel futuro e nella relazione futura con il corpo stesso. In questo modo, la situazione presente può essere considerata come modificabile in futuro. Il mondo viene sperimentato come esterno al corpo, ma il corpo è visto anche come parte del mondo poiché è in esso che agisce ed è da questo che riceve la sua azione. La corporeità è anche qualcosa che cambia e, in questo senso, è una configurazione temporale, una storia viva lanciata verso l'azione, verso la possibilità futura. Il corpo, per la coscienza umana, diventa protesi dell'intenzione, risponde all'intenzione, in senso temporale e in senso spaziale. Temporalmente, in quanto può attualizzare in futuro il possibile dell'intenzione; spazialmente, in quanto rappresentazione e immagine dell'intenzione.
In questo divenire, gli oggetti sono ampliamenti delle possibilità corporali e i corpi altrui appaiono come moltiplicazioni di quelle possibilità, in quanto sono governati da intenzioni che si riconoscono simili a quelle che guidano il corpo stesso. Ma perché l'essere umano avrebbe bisogno di trasformare il mondo e di trasformare se stesso? Per la situazione di finitezza e di carenza temporo-spaziale in cui si trova e che registra, secondo diversi condizionamenti, come dolore (fisico) e sofferenza (mentale). Così il superamento del dolore non è semplicemente una risposta animale, ma una configurazione temporale in cui primeggia il futuro e che si trasforma in un impulso fondamentale della vita, anche se questa non si trova minacciata in un determinato momento. Perciò, al di là della risposta immediata, riflessa e naturale, la risposta differita e la costruzione per evitare il dolore sono spinte dalla sofferenza di fronte al pericolo e sono rappresentate come possibilità future o attualità in cui il dolore è presente in altri esseri umani. Il superamento del dolore, dunque, appare come un progetto di base che guida l'azione. È quella intenzione che ha reso possibile la comunicazione tra corpi e intenzioni diverse in quella che chiamiamo la “costituzione sociale”. La costituzione sociale è storica quanto la vita umana, configura la vita umana. La sua trasformazione è continua ma in modo diverso da quello della natura. In quest'ultima non si verificano cambiamenti tramite intenzioni. Si presenta come “risorsa” per superare il dolore e la sofferenza e come “pericolo” per la costituzione umana, per cui il destino della natura stessa è quello di essere umanizzata, intenzionata. E il corpo, in quanto natura, in quanto pericolo e limitazione, reca in sé lo stesso disegno: essere intenzionalmente trasformato, non solo in posizione ma anche in disponibilità motoria; non solo in esteriorità ma in interiorità; non solo in confronto ma in adattamento.
In una conferenza divulgativa tenuta il 23 maggio 1991, Silo ha spiegato le sue idee più generali sull'essere umano in questi termini: “Quando mi osservo, non da un punto di vista fisiologico ma da un punto di vista esistenziale, riconosco di trovarmi in un mondo già dato, da me né costruito né scelto, di trovarmi in-situazione nei confronti di fenomeni che, a partire dal mio proprio corpo, mi risultano ineludibili. Il corpo, poi, come elemento costitutivo della mia esistenza è un fenomeno omogeneo al mondo naturale sul quale agisce e dal quale è “agito”. Ma la naturalità del corpo mi si presenta molto diversa da quella di tutti gli altri fenomeni naturali; infatti: 1. del corpo ho un vissuto diretto, immediato; 2. attraverso il corpo ho un vissuto dei fenomeni esterni; 3. grazie alla mia intenzione, ho una disponibilità immediata di alcune delle operazioni che il corpo è in grado di compiere.
Il mondo, d’altra parte, mi si presenta non tanto come un agglomerato di oggetti naturali bensì come un'articolazione di esseri umani e di oggetti e segni da essi prodotti o modificati. L'intenzione che avverto in me mi appare come un elemento interpretativo fondamentale del comportamento degli altri; e proprio come costituisco il mondo sociale comprendendone le intenzioni, così da esso sono costituito. Ovviamente stiamo parlando di intenzioni che si manifestano attraverso azioni corporee. È grazie alle espressioni corporee o alla percezione della situazione in cui l'altro si trova che posso comprenderne i significati, le intenzioni. Inoltre, gli oggetti naturali e quelli umani mi producono o piacere o dolore; per questo cerco sempre di modificare la mia collocazione rispetto ad essi, nel senso che cerco di allontanarmi da ciò che mi risulta doloroso e di avvicinarmi a ciò che mi risulta piacevole. Pertanto non sono affatto chiuso al mondo naturale ed umano: anzi, la mia caratteristica fondamentale è precisamente l'"apertura". La mia coscienza si è configurata su una base intersoggettiva: usa codici di ragionamento, modelli emotivi, schemi di azione che sento come "miei" ma che riconosco anche in altri. E, ovviamente, il mio corpo è aperto al mondo in quanto il mondo io lo percepisco e su di esso agisco.[...].
“Il mondo naturale, a differenza dell'umano, mi appare privo di intenzioni. Posso - è ovvio - immaginare che le pietre, le piante o le stelle possiedano un'intenzione, ma in ogni caso, un effettivo dialogo con esse mi risulta impossibile. Anche gli animali, nei quali a volte scorgo la scintilla dell'intelligenza, mi appaiono impenetrabili, soggetti a trasformazioni lente e sempre all'interno di quella che è la loro natura. Vedo società di insetti totalmente strutturate e mammiferi superiori che usano rudimenti tecnici, ma tutti ripetono i loro codici come se fossero sempre i primi rappresentanti delle loro rispettive specie. E nelle virtù dei vegetali e degli animali modificati ed addomesticati dall'uomo, riconosco l'intenzione umana ed il suo avanzare nell’opera di umanizzazione del mondo.
“[...]Definire l’uomo sulla base della sociabilità mi risulta insoddisfacente in quanto questo aspetto è comune a numerose specie animali; né la sua caratteristica fondamentale può essere trovata nella capacità lavorativa perché esistono animali che possiedono questa capacità ad un livello molto superiore; né a definire l’essenza umana basta il linguaggio, perché sappiamo che in varie specie animali esistono codici e forme di comunicazione. In cambio, nel fatto che ogni nuovo essere umano trova un mondo modificato da altri e viene costituito da un mondo sempre dotato di intenzioni, scopro la capacità più propriamente umana di accumulare ed incorporare la dimensione temporale; scopro cioè la dimensione storico-sociale e non semplicemente sociale dell’essere umano. Date queste premesse, tenterò una definizione. Questa: "L'uomo è un essere storico che trasforma la propria natura attraverso l’attività sociale". Ma se ammetto come valida questa definizione, dovrò ammettere che l’essere umano può trasformare intenzionalmente anche la propria struttura fisica. Ma questo sta già accadendo. L’uomo ha iniziato tale processo utilizzando "protesi" esterne, cioè degli strumenti posti davanti al suo corpo, che gli hanno permesso di ampliare le funzioni delle mani, di affinare i sensi, di aumentare la potenza e la qualità del suo lavoro. Dal punto di vista naturale, l’uomo non era adatto alla vita nell'acqua o nell'aria, ciò nonostante è stato capace di creare le condizioni per muoversi in esse ed oggi sta addirittura iniziando a dar forma concreta ad una possibilità estrema, quella di emigrare dal proprio ambiente naturale, il pianeta Terra. Oggi, inoltre, l’uomo sta intervenendo sul suo stesso corpo sostituendone gli organi, modificando la chimica cerebrale, sviluppando la fecondazione in vitro, manipolando i geni. Se con l'idea di "natura" umana si è voluto indicare ciò che c’è di stabile nell'essere umano, tale idea oggi risulta inadeguata, anche se la si applica alla parte più oggettuale dell'essere umano stesso, vale a dire il corpo. Per quando riguarda poi la validità di espressioni quali "morale naturale", "diritto naturale", o istituzioni naturali, riteniamo che in questi campi tutto sia storico-sociale e nulla vi esista "naturalmente". [...]”.
L’idea di “natura” umana si è sviluppata parallelamente all’idea che la coscienza fosse passiva. Secondo questo modo di pensare, l'uomo è un'entità che agisce in risposta agli stimoli del mondo naturale. All’inizio, una tale concezione si è manifestata nella forma di un sensualismo grossolano; questo è stato a poco a poco sostituito da correnti storicistiche che hanno però mantenuto al loro interno la posizione che esso sosteneva riguardo alla passività della coscienza. E tra tali correnti, persino quelle che privilegiavano l'attivismo e la trasformazione del mondo all'interpretazione dei fatti, hanno concepito l’attività umana come il risultato di condizioni esterne alla coscienza.[...].
Questi vecchi pregiudizi sulla natura umana e sulla passività della coscienza oggi riappaiono e tentano di imporsi in una nuova veste, quella del neo-evoluzionismo che ha come criteri distintivi la lotta per la sopravvivenza e la selezione naturale che privilegia il più forte. Nella sua versione più recente, tale concezione zoologica, trapiantata nel mondo umano, abbandona le dialettiche basate sulla razza e la classe sociale che ne caratterizzavano le precedenti espressioni, e passa a sostenere una dialettica basata su leggi economiche naturali che autoregolerebbero tutta l'attività sociale. Così, ancora una volta, l'essere umano concreto scompare dalla vista ed è trasformato in cosa.
[...]Abbiamo elencato le concezioni che, per spiegare l'uomo, partono da dati teorici generali e sostengono l'esistenza di una natura umana e la passività della coscienza. Noi, al contrario, sosteniamo la necessità di partire dalla specificità umana; sosteniamo che l’essere umano è un fenomeno storico-sociale e non naturale, ed inoltre affermiamo che la coscienza umana è attiva e trasforma il mondo sulla base dell’intenzione. Abbiamo inteso la vita umana in-situazione ed il corpo come un oggetto naturale percepito direttamente e direttamente sottoposto a numerosi dettami dell’intenzione. A questo punto si impongono le seguenti domande: in che senso la coscienza umana è attiva, secondo quali modalità, cioè, è in grado di applicare le proprie intenzioni al corpo e attraverso di esso trasformare il mondo? In secondo luogo, secondo quali modalità la costituzione umana è storico-sociale? Queste domande devono trovare risposta a partire dall'esistenza individuale se non vogliamo ricadere in generalità teoriche, dalle quali successivamente verrà fatto derivare un sistema di interpretazioni. Di conseguenza, per rispondere alla prima domanda si dovrà cogliere con evidenza immediata come l'intenzione agisca sul corpo, e per rispondere alla seconda bisognerà partire dall'evidenza della temporalità e dell’intersoggettività dell'essere umano, e non da leggi generali della Storia e della società.”
Silo sviluppa questi due temi nei suoi Contributi al pensiero. L'intenzione che agisce sul corpo attraverso il meccanismo di immagine costituirà il nucleo delle spiegazioni della sua Psicologia dell'immagine. Quindi affronterà il problema della temporalità nelle Discussioni storiologiche.
Evoluzione
(dal lat. evolutio, -onis, che era l'atto di svolgere, volvo, il papiro) Autosviluppo graduale e naturale di un sistema sociale e organico, che esclude trasformazioni brusche e improvvise, e soprattutto interventi artificiali nel corso del processo naturale.
L'evoluzione comprende una serie di cambiamenti destinati ad una complessificazione crescente, indipendentemente dalla durata più o meno prolungata di tale processo.
Nella scienza biologica, la dottrina evoluzionista pretende di spiegare i fenomeni naturali mediante trasformazioni successive di un’unica realtà primaria, materiale, sottoposta a movimento perpetuo, per virtù delle quali si passa dal semplice e omogeneo al composto ed eterogeneo. Questa teoria, tuttavia, presenta dei seri problemi, dal momento che alcune cosmologie (e le derivanti posizioni biologiche) tentano di dimostrare che da un punto originario tutto si vada trasformando fino a perdere energia e ordine. Ma negli ultimi anni e dopo lo studio delle strutture dissipative (dovuto soprattutto a Prigogine), il concetto di evoluzione è stato modificato radicalmente, modificando sia le vecchie concezioni sia quelle più recenti basate sul semplice principio entropico. Alla luce di questi cambiamenti concettuali, va rivista non soltanto l'idea di evoluzione, ma anche (per esempio, nel campo delle scienze sociali) quella di èrivoluzione, che comporta rotture e discontinuità in un processo evolutivo.
F
Famiglia
(dal lat. familia, der. di famulus, servitore. Stava a designare gli schiavi che erano sottoposti a un dominus, padrone; trasl. passa ad indicare tutti gli abitanti della casa, liberi e schiavi) Gruppo di individui che hanno in comune una condizione domestica o appartengono a uno stesso nucleo.
In botanica e in zoologia, con il termine famiglia si indica un gruppo tassonomico costituito da diversi generi naturali che possiedono un gran numero di caratteri comuni. In matematica si tratta dell'insieme i cui elementi sono insiemi.
La famiglia basata sul censo (focolare domestico) è una unità complessa di natura economica e sociale. In generale si definisce così l'insieme di persone che convivono nella stessa abitazione e consumano i loro pasti in comune. La famiglia unipersonale è formata da un cittadino che vive da solo; la famiglia numerosa è quella che ha quattro o cinque figli minori di 18 anni o maggiori inabili al lavoro. Questa categoria varia a seconda della legislazione di ciascun paese, in base al grado di protezione e di sicurezza che viene garantita alla famiglia e che riguarda, in alcuni casi casi, anche le madri sole con figli minori.
La famiglia svolge un ruolo decisivo nella formazione della personalità e nella sua socializzazione. È una istituzione storica soggetta a mutamenti, in quanto le sue caratteristiche risultano diverse nelle varie culture.
In anni recenti la famiglia ha conosciuto trasformazioni vertiginose, dovute in larga misura all'affollamento urbano. Le famiglie numerose si sono dovute ridimensionare a causa dei limiti spaziali delle abitazioni. Il progressivo inserimento della donna nel mondo del lavoro, al di fuori dell'abitazione, ha fatto a sua volta sentire i propri effetti. In generale, man mano che s'innalza il livello di vita delle popolazioni, la famiglia tende a ridursi e, viceversa, si osserva una crescita esplosiva nel numero di componenti delle famiglie dei paesi poveri. D'altra parte, nascono nuove strutture che si sostituiscono alla famiglia tradizionale, sia pure soltanto per badare ai bambini per brevi periodi, com'è il caso dei nidi e dei giardini d'infanzia. Sia le adozioni sia il progredire dell'inseminazione artificiale introducono varianti al concetto di famiglia tradizionale vincolata da legami di consanguineità. Un altro caso è quello della famiglia formata da genitori omosessuali e figli adottivi.
Il Nuovo Umanesimo sottolinea l'urgente necessità di ridurre il tasso di natalità per migliorare le condizioni di vita delle famiglie nei paesi poveri; fa proprie le iniziative legislative tendenti alla difesa dei diritti della madre e dei figli e incoraggia la creazione di club interfamiliari in grado di fornire un’educazione integrale prescolare.
Fascismo
Concezione politica nazionalista, autoritaria, anticomunista e nemica della democrazia liberale. Ha preso nome dall'allegoria romana dell'autorità statale: un fascio di verghe con la scure. Questa ideologia e organizzazione politica fu creata da B. Mussolini in Italia nel 1919. Essa affermava di non essere capitalista né socialista ma di propugnare uno Stato corporativo. È servita da modello alla Germania (nazismo), alla Spagna (falangismo) e al Giappone. In Inghilterra fu fondata l'Unione britannica dei fascisti, in Francia fu creata la Croix de Feu. Insieme al ènazionalsocialismo, rappresenta l'espressione antiumanista più radicale. Il fascismo nega i diritti umani e conduce alla degradazione della persona.
Il fascismo aspirava a stabilire per mezzo della guerra il nuovo ordine mondiale, lo Stato fascista millenario, e in questo senso è stato il principale responsabile dello scoppio della seconda guerra mondiale, costata più di cinquanta milioni di vite umane, secondo i dati ufficiali.
Il regime fascista è tirannico, basato sulla figura del dittatore (o caudillo) e rigidamente gerarchico. Il suo principio è “il capo ha sempre ragione” e il dovere di ognuno è obbedirgli incondizionatamente. È un regime totalitario, che nega la democrazia e stabilisce il monopolio del partito fascista, concentrando nelle proprie mani la totalità del potere economico, politico e ideologico. Il sistema fascista è militarista per eccellenza e trasforma tutti gli abitanti di un paese in soldati che eseguono la volontà del dittatore. Per il fascismo, lo Stato nazionale è al di sopra di ogni altra cosa. Si tratta di un regime repressivo che non ammette opposizione né dissidenza.
L'ideologia fascista è eclettica e contraddittoria. Raggruppa idee che si autoescludono, mescola elementi di socialismo, nazionalismo, paganesimo, elitismo, egualitarismo e militarismo. Assolutizza la violenza come metodo di gestione sociale e politica.
Il fascismo promuoveva il modello della mobilitazione sociale istantanea per realizzare “l'obiettivo nazionale”. Poiché il fascismo ha utilizzato la sovversione e la violenza come metodi principali di azione politica, oltre a forme clandestine di organizzazione, i partiti che ad esso si richiamavano sono stati posti fuorilegge dopo la seconda guerra mondiale. Ciò ha costretto i fascisti a creare organizzazioni neofasciste, che negano la propria discendenza dal fascismo ma ne usano metodi e idee, modernizzandole e mascherandole da movimenti nazionalisti xenofobi. Questi raggruppamenti hanno acquistato particolare forza in Italia, Germania, Francia e Austria.
Il Nuovo Umanesimo ritiene che il pericolo fascista esiga la realizzazione di riforme urgenti per risolvere i problemi della gioventù disoccupata, dei piccoli imprenditori costretti al fallimento, dei professionisti e dei dipendenti del pubblico impiego rimasti senza lavoro, dei pensionati ridotti alla miseria e degli altri gruppi emarginati. Nel processo dell'integrazione europea e americana è necessario considerare la condizione delle identità nazionali, delle minoranze etniche e culturali, per impedire l'insorgere di conflitti interetnici e interconfessionali; è importante prestare cooperazione economica e sociale ai paesi meno sviluppati per ridurre le correnti migratorie dirette verso le zone a maggiore sviluppo. Queste misure possono ridurre la base sociale dei movimenti neofascisti e allargare i confini della democrazia.
Fede
(dal latino fides, fede) È una ècredenza non basata su argomenti razionali. Consenso che si dà alle parole in base all'autorità di chi le pronuncia o alla sua fama pubblica; sicurezza, affermazione della certezza di una cosa. È una caratteristica della coscienza individuale e sociale.
Si considera fede anche lo stato psicologico del soggetto, che si esprime in idee e immagini e che serve da stimolo e di orientamento nell'attività pratica.
Si distinguono diverse teorie della fede: emozionali (che la interpretano come una emozione), sensual-intellettuali (fede come fenomeno dell'intelletto) e volontariste (fede come attributo della volontà). Una sfera particolare della fede è quella religiosa.
Il Nuovo Umanesimo fa distinzione tra fede fanatica (che si esprime in maniera distruttiva), ingenua (che pone a rischio alcuni interessi vitali) e utile all'apertura nei confronti del futuro e agli obiettivi costruttivi della vita.
Femminismo
Movimento formato principalmente da donne che si dedica alla denuncia della discriminazione della donna nella società attuale (èquestione femminile). In genere vengono considerate antesignane delle femministe le “suffragette” che lottarono per il diritto di voto in Inghilterra alla fine del secolo scorso. All’interno di questo movimento, attivo soprattutto in Europa negli anni ‘70 e ‘80, si passa da pratiche estreme come quelle del “separatismo” e di una lotta quasi naturalista contro i maschi come portatori “genetici” di una cultura violenta e prevaricatrice a quelle più moderate di numerose associazioni e collettivi dedicati a questioni specifiche (divorzio, aborto, pari opportunità). Il femminismo ha dato un importante contributo al dibattito su questioni come la relazione tra vita personale e sociale, la sessualità, la crisi della famiglia tradizionale e l’educazione.
Il Nuovo Umanesimo considera il femminismo un contributo importante nella lotta contro la discriminazione.
Feudalesimo
(da feudale, lat. mediev. feudalis, probabile der. da vc. germ. *fehu, beni immobili o bestiame) Istituzione sociale basata sul feudo, donazione territoriale che il vassallo riceveva dal signore in cambio del proprio servizio militare. Dapprima questa istituzione (nell'impero romano), sotto forma di colonato, espressione embrionale del feudo, si manifestò in Europa dalla fine dell'epoca carolingia alla fine del medioevo. I marxisti hanno allargato troppo il senso di questo termine, considerandolo come una formazione socio-economica universale che, secondo loro, predominava in tutto il mondo dal crollo dello schiavismo fino all'avvento del capitalismo (tra i secoli V e XVIII). La storiografia contemporanea non riconosce l'esistenza del regime feudale nel mondo iberoamericano, tranne che in alcune parti della Catalogna, della Navarra e di Aragona, dove venne imposto dai re franchi nella Marca ispanica. Il regime feudale aveva come base socio-economica la servitù della gleba, scomparsa nella penisola iberica verso il XIII secolo. I rapporti di vassallaggio riguardavano soltanto la nobiltà e l'alto clero. Al di fuori di quei rapporti, vi erano i contadini servi e il “terzo stato” (gli abitanti di paesi e città, personalmente liberi, raggruppati in corporazioni di artigiani e mercanti). Il regime feudale si caratterizzava per le interminabili guerre tra feudatari, che distruggevano vasti territori. Gli Stati feudali erano molto fragili e di breve durata. I sudditi del potere feudale passavano di frequente da un signore all'altro, e ciò provocava la disgregazione dei regni, delle contee e dei principati. Il ruolo centripeto era svolto in quel tempo dalla chiesa cattolica, che pretendeva di esercitare un’autorità morale e a volte politica assoluta. La chiesa, in questo ruolo, organizzò le crociate contro gli infedeli, chiamando a raccolta la nobiltà di diversi paesi.
Il feudalesimo generò un movimento culturale caratterizzato sia da un ordine gerarchico che da un regime sociale assai rigido. La vita spirituale era improntata alla filosofia scolastica e subordinata alla chiesa cattolica. Contro questo regime si sollevarono vari movimenti di contadini e artigiani oppressi, definiti eretici dalla chiesa ufficiale e crudelmente repressi anche mediante le crociate.
L'esistenza del feudalesimo in Oriente non è confermata da documenti storici e può essere considerata come una modernizzazione del processo storico, una manifestazione dell'eurocentrismo. Marx e i marxisti occidentali cercarono di interpretare i fenomeni sociali dell'Oriente nei termini del cosiddetto “modo di produzione asiatico”. Gli orientalisti sovietici eterodossi usavano per tutto ciò l'espressione “formazione primaria”, che comprendeva rapporti propri della barbarie, della schiavitù, del feudalesimo, cioè la coazione extraeconomica necessaria all'appropriazione violenta del plusvalore e alla sua successiva redistribuzione a favore delle caste e delle “classi” (stati) privilegiati. Ma questa interpretazione del processo storico della maggioranza della popolazione mondiale pecca a sua volta di riduzionismo economico e di sottovalutazione della specificità culturale e della diversità insita nella storia universale.
L'umanesimo, sin dal suo sorgere, si è pronunciato contro la riduzione della vita umana alla priorità di tale o talaltro fattore isolato; a favore del riconoscimento dell'integrità dell'essere umano in tutte le sue manifestazioni e a favore dell'unità essenziale umana e della sua diversità culturale. Per questo il Nuovo Umanesimo non accetta schemi aprioristici universali che passino sopra alla specificità culturale dei diversi popoli e allo stesso tempo respinge il punto di vista positivista che impedisce di analizzare gli aspetti convergenti di diverse culture.
Il Nuovo Umanesimo ritiene che non esistano le cosiddette “leggi di bronzo” che costringono le persone a sottoporsi ciecamente ai loro effetti. Noi esseri umani facciamo la nostra storia per nostro proprio conto, in corrispondenza alle circostanze del momento, disponiamo della libertà di scelta tra vari modelli o varianti e abbiamo la responsabilità personale delle nostre azioni. Il feudalesimo è stata una di queste varianti storiche, dipesa in gran parte dalla scelta dei popoli europei a favore del cristianesimo occidentale, che predeterminò le caratteristiche specifiche della società feudale nell'Europa occidentale.
Filantropia
All'origine, amore per il genere umano. In pratica, varie associazioni di filantropi cominciarono a sorgere già nel XVII secolo. Le società filantropiche si svilupparono cercando di rimuovere situazioni di miseria ben precise per poi orientarsi progressivamente verso la solidarietà, a volte internazionale. Attualmente, molte organizzazioni umanitarie riconoscono la filantropia come l'atteggiamento personale primario che riunisce i loro membri.
Forum umanista
Incontro aperto del Nuovo Umanesimo a cui partecipano organizzazioni e individui per scambiare esperienze e contributi sulla base di interessi generalmente formalizzati nelle seguenti aree: 1. Sanità; 2. Educazione; 3. Diritti umani; 4. Antidiscriminazione; 5. Etnie e culture; 6. Scienza e tecnologia; 7. Ecologia; 8. Arte ed espressioni popolari; 9. Religiosità; 10. Raggruppamenti sociali di base; 11. Partiti politici; 12. Movimenti alternativi; 13. Economie alternative.
Indetto dalla èComunità per lo sviluppo umano, il primo forum umanista si è svolto a Mosca nei giorni 7 e 8 ottobre 1993; il secondo, a Città del Messico nei giorni 7, 8 e 9 gennaio 1994, e il terzo a Santiago del Cile nei giorni 7 e 8 gennaio 1995.
Fraternità
(dal greco prhratria e da questo il lat. fraternitas, fraternità) Si tratta dell'amore da fratelli che unisce tutti i membri della famiglia umana. L'amore fraterno è la tendenza dell'essere umano a unirsi solidariamente con gli altri per condividere una stessa dignità umana.
Tra gli antichi greci si intendeva con il termine phratria una suddivisione della tribù che praticava sacrifici e riti propri. Durante il medioevo, per fraternità si intese un trattamento ben definito che praticavano tra loro re e imperatori e anche alti gerarchi ecclesiastici. In questo senso, il termine viene usato ancora oggi tra i religiosi.
Durante la rivoluzione francese, la parola d'ordine della fraternità, insieme a quella della libertà e dell'uguaglianza, si trasformò in un principio dell'organizzazione sociale del regime repubblicano. La sovranità, rappresentata fino ad allora dal monarca, passò al popolo che dette vita a specifiche manifestazioni e riti appropriati come l'incarnazione della fraternità.
Questo termine con il tempo si è andato modificando verso l'uso più frequente di èsolidarietà, e in tale progressiva riduzione, che denota l'attuale tendenza individualista, si comincia a usare il termine “reciprocità” quasi come condizione minima del rapporto umano. Tuttavia, il Nuovo Umanesimo ritiene la fraternità come espressione dell'amore universale che unisce tutti gli esseri umani. In questo senso, la fraternità si estende non soltanto ai membri di una tribù, di una classe, di una casta o di un altro gruppo sociale, ma a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla loro razza e condizione sociale o religiosa.
Fronte d'azione
Organizzazione di lotta che riunisce membri di un settore sociale per la difesa dei loro interessi. Attualmente, le organizzazioni della base sociale possono svilupparsi grazie all'ampliamento di diversi fronti d'azione considerati come “diversità convergenti” dal punto di vista dell’obiettivo, ma atti a generare cambiamenti progressivi o a catena (èeffetto dimostrazione) all’interno dello schema di potere vigente. In questo senso, l'organizzazione dei lavoratori non può essere mantenuta nei limiti proposti dal sindacalismo, con il suo allontanamento dalla base e la sua progressiva tendenza verticista. I raggruppamenti di base dei lavoratori, costituiti in fronti d'azione autonomi e con molti legami con altri fronti, costituiscono una nuova forma di organizzazione e di azione in sintonia con il processo di èdestrutturazione e di decentralizzazione che oggi si verifica in tutti i campi.
G
Gandhismo
Dottrina e movimento sociale, il cui fondatore e leader fu il pensatore e politico indiano Mohandas Karamchand Gandhi, più noto come Mahatma Gandhi (1869-1948). Nel 1893 organizzò in Sud Africa una campagna degli indiani contro la legislazione discriminatoria mediante la resistenza passiva. Nel 1919 avviò in India, all'epoca colonia inglese, un movimento di massa contro il colonialismo mediante la non-cooperazione e il boicottaggio delle merci inglesi. Usò come strumenti politici il digiuno e la disobbedienza civile, respingendo per principio la violenza.
Nella dottrina filosofica e sociale del Mahatma Gandhi, abbastanza eterogenea, osserviamo elementi progressisti e forme sociali patriarcali, superate dal processo storico.
Generazioni
Man mano che la produzione sociale si sviluppa, cresce l'orizzonte umano, ma la continuità del processo non è garantita dalla semplice esistenza di oggetti sociali. Per il Nuovo Umanesimo la continuità è data dalle generazioni umane che interagiscono e si trasformano nel processo produttivo. Queste generazioni, che consentono continuità e sviluppo, sono strutture dinamiche, sono il tempo sociale in movimento, senza di cui una società ricadrebbe nello stato di natura e perderebbe la propria condizione di società storica, com'è accaduto con la èdestrutturazione degli imperi dell'antichità.
Le guerre sono state fattori decisivi nella “naturalizzazione” delle società, nella misura in cui hanno distrutto la continuità per riduzione violenta della generazione giovane. In uno stesso orizzonte temporale, in uno stesso èmomento storico, coincidono coloro che sono contemporanei e perciò coesistono, ma lo fanno da èpaesaggi di formazione diversi a causa delle differenze di età rispetto ad altre generazioni. Tale fatto segna l'enorme distanza nella prospettiva sostenuta dalle generazioni. Queste, sebbene occupino lo stesso scenario storico, lo fanno da un diverso “livello” di situazioni e di esperienze. Avviene, del resto, che in ogni momento storico coesistano generazioni di età differente, con diversi gradi di ritenzione e di propensione e che, di conseguenza, configurano situazioni diverse. Il corpo e il comportamento di bambini e anziani rivelano, per le generazioni attive, una presenza da cui si proviene e una verso cui si va e, a loro volta, per gli estremi di questa triplice relazione, collocazioni di temporali altrettanto estreme. Ma tutto ciò non rimane mai fermo, perché mentre le generazioni attive invecchiano e gli anziani muoiono, i bambini si trasformano e cominciano a occupare posizioni attive. Intanto, nuove nascite ricostituiscono di continuo la società. Qualora, in astratto, si “fermasse” l'incessante fluire, si potrebbe parlare di un “momento storico” in cui tutti i membri collocati nello stesso scenario sociale possono essere considerati contemporanei, viventi in uno stesso tempo (per quanto si riferisce alla databilità). Ma questi membri presentano una coetaneità non omogenea (per quanto riguarda la loro temporalità interna e la loro esperienza). Le generazioni più vicine cercano di occupare l'attività centrale (il presente sociale), secondo i loro particolari interessi, mentre si stabilisce con le generazioni al potere una dialettica in cui si verifica il èsuperamento del vecchio da parte del nuovo.
Il tema delle generazioni è stato trattato da vari autori, tra cui Dromel, Lorenz, Petersen, Wechssler, Pinder, Drerup, Mannheim e, in particolare, Ortega.
Gerarchia
(dal gr. tardo hierarkhía, der. di hierárkhes, capo delle sacre funzioni; da hierós, sacro e árkho, comando) Ordine o gradi di persone e cose; ognuno dei nuclei o dei raggruppamenti costituiti nei diversi ruoli.
L'informatica intende per gerarchia la priorità che può essere attribuita a ogni elemento, dato o istruzione di un programma, prima di compiere un qualunque procedimento informatico.
Gestione
vedi amministrazione
Gesuitismo
Dottrina, sistema e insieme dei principi religiosi, politici e sociali dei gesuiti o a essi attribuiti; pratica dell’apparenza come sistema di vita.
La Compagnia di Gesù, ordine religioso fondato da Ignacio de Loyola nel 1534 come strumento della controriforma, fu soppressa da Clemente XIV nel 1773 (grazie al beneplacito degli imperatori di Russia e Cina rimane in vita nei loro possedimenti). Pio VII la ristabilì nel 1814 e venne stimolata dalla Santa Alleanza.
I gesuiti svolgevano un ruolo molto importante nell'istruzione pubblica e nell'attività politica segreta; confondevano spesso l'opera missionaria della chiesa con la realizzazione di missioni segrete della diplomazia e della polizia segreta delle potenze cattoliche. Nei secoli XIX e XX tentarono di presentarsi di fronte all'opinione pubblica dei paesi cattolici come guide della lotta contro il modernismo all'interno del cattolicesimo e contro la massoneria all'esterno. Per svolgere le missioni segrete, i gesuiti indossavano abiti civili e fingevano di essere sostenitori dei loro stessi nemici per penetrare nelle loro file. Questa “flessibilità” morale e questa propensione a integrarsi nella carriera politica, facevano sì che sui gesuiti cadesse l'accusa di ipocrisia e di doppiezza. Il personaggio letterario della commedia di Molière, Tartufo, è il prototipo della perversità e della corruzione dissimulate ipocritamente e considerate come personificazione del gesuitismo.
Comunemente, viene attribuita ai gesuiti la tesi, assai discutibile dal punto di vista morale, secondo cui il fine nobile può giustificare il ricorso a mezzi bassi e indegni. Tuttavia, questa immagine della Compagnia di Gesù è unilaterale e, in fin dei conti, ingiusta ed è dovuta in gran parte alla propaganda tendenziosa dei suoi avversari, che approfittano di alcuni comportamenti, usi e tradizioni dell'ordine che contraddicono le norme abitualmente ammesse nella comunicazione sociale, nella coscienza comune.
I nomi del noto umanista cristiano brasiliano Antonio de Viera e del filosofo e scienziato Teilhard de Chardin, sottoposti alle repressioni della gerarchia ecclesiastica, testimoniano, in modo opposto a quella che è l'idea generalizzata, l'alta qualità di alcuni membri di quell'ordine.
Gioco
(dal latino iocus, scherzo) Azione ricreativa priva di un obiettivo di utilità, che procura soddisfazione fisiologica sin dall'infanzia dell'essere umano e ne sviluppa le attitudini modellando comportamenti in situazioni sconosciute. Già nelle specie animali, il gioco permette la trasmissione di esperienze dagli esemplari adulti ai giovani e la realizzazione dell'apprendimento individuale in gruppo. Gli esseri umani stabiliscono regole convenzionali che reggono queste azioni ricreative. Il gioco contribuisce allo sviluppo della personalità e alla formazione delle abitudini, delle risorse e delle capacità, trasformandosi in una delle possibili forme di insegnamento. Il gioco ha un’importanza euristica incalcolabile.
Nella società industriale il gioco delle scommesse si trasforma nell'industria dell'ozio a scopi di lucro, portando alla rovina una gran quantità di piccoli proprietari e impiegati, distruggendone la personalità. In questo modo, un’attività di divertimento si trasforma in un vizio sociale.
Giustizia
(dal latino iustitia, cfr.: ius, il diritto) 1. Valore etico che regola la vita spirituale e sociale dell'essere umano; è la virtù sociale per eccellenza. È fondamento del diritto, della ragione e dell'equità. Esprime l'uguaglianza delle persone di fronte alla legge morale.
Designa una delle quattro virtù cardinali che dà a ognuno ciò che gli compete o l'insieme di tutte le virtù che caratterizzano in positivo colui che le detiene.
A partire da Aristotele si distingue: giustizia commutativa, che regola l'uguaglianza o il rapporto che deve sussistere tra le cose quando si danno o si scambiano le une per le altre; giustizia distributiva, che regola la proporzione secondo cui devono essere distribuiti ricompense e castighi; giustizia legale, che costringe il suddito a prestare obbedienza alle disposizioni del superiore; giustizia ordinaria, vale a dire la giurisdizione comune, contrapposta a quella delle prerogative e dei privilegi.
Nelle diverse culture, nei diversi periodi storici, il contenuto della giustizia muta. È diversa l'interpretazione della giustizia fatta da diversi gruppi sociali etnici e religiosi della stessa società. Molti valori ritenuti giusti dai cosiddetti barbari, come i celti, i germani e gli slavi, erano dichiarati ingiusti nell'impero romano e bizantino. Vari valori della Roma antica furono condannati come pagani dagli stessi romani dopo l'adozione del cristianesimo.
Il Nuovo Umanesimo ritiene giusto ogni atto che consenta all'essere umano di realizzare integralmente le sue capacità e di formare la sua propria personalità, senza creare danno agli altri. Allo stesso tempo, considera ingiusta qualunque azione che annulla o riduce la libertà di scelta e altri diritti essenziali dell'uomo. È ingiusto qualunque atto che si voglia realizzare con altri ma che non venga realizzato nel rispetto di se stessi.
2. Sistema formato storicamente da norme e istituzioni giuridiche di uno Stato o di una comunità di Stati. In tal senso, la giustizia difende il diritto. Tutta l'attività legale si trova sotto la protezione della giustizia. Queste norme giuridiche hanno carattere obbligatorio e devono essere osservate da tutti i cittadini, con la pena di un castigo in caso di infrazione.
Nelle democrazie moderne, tutti i cittadini hanno uguali diritti politici e sociali, ma gli esseri umani si differenziano per età, sesso, salute, forza fisica, forza intellettuale ecc. Perciò, una società mediamente giusta tenta di compensare queste differenze relative ai doveri sociali liberando alcuni gruppi da determinati obblighi (bambini, invalidi, malati) e stabilendo pensioni (per malati, anziani, invalidi) e sistemi per la previdenza sociale, la disoccupazione, la qualificazione e la riqualificazione per coloro che non hanno avuto o hanno perduto determinate opportunità lavorative. Il Nuovo Umanesimo dà particolare peso a questi problemi, e lotta contro i privilegi di razza, classe, religione ecc. e a favore del riconoscimento delle differenze individuali, poiché ritiene giusta la compensazione delle carenze sociali.
Riguardo al fatto che la giustizia come sistema di istituzioni statali ricorra spesso all'uso di metodi violenti, il Nuovo Umanesimo è in dissenso rispetto a varie norme e alle decisioni relative prese dalle istituzioni. Per esempio, gli umanisti condannano la pena capitale e ne esigono l'abolizione. Nei conflitti sociali ed etnici gli umanisti esprimono solidarietà alle vittime dell'oppressione di ogni genere e agiscono a favore della libertà di coscienza.
3. Potere giudiziario, ministero o tribunale che esercita la giustizia.
Gruppo sociale
Comunità costituita in base a vincoli più o meno stretti di professione, di interessi, di lavoro, di religione ecc.
All'interno del gruppo sociale si forma spontaneamente un determinato sistema di ruoli e di statuti, si evidenziano i leaders, si costituiscono la disciplina e l'ideologia di gruppo.
Nella comunità criminale, il gruppo si costituisce sulla base della partecipazione congiunta ad azioni delittuose e agisce come una banda armata, come unione di persone legate da impegni e da bisogni reciproci, ma anche sulla base di fattori psicologici comuni, quali la paura, l'odio, l'aspirazione alla vendetta ecc.
Nel mondo religioso sono riscontrabili gruppi sotto forma di congregazioni ecclesiastiche e ordini monastici.
Attualmente, in tutto il mondo ci sono gruppi giovanili, femminili, raggruppamenti di quartiere ecc. Ciò dimostra che il gruppo sociale può essere considerato come una forma stabile e semplice di autorganizzazione, di manifestazione del sentimento di solidarietà e di reciproco aiuto.
Il gruppo è il livello primario e di base della socializzazione della personalità nella società atomizzata e disumanizzata. I sociologi distinguono diversi tipi di gruppi sociali: 1. grandi (tribù, classe, nazione); 2. piccoli (famiglia, comunità di vicini, gruppi di amici e altri gruppi primari); 3. nominali (aula scolastica, pubblico teatrale); 4. istituzionalizzati (squadra di operai, ordine religioso, gruppo parlamentare, corporazione di banchieri, plotone di soldati); 5. referenziali (si tratta della determinazione del carattere e della posizione dell'individuo nella società e del suo sistema di valori, utilizzando, ad esempio, un'indagine su un gruppo di operai. Ciò consente di chiarire le caratteristiche di un mestiere o di una fabbrica, senza interpellare tutti gli operai di quel mestiere o di quella fabbrica).
Tutti i sistemi totalitari e corporativi portano all’estremo la forza della psicologia e della disciplina di gruppo soffocando l'intelligenza e l'iniziativa personale. Il fascismo italiano e tedesco cominciarono la loro attività con la creazione di piccoli gruppi paramilitari di giovani.
Il gruppo può assolvere un ruolo sia positivo sia negativo. In un caso, mobilita le persone, ne innalza lo spirito, ne umanizza la coscienza e ne rafforza l'energia (società democratiche di base, movimenti giovanili e femminili, club umanisti ecc.). In altri casi, il gruppo soffoca la personalità (gruppi mafiosi, movimenti fascisti, razzisti, fondamentalisti). Il problema consiste nel canalizzare questi gruppi verso gli interessi dell'essere umano come personalità libera e ragionevole, facendo appello ai suoi sentimenti più elevati, anziché sfruttandone i comportamenti irrazionali e distruttivi.
Guerra
(dal germanico werra, mischia da collegarsi con l'ant.-alto ted. (fir-) wërran, avviluppare) Lotta aperta e armata tra tribù, clan, Stati, grandi gruppi sociali, religiosi o etnici; forma massima della violenza.
La storia universale ha registrato oltre 2.500 guerre, tra cui due guerre mondiali. Nella prima guerra mondiale perirono oltre 20 milioni di abitanti; nella seconda, oltre 50 milioni.
Le guerre vengono compiute per ridistribuire, mediante la violenza armata, i beni sociali, strappandoli agli uni e dandoli agli altri.
Prima questo interesse egoistico non soltanto non veniva celato ma si mostrava apertamente. Nei tempi moderni questo interesse si maschera dietro motivi religiosi, geopolitici ecc (difesa di convinzioni religiose, accesso ai luoghi sacri, sbocco al mare, ristabilimento dei diritti di minoranze etniche, “pulizie etniche” dei territori e molti altri pretesti).
In linea di principio, è possibile evitare la trasformazione di vari conflitti in guerre, ma nella società contemporanea esistono potenti forze sociali interessate alle guerre, come il complesso militare-industriale, raggruppamenti sciovinisti e nazionalisti, gruppi mafiosi ecc. Il commercio di armi è l'affare più remunerativo, gestito da USA, Francia, Inghilterra, Russia, Cina e altre potenze.
Le speranze che la Lega delle Nazioni, dopo la prima guerra mondiale, e l'ONU dopo la seconda, potessero frapporre argini per impedire l'esplodere di guerre sono fallite. Conflitti armati affliggono oggi i Balcani, il Medio Oriente, l'Africa e le repubbliche costituitesi dopo il collasso dell'URSS. Tuttavia, l'umanità ha elaborato alcuni principi e procedure giuridiche internazionali per punire il delitto della guerra e i criminali di guerra. I tribunali internazionali di Norimberga e di Tokyo hanno costituito in questo senso un precedente di grande portata che prosegue attualmente nel tribunale internazionale dell'Aia, che si basa sulla Carta dell'ONU.
Sebbene il movimento antibellico non abbia oggi le dimensioni che assunse in passato, questo fenomeno non si è spento e continua a svilupparsi. L'umanesimo cerca di dare il contributo necessario a rivitalizzare il movimento contro le guerre, per appianare i conflitti regionali e locali nella ex Iugoslavia, nell'Afghanistan, nel Tagikistan, in Cecenia e in altre zone del Caucaso; in Ruanda e in Burundi, in Guatemala e nel Chiapas (Messico); in Cambogia e a Timor est.
Guerra civile
Lotta armata tra parti opposte di uno stesso paese, che sorge come prodotto della sua crisi causata da conflitti inconciliabili: politici, sociali, interetnici, interconfessionali ecc. Si tratta della forma più crudele e abominevole di guerra, che impone maggiori sacrifici alla popolazione indifesa: donne, bambini, vecchi, malati, invalidi. La guerra civile è disastrosa anche in senso ecologico, per la quantità di distruzioni che comporta.
È conseguenza della divisione della società in parti contrapposte e del tentativo di risolvere acute contraddizioni mediante la violenza imposta da minoranze armate a tutta la società. In molti casi è difficile distinguere la guerra civile dalla rivoluzione, quando quest'ultima si realizza sotto forma di lotta armata e si accompagna al terrore di massa. La guerra civile è sanguinosa e conduce a gravi perdite tra la popolazione. Spesso è provocata dall'intervento straniero negli affari interni di un altro paese.
Attualmente, guerre civili si riscontrano in Cambogia, Sudan, Iraq, Somalia e Tagikistan.
Gli umanisti sono contrari alle guerre civili e favorevoli a un regolamento dei conflitti all'interno di ogni paese per mezzo di negoziati e compromessi che tengano conto degli interessi legittimi delle parti belligeranti ed evitino così spargimenti di sangue e calamità pubbliche.
Guerra fredda
Confronto militare e ideologico tra l'URSS e i suoi satelliti, da un lato, e il blocco capeggiato dagli USA dall'altro, dalla fine della seconda guerra mondiale all'annullamento del patto di Varsavia e al collasso dell'URSS. La guerra fredda con la sua corsa agli armamenti era considerata come una preparazione di entrambi i blocchi a una eventuale terza guerra mondiale e un indebolimento delle posizioni dell'avversario, innanzitutto nel terzo mondo. Si manifestava nella militarizzazione dell'economia e della politica; nella guerra psicologica e nella pressione diplomatica; in continui conflitti e guerre locali, quali le invasioni sovietiche dell'Ungheria nel 1956, della Cecoslovacchia nel 1968, dell'Afghanistan nel 1979; nella crisi caraibica del 1961; negli interventi nordamericani in Centroamerica; nell'intervento anglo-francese in Egitto nel 1956 ecc.
La guerra fredda, in sostanza, ha colpito l'economia dell'URSS e ha contribuito al suo collasso, ma allo stesso tempo ha debilitato l'economia degli USA e ha condotto alla crisi morale della società occidentale, aggravando inoltre la situazione ecologica mondiale e provocando altri disastri globali.
A metà degli anni Novanta si osservano fenomeni di recrudescenza di alcuni aspetti politici e psicologici della guerra fredda nei conflitti regionali dei Balcani, in Estremo Oriente e in alcune zone della CSI. Tutto ciò richiede l'intensificazione del movimento contro la guerra. Gli umanisti condannano la mentalità della guerra fredda e i conflitti bellici mascherati da “conflitti locali”.
I
Idealismo
Spesso ci si riferisce al platonismo e al neoplatonismo come a filosofie idealiste, ma poiché dal punto di vista della teoria degli universali questi filosofi sono considerati “realisti”, avendo affermato che le idee sono “reali”, il termine idealismo applicato a queste correnti dà luogo a equivoci. È preferibile, perciò, parlare dell'idealismo moderno in termini filosofici riferiti all'aspetto gnoseologico e metafisico. In generale, questi filosofi assumono come punto di partenza della loro riflessione non il mondo circostante (“esterno”) ma l'“io”, o la “coscienza” e appunto perché l'“io” è ideatore, è rappresentativo, il termine idealismo appare giustificato. Dal punto di vista gnoseologico, la domanda di base è “come si possono conoscere le cose?”, e dal punto di vista metafisico “essere” significa “essere dato nella coscienza”. L'idealismo risulta quindi un modo di intendere l'essere. Ciò non significa che l'idealismo pretende di ridurre l'essere o la realtà alla coscienza o al soggetto.
Il termine idealismo viene usato di solito anche in rapporto agli ideali e quindi viene definito “idealista” chiunque presupponga che le azioni umane debbano essere rette da ideali (siano questi realizzabili o no). Quindi, si attribuiscono al termine idealismo connotazioni etiche e/o politiche. In tal senso, spesso si contrappone questa posizione a quella del realismo, intendendo quest'ultima come quella che considera più importanti le “realtà”, i fatti, percepiti senza prendere in considerazione la prospettiva da cui vengono osservati.
Si intende inoltre come idealismo un particolare punto di vista sulla vita sociale, che nega il ruolo decisivo dei fattori economici e tecnologici e spiega tutti i fatti attraverso le caratteristiche soggettive delle popolazioni. In questo modo, gli idealisti negano l'influenza di eventi ricorrenti nello sviluppo della civiltà. Riguardo a quest'ultimo punto, la scuola umanista tiene in considerazione l'enorme potere del fattore soggettivo, così come dà moltissimo valore alle concezioni ed ai miti della vita della gente, però vede anche, in quelle formazioni della coscienza, l'azione delle condizioni della vita sociale.
Spesso si è fatta una rozza divisione tra idealismo e èmaterialismo, ma alcuni rappresentanti di una posizione hanno importanti punti di contatto con l'altra. A livello informativo non accademico, esiste grande confusione tra termini come “idealismo” e “soggettivismo”, “materialismo” e “oggettivismo”. Diverse correnti ideologiche hanno modificato sistematicamente la portata e i significati di queste parole con l'intenzione di squalificare le posizioni opposte, ma ciò ha finito per svantaggiare entrambe le parti. Oggi, accusare qualcuno di essere “idealista” o “materialista” non suscita conseguenze né ha valore migliorativo o peggiorativo. Semplicemente, queste parole, al di fuori degli ambienti specializzati, hanno perduto il loro significato più stretto.
Illuminismo
(dal fr. illuminisme, cfr.: lat. lumen, luce) Nella storia universale, questo nome, epoca dell'Illuminismo o Secolo dei Lumi, fu assegnato al XVIII secolo. L'inizio di questa corrente di pensiero, che dà priorità alla conoscenza scientifica e alla ragione umana, è segnato dalle opere di Spinoza, Descartes, Locke, Newton, Leibniz e altri pensatori dei secoli XVII e XVIII. Senza dubbio tutti questi autori, creatori di sistemi universali, vanno considerati precursori dell'illuminismo insieme ai pensatori enciclopedisti che, invece, attribuivano priorità alla conoscenza empirica e storicista.
Il simbolo dell'epoca è l'enciclopedismo, che seppe imprimere il sigillo illuminista alla società universale e porre come forza motrice del progresso sociale la conoscenza scientifica, il razionalismo e l'empirismo. Le idee del bene, della giustizia, della solidarietà umana, fecondate dalla conoscenza scientifica, potrebbero, secondo i pensatori dell'illuminismo, cambiare qualitativamente l'essere umano e tutta la società, contribuendo all'umanizzazione della vita.
Diderot presentò l'idea relativa all'unità del bene e della bellezza. Voltaire puntò il proprio acume critico contro l'istituzione della chiesa. Montesquieu mise le basi del principio della separazione dei poteri. Condillac formò la scuola sensista e stabilì il ruolo dell'analisi nella conoscenza scientifica. Rousseau elaborò la dottrina del “contratto sociale”. Schiller sviluppò il suo umanesimo romantico. Goethe studiò con attenzione la combinazione degli aspetti naturali e sociali in ogni essere umano.
L'estensione delle conoscenze scientifiche enciclopediche, l'intrecciarsi dei punti di vista religioso e ateo nell'analisi dei fenomeni della vita, l'aspirazione all'armonia e alla prosperità, il consolidarsi dei principi di giustizia e di solidarietà, aprirono il cammino al sorgere dei tempi moderni. Il nuovo ordine sociale che ne risultò non fu tanto armonico e umanista, come sognavano i pensatori dell'illuminismo, ma segnò comunque un gigantesco passo avanti nello sviluppo della civiltà.
Il maggior merito storico del Secolo dei Lumi, come del Rinascimento, consiste nel rinnovamento dell'umanesimo come ideologia sociale, modo di vivere e principi etici. Tutto ciò ha un significato imperituro per la civiltà universale.
Immigrazione
(da immigrare der. dal lat. immigrare, in, verso e migro, migrare) Azione di giungere in un paese per viverci. Tale scelta può essere assunta con obiettivi privati (riunificazione di famiglie), economici (ricerca di lavoro, di un salario decoroso ecc.), politici (fuga da persecuzioni politiche per salvare la vita, la dignità personale, per avere la possibilità di scrivere e di pubblicare libri, di continuare l'attività artistica, giornalistica ecc.).
Gran parte degli immigrati cerca riparo dalle guerre civili, dal genocidio, dalle persecuzioni religiose, dalle “pulizie” etniche ecc.
L'immigrazione si divide in legale, quando gli immigranti arrivano in un determinato paese rispettando tutti i requisiti legali stabiliti dalla sua legislazione, e illegale, quando gli immigranti sono privi di documenti e infrangono le norme d'ingresso.
Attualmente, le correnti migratorie dal Sud povero al Nord ricco hanno dimensioni enormi e ciò riflette la dinamica del mercato mondiale del lavoro, perché gli immigranti, soprattutto quelli illegali, ricevono salari irrisori. In Europa e negli Stati Uniti gli immigranti sono soggetti a discriminazione.
L'immigrazione ha ripercussioni economiche, sociali, politiche, religiose e psicologiche; conduce a una crescita della tensione sociale, a conati di razzismo, di xenofobia e di fascismo, e ciò viene sfruttato dalle oligarchie dominanti per condurre la loro offensiva contro le garanzie sociali, contro le libertà pubbliche ecc.
La politica umanista sottolinea la preoccupazione per i diritti umani, come quelli degli immigrati e propone l'umanizzazione dello sviluppo sociale per ridurre gli aspetti negativi dei processi di integrazione regionale, che stimola le migrazioni della popolazione.
Imperialismo
La politica di uno Stato che tende a porre popolazioni ad esso estranee o altri Stati sotto la propria dipendenza politica, economica o militare. In questo senso, l'annessione politica è il caso più chiaro di imperialismo.
Verso il 1880 iniziò un periodo di acquisizione di colonie in Africa da parte di alcune potenze europee, e in estremo Oriente da parte del Giappone. In questa fase si può ancora parlare di èneocolonialismo. Germania, Italia e Giappone non riuscirono a ottenere colonie fino agli inizi del XX secolo, a causa delle loro tardive unificazioni o industrializzazioni e, sulla pratica neocoloniale, si lanciarono nelle guerre di conquista e di annessione, e lì comincia l'imperialismo contemporaneo. Conclusa la seconda guerra mondiale, emersero superpotenze di segno mondializzatore che portarono avanti pratiche imperialiste di annessione, di intervento militare e di dominio politico ed economico, come i casi dell'imperialismo capitalista statunitense e del socialimperialismo stalinista. Attualmente, l'imperialismo nordamericano continua a svilupparsi sebbene, nella loro conformazione politica interna, gli Stati Uniti conservino ancora la struttura repubblicana e la democrazia formale, il che impedisce di definirli “impero” in senso strutturale. I cosiddetti “imperi” a partire dal XV secolo sono stati in realtà conformazioni di metropoli che svilupparono attività coloniali più o meno estese(ècolonialismo).
Impresa-società
In Impresa e società, basi di una economia umanista, come pure in diversi articoli e seminari, J.-L. Montero de Burgos espone la posizione umanista, contrapposta al concetto di èproprietà sulle cose. La proprietà sulle cose (in questo caso l'impresa), ha dato èpotere sulle persone. Invertendo questa relazione, il potere delle persone deve dare accesso alla proprietà e ai guadagni dell'impresa e in nessun caso il potere si deve esercitare sulle persone. Ma da dove nasce questo potere? Questo potere è dato dal rischio, tanto del capitale quanto del lavoro, per cui nessuno può essere il padrone dell'impresa ma bisogna avere potere su di essa in base a chi detiene la gestione, il potere di decidere.
Finora il potere è in mano all'“imprenditore che ci mette i soldi”, al proprietario dell'impresa o, se si vuole, al proprietario della terra. Di recente si manifestano tendenze che spostano questo potere a una categoria di managers. Ma se questi managers non soddisfano il capitale in quanto a risultati dei bilanci, il capitale li sostituisce con altri più in sintonia con il suo scopo, che non è altro che quello di ricavare profitto. Il potere continua a rimanere nelle mani del capitale. Inoltre, dato che l'impresa moderna è concepita dinamicamente, il suo sviluppo, la sua competitività, sono legati ai finanziamenti, che non sempre possono essere interni. La tendenza attuale dell'evoluzione del potere, attualmente in mano ai tecnici del management, è rivolta verso il potere finanziario, verso il potere del denaro, perché è da questo che dipende il futuro dell'impresa. Una banca può mandare a picco un'impresa prospera negandole crediti. E può farlo perché non deve render conto a nessuno di tale decisione. Ciò si può definire, ricorrrendo a una similitudine astronomica, il “centro di gravità” del potere. Al crescente potere del denaro va di pari passo la perdita costante del potere del lavoro. In generale, i lavoratori hanno fatto pressione per chiedere miglioramenti dei salari e delle condizioni di lavoro, mentre gli imprenditori si sono occupati di realizzare utili nell'impresa, sia per ampliarla e/o rafforzarla, sia per far fruttare il capitale. Però attualmente, in questo confronto, i lavoratori danno sempre maggior importanza alla conservazione dei posti di lavoro. A sua volta, la tecnologia moltiplica la produzione e richiede un numero sempre minore di lavoratori. Inoltre, i continui mutamenti nel mercato esigono rapidi adattamenti e di conseguenza gli imprenditori premono per eliminare le restrizioni ai licenziamenti. Dal canto suo, il rinnovamento industriale e commerciale travolge molte imprese che finiscono per fallire, lasciando i lavoratori disoccupati. Si avverte inoltre l'influenza dell'enorme incremento delle attività speculative. Le attività speculative non portano alcun vantaggio alla società e sono possibili a causa del potere esclusivo del capitale nelle imprese. La speculazione consiste, è risaputo, nell'acquistare beni (azioni, imprese, terreni, valuta, prodotti) per rivenderli a un prezzo maggiorato, traendo vantaggio dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita, ma senza che il bene in questione subisca alcuna modificazione utile alla società. Se ne trasforma soltanto il prezzo. Quando l'oggetto di speculazione è la moneta nazionale, vediamo lo stesso Stato utilizzare un fondo che appartiene a tutti i cittadini e viene spartito tra gli speculatori.
Se si accetta che le cose non possono essere fonte di potere sulle persone, perde ogni fondamento il potere imprenditoriale quale viene oggi concepito. Perciò è necessario individuare un'altra base del potere che consenta la libera creazione di imprese. Ciò risulta in sintonia con il paragrafo I del documento umanista (èumanista, documento) quando si dice che la base del potere sta nel rischio. In questo caso, sul rischio imprenditoriale dei membri dell'impresa. Su tali rischi, possiamo porci degli interrogativi.
L'investitore si sottopone a dei rischi. Può perdere tutto o, almeno, parte del capitale investito. Ha diritto di decisione, diritto di gestione sull'impresa a causa di questa situazione umana di rischio, non perché il capitale gli conferisca potere. Diversamente, se l'investimento non fosse soggetto al rischio di andar perduto, colui che lo fornisce non avrebbe basi su cui rivendicare potere di gestione. Il suo rischio reale dà fondamento al suo potere.
Esiste rischio per il lavoratore. Questi perde il proprio posto di lavoro se l'impresa fallisce. E questo rischio non deve essere minimizzato. Quando il lavoratore perde la collocazione professionale perde anche la stabilità lavorativa. Deve cercare un nuovo posto di lavoro. Perde anche la stabilità economica, perché il sussidio di disoccupazione, quando c'è, non equivale all'intero ammontare delle entrate precedenti e tanto meno le garantisce per sempre. Perde la stabilità sociale perché, in simili circostanze, i rapporti sociali si deteriorano. Perde la stabilità morale perché cessa di svolgere un lavoro utile alla società e che giustifica il suo salario. La sua stessa dignità umana lo spinge a non essere un parassita sociale e, se accetta passivamente tale situazione, il rischio di svilirsi insito in tale disoccupazione diventa reale. Perciò il lavoratore perde se l'impresa fallisce. Il lavoratore corre a sua volta un rischio imprenditoriale e ha, di conseguenza, diritto di gestione per se stesso, per la sua propria situazione umana, e senza che vi sia bisogno che acquisti azioni societarie per giustificare il proprio potere.
Tutto ciò non è irrilevante dal punto di vista concettuale. Significa “capovolgere” lo schema di ragionamento della proprietà che attualmente è: “Proprietà (di cose), quindi potere (sulle persone)”. Se si basa il potere sul rischio, lo schema appena esposto viene rovesciato e diventa: “Potere, quindi proprietà”. Vale a dire: potere (collegato al rischio imprenditoriale) quindi proprietà di cose (cioè, accesso alla proprietà del profitto dell'impresa e non al potere sulle persone).
Attualmente, vi sono tre alternative imprenditoriali.
1. Il capitalismo, basato sull'impresa privata, e la cui struttura ideologica si nutre attualmente di neoliberalismo. Presuppone una economia di mercato, di cui fa parte il lavoro, e auspica accumulazioni di capitale che devono risiedere, per la maggior parte, nelle mani di pochi: i ricchi. Il sindacato è libero.
2. Il socialismo, basato sulla proprietà statale dei mezzi di produzione. Si struttura ideologicamente partendo dal marxismo. Auspica una economia pianificata, controllata dall'apparato statale; elimina il mercato del lavoro, che viene sostituito da provvedimenti burocratici e ammette soltanto accumulazioni di capitale compiute da un unico soggetto: lo Stato. In teoria, questa posizione costituirebbe un primo passo verso lo sviluppo dell'autogestione imprenditoriale, che risulta coerente ai principi del socialismo. Il sindacato è unico e controllato dall'apparato statale.
3. Il cooperativismo, sostenitore della cooperazione nell'impresa, che si adatta sia ad ambienti capitalisti sia ad ambienti socialisti, ma è privo di una propria ideologia socio-economica. Non propone una soluzione soddisfacente per i lavoratori che non siano coproprietari e non dispone, in generale, di modi di accumulazione del capitale che risultino efficaci: le imprese devono ricorrere per lo più a crediti “agevolati”, forniti indirettamente dallo Stato e concessi di fatto da imprese, bancarie o no, affini all'apparato ufficiale. Non vi è un sindacalismo proprio della cooperazione.
Inoltre, c’è da considerare la socialdemocrazia, che è un compromesso tra la posizione socialista e quella capitalista. Ma le socialdemocrazie esistenti non possono essere applicate ai paesi in via di sviluppo poiché richiedono un sindacalismo stabile, e d'altra parte non sono umanamente accettabili perché presuppongono l'esistenza di una classe sociale potente che accumuli capitale.
Se consideriamo il problema sociale da una prospettiva biologica, sembra logico dedurne che l'appropriazione di risorse da parte dell'essere umano deve essere coerente sia con la natura sia con la sua particolare condizione specifica. Tutti gli esseri viventi si appropriano di risorse per sviluppare i loro fenomeni vitali mediante appropriazioni di due tipi: alcune possono essere definite “private” o individuali, ma vi sono anche quelle “comuni”, come potrebbe essere il caso di un formicaio. Anche all'interno di una comunità biologica possono coesistere entrambi questi tipi. Ma la natura, oltre a questi tipi di appropriazione, ha stabilito anche ciò che Montero de Burgos definisce “appropriazione generica”. Attraverso quest'ultima, tutte le risorse sono potenzialmente disponibili per qualunque tipo di vita e forma di appropriazione, privata o comune, che rimangono così subordinate a un livello superiore di appropriazione e aperte, di conseguenza, a una ridistribuzione delle risorse che consente il perdurare della vita. L'uomo, da parte sua, ha razionalizzato entrambe le appropriazioni, trasformandole rispettivamente in proprietà private o comuni. Ma non ha creato la proprietà generica, che dovrebbe comprenderle entrambe, concederebbe loro flessibilità e, naturalmente, le priverebbe di quella sorta di stabilità propria delle due forme analizzate in precedenza. Insomma, i beni della terra non sono proprietà privata di coloro che vi accedono né proprietà comune dell'umanità, ma proprietà generica. Cioè: tutti gli esseri umani devono essere proprietari di tutte le cose. Esempio paradigmatico della proprietà generica è l'aria, che non è, evidentemente, proprietà privata di nessuno ma non è neppure proprietà comune dell'umanità. Tutti gli altri esseri viventi che ne hanno bisogno devono avere accesso all'aria e l'uomo non può appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene in esclusiva, ma che è aperto a tutti e a ciascuno degli uomini, a tutti e a ciascuno degli esseri viventi, in funzione del loro bisogno di respirare. L'aria è proprietà generica degli esseri viventi. Vediamo adesso a quale tipo appartiene quella proprietà tanto particolare che è il corpo umano. Naturalmente, si può affermare che il corpo umano non è proprietà comune dell'umanità né, tanto meno, di uno Stato. La tendenza soggettiva iniziale è verso la proprietà privata del soggetto di quel corpo. In realtà, e secondo la proprietà generica, io non sono proprietario del mio corpo ma ho, per evidenti ragioni affettive, il diritto di decidere del mio corpo, per lo meno in via di principio. Supponiamo, per chiarire questo punto, che io mi trovi ad avere a che fare con una persona ferita o vittima di un incidente che non può cavarsela da sola. Se non c'è nessun altro, quel ferito ha bisogno che il mio corpo lo aiuti a uscire da quella situazione. Per ragioni di necessità, il ferito attiva la proprietà generica a proprio favore, e assume il diritto alla gestione del mio corpo. Evidentemente, posso rifiutare che il mio corpo lo aiuti, ma in questo caso gli ruberei, gli sottrarrei qualcosa che gli appartiene. Se, al contrario, decido di aiutarlo e lo trasporto, per esempio, in un ospedale e, una volta arrivati, soddisfa la sua necessità, io recupero il diritto di gestione sul mio corpo. Il corpo umano non è altro che un bene di proprietà generica degli esseri umani, e su cui ha prevalenza il soggetto di quel corpo. È realmente una proprietà condivisa con le persone che sono toccate dall'attività del mio corpo (la mia famiglia), anche se normalmente la loro gestione è minoritaria. Per risolvere questo presunto problema con la proprietà privata, bisogna introdurre un obbligo, morale o giuridico, estraneo alla proprietà. La proprietà generica ha, al contrario, potenzialità in sé per dare una soluzione soddisfacente al presunto caso di cui si sta discutendo.
Certo, la natura non abilita l'accesso alle risorse mediante il procedimento di riflessione vigente nella normativa degli umani (proprietà, quindi potere) ma mediante quella opposta (potere, quindi proprietà). Quel potere, ai livelli inferiori dell'uomo, è la forza fisica, in senso ampio. Forza, quindi proprietà, è lo strumento che la natura usa in modo costante e continuo nella lotta per la vita. Questa forza è quella che consente il mantenimento dell'appropriazione, che viene meno nel momento in cui viene meno la forza. Nel caso dell'uomo, quella forza deve essere forza non naturale ma umana, e la dialettica sarà forza umana, quindi proprietà. Ciò significa:
a) Necessità, quindi proprietà, in modo che ogni carenza umana trovi soddisfacimento.
b) Lavoro, quindi proprietà, in modo che il lavoro sia il modo normale attraverso cui l'uomo accede alle risorse.
c) Rischio, quindi proprietà, cosicché colui che corre un rischio abbia non solo il potere necessario a contrastarlo, ma lo stimolo adeguato ad assumerlo, se questo è ciò che conviene alla società. Tale posizione è coerente, nell'impresa-società, a un modo di intendere il potere che, come fonte di risorse, rimane vincolato al valore umano del rischio imprenditoriale.
Individualismo
(der. di individuale che der. da individuo. Lat. individuus, che non si può dividere, in di negazione e divido) È una posizione morale che assolutizza la priorità dell'interesse personale, privato, rispetto all'interesse interpersonale, collettivo o sociale. L'aspetto positivo di questo orientamento consiste nell'affermazione della libertà individuale. L'aspetto negativo si manifesta nell'egoismo e nel disprezzo degli interessi altrui. Tuttavia, l'individualismo assolutizza l'aspetto biologico nell'essere umano, a detrimento di quello spirituale o sociale; tralascia o sovrastima la differenza tra i concetti “individuo” e “personalità”. L'opposizione tra interesse personale e interesse sociale non è insolubile dal momento che questi interessi coincidono per l'essenziale, perché l'interesse sociale si realizza soltanto attraverso l'attività degli esseri umani concreti e non attraverso enti sovrumani.
In filosofia, l'individualismo sviluppa una linea che va da Protagora fino all'edonismo e all'epicureismo. Durante il rinascimento, l'individualismo svolse in generale un ruolo progressista, esprimendo l'aspirazione della liberazione dell'essere umano dalle catene feudali. L'estremismo individualista trovò la propria eco nelle dottrine anarchiche di Stirner e di Bakunin.
Iniziativa
(da iniziare, sul modello del fr. initiative. Cfr. lat. initiare, introdurre ai misteri religiosi) Manifestazione dell'attività sociale dell'essere umano nel momento in cui questi assume per proprio conto una qualche decisione che presuppone la sua partecipazione personale in una qualche sfera della vita sociale.
Dal punto di vista morale, l'iniziativa si caratterizza mediante la disposizione di una persona che assume volontariamente una responsabilità maggiore di quella che pretenderebbero gli usi del suo ambiente. L'iniziativa pone in evidenza l'inclinazione verso il comportamento innovativo nella struttura psico-sociologica dell'individuo, la presenza di una certa predisposizione al comando.
Questo genere di comportamento mostra in quale grado la società crei le premesse necessarie alla libertà dell'essere umano, nella misura in cui conserva il dinamismo sociale necessario al proprio sviluppo o si rinchiude, mostrando così che quella società si avvicina ai limiti del collasso.
L'umanesimo si sforza di coltivare questa valida qualità sociale nel maggior numero possibile di persone e di creare le premesse psicologiche, sociali e politiche indispensabili.
Innovazione
Azione ed effetto di trasformare o alterare le cose e le idee o le immagini, introducendo delle novità.
Processo di introduzione di nuovi prodotti e nuove tecnologie nel sistema economico, che cambiano considerevolmente la sua capacità e gli conferiscono una qualità superiore. Questo processo ha diverse fasi: invenzione tecnica, uso pratico isolato e uso generale, in base all'ammissione dell'effetto economico e della domanda effettiva.
Le innovazioni provocano non soltanto cambiamenti tecnologici, ma conducono a cambiamenti della struttura economica e sociale. Determinano l'inizio dei processi di modernizzazione della società e creano le premesse per uscire dalla crisi del momento.
Intenzione
È un concetto complesso che riflette l'unità e l'interazione di diversi processi che predeterminano tale o talaltro comportamento pratico dell'essere umano. L'intenzione raggruppa in sé una catena di eventi: 1. Giudizio intuitivo o razionale di questo desiderio come aspirazione a un qualche obiettivo; 2. Formulazione per sé e per gli altri del senso di questo obiettivo; 3. Scelta dei mezzi per il suo conseguimento; 4. Azione pratica per la sua realizzazione. In questo modo possiamo concepire una intenzione quale determinato fondamento, forza, energia di qualsiasi opera creativa dell'essere umano, compresa la creazione della sua stessa vita. Senza intenzione non c'è esistenza.
Più rigorosamente, l'intenzione è stata definita da Brentano in poi come la caratteristica fondamentale della coscienza. Con l'affermarsi e lo sviluppo del metodo fenomenologico di Husserl e con il contributo delle correnti dell'Esistenza (èesistenzialismo), l'intenzionalità appare come sostegno di ogni fenomeno umano.
Internazionale umanista
Convergenza di diversi partiti umanisti nazionali in una organizzazione senza potere decisionale riguardo alle tattiche di ognuno dei membri. La prima internazionale umanista si è tenuta a Firenze il 7 gennaio 1989. In quell'occasione sono state approvate le ètesi dottrinarie, la dichiarazione di principi, le basi d'azione politica e gli statuti. Inoltre, l'internazionale umanista ha aderito alla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dalle Nazioni unite nel 1948. La seconda internazionale umanista si è svolta a Mosca l'8 ottobre 1993, e in quell'occasione è stato presentato il documento umanista (èumanista, documento) come raccolta dei principi dell'umanesimo internazionale.
Internazionalismo
L'internazionalismo e le dottrine internazionaliste presentano importanti differenze tra loro, e si tratta a volte di posizioni inconciliabili, com'è il caso della concezione dell'imperialismo internazionalista e della concezione del Nuovo Umanesimo internazionalista (èmondializzazione).
Sin dall'antichità, gli imperi hanno sacrificato le realtà locali e regionali sugli altari dell'internazionalismo. In occidente, il Sacro romano impero germanico opponeva ai resti del feudalesimo una concezione più ampia, che si può indicare come di segno “internazionalista”. Successivamente, e soprattutto a seguito delle rivoluzioni americana e francese, prese corpo l'idea dello Stato nazionale basato su un territorio definito, su una lingua e su una certa omogeneità culturale, che a sua volta sottomette le realtà delle regioni interne e delle varie località. In seguito, numerose correnti socialiste fondarono il loro internazionalismo sulla cooperazione del proletariato, indipendentemente dalla loro appartenenza nazionale.
Il Nuovo Umanesimo è internazionalista, purché venga rispettata la diversità di culture e di regioni. Basa il proprio internazionalismo, appunto, sulla “convergenza della diversità, verso una nazione umana universale”. Il Nuovo Umanesimo favorisce la creazione di federazioni regionali e di una confederazione mondiale basata su un sistema di democrazia reale.
L'internazionalismo è la posizione opposta al ènazionalismo. Pone in evidenza una realtà determinante maggiore di quella dello Stato nazionale, realtà in cui le società finiscono per sperimentare e conoscere l'esistenza di un sistema mondiale oppressivo che deve essere modificato. Man mano che l'internazionalismo imperialista avanza e demolisce lo Stato nazionale crescono la disuguaglianza, la discriminazione e lo sfruttamento, ma anche nel concentramento del potere imperialista si verifica l'aumento di entropia che condurrà il futuro impero mondiale al caos generale. Gli internazionalisti, in questa emergenza, identificano i loro interessi con quelli di tutta l'umanità che subisce gli effetti di uno stesso sistema globalizzato.
L
Leader
(der. di (to) lead, guidare) Dirigente, capo o guida di un partito politico, di un gruppo parlamentare, di un gruppo sociale o di una qualunque altra collettività; colui che è primo in una competizione sportiva. Il termine si è esteso alla sfera politica e alla sociologia partendo dall'area sportiva.
La psicologia sociale individua all'interno di ogni piccolo gruppo il leader naturale o informale che gli altri seguono o imitano volontariamente, senza alcun procedimento giuridico che formalizzi tale caratteristica.
Il leader carismatico dispone della legittimità, vale a dire del riconoscimento emozionale e razionale (da parte di altre persone) della sua condizione di capo. Questa legittimità può essere acquistata e perduta in modo rapido e per circostanze accidentali.
Legge
(dal lat. lex, legis. Etim. incerta, forse da lego, -ere gr. légo, dire) Regola obbligatoria o necessaria, atto dell'autorità sovrana; relazione necessaria tra i fenomeni della natura. La legge è una norma di carattere giuridico, contrariamente all'usanza, alla tradizione o alla fede.
L'insieme delle leggi forma il sistema delle norme giuridiche (èlegislazione) e rappresenta la sfera del diritto.
Nella società le leggi esprimono la volontà e gli interessi degli esseri umani, regolano l'attività sociale e privata dei cittadini. Il contenuto delle leggi dipende dal livello culturale della società corrispondente. La legge come atto giuridico non può mutare il potenziale geostrategico di uno Stato, il suo livello culturale ecc., anche se contribuisce al suo sviluppo in una direzione o nell'altra. Come dimostra l'esperienza storica, la pesante violazione delle norme culturali e sociali da parte dei regimi tirannici e totalitari conduce a catastrofi, non soltanto di portata nazionale ma anche internazionale (guerre mondiali del XX secolo).
Legislazione
Sistema di norme e di regole che regolano l'attività e il comportamento dei cittadini e delle istituzioni statali. Ordine giuridico. Si intende per legislazione anche la scienza delle leggi.
La legislazione è un prodotto della civiltà. Sorge con la scrittura. Agli albori della civiltà, la legislazione acquistava sacralità, appariva all'opinione pubblica come rivelazione divina, opera di un eroe culturale o re sapiente, illuminati dalla corrispondente divinità. Nella Grecia e nella Roma antiche, la legislazione era concepita come espressione della volontà collettiva dei cittadini che promulgavano le leggi nell'assemblea dei cittadini della repubblica, o attraverso l'organo legislativo da essi eletto (il Senato, per esempio). Nel medioevo, le funzioni legislative erano attribuite agli organi deliberativi formati per principio corporativo e dal principe, re o imperatore che eseguiva la volontà comune dei vari stati in forma di leggi. Nei tempi moderni si afferma il principio della divisione dei poteri e si forma il potere legislativo (nei sistemi democratici questo potere è eletto e si realizza attraverso i rappresentanti).
Attualmente, accanto alla legislazione nazionale compaiono norme internazionali, stabilite dall'ONU, e norme regionali, approvate da organi regionali, che sono convalidate dai parlamenti nazionali o mediante referendum tenuti a livello nazionale negli Stati che fanno parte dell'organizzazione regionale.
Legittimismo
(der. di legittimo, lat. legitimus, conforme alle leggi) Principio presentato al congresso internazionale delle potenze europee di Vienna nel 1814-15 da parte del diplomatico francese Charles Maurice de Talleyrand per difendere gli obiettivi della dinastia dei Borboni francesi, che fu deposta nel 1792 e reinsediata nel 1814 e nel 1815, e che era considerata dai circoli monarchici come legittima govenante della Francia.
Secondo questo principio, non si può disporre di nessun territorio a meno che il legittimo possessore non abdichi da esso; i possedimenti che sono stati espropriati devono essere restituiti al legittimo sovrano.
Dopo la rivoluzione di luglio del 1830 in Francia, i sostenitori dei Borboni rovesciati nel corso della rivoluzione si proclamarono “legittimisti”, in opposizione al re Luigi Filippo I, duca d'Orléans (1830-48). Durante la seconda repubblica in Francia (1848-52), i legittimisti insieme agli orléanisti costituirono il “partito dell'ordine”, di carattere monarchico e clericale.
Il termine “legittimista” indica attualmente il sostenitore di un principe o di una dinastia, in quanto si ritiene che questi abbiano titolo legittimo per regnare.
Legittimità
(dal latino legitimus, conforme alle leggi) Qualità di ciò che è genuino, autentico. Si consegue mediante la legittimazione, mediante l'azione di legittimare, vale a dire provare o giustificare la verità di una cosa o la qualità di una persona o cosa secondo le leggi vigenti.
Si tratta del riconoscimento pubblico di una qualche azione, personalità politica, evento o procedimento. Ciò si combina spesso con la legittimazione, vale a dire con la giustificazione giuridica dell'autorità o dell'atto concreto sulla base della Costituzione politica e della legge. La legittimità trasmette ai cittadini fiducia, garantisce il rispetto cosciente delle leggi e la concordia sociale e politica.
La legittimità è in relazione con la sfera sentimentale e intellettuale e anche con quella del diritto. L'autorità ha forza nel momento in cui si basa sulle leggi e dispone della giustificazione morale da parte del popolo, del riconoscimento espresso mediante il procedimento legale, per esempio attraverso il processo elettorale. Quando il potere legale perde la propria legittimità è condannato al fallimento. In molti Stati il potere e la politica ufficiale non dispongono di legittimità, e ciò testimonia la crisi della società. La crisi della legittimità apre la strada a cambiamenti sociali e politici profondi. È il popolo, non lo Stato, il protagonista della legittimità. Per un certo periodo di tempo si può schiacciare questo sentimento del popolo, ma nessuno ha la forza per privarlo della sua capacità di elaborare per proprio conto il suo atteggiamento spirituale e morale di fronte al potere concreto.
Liberalismo
(der. di liberale, lat. liberalis, da liber, libero) Dottrina politica risalente a J. Locke (1632-1704), che ne fu uno dei teorici più importanti. Secondo Locke, “la libertà consiste nel fatto che ogni uomo dipende dalla legge di natura e non dalla volontà di un altro uomo... La libertà non è la 'licenza' ma consiste nell'obbedire alla legge naturale”. Su questa base, Locke stabilisce due diritti: uno è quello alla propria libertà e l'altro è quello di punire coloro che vogliono danneggiarlo in violazione della legge naturale. Spiega che il lavoro è l'origine della proprietà. Fino a che punto si estende il diritto di proprietà? Fin dove se ne può “godere”?
La simbiosi tra liberalismo e social-darwinismo è stato un passo importante nel giustificare la concentrazione economica e il potere politico nelle mani dei “più validi nella lotta per la sopravvivenza”. Questi sono stati dotati dalle leggi di natura, rispetto ad altri che non ne sono stati favoriti. E, logicamente, se si tratta di rispettare le leggi “naturali” è quasi un obbligo morale sostenere le disuguaglianze tra gli esseri umani. Come si vede, il liberalismo nella sua posizione radicale costituisce un caso di netto antiumanesimo. Tuttavia, in una prospettiva storica, al liberalismo si devono numerosi progressi nella lotta contro i resti del feudalesimo, contro il clericalismo e contro l'assolutismo monarchico.
Il liberalismo ha avuto numerosi rappresentanti, tra cui A. Smith, A. de Tocqueville, J. Stuart Mill, K. Popper, L. von Mises, F. A. Hayek e, più di recente, J. Rawls e R. Nozick (èneoliberalismo).
Libertà
(dal lat. libertas, -atis) Valore supremo ed essenziale della vita umana.
Nella coscienza religiosa, la libertà viene concepita come un dono spirituale dato all'essere umano e che gli consente di scegliere tra bene e male, peccato o bontà. Alcuni teologi, come Böhme e Berdiaev, fanno derivare il concetto di libertà dal nulla a partire dal quale Dio ha creato il mondo. Nella filosofia esistenzialista (èesistenzialismo) la libertà e l'esistenza sono considerati concetti assai vicini.
I sostenitori del determinismo, vale a dire del riconoscimento della priorità assoluta delle cause e delle leggi su tutti i fenomeni, pongono la libertà in dipendenza dalla necessità. Al contrario, gli indeterministi assolutizzano la libertà e negano qualsiasi dipendenza dell'essere umano rispetto alle leggi dello sviluppo della natura. In realtà, la legge e la necessità non sono concetti che si autoescludono. Partendo da un quadro rigidamente determinista dell'universo, Spinoza definiva la libertà una necessità cosciente, come scelta da parte dell'uomo di quelle azioni che non infrangono le leggi naturali e le dipendenze determinate dalla natura, dalle condizioni di vita e dalle possibilità reali. Non è possibile trascendere forze spontanee della natura come l'eclisse di sole, le maree, i terremoti ecc., ma si possono comprendere per comportarsi in modo ragionevole e libero all'interno di limiti naturali stabiliti e, naturalmente, si possono usare coscientemente le leggi nell'attività pratica a vantaggio dell'essere umano.
Nelle concezioni contemporanee sull'universo con i loro principi di complementarietà, indefinitezza, tempo irreversibile, non si eliminano determinate costanti che fissano limiti rigidi (velocità della luce, zero assoluto, leggi della termodinamica, dimensione temporale ecc.), ma allo stesso tempo il ventaglio della libera scelta si allarga considerevolmente, soprattutto a causa dell'uscita dell'uomo nel cosmo, degli esiti raggiunti dall'informatica, dalla fabbricazione di sostanze con proprietà nuove, della selezione genetica e della produzione di organismi corrispondenti. Si ampliano considerevolmente i margini della libera scelta nella sfera sociopolitica e sul terreno dell'opera artistica.
Nei periodi di crisi, lo spazio della libera scelta (e di conseguenza l’incidenza della responsabilità personale sulle decisioni che si prendono) è molto più ampio di quanto lo sia nei periodi in cui la società si sviluppa in modo stabile.
La libertà dell'essere umano ha sempre contenuti precisi e si manifesta in vari ambiti. Nell'economia, l'uomo può essere libero se dispone di alcuni mezzi di produzione, mezzi vitali come la terra, la casa, il denaro. L'essere umano può essere liberato da ogni proprietà privata, ma ciò accade perché quella proprietà passa nelle mani di altri proprietari. La possibilità attuale che i mezzi e le fonti di produzione siano èproprietà dei lavoratori, inaugura una nuova fase nel campo della libertà economica. In politica, la libertà significa possesso di tutti i diritti civili, compartecipazione alla gestione e possibilità di determinare in modo indipendente i propri interessi e le proprie azioni. Nella sfera della cultura si tratta della libertà di creazione e dell'indipendenza dai gusti e dalla volontà altrui. Nella sfera spirituale, la libertà significa diritto ad avere o a non avere determinate credenze accettate socialmente e la possibilità di praticare l'ateismo o una determinata fede senza costrizioni.
La libertà di uno non può infrangere la libertà dell'altro, ma ciò significa che devono esistere regole comuni di comportamento, responsabilità comune, obblighi e diritti simmetrici. Anche l'anarchismo, pronunciandosi per la libertà assoluta della persona e contro l'autorità, riconosce l'interdipendenza e la solidarietà come condizioni indispensabili della libertà personale, cioè come autolimitazione naturale e normale della libertà. La libertà dell'essere umano è innanzitutto la capacità di determinare, per proprio conto e senza pressione esterna, i propri comportamenti e decisioni.
La libertà morale non è uguale all'amoralismo e al nichilismo, sebbene queste categorie debbano essere considerate come manifestazioni della libertà umana. La libertà morale è una posizione creativa, innovatrice, personale di fronte alle tradizioni, ai tabù e ai castighi connessi alla coazione morale.
Arbitrarietà non è sinonimo di libertà, ma alienazione in quanto questa si manifesta in modo antiumano nella coazione dell'intenzione degli altri. L'autentica libertà dell'essere umano non può essere limitata a lui stesso, ma presuppone, invariabilmente, la presenza della libertà negli altri.
M
Machiavellismo
Dottrina politica dello scrittore italiano Niccolò Machiavelli (1469-1527), che consiglia l'uso della malafede quando risulti necessaria a sostenere la politica di uno Stato. È nota la sua affermazione secondo cui “il fine giustifica i mezzi”. Si considera inoltre machiavellismo il modo di procedere nella diplomazia con astuzia, doppiezza e perfidia. Il machiavellismo, nella misura in cui considera soltanto l'utilità dei risultati, è considerato una variante del pragmatismo.
Manipolazione
(dal lat. mediev. manipulum, operare con le mani) Azione ed effetto di ingannare o di obbligare moralmente. Sistema di pressione psicologica per introdurre coazioni nel comportamento degli altri. La metodologia della manipolazione è molto varia e va dallo sfruttamento delle necessità più elementari e dai timori più irrazionali fino alla creazione di aspettative ingannevoli che si pongono all'interno di un sistema di non scelta. L'uso dei mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, televisione, cinema ecc.) ha sempre il carattere di manipolazione se non è data la possibilità di interagire con essi. Attualmente, i limiti alla manipolazione da parte dei mezzi di comunicazione sono dati da vari meccanismi di controllo, ma anch’essi, a loro volta, sono di solito manipolati in vari modi. Il Nuovo Umanesimo considera la manipolazione come un metodo inumano che viola la libertà di opinione.
Marginalità
(der. di marginale, cfr. margine, lat. margo, -inis, estremità, bordo di qualcosa) Il termine viene usato nella sociologia contemporanea per qualificare un grande gruppo sociale. Questo gruppo è composto da persone che hanno cessato di appartenere alle caste o agli strati della società tradizionale, ma che non si sono inseriti nelle classi o negli strati della società moderna. Mantengono una posizione intermedia e conservano legami familiari, economici, sociali e culturali con i gruppi tradizionali da cui provengono.
Per “emarginato” si intende colui che è al limite del possesso dei diritti comuni al resto delle persone e che soffre condizioni sociali di inferiorità.
In sociologia, a volte, il concetto di “settori emarginati” si identifica con il parassitismo sociale. Questa interpretazione non è corretta. In generale, gli emarginati si occupano dell'attività produttiva ma in modo occasionale perché non hanno professione, mezzi economici propri, una casa decente ecc. Non possono peraltro essere considerati neppure “strati emarginati” l'insieme degli abitanti dei quartieri e delle zone povere, perché in queste ultime si osserva una grande differenziazione sociale: vi abitano non soltanto gli emarginati, ma anche operai, impiegati, professionisti, commercianti con modeste risorse e perfino delinquenti impegnati in attività criminali.
Marxismo-leninismo
Il marxismo è considerato una teoria che si deve a Karl Marx. La maggior parte degli esponenti di questa corrente tende a costituire un corpo dottrinario noto come marxismo-leninismo, che si è andato articolando con i contributi di vari autori. In questo modo, esisterebbe un marxismo realizzato di proprio pugno da Marx e un marxismo-leninismo, o scuola marxista, che comprende principalmente l'iniziatore, Engels, Lenin e altri. Nel Nuovo Umanesimo si considera questa ideologia come una corrente, anche se può essere analizzata dettagliatamente per autore o secondo diverse posizioni critiche. (èumanesimo marxista, èumanesimo filosofico, èantiumanesimo filosofico).
Considereremo il marxsimo-leninismo dal punto di vista di coloro che seguono questa ideologia e non secondo il punto di vista del Nuovo Umanesimo; per far questo trascriviamo i punti più significativi della voce “Marxismo-leninismo” dal Dizionario del Comunismo scientifico, pubblicato a Mosca nel 1985.
“Il marxismo-leninismo è un sistema scientificamente fondato su concetti filosofici, economici e politico-sociali; è la scienza della conoscenza e della trasformazione del mondo, delle leggi dello sviluppo della società, della natura e del pensiero umano, delle vie per la soppressione rivoluzionaria del regime di sfruttamento e dell'edificazione del comunismo, la cosmovisione della classe operaia e della sua avanguardia, i partiti comunisti e operai.
“Il marxismo è sorto negli anni Quaranta del XIX secolo. Le necessità di un progresso sociale che aveva messo a nudo i vizi radicali del regime capitalista, di tutto il sistema di sfruttamento, il risveglio del proletariato alle lotte politiche, le grandi scoperte nelle scienze naturali e il livello delle ricerche storiche e sociali misero di fronte al pensiero sociale il compito di elaborare una teoria nuova, veramente scientifica, che potesse dare risposta alle questioni incalzanti, centrali suscitate dalla vita. Questo maturo compito storico fu assolto da Marx e dal suo compagno di lotte, Engels. Lenin, che intraprese la propria attività scientifica e rivoluzionaria a cavallo dei secoli XIX e XX, all'epoca del crollo del capitalismo, passato alla sua ultima fase, l'imperialismo, e del sorgere della società socialista, difese il marxismo dagli attacchi dei suo nemici, generalizzò i risultati più recenti della scienza e la nuova esperienza delle lotte di classe, innalzò la teoria marxista a un livello di sviluppo qualitativamente nuovo.”
Materialismo
(der. dall'ingl. materialism, termine coniato nel 1674 dal fisico-chimico R. Boyle. Cfr.: lat. materia, der. di mater, madre) Dottrina filosofica che considera ciò che è materiale come l'unica realtà costituiva del mondo reale. Secondo questo punto di vista, la materia nelle sue forme superiori (materia organica) è capace di mutare e di svilupparsi. Perciò, la sensazione, la coscienza e le idee non sono altro che espressioni della materia ad un più alto livello di organizzazione. L'esistenza materiale è l'aspetto primario, mentre la coscienza è quello secondario.
La divisione antagonistica tra “materialisti” e “idealisti” (èidealismo) è stata ampiamente accettata, a causa della sua semplicità, nello sviluppo della modernità. Attualmente, con le nuove concezioni dell'essere umano e della scienza, quelle posizioni sono soggette a una forte revisione.
Quanto alle scienze umane e sociali, molti materialisti considerano che il ruolo decisivo dei fattori economici consista nello sviluppo della società, e che quei fattori determinino interessi e possibilità degli esseri umani, ne organizzino la vita e le azioni. Secondo questi pensatori, i concetti materialisti dello Stato e della proprietà, della guerra e del progresso delle nazioni, delle classi e della lotta di classe, coincidono con le ragioni delle opposizioni e dei conflitti, offrendo orientamenti nella pratica politica. Allo stesso tempo, il materialismo volgare dà valore assoluto al potere dei fattori economici, partendo dal principio di determinismo e condizionalità causale di tutti i fenomeni.
Il termine materialismo si cominciò a usare nel XVII secolo come dottrina fisica riguardante la materia e a partire dal XVIII secolo come antonimo dell'idealismo filosofico.
Nella filosofia greca antica, con il concetto di materia si intendeva originariamente la sostanza che non poteva essere divisa all'infinito. Nel medioevo, il tomismo vedeva nella materia il principio potenziale e passivo che in unione con la forma sostanziale costituisce l'essenza di ogni corpo, permanendo nelle trasmutazioni sostanziali sotto ognuna delle forme che si succedono. Come materia seconda si considerava il composto sostanziale di materia prima e forma, cioè soggetto adatto a ricevere una determinazione accidentale. Nei tempi moderni, fino all'apparire della teoria della relatività di Einstein, la materia veniva concepita come tutto ciò che obbediva alle leggi di gravità. In seguito, nella fisica moderna i concetti di materia e di energia sono prossimi e talvolta si identificano.
Nella filosofia della storia il concetto di materialismo si applica alle dottrine che interpretano il processo storico riducendolo alle cause materiali, e considerano che la struttura sociale è determinata innanzitutto delle necessità e dalle leggi economiche.
Metalinguaggio
(comp. di meta-, dal gr. metá che in questo caso indica trasferimento, e linguaggio) 1. Linguaggio specializzato che si usa per descrivere una lingua naturale. 2. Linguaggio formale che utilizza simboli speciali, usato per descrivere la sintassi dei linguaggi della programmazione informatica.
Metalinguistica
Studio delle interrelazioni tra la lingua e la cultura di un determinato popolo.
Metodo
(dal gr. méthodos, comp. di meta-, oltre, e hodós, via: via che conduce oltre) Via d'indagine, conoscenza; modo di raggiungere un obiettivo. Insieme di operazioni della conoscenza pratica o teorica della realtà; procedimento che si segue nelle scienze per verificare una concezione e per insegnarla. Insieme ordinato dei principali elementi di un'arte.
A livello scolastico, si distinguono il metodo analitico, che significa risolvere ciò che è complesso nel semplice, e il metodo sintetico, che segue la direzione opposta. Spesso, entrambe le direzioni si incrociano e si arricchiscono con l'applicazione di giudizi deduttivi o induttivi e sperimentali. Si considera anche come metodo il contributo dei procedimenti matematici statistici per determinare talune costanti o tendenze che non possono essere osservate in casi individuali.
Ogni scienza, stabilendo il proprio specifico modo di indagine elabora anche il proprio metodo di studio, o metodologia. La metodologia è un’insieme di conoscenze sulla struttura, sull'organizzazione, sulla logica e sugli ambienti di una attività, ed è anche un insieme di metodi che si seguono in una indagine scientifica o in una esposizione dottrinaria.
Mobilità sociale
Cambiamento di stato sociale di una persona o di un gruppo all'interno della struttura sociale.
La mobilità “orizzontale” si manifesta nel passaggio delle persone da una sfera all'altra, conservando allo stesso tempo il medesimo livello sociale (per esempio, il passaggio dell'operaio da una fabbrica all'altra, il trasferimento da una città all'altra). La mobilità “verticale” è legata all'ascesa o alla discesa nello stato sociale, con l'abbandono di una categoria sociale e l'ingresso in un'altra a seguito della promozione nella qualifica, dell'acquisizione di una nuova professione o mansione, di mutamenti politici, di crisi economiche ecc.
Il processo di mobilità sociale si compie costantemente e dà dinamica a tutto lo sviluppo sociale, è conseguenza di questo sviluppo. Nell'aspetto personale, ciò può significare il successo, l'ascesa o la frustrazione e il fallimento; nell'aspetto sociale, può esprimersi nell'impoverimento o nell'innalzamento dello stato sociale.
L'emigrazione e l'immigrazione, vale a dire lo spostamento geografico della popolazione da un territorio all'altro, possono essere accompagnate dalla mobilità sociale, anche in senso verticale, ma anche se questi processi possono coincidere in parte, non sono identici.
Modernizzazione
(der. di modernizzare; cfr.: lat. tardo modernus, der. dell'avv. modo, or ora) Modo di dare a qualcosa forma moderna o aspetto moderno. Perfezionare, cambiare qualcosa in corrispondenza con le esigenze e i gusti moderni.
Nella sociologia contemporanea, si intende per modernizzazione il processo di trasformazione della società tradizionale, chiusa e immobile, poco propensa ai cambiamenti, in una società aperta, con comunicazioni intense e grande mobilità sociale, integrata nella comunità internazionale in modo organico, non in qualità di appendice marginale ma come soggetto attivo, con diritti pieni e uguali nei rapporti internazionali. A volte, la modernizzazione (rozzamente mossa da interesse) si presenta come estensione della “cultura occidentale” ad altre aree con la conseguente rimozione delle culture e delle lingue locali.
Il processo di modernizzazione si deve non tanto a fattori esterni, quanto alle necessità interne di progresso delle società tradizionali che tentano di mobilitare le proprie potenzialità per svilupparsi acceleratamente e per eliminare il loro ritardo non soltanto tecnologico ma anche sociale e informativo. Queste società cercano di superare la loro marginalità integrandosi nel processo universale.
Momento storico
Ogni situazione sociale si trova in un determinato momento storico in cui coesistono diverse generazioni. Un momento storico si differenzia da ogni altro allorché appare una generazione di rottura che contende il potere alla generazione che lo detiene. Verificatasi una rottura, nel nuovo momento storico si trovano condizioni per avviare una fase di più vasta portata, o per consentire che la semplice meccanica della dialettica generazionale possa continuare. Il momento storico appare come il èsistema minimo di una èstruttura costituita dalle ègenerazioni che coesistono, in relazione alla struttura del relativo èambiente socioculturale (èpaesaggio). La considerazione di questo sistema minimo è necessaria per la comprensione di un processo storico. In altre parole: le generazioni coesistenti e il loro paesaggio circostante sono le strutture dinamiche del sistema minimo chiamato momento storico.
Momento umanista
Situazione storica in cui una generazione più giovane lotta contro la generazione insediata al potere, modificando lo schema antiumanista dominante. Spesso questo momento viene identificato con la rivoluzione sociale. Il momento umanista acquista pieno significato se inaugura una fase in cui generazioni successive possano adattare e approfondire le proposte su cui si fonda quel processo. Spesso il momento umanista viene cancellato dalla stessa generazione che era giunta al potere con l'intenzione di produrre un mutamento di schema. Accade anche che la generazione che apre il momento umanista fallisca nel proprio progetto. Alcuni hanno voluto vedere nella ècoscienza sociale di diverse culture l'apparire di momenti umanisti, rappresentati da una persona o da un insieme di persone che cercano di istituzionalizzarli a partire dal potere (politico, religioso, culturale ecc.) e in un modo elitario e “dall’alto”. Uno degli esempi storici rilevati è quello di Akhenaton nell'antico Egitto. Quando tentò di imporre le proprie riforme, la reazione della generazione spodestata fu immediata. Tutti i cambiamenti strutturali avviati furono distrutti e ciò provocò, tra l'altro, l'esodo di popoli che partendo dalla terra d'Egitto portarono con sé i valori di quel momento umanista. Anche in culture poco conosciute in profondità, si è potuto osservare questo fenomeno rappresentato, per esempio, nell'America centrale precolombiana dalla figura del governatore tolteca della città di Tula, Topiltzin, a cui è attribuita l'introduzione dell'èatteggiamento umanista definito “toltecayotl”. Altrettanto avvenne con il governatore di Chichén-Itzá e fondatore della città di Mayapán, di nome Kukulkán. E ancora con Metzahualcóyotl, a Texcoco, si osserva l'inizio di un nuovo momento umanista. Nell'America meridionale precolombiana, la stessa tendenza appare nell'Inca Cuzi Yupanqui, che ricevette il nome di Pachacútec, “riformatore”, e in Túpac Yupanqui. I casi si moltiplicano man mano che le culture sono più conosciute e, naturalmente, si mette in discussione la visione storica lineare del XIX secolo.
D'altra parte, l'azione dei grandi riformatori religiosi è stata interpretata come l'apertura di un momento umanista, proseguito in una nuova fase e perfino in una nuova civiltà in cui ha finito per deviare e annullare la direzione iniziale.
Nel configurarsi della civiltà globale chiusa (èmondializzazione) che oggi si sta sviluppando, non è più possibile un nuovo momento umanista che possa inaugurarsi "dall’alto" dei vertici del potere politico, economico o culturale. Si suppone che ciò si manifesterà come conseguenza dell'aumento di disordine nel sistema chiuso e vedrà come protagonista la base sociale che pur subendo la generale èdestrutturazione, risulterà in grado di far crescere organizzazioni autonome minime mosse dalle loro necessità immediate. Queste azioni precise sono oggi nelle condizioni di trasformarsi in èeffetto dimostrazione grazie all'accorciamento dello spazio, consentito dallo sviluppo tecnologico e, in particolare, dall'incremento delle comunicazioni. Il sincronizzarsi a livello mondiale della contestazione operata da una ristretta fascia generazionale negli anni Sessanta e in parte dei Settanta è stato un sintomo di questo genere di fenomeni. Un altro caso è quello di sconvolgimenti sociali capaci di sincronizzarsi tra punti geografici molto distanti.
Mondializzazione
Si differenza radicalmente dal concetto di globalizzazione. Quest'ultimo è dovuto al pensiero omogeneizzante portato avanti dall'imperialismo, dai gruppi finanziari e dalla banca internazionale. La globalizzazione si estende a spese della diversità e dell'autonomia degli Stati nazionali, dell'identità delle culture e delle sottoculture. I sostenitori della globalizzazione pretendono di mettere in piedi un sistema mondiale (nuovo ordine) basato sull'economia “libera” di mercato. Il Nuovo Umanesimo è a favore della mondializzazione, processo verso cui dovrebbero convergere le diverse culture senza per questo perdere il proprio stile di vita e la propria identità. Il processo di mondializzazione tende a passare attraverso le federazioni nazionali e le regionalizzazioni federative avvicinandosi infine a un modello di confederazione mondiale multietnica, multiculturale e multiconfessionale, cioè a una nazione umana universale.
Movimento antibellico (o antimilitarista)
Movimento contro le guerre e contro una guerra concreta effettiva o ipotetica. Nell'antichità le religioni universali e i sistemi etici cominciano a condannare le guerre come istituzione contraria alla volontà divina e nociva per la società; istituzione che corrompe la persona umana e dissolve la società. Nel medioevo, diversi movimenti popolari religiosi avevano un contenuto antibellico ed esprimevano la protesta popolare, soprattutto dei contadini contro le devastazioni tipiche delle guerre tra feudatari.
Il movimento antibellico moderno nasce nel XIX secolo e si allarga alla vigilia della prima guerra mondiale. Mentre si tenevano conferenze e congressi nazionali e internazionali, sorgevano organizzazioni antibelliche che cercavano di impedire l'esplodere di una guerra mondiale e condannavano le cosiddette guerre coloniali di rapina. Questi movimenti costrinsero la diplomazia internazionale a elaborare una serie di norme e ad approvare documenti su determinati procedimenti che limitavano le dimensioni dei conflitti internazionali e le conseguenze delle azioni militari per la popolazione civile, regolarizzavano la prestazione di aiuti medici ai feriti, stabilivano regole sui prigionieri di guerra ecc. Tuttavia, il movimento antibellico non è stato in grado di impedire le due guerre mondiali.
Dopo la seconda guerra mondiale, il movimento antibellico si è allargato e si è posto la necessità del disarmo, a cominciare dalla proibizione e dall'eliminazione delle armi atomiche, biologiche, chimiche ecc. e anche degli armamenti comuni; lo scioglimento dei blocchi militari; la chiusura delle basi militari all'estero e l'evacuazione delle truppe. Questo movimento ha raggiunto i propri obiettivi, seppure soltanto parzialmente. La fine della “guerra fredda” ha provocato la crisi del movimento antibellico.
Movimento dei non allineati
Movimento di Stati che proclamarono che il principio della loro politica estera si basava sulla non-partecipazione a blocchi di raggruppamenti militari e politici. Questo movimento condannò il colonialismo, il neocolonialismo e il razzismo, difese l'indipendenza e la sovranità di tutti i paesi, si pronunciò a favore della coesistenza pacifica, del disarmo nucleare e della riorganizzazione dei rapporti economici internazionali.
La prima conferenza di 25 Stati non allineati si tenne nel settembre 1961 a Belgrado. Alla conferenza del 1989 hanno partecipato 102 Stati non allineati.
Il movimento sorse come protesta contro la divisione del mondo in due blocchi politico-militari, contro l'intervento nella vita dei paesi neutrali o non belligeranti coinvolti nella “guerra fredda” delle grandi potenze. La sua influenza internazionale calò considerevolmente dopo lo scioglimento dell'Organizzazione del Patto di Varsavia (1991) e il crollo dell'URSS. Il movimento continua le proprie attività, anche se i suoi obiettivi sono ben lungi dal potersi realizzare.
Movimento umanista
L'insieme delle persone che condividono le proposte del Nuovo Umanesimo. Queste proposte, nel senso più ampio, si trovano espresse nel documento del movimento umanista. Il movimento umanista non è una istituzione sebbene dia luogo a numerosi raggruppamenti e organizzazioni. Il movimento umanista non si propone di egemonizzare le diverse correnti umaniste e umanitarie (umanitarismo) ed esprime con chiarezza le differenze con tali correnti. Stabilisce comunque relazioni specifiche con tutti i gruppi progressisti in base a criteri di non-discriminazione, di reciprocità e di convergenza della diversità.
N
Nazionalismo
Riguardante o relativo a una nazione. Dottrina o movimento che esaltano la personalità nazionale o ciò che reputano come tale i sostenitori di essa; dottrina delle rivendicazioni politiche, economiche e culturali delle nazionalità oppresse.
La politologia moderna distingue quel che è nazionale, che riflette gli interessi legittimi di ogni nazione senza creare danno alle altre nazioni, e ciò che è nazionalista, che avvolge nel manto nazionale gli interessi e le pretese egoistiche degli strati oppressori e provoca conflitti con altre nazioni. Nell'ultimo caso, il nazionalismo si trasforma in sciovinismo riducendo in servitù i diritti di altre nazioni e minoranze nazionali oppresse.
Il Nuovo Umanesimo sostiene le giuste richieste delle nazioni e delle etnie oppresse, ma si pronuncia contro l'esagerazione dei sentimenti nazionali che viola i diritti umani, contrappone alcune persone ad altre sulla base del criterio nazionale, etnico o etnoconfessionale, umilia la dignità umana di altre persone. Non si possono calpestare i diritti di una persona facendo appello alla presunta superiorità degli interessi nazionali.
Nazionalsocialismo
Nome adottato dal Partito operaio tedesco, a Monaco nel 1920. L'ideologia nazista (apocope da nazional-socialista) è simile a quella dell'autoritarismo romantico di destra, propria del fascismo. Quando A. Hitler divenne capo del nazionalsocialismo, impose la sua ideologia e la sua pratica antisemita. Il nazionalsocialismo è la concezione antiumanista più netta degli ultimi tempi.
Nazione
(dal lat. natio, -onis, la nazione di appartenza, la popolazione che ha in comune origine, lingua e costumi, da natus, p. pass. di nasci, nascere) Insieme degli abitanti di un paese, retto dallo stesso governo; territorio di quello stesso paese; insieme di persone che generalmente parlano una stessa lingua e sono legate da una storia comune. Si distingue dalle etnie, che raggruppano le persone di una stessa origine comune. La nazione moderna è polifonica. Si forma nel processo della strutturazione del mercato e delle culture nazionali, sulla base del sorgere della società civile in un determinato territorio. Diverse nazioni possono parlare la stessa lingua.
Il termine “nazione” nel senso moderno è apparso durante le guerre d'indipendenza delle colonie inglesi e spagnole in America e durante la rivoluzione francese. Le Nazioni unite hanno riconosciuto il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, e ciò ha contribuito alla decomposizione del sistema coloniale e all'apparire di un centinaio di nuovi Stati-nazione dopo la seconda guerra mondiale.
L'umanesimo universalista appoggia le rivendicazioni dei gruppi di persone che si sentono nazioni, rivendicazioni volte all'autonomia nazionale culturale; a ricevere l'istruzione nella lingua originaria locale; al libero uso della propria lingua nei rapporti con le istituzioni ufficiali. Allo stesso tempo, gli umanisti fanno appello a che si risolvano i conflitti nazionali per mezzo di negoziati, senza ricorrere alla violenza. La Internazionale Umanista ha offerto in numerosi casi i suoi servizi come organismo di mediazione internazionale nei conflitti di questo tipo.
Neocolonialismo
(dal gr. néos, nuovo colonialismo) Seconda ondata coloniale (ècolonialismo) del XIX e dell'inizio del XX secolo. In quest'epoca, paesi come il Belgio, gli Stati Uniti, l'Italia, il Giappone e la Russia proseguirono lungo il processo iniziato da alcune potenze europee del XV secolo. Si discute oggi la differenza tra neocolonialismo e imperialismo. Il Nuovo Umanesimo definisce come neocolonialismo il colonialismo tardivo, e riserva invece la definizione di “imperialismo” alle attività di dominio esercitate da potenze globalizzatrici o superpotenze. Negli ultimi decenni è comparsa una strategia neocoloniale in cui paesi formalmente indipendenti si trovano di fatto sottomessi alle fluttuazioni di un mercato dominato dalle grandi potenze.
Neoliberalismo (nuovo liberalismo)
Riformismo sociale progressivo dei governi liberali a partire dal 1908. I suoi principali esponenti furono D. Lloyd George e W. Churchill. L'attuale neoliberalismo prevede molte varianti, che vanno da una apertura del mercato senza restrizioni, dall'estrema sottomissione alle presunte leggi “naturali” dell'offerta e della domanda, dal monetarismo più crasso a un certo interventismo, al sostegno della produzione nazionale, all'incoraggiamento della spesa pubblica e all'orientamento dell'economia verso certe aree produttive. Al momento, i teorici del neoliberalismo sostengono la necessità di disciplinare le società eliminando le rivendicazioni di sicurezza sociale, diritto alla salute, istruzione gratuita e sussidio di disoccupazione senza che si generino nuove fonti di lavoro. Accompagnano la riduzione della spesa pubblica e i licenziamenti di massa a crescenti misure impositive. Parallelamente, cercano di coinvolgere tutta la società in un sistema di indebitamento attraverso il credito a usura. Il neoliberalismo è attualmente lo strumento migliore di cui disponga la penetrazione imperialista nel suo lavoro di demolizione dello Stato nazionale.
Nichilismo
(dal ted. Nihilism, dal lat. nihil, niente) 1. Negazione sistematica della vita. 2. Negazione dei valori umanisti. 3. Antiumanesimo.
Il termine fu usato per la prima volta da I .S. Turgenev nel 1862, nel romanzo Padri e figli. La definizione di “nichilisti” fu usata per indicare le attività ispirate alla violenza di un gruppo rivoluzionario russo, che pubblicò un manifesto dopo l'assassinio dello zar Alessandro II nel 1881.
Nonviolenza
Con la dizione “nonviolenza” si intende il determinato sistema di concetti morali che negano la violenza, oppure il movimento di massa capeggiato dal Mahatma Gandhi sviluppatosi in India nella prima metà del XX secolo, o ancora la lotta per i diritti civili dei neri negli USA sotto la guida di M. L. King e l'attività svolta da Kwame Nkrumah in Ghana. Si possono citare anche gli interventi civili di A. Solgenitsin, A. Sacharov, S. Kovalev e altri famosi dissidenti contro il totalitarismo sovietico.
L'idea della nonviolenza è esposta nella Bibbia e negli scritti di altre religioni, nel comandamento “non uccidere”. Questa idea è stata sviluppata da molti pensatori e filosofi; gli scrittori russi Lev Tolstoj e Fiodor Dostoevski l'hanno formulata con grande profondità. La formula di Tolstoj che afferma la supremazia dell'amore e il “non ricorso alla violenza di fronte alla malvagità”, in altre parole l'impossibilità di lottare contro una malvagità con un'altra malvagità, ha acquisito risonanza mondiale e ha dato luogo a una singolare setta di “tolstojani”.
Mahatma Gandhi (1869-1948) ha formulato a proprio modo l'etica della nonviolenza basandosi sul principio dell'ahimsa (rifiuto di esercitare ogni forma di violenza contro l'individuo, la natura, l'insetto o la pianta) e sulla “legge della sofferenza”. Gandhi riuscì a organizzare la satiasgraja, movimento anticoloniale nonviolento, riunendo molti milioni di persone. Il movimento si manifestò nella disobbedienza civile di massa e prolungata contro le autorità inglesi, mediante il rifiuto di collaborare con la stessa, difendendo la propria originalità e libertà, ma senza ricorrere ai metodi violenti. Il popolo chiamò Gandhi “Mahatma” (grande anima) per il suo coraggio e per l'inflessibilità nell'azione basata sulla nonviolenza. Il movimento della nonviolenza preparò il terreno a che la Gran Bretagna rinunciasse alla propria supremazia in India, anche se lo stesso Gandhi fu assassinato da un sicario. Purtroppo, in seguito il principio dell'ahimsa fu dimenticato. Lo sviluppo politico dell'India e del Pakistan finì per assumere toni sanguinosi ispirati alla più spietata violenza.
La lotta di M. L. King si concluse a sua volta senza vincere, anch'egli fu assassinato mentre teneva un discorso durante una manifestazione.
Malgrado tutto, il concetto di nonviolenza, come pure forme nonviolente di protesta, continuano a sopravvivere e a svilupparsi nel mondo. Gli interventi quotidiani e di massa degli strati più bassi di lavoratori, manifestazioni di protesta, scioperi, movimenti femminili e studenteschi, manifestazioni contadine, la pubblicazione di manifesti, volantini e periodici, interventi alla radio e alla televisione, tutto ciò fa parte delle forme dell'etica e della pratica della nonviolenza.
Il Nuovo Umanesimo si sforza di ridurre la violenza ai minimi termini, nella prospettiva di superarla completamente e di avviare tutti i metodi e le forme per risolvere contrapposizioni e conflitti lungo i binari della nonviolenza creativa.
Spesso si identificano nonviolenza e pacifismo, ma in realtà questo non è un metodo d'azione né uno stile di vita ma una denuncia costante contro la corsa agli armamenti.
Nonviolenza attiva
Strategia di lotta del Nuovo Umanesimo consistente nella denuncia sistematica di tutte le forme di violenza esercitate dal sistema. Come pure, tattica di lotta applicata a situazioni definite in cui si verifica qualunque tipo di discriminazione.
Nord-sud (problema dei rapporti tra nord e sud)
Questo termine viene usato per indicare i rapporti tra i paesi industrialmente e tecnicamente sviluppati (Nord) e i paesi in via di sviluppo (Sud), concentrati nella maggioranza nell'emisfero meridionale. In una qualche misura il concetto “Sud” comprende anche i paesi dell'Oriente, a eccezione del Giappone, della Corea del Sud e di alcuni altri paesi asiatici come Singapore ecc. Quindi, questo problema può essere interpretato come il problema di rapporti iniqui, di dipendenza e di sfruttamento tra il centro e la periferia.
L'iniquità di questi rapporti è stata riconosciuta dall'assemblea generale dell'ONU in una apposita risoluzione del 1974. A partire dalla conferenza di Parigi (1975-77) e dalla riunione di Cancún (1981), si realizza il dialogo permanente tra i rappresentanti ufficiali di entrambi i gruppi di paesi. All'interno dei limiti dell'ONU e delle sue istituzioni specializzate, sono stati creati meccanismi per compensare, sia pure in misura minima, questa iniquità e contribuire allo sviluppo economico-sociale e culturale dei paesi in via di sviluppo, destinando a ciò non meno dell'1% del prodotto interno dei paesi sviluppati. Ma la corsa agli armamenti, i conflitti locali, la crescita della disoccupazione, non hanno consentito neppure di conseguire questo modesto obiettivo, senza parlare della necessità di ristrutturare i rapporti economici internazionali e di eliminare alcuni degli elementi di iniquità che frenano lo sviluppo del Sud.
Nuova destra
Corrente ideologica e politica sorta nei paesi sviluppati alla fine degli anni Sessanta e agli inizi dei Settanta.
Dapprima si è trattato di gruppi di intellettuali di sinistra delusi e disorientati a causa della rottura del mito riguardante la presunta prossima vittoria mondiale del comunismo. Quegli intellettuali sono passati dal comunismo al tradizionalismo, perché gli stereotipi del comportamento, delle simpatie estetiche e della cultura della violenza di entrambi sono abbastanza vicini, anche se sembrano essere incompatibili. Poi hanno aderito a questa corrente alcuni ideologi filofascisti che pensavano di legittimare in quel modo le loro concezioni sul neopaganesimo di fronte all'opinione pubblica e di guadagnare adepti tra i giovani.
La nuova destra condanna l'ipocrisia e altri vizi della civiltà contemporanea, ne critica la “cultura di massa” e la “denaturalizzazione”; fa appello a presunti “valori della razza” e agli istinti primitivi e zoologici; esalta etnocentrismo e razzismo; coltiva l'odio, la xenofobia e la violenza.
La base sociale di questa corrente è costituita da alcuni gruppi di intellettuali, studenti, soprattutto nelle professioni tecniche e pedagogiche, degli strati medi danneggiati dalla ristrutturazione industriale e tecnica, militari di professione spaventati dalla prospettiva del disarmo e dalla riduzione degli eserciti dopo la fine della guerra fredda.
Il Nuovo Umanesimo lotta contro le concezioni fondamentaliste, scioviniste e razziste della nuova destra che costituiscono attualmente il pericolo principale nella sfera ideologica e politica, come molla per i conflitti etnoconfessionali e le guerre locali, e che formano il tipo di assassino professionale che è protagonista di queste guerre.
Nuova sinistra
Designazione dell'insieme di raggruppamenti eterogenei per le loro concezioni filosofiche e il loro orientamento politico, sorti negli anni Sessanta e Settanta del XX secolo. Nella sua maggioranza è formata da studenti e intellettuali ed è alimentata dai “nuovi poveri”.
Questi gruppi conducono una critica della disuguaglianza sociale, dell'annullamento della personalità, dello sfruttamento crescente, del consumismo, della degradazione morale che sono propri dei paesi sviluppati. Allo stesso tempo, criticano i comunisti per la loro burocratizzazione, il loro antiumanesimo e la loro corruzione.
Parte della nuova sinistra ha abbracciato i metodi della violenza e ha praticato il terrorismo. Alcuni gruppi hanno deviato verso il nazionalismo, il razzismo e il fondamentalismo religioso, e si sono perfino alleati con bande neonaziste.
Un'altra parte ha cercato l'uscita dalla crisi globale nel risorgere dell'anarchismo. Alcuni gruppi sono entrati nei partiti socialisti e socialdemocratici, altri nelle organizzazioni e nei movimenti ecologisti, femministi e giovanili.
Nuovi poveri
Categoria di lavoratori formatasi a seguito della ristrutturazione economica provocata dalla rivoluzione tecnico-scientifica. Ne fanno parte impiegati, ingegneri, tecnici e operai qualificati che non trovano lavoro; soggetti usciti da centri docenti e senza lavoro; contadini in rovina; abitanti di zone industriali abbandonate; pensionati con pensioni inferiori al minimo vitale. La maggior parte dei nuovi poveri perde in fretta i diritti alle facilitazioni proprie dei disoccupati.
I nuovi poveri si vedono costretti a lavorare come giornalieri od occasionali senza qualifica e senza contratto.
Per combattere l'“indigenza tecnologica” è necessario creare il sistema internazionale di riqualificazione, contribuire alla destatalizzazione dell'economia e concentrare sforzi a livello comunale e locale creando nuovi centri di qualificazione, di lavoro, di ricreazione e di cultura.
Nuovo Umanesimo
I rappresentanti di questa corrente hanno fissato la loro posizione in rapporto al momento storico attuale. Per loro risulta imprescindibile l'elaborazione di un umanesimo che contribuisca al miglioramento della vita, che faccia fronte alla discriminazione, al fanatismo, allo sfruttamento e alla violenza. In un mondo che diventa globale a grande velocità e che mostra i sintomi dello scontro tra culture, etnie e regioni, propongono un umanesimo universalista, pluralista e convergente; in un mondo in cui si destrutturano i paesi, le istituzioni e le relazioni umane, sostengono un umanesimo capace di produrre la ricomposizione delle forze sociali; in un mondo in cui si sono perduti senso e direzione della vita, ribadiscono la necessità di un umanesimo adatto a creare una nuova atmosfera di riflessione, in cui non si oppongano in modo irriducibile il personale al sociale, il sociale al personale. I suoi espositori, interpreti e militanti aspirano ad un umanesimo creativo, non ad un umanesimo ripetitivo; un umanesimo che prendendo in considerazione i paradossi dell'epoca miri a risolverli.
Il Nuovo Umanesimo tende alla modifica dello schema di potere con lo scopo di trasformare la struttura sociale attuale che si indirizza verso un sistema chiuso (mondializzazione) in cui predominano sempre più gli atteggiamenti pratici e i “valori” teorici dell'antiumanesimo.
Nuovo ordine
1. Espressione hitleriana che si riferiva a un'Europa centralizzata, sul piano economico e su quello politico, sotto il controllo della Germania. 2. Espressione entrata in uso a partire dagli anni dalla presidenza di R. Reagan. Si riferisce all'organizzazione delle relazioni internazionali in base a un modello economico e a un tipo di egemonia militare detenuta dagli Stati Uniti. 3. Nuovo ordine economico internazionale. Posizione difesa dai paesi in via di sviluppo. Alcune delle misure proposte sono le seguenti: sovranità nazionale delle risorse naturali; riduzione del divario tra prezzi dei prodotti grezzi e di quelli manufatti; regolazione dei prezzi internazionali delle materie prime; intensificazione dei rapporti commerciali privilegiati con i paesi sviluppati; normalizzazione del sistema monetario internazionale; stimolo all'esportazione industriale dei prodotti dei paesi in via di sviluppo.
O
Opinione pubblica
(dal lat. opinio, -onis concetto che ci si fa di una cosa) Il sentire o la valutazione su cui coincide la generalità delle persone a proposito di determinati argomenti. Esprime l'interesse (o gli interessi) pubblico ed esercita influenza sul comportamento individuale, sulla posizione dei gruppi sociali e sulla politica nazionale e internazionale.
L'opinione pubblica svolge un importante ruolo nella formazione dell'organizzazione collettiva. Ciò conduce in vari casi alla manipolazione della coscienza collettiva per mezzo del controllo governativo sui mezzi d'informazione e sulle procedure burocratiche, per mezzo della falsificazione dei risultati dei sondaggi ecc.
Lo studio generale dell'opinione pubblica si è specializzato nella misurazione quantitativa delle opinioni; nella ricerca sulle relazioni tra opinioni individuali e collettive riguardo a un determinato problema; nella descrizione del ruolo politico dell'opinione pubblica e nello studio dell'influenza dei mezzi d'informazione e di altri agenti sulla formazione dell'opinione pubblica.
L’informatizzazione della società crea le condizioni tecnologiche per porre fine alla manipolazione e alla falsificazione dell'opinione pubblica, ma per questo è necessaria l'attività civica cosciente di tutti i cittadini di buona volontà.
Il Nuovo Umanesimo protesta contro la manipolazione dell'opinione pubblica e contro il monopolio dei mezzi d'informazione, lotta contro queste politiche vergognose e le denuncia nello specifico, battendosi per la libertà di coscienza.
I contatti interpersonali, le riviste elettroniche, i periodici di quartiere, gli annuari e altre pubblicazioni di orientamento umanista sono un contributo importante alla formazione di un’opinione pubblica libera e democratica.
Opportunismo
(der. di opportuno, sul modello del fr. opportunisme. Cfr.: lat. opportunus, da ob, verso, e portus, porto, attributo del vento a favore che spinge verso il porto) Comportamento personale o atteggiamento politico che prescinde, in una certa misura, dai suoi principi morali adattandosi all'opinione predominante e ricevendo per questo favori e facilitazioni da parte dei potenti del momento.
Nella lotta politica contemporanea è frequente, tra avversari, l'accusa di opportunismo fatta per screditare l'oppositore agli occhi degli elettori. Perciò le definizioni relative devono essere considerate con attenzione e verificate in pratica per non cadere nel facile politicantismo.
Nella vita politica del XIX e del XX secolo le accuse reciproche di opportunismo furono luogo comune in quasi tutte le campagne politiche ed elettorali. Un particolare gusto nel coniare queste accuse è stato tipico del movimento comunista. Stalin definiva tutti i propri avversari, effettivi o presunti, come opportunisti, ora di destra ora di sinistra. In alcuni casi, Stalin parlava anche di “mostri opportunisti di destra-sinistra” e stigmatizzava i “centristi”. Questa definizione era usata dai comunisti russi come il massimo dell'opportunismo, l'insulto più pesante. Le vittime dello stalinismo ricevevano l'etichetta di “opportunisti” se prima del loro arresto erano stati membri del partito comunista o del komsomol (organizzazione giovanile comunista).
Opposizione
(dal lat. oppositio, -onis; cfr. opponere, ob di fronte e pono, porre) 1. Contrapposizione dei criteri, delle concezioni, delle politiche proprie alla politica e alle concezioni dominanti. Resistenza nonviolenta e presentazione delle alternative alla politica ufficiale. 2. Minoranza che, negli organi parlamentari, si oppone alla politica del governo e a volte costituisce un “gabinetto ombra”. Questa forma di opposizione assume il nome di opposizione parlamentare. 3. Minoranza o minoranze che si pronunciano contro il corso politico e i provvedimenti organizzativi e di altra natura all'interno di un partito politico.
Comunemente si tratta di opposizione su questioni tattiche e organizzative, ma a volte si estende ai problemi politici nodali e conduce alla scissione del partito o al suo scioglimento. In questo modo si sono autodisciolti diversi partiti conservatori e comunisti d'Europa, d'America e d'Asia. In molti casi questa minoranza costituisce una propria frazione con un proprio centro organizzativo, con proprie finanze e con propri mezzi di diffusione, ma all'interno dei limiti del programma (piattaforma) e degli statuti del partito. Questa si chiama “opposizione interna” al partito.
Oppressione
(dal lat. oppressio, -onis; cfr. opprimere, comp. di ob, contro e premo, premere) Questo fenomeno sociale ripugnante e diffuso ha profonde radici storiche e si manifesta nel fatto che una persona o un gruppo privilegiato si appropria del prodotto del lavoro di altri, costringendo questi a servire, a soddisfare le sue pretese. L'oppressione è il risultato della violenza.
Si distinguono l'oppressione familiare, razziale, nazionale, religiosa, di classe ecc. Sin dall'antichità l'essere umano lotta contro tutte le forme di oppressione. Dal proprio sorgere, l'umanesimo ha condannato l'oppressione e ha ispirato la difesa della dignità umana.
Opzione
(dal lat.optio, -onis; cfr. optare, scegliersi qualcosa) 1. Capacità umana di assumere decisioni libere sulla base della conoscenza delle circostanze, della definizione di un obiettivo di azione e dei mezzi adeguati al caso. Riflette il livello di libertà dell'essere umano e della società a cui questi appartiene. In questo modo, determina l'autenticità dell'azione o la sua falsità. Il Nuovo Umanesimo contribuisce all'elaborazione di abitudini di vita che consentano di realizzare opzioni (scelte) in modo cosciente e senza pressioni esterne. 2. Sistema di leggi politiche e sociali presentate dal Partito Umanista in diversi paesi. (opzione referendaria, servizio militare facoltativo; libertà di opzione nei campi della maternità, della sessualità ecc.). 3. Diritto a una occupazione.
Organizzazioni non governative
Organizzazioni internazionali, nazionali e locali, create su iniziativa di alcuni cittadini, con obiettivi specifici comuni di carattere sociale, politico, confessionale, culturale, scientifico, sportivo, ricreativo ecc.
Le organizzazioni non governative costituiscono il fondamento e la struttura della società civile, base del regime democratico. Attualmente, queste organizzazioni si dedicano in primo luogo alla protezione dell'ambiente, a opere di beneficenza, alla difesa dei diritti umani, a contribuire alla soluzione dei conflitti etnoconfessionali e sociali, al disarmo e alla ricerca di vie di uscita dalla crisi globale che incombe sull'umanità. Grazie alla partecipazione attiva di scienziati e professionisti, il loro potenziale intellettuale è assai grande.
La conferenza dell'ONU di San Francisco del 1945 ha stabilito all'articolo 71 degli statuti dell'ONU che le organizzazioni non governative sarebbero state consultate dal Consiglio economico e sociale su problemi di loro competenza. Nel 1950 si è istituzionalizzata la Conferenza delle organizzazioni consultive non governative, che comprende tre categorie di organizzazioni, le quali intrattengono contatti permanenti con il corrispondente comitato del Consiglio economico e sociale dell'ONU. La conferenza si tiene ogni tre anni e si svolge negli uffici di New York e Ginevra. Diverse organizzazioni non governative collaborano con le organizzazioni specializzate dell'ONU. È attiva, perciò, la Conferenza delle organizzazioni internazionali non governative ammesse dall'Unesco al beneficio di accordi consultivi, creata nel maggio 1950 a Firenze. Si tiene ogni due anni e ha sede a Parigi.
Organizzazioni sociali di base
Organizzazioni che sorgono per iniziativa degli abitanti dei quartieri popolari, dei villaggi, dei campus universitari e di altri centri residenziali. La loro costituzione si deve a interessi comuni, al convergere di intenzioni, simpatie e preferenze. Si tratta di organizzazioni informali, non hanno carattere chiuso, militanza permanente né statuti fissi. Sono aperte a tutti i vicini.
A differenza delle organizzazioni dei partiti politici, non lavorano sul piano elettorale ma possono esprimere valutazioni morali su determinati eventi politici che riguardano la vita dei quartieri e difendono i diritti umani, ponendo sempre in rilievo il diritto alla vita e la libera espressione delle opinioni.
A volte, quando le circostanze lo consentono, pubblicano periodici di quartiere o di campus, che riflettono la vita locale. Si occupano dei problemi dei vicini, della protezione dell'ambiente, di questioni umanitarie e della vita artistica. Si dedicano alle arti e alle lettere.
Costituiscono la base della società civile e cooperano per l'instaurazione e lo sviluppo del sistema democratico nei rispettivi paesi e nella cooperazione internazionale sulla base dell'uguaglianza e del rispetto reciproco.
Il Nuovo Umanesimo rispetta la sovranità di queste organizzazioni, partecipa alle loro attività e le sostiene in tutti i sensi. Spesso, tende alla formazione di momenti di coordinamento tra diverse organizzazioni di base.
Ortodossia
(dal gr. orthós, diritto, e dóxa, opinione) Conformità con l'opinione religiosa considerata ufficialmente come vera. Rettitudine dogmatica in raggruppamenti politici o sociali.
Chiesa ortodossa: nome ufficiale delle chiese cristiane di rito orientale (in Siria, Egitto, Grecia, Turchia, Serbia, Bulgaria, Romania, Russia, Ucraina e in altri paesi).
Dal 1054, quando le chiese cristiane di Roma e di Costantinopoli si separarono, il processo centrifugo è andato accentuandosi. Dal 1961 si tengono conferenze della maggioranza delle chiese ortodosse autocefale che riconoscono l'autorità morale del patriarca di Costantinopoli (vi partecipano quindici chiese ufficiali). Ma esistono diverse chiese ortodosse in ogni paese. Soltanto in Russia, oltre alla chiesa ufficiale che riceve l'aperto appoggio del governo, operano quattro chiese ortodosse di rito antico e non meno di sei chiese ortodosse di altri riti.
Ozio
(dal lat. otium che presso i Romani era il tempo libero dalla politica e dagli affari, l'opposto del negotium, da dedicarsi alla cura dei campi o agli studi) Divagazione o impegno rilassato, in particolare in opere d'ingegno, che forma e sviluppa la personalità umana. Si tratta del tempo libero dalla produzione di beni materiali indispensabili alla sopravvivenza. Nell'ozio non si include il tempo usato per il lavoro, per i trasporti, per le cure personali, per le faccende domestiche e per il sonno. L'ozio comprende il tempo che si usa per soddisfare diversi interessi personali, quali il divertimento, lo sport, il gioco, l'arte, la comunicazione sociale, la lettura, il turismo, il fai-da-te e altri hobby.
Si distingue l'ozio attivo, quello in cui qualcuno svolge un'attività creativa che gli consente di sviluppare in modo multiforme le proprie capacità, dall'ozio passivo, legato al consumo di beni culturali creati da altri. Ma quest'ultima forma contribuisce anch’essa alla formazione della personalità e alla sua socializzazione. Tuttavia, con il sorgere dell'industria dell'ozio e con la cosiddetta “cultura di massa”, i valori culturali vengono sostituiti da diversi surrogati che disumanizzano la vita, deformano la personalità e sminuiscono il livello culturale della società.
Il Nuovo Umanesimo ritiene necessario aumentare il volume dell'ozio, colmando il tempo libero di attività creative, innalzando il livello culturale, il riposo e il divertimento. Il problema dell'umanizzazione dell'ozio e dell'elevazione del suo contenuto è uno dei compiti essenziali delle attuali generazioni.
P
Pacifismo
(dal fr. pacifisme der. di pacifique; cfr. lat. pax, pacis, pace e facere, fare) Principio morale e politico che riconosce la vita umana come valore sociale ed etico supremo e che vede nel mantenimento della pace tra i gruppi etnici, religiosi e sociali, tra le nazioni e i blocchi di Stati, il proprio ideale supremo. Prevede il rispetto della dignità umana, dei gruppi e dei popoli, e dei diritti umani in generale. Contribuisce alla comprensione reciproca tra persone di diverse culture e generazioni. Rifiuta la diffidenza, l'odio e la violenza.
Il pacifismo è un atteggiamento di negazione della guerra e della corsa agli armamenti. Sin dalla prima guerra mondiale, molti tribunali in diverse parti del mondo hanno riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza, esimendo dal servizio militare i pacifisti e i membri di confessioni religiose che si oppongono alle armi e agli strumenti bellici. Gli obiettori di coscienza hanno anche promosso campagne per dirottare la percentuale di tasse destinata alla difesa verso l'istruzione e la sanità. Le idee di disarmo e di smilitarizzazione hanno ispirato numerosi movimenti antibellici che, spesso, non sono riusciti a raggiungere un accordo a causa delle loro diverse concezioni della realtà sociale e, a volte, a causa delle divergenze su temi particolari nell'applicazione delle loro tattiche di lotta. I gruppi pacifisti sono oggi in grado di organizzare fronti autonomi di base insieme ad altri gruppi favorevoli al cambiamento sociale (fronte d'azione).
Paesaggio di formazione
L'ubicazione personale in ogni momento della vita avviene mediante la rappresentazione di eventi passati e di eventi più o meno possibili nel futuro, che confrontati con i fenomeni attuali consentono di strutturare ciò che viene di solito chiamato la “situazione presente”. L'inevitabile processo di rappresentazione di fronte agli eventi fa sì che questi in nessun caso possano avere in sé la struttura che si attribuisce loro. Quando si parla di paesaggio di formazione, ci si riferisce agli avvenimenti vissuti da un essere umano dalla sua nascita e in rapporto a un certo ambiente. L'influenza del paesaggio di formazione non è data semplicemente da una prospettiva temporale intellettuale formata biograficamente e da cui si osserva il presente, ma si tratta di un continuo aggiustamento di situazione in base alla propria esperienza. In questo senso, il paesaggio di formazione agisce come uno “sfondo” di interpretazione e di azione, come una sensibilità e come un insieme di credenze e di valutazioni con cui vivono un individuo o un generazione (generazioni).
Paesaggio esterno
Configurazione della realtà corrispondente alla percezione dei sensi esterni valutata attraverso i contenuti specifici della coscienza. Poiché la coscienza è una struttura attiva e non un riflesso della realtà “esterna”, quest'ultima appare come “paesaggio” strutturato, non certo come somma di percezioni, né come struttura isolata delle percezioni dei sensi esterni. Il paesaggio esterno si sperimenta nella posizione della coscienza rivolta “verso fuori”, avendo come riferimento il registro periferico tattile-cenestesico (paesaggio interno).
Paesaggio interno
Configurazione della realtà corrispondente alla percezione dei sensi interni valutata attraverso i dati di memoria e attraverso la posizione intenzionale della coscienza che muta a seconda dello stato di sonno, di veglia, di emozione, di interesse ecc. Dal punto di vista psicosociale, lo studio del paesaggio interno di una società permette di comprendere il sistema di tensioni fondamentali di questa in una situazione data, e la configurazione di immagini articolate come credenze e come miti. Il paesaggio interno si sperimenta nella posizione della coscienza rivolta “verso dentro”, avendo come riferimento il registro interno del limite tattile-cenestesico (paesaggio esterno).
Paesaggio umano
Configurazione della realtà umana in base alla percezione dell'altro, della società e degli oggetti prodotti con significato intenzionale. Il paesaggio umano non è una semplice percezione oggettuale ma la scoperta di significati e di intenzioni in cui l'essere umano riconosce se stesso.
Paesi in via di sviluppo
Il gruppo di paesi in cui predomina la società tradizionale o che sono in transizione dall'economia preindustriale all'economia industriale e postindustriale.
La maggior parte di questi paesi si trovano in Africa, America latina e Asia, nell'emisfero meridionale. Qui vive il 70% della popolazione mondiale e vi si concentra soltanto il 30% del reddito globale. Ciò testimonia l'iniquità dei rapporti economici internazionali e il ritardo economico-sociale dei rapporti sociali e del livello tecnologico della società in quei paesi. La responsabilità di quel ritardo ricade non soltanto sul capitale transnazionale che sfrutta quei paesi, ma anche sulle élite governative di quegli stessi paesi, che frenano lo sviluppo e ostacolano il processo di modernizzazione della società. Ma allo stesso tempo è necessario riconoscere che la produttività del lavoro nei paesi in via di sviluppo è bassa a causa dell'analfabetismo di gran parte della popolazione adulta, del livello inferiore di qualificazione dei lavoratori, del ritardo tecnologico e della mancanza o della debolezza delle basi scientifiche.
Gli Stati d'Africa, America latina e Asia tentano di cooperare in aspetti regionali e a livello internazionale per accelerare il loro sviluppo collettivamente e per mezzo del dialogo con il “Nord”. La VII conferenza dei capi di Stato e di governo dei paesi non allineati (1983) ha approvato la dichiarazione sul sostegno collettivo ai paesi in via di sviluppo e il programma d'azione di cooperazione economica.
All'interno della conferenza dell'ONU per il commercio e lo sviluppo, fondata nel 1964, opera il comitato per la cooperazione economica tra i paesi in via di sviluppo. Il Gruppo 77, creato nel 1964 dai paesi d'Africa, America latina e Asia, tiene dal 1977 riunioni dei ministri degli esteri durante le sedute dell'assemblea generale dell'ONU.
In Giappone si è tenuto nel 1996 il seminario di dieci paesi latinoamericani e asiatici (Argentina, Brasile, Colombia, Cile, Messico, Malaysia, Tailandia, Hong Kong, Corea del Sud e Giappone) in cui sono stati esaminati i rapporti economici tra Asia e America latina.
Paesi sviluppati
Gruppo di paesi d'America, Asia, Oceania ed Europa che si segnalano per l'alto prodotto interno lordo procapite, per la longevità della popolazione, per la bassa mortalità infantile, per l'alta qualità dell'insegnamento (circa 14 anni di istruzione per ogni persona occupata), per l'alto livello della produttività del lavoro e del volume della ricchezza. Questi paesi detengono la maggior parte delle invenzioni e dei brevetti, delle scoperte scientifiche e degli investimenti scientifici; la maggioranza delle spese nei settori dell’informatica e in quelli dell’accumulazione di capitali; il predominio delle merci di uso prolungato e di servizi a pagamento connessi con la struttura familiare.
Nella struttura economico-sociale di questi paesi predominano le società anonime, soprattutto grandi corporazioni transnazionali che controllano il mercato.
Questo gruppo non è omogeneo. Tra i paesi che ne fanno parte, accanto a quelli più avanzati si osservano quelli meno sviluppati, per esempio la Grecia.
Nel 1960 è stata fondata l'OCDE, Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico, con sede a Parigi. Si tratta di una organizzazione intergovernativa formata da 24 Stati, soprattutto europei, che ne coordina la cooperazione economica.
Dal 1975 si realizzano incontri annuali dei capi di Stato e dei governi dei paesi più ricchi: Francia, USA, Inghilterra, Germania, Giappone, Italia e Canada (dal 1977 agli incontri partecipa il rappresentante della Comunità europea e dal 1995, con qualche restrizione, il presidente della Russia). Dal 1966 si tengono incontri asiatico-europei dei leader di quindici Stati dell'Europa occidentale e di dieci Stati asiatici, tra cui Giappone, Cina, Corea del Sud, Singapore, Tailandia, Malaysia, Indonesia ecc.
Partito politico
(dal lat. partire, dividere; dal lat. politicus, cfr. gr. politiké tékhne, l'arte del governare) Collegamento tra coloro che perseguono lo stesso interesse o condividono la stessa opinione. È una forma di organizzazione politica che lotta per ottenere posizioni determinanti nell'esercizio del potere statale. Le condizioni dell'attività dei partiti politici dipendono dal regime politico esistente in un determinato paese.
Il sistema partitico è determinato dal sistema elettorale dello Stato. Il sistema partitico moderno si forma negli Stati dell'Europa occidentale e d'America nel XIX e XX secolo e abbraccia in pratica tutti gli Stati del mondo.
Negli Stati totalitari il sistema del partito unico (monopartitismo) è usato come strumento principale della mobilitazione sociale e della repressione. In alcuni Stati autoritari i partiti politici sono proibiti, in altri hanno vita effimera e incerta.
La democratizzazione della vita politica e sociale è accompagnata dall'allargamento delle funzioni dei partiti politici, dalla democratizzazione della loro organizzazione interna e del loro funzionamento. Tuttavia, il pluripartitismo non può essere considerato come criterio decisivo della democraticità del regime politico, sebbene sia uno dei tratti caratteristici necessari.
Negli Stati democratici i partiti politici generalmente hanno tra i loro iscritti non più del 5% dei cittadini. La maggior parte degli elettori non milita in nessun partito e le sue simpatie politiche variano da una elezione all'altra.
Attualmente la crisi della democrazia riguarda anche i partiti ed è accompagnata dal disinteresse e dall'astensione dei cittadini al voto.
Nella società dell'informazione le funzioni del partito politico si vanno riducendo, e questo cede il proprio posto ai club e ad altre forme di organizzazione che si caratterizzano per l'assenza di affiliazione fissa e di una rigida disciplina di partito.
I tratti specifici del partito sono: comportamento politico, dottrina, principi e norme organizzative, stile e metodi di attività. Tutto ciò si riflette nel programma, nella piattaforma e negli statuti del partito. I partiti dispongono di simboli specifici, e così pure di inni. Generalmente, hanno loro organi di diffusione.
Paternalismo
(der. di paternale, sul modello dell'ingl. paternalism; cfr. lat. pater, padre) Dottrina che considera gli imprenditori e i salariati come soci della stessa impresa e raccomanda tutta una serie di misure amministrative, sociali, economiche, tecniche, culturali, psicologiche ecc. per garantire la “pace sociale” e presentare gli industriali come unici garanti di questa pace.
Particolare attenzione tra queste misure si presta alla partecipazione dei salariati agli utili dell'azienda mediante la distribuzione di azioni di minoranza tra i salariati stessi, in base ad alcune condizioni specifiche. Un'altra misura importante consiste nella riqualificazione sistematica gratuita del personale per innalzare la produttività del lavoro e la qualità delle merci e incrementare così la competitività dell'azienda sul mercato.
Il Nuovo Umanesimo critica il punto di vista unilaterale di questa dottrina e il suo egoismo di classe e lo fa dalle posizioni del solidarismo, che dà importanza alla qualità umana di tutti gli attori della scena sociale che devono avere uguali diritti e doveri corrispondenti (proprietà del lavoratore).
I salariati hanno il diritto di partecipare effettivamente alla gestione dell'azienda e di controllarne l'attività, nei limiti della loro competenza, oltre a partecipare agli utili. I salariati, al pari degli imprenditori, hanno diritto di organizzarsi liberamente e di difendere i loro interessi. Per questo, il Nuovo Umanesimo respinge la dottrina e la pratica del paternalismo come una variante della discriminazione sociale, anche se ammette alcuni procedimenti concreti tendenti al raggiungimento del patto sociale tra imprenditori, salariati e Stato, nel rispetto delle norme internazionali.
Patriarcato
(dal tardo lat. patriarchalis, cfr. gr. patriá, stirpe e árkho, essere a capo) Organizzazione sociale primitiva in cui l'autorità è esercitata da un uomo capo di famiglia; questo potere si estende ai parenti, anche lontani, di uno stesso lignaggio. Si intende per patriarcato anche il periodo in cui predomina questo sistema. A differenza del matriarcato, in questa organizzazione il grado di parentela è determinato per linea paterna.
Questo sistema si afferma con l'allontanamento della donna dalla sfera della produzione dei beni e con il concentramento dei suoi sforzi nelle faccende domestiche. Ciò coincide con il passaggio dalla tecnologia di adattamento alla tecnologia di trasformazione, all'uso del rame e alla divisione tra agricoltura, allevamento del bestiame e alla differenziazione dell'artigianato. In tutti questi lavori, il peso fisico maggiore ricade sugli uomini, e ciò conduce al mutamento delle forme di famiglia. In seguito, il patriarcato viene sostituito dalla civiltà quando l'età del bronzo cede il posto all'età del ferro, quando sorgono la scrittura e lo Stato. Tuttavia la struttura di dominio da parte degli uomini continua, nella discriminazione della donna negli ambiti della gestione e della decisione nel mondo del lavoro e nello Stato. In tal senso, la società attuale prosegue secondo tratti nettamente patriarcali pre-civili.
Patriottismo
(dal fr. patriotisme; cfr. gr. patriótes, der. di pátrios, dei padri, patrio) Sentimento affettivo riguardante il territorio natale e la disposizione a difenderlo da attacchi esterni.
Alla base di questo sentimento vi è la tendenza biologica a marcare il territorio in cui si abita e a proteggerlo da intromissioni estranee. Nel periodo di formazione degli Stati nazionali in Europa occidentale, nel XIX secolo, questo sentimento, umanizzato dai movimenti di liberazione nazionale e sociale, ha contribuito al consolidamento degli Stati nazionali. Ma a sua volta spesso degenerò trasformandosi in sciovinismo, come si manifestò, per esempio, nelle guerre napoleoniche, in alcune guerre balcaniche, nella guerra della Triplice alleanza tra Argentina, Brasile e Uruguay contro il Paraguay, nella guerra del Pacifico tra Cile, Bolivia e Perú. In seguito, questo sentimento patriottico delle masse è stato sfruttato dagli imperialisti durante la prima e la seconda guerra mondiale. Questa speculazione, volta a scopi mostruosi, risultò evidente nelle conquiste imperiali e in altri delitti dei regimi di Mussolini, Hitler e Stalin. Attualmente il sentimento patriottico nasconde spesso i delitti più abietti commessi nei “conflitti locali” in India, Etiopia, Somalia, ex Iugoslavia ed ex URSS.
Gli umanisti amano le loro patrie, ma condannano le speculazioni e la manipolazione del sentimento patriottico, che conducono alla xenofobia, al nazionalismo e al razzismo e che finiscono per innescare conflitti sanguinosi.
Percezione
(dal lat perceptio, -onis, der. di percipere, percepire, frequentativo di capere, prendere) Azione ed effetto di apprendere un fenomeno per via sensoriale, sia da parte di sensori esterni sia da parte di quelli interni. I sensori esterni configurano i sensi della vista, dell'udito, del gusto, dell'olfatto e del tatto esterno; i sensori interni configurano la cenestesia, la chinestesia e il tatto interno. La psicologia atomista ha preteso di scomporre le percezioni in sensazioni e ha ritenuto la coscienza come un recettore passivo di stimoli provenienti dal mondo esterno. Oggi, la psicologia umanista considera la percezione come una struttura dinamica di sensazioni in cui la coscienza organizza attivamente i dati ricevuti per via sensoriale.
La psicologia umanista distingue tra la percezione del paesaggio e le semplici percezioni. In ogni percezione esistono fenomeni di atteggiamento, di valutazione e di preferenza nei confronti dello stimolo considerato. Ciò consente di considerare la percezione del paesaggio come interazione, superando l'attenzione esclusiva per il cognitivo e per l’esperienzale.
Nella psicologia sociale del Nuovo Umanesimo, il concetto di “paesaggio” consente di elaborare e di applicare un metodo più completo per conoscere le diverse culture e i loro modi di percepire il mondo.
Personalismo
(der. di personale, dal tardo lat. personalis, der. di persona, in origine la maschera dell'attore, che era diversa secondo i caratteri da rappresentare) È una teoria filosofica che considera l'essere umano e la sua libertà come il valore spirituale più importante. Il concetto di personalità in quanto tale è molto più ampio di alcune delle manifestazioni particolari, o del modo di comportarsi di una persona. In realtà, l'aspetto personalista è parte integrante di tutte le scienze sociali, religiose, psicologiche, come pure delle concezioni ideologiche o politiche e domina anche nella cultura e nell'arte.
La chiave della filosofia del personalismo è costituita dai seguenti problemi: quello di trasformare l'individuo in una personalità; quello dell'individuo e della collettività; l'individuo, la società, la libertà umana e le sue responsabilità nei confronti di altri esseri umani. Nella corrente religiosa del personalismo si presta maggiore attenzione al problema dell'individuo e di Dio, tendenza che si è riflessa nelle varianti dell'esistenzialismo religioso (èesistenzialismo).
L'individuo, secondo molti personalisti, è una categoria biologico-naturale, mentre la personalità è una categoria storica e sociale. Un individuo è parte integrante della società, di un gruppo, di una classe, di un clan, di una nazione. Una personalità costituisce l'intero; non è una categoria organica. La personalità comprende la presenza di alcune qualità intellettuali e spirituali, la loro combinazione stabile, come pure una struttura di orientamenti stabili, superindividualistici e validi. La potenza e il carattere di quelle qualità è ciò che differenzia una persona dall'altra. Ogni essere umano è un individuo, ma non tutti gli individui risultano essere una personalità. Molte persone vivono in modo meccanico, adattandosi passivamente all'ambiente o contrapponendosi alla società.
Secondo il personalismo, l'essere umano è libero e si trova al di sopra dello Stato, della nazione e della famiglia. Ma la vita spirituale e morale di una persona è intrecciata con la vita sociale, e quindi la personalità corre il rischio di trovarsi alienata dalla società e dalle sue esigenze (alienazione).
Il fatto che l'essere umano perda la propria indipendenza, si sottometta a volontà o interessi estranei – Partito, Chiesa o Stato – è ciò che preoccupa più d'ogni altra cosa i personalisti. Un essere de-personalizzato è il maggior peccato di una società o di una organizzazione umana, per cui l'obiettivo del personalismo consiste nel difendere l'autosufficienza e l'indipendenza della personalità, la sua piena libertà di vivere il proprio destino. Ma esiste anche, in particolare oggi, una presunta “libertà di coscienza”, mentre in realtà si obbedisce a sistemi di valori manipolati come se fossero opinioni proprie. Il personalismo coltiva ideali prossimi a quelli del Nuovo Umanesimo, sebbene se ne differenzi per la minore considerazione mostrata nei confronti del collettivismo solidale, e perché si lascia trascinare dall'individualismo, isolandosi dal processo attivo e preferendo digressioni puramente filosofiche e astratte.
Il Nuovo Umanesimo supera il personalismo, contribuendo all'autosviluppo delle persone nel processo di creazione della loro vita, in unione e in concordia con altre fino a giungere alla formazione di una società libera e solidale in cui sia possibile realizzare l'ideale del personalismo.
Popolo
(dal lat. populus, popolo come comunità politica) 1. Tutta la popolazione di un paese. 2. Diverse forme di comunità succedutesi nella storia (tribù, nazione ecc.).
Sin dall'antichità si è cercato di limitare il concetto di popolo attribuendogli una interpretazione etnocentrista o classista. Per esempio, nella polis greca, gli schiavi, i marinai, gli artigiani e gli immigrati da altre città greche erano esclusi dalla categoria del popolo. Altrettanto accadeva con le caste inferiori in India e in Giappone nell'antichità e nel medioevo e fino alla conclusione della seconda guerra mondiale. Nel medioevo europeo, i servi erano esclusi dalla designazione di popolo. Nell'impero russo, coloro i cui genitori non erano di origine russa erano dichiarati “inorodsi” (persone di lignaggio estraneo) e, insieme a quelli che non praticavano la religione ufficiale, anche se seguivano riti cristiani orientali antichi, erano privati dei diritti civili non essendo considerati ufficialmente come parte del popolo russo.
A partire dalla rivoluzione inglese, l'aristocrazia è esclusa dal concetto di popolo. Nella letteratura rivoluzionaria europea del XIX e del XX secolo, all'aristocrazia viene aggiunta, in questo senso, anche la borghesia. Nella letteratura sovietica, gli intellettuali e i dissidenti, anche quando appartenevano a strati operai e contadini, non erano considerati parte del popolo.
Populismo
(dal latino populus, popolo come comunità politica) Movimento o corrente sociale del XIX e del XX secolo che si rivolge alle masse. I suoi tratti caratteristici sono la convinzione della possibilità di risolvere in modo rapido, semplice e facile i problemi sociali, l'ugualitarismo sociale, l'antintellettualismo, l'etnocentrismo (nazionalismo), la xenofobia e la demagogia.
Il populismo sostiene l'instaurazione della “democrazia diretta” gestita dal partito o dal leader in luogo della democrazia rappresentativa, incoraggia la concentrazione del potere nelle mani di un capo carismatico e fustiga la corruzione e il burocratismo delle istituzioni ufficiali. Quindi, il populismo è una corrente molto eterogenea che può servire forze politiche diverse e con obiettivi contrastanti.
Potere
(uso sostantiv. dell'infinito, dal tardo lat. potere, dal part. potens, potentis di posse, potere) Avere facoltà, tempo o luogo per fare una cosa. Facoltà e giurisdizione per ordinare o compiere qualcosa; forze di uno Stato; suprema potestà reggente e coattiva di uno Stato.
Nella vita politica si definisce così un gruppo di leader economici, sociali e politici che formano la classe dirigente di uno Stato. Nell'antichità, il termine potere si usava come sinonimo di influenza, autorità, gestione, forza, imperio; all'inizio del XX secolo, come la capacità di qualcuno di imporre la propria volontà agli altri. Attualmente, il potere è definito in termini di rapporti di dipendenza di alcune unità sociali rispetto alle altre.
I poteri dello Stato, basati sulla teoria della divisione dei poteri, sono: il potere costituente, che compete allo Stato per organizzarsi, emanando e riformando le sue costituzioni per mezzo di una assemblea costituente rappresentativa o per mezzo di referendum; il potere legislativo, che consiste nella potestà di fare e riformare le leggi e compete al parlamento; il potere esecutivo, che ha la prerogativa di governare lo Stato e di far osservare le leggi, compete al governo formato dal monarca o al presidente e/o al parlamento di uno Stato; il potere giudiziario, quello che esercita l'amministrazione della giustizia e compete al sistema giudiziario.
Si considera inoltre un potere moderatore quello esercitato dal capo dello Stato.
Il potere e la paura danno fondamento all'autorità irrazionale che si esercita proibendo ogni critica e si costruisce sulla disuguaglianza. Nei dispotismi orientali e nei regimi totalitari moderni, il potere statale è stato onnipresente e riprovevole.
I pensatori più profondi hanno sempre sognato di mettere fine a ogni potere imposto agli esseri umani, riservando a questi soltanto il potere sulle cose. Oggi l'esercizio del potere non è riservato soltanto allo Stato, ma questo appare come semplice intermediario o esecutore delle volontà delle grandi concentrazioni economiche (stato parallelo). D'altra parte, la teoria che spiega il sorgere, lo svilupparsi, il trasferirsi e il disarticolarsi del potere non si limita a una visione socio-politica tradizionale, ma considera le diverse “nicchie” di potere, come la tecnologia, le comunicazioni, la distribuzione umana nelle campagne e nelle città, la dislocazione delle popolazioni nelle periferie o nei centri decisionali e la manipolazione della “cultura” in generale (linguaggio, usi sociali, religione, scienza, arte e tempo libero).
Problema dell'alimentazione
O problema della fame. È uno dei problemi globali contemporanei più acuti, che riguarda oltre un miliardo e mezzo di esseri umani in tutto il mondo, ma particolarmente nei paesi in via di sviluppo e soprattutto nei ventisei paesi africani meno sviluppati, così come pure ad Haiti, in Nicaragua, Albania, India, Cina e Corea del Nord. Ogni anno, oltre cinquanta milioni di persone muoiono di fame.
A volte il fattore principale del problema della fame si osserva nella sproporzione tra le risorse alimentari limitate e la crescita demografica non regolata, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Per esempio, durante gli anni Settanta e Ottanta, il ritmo di incremento annuale della produzione alimentare era del 2,8%, mentre la crescita demografica annuale era dell'1,8%. Quindi, i fattori principali della fame hanno le loro radici nei vizi della nostra civiltà, sono determinati dalle carenze di organizzazione sociale a livello nazionale e internazionale, sono frutto della ingiusta distribuzione della ricchezza sociale e dell'indigenza di centinaia di milioni di esseri umani: del pauperismo, della disoccupazione di massa, dell'analfabetismo e della bassa produttività del lavoro nei paesi sottosviluppati, prodotto dell'eredità colonialista e di esperimenti sociali senza scrupoli.
Il problema dell'alimentazione è parte integrante del sottosviluppo e non può essere risolto senza la ristrutturazione del sistema produttivo, la modernizzazione della vita sociale, l'eliminazione delle zone di povertà e la riorganizzazione del sistema di relazioni economiche internazionali. Può essere superato soltanto mediante la distribuzione mondiale del progresso sociale, scientifico, ecologico e spirituale. Insomma, mediante l'umanizzazione della Terra.
Problema globale
(mondializzazione) Si chiama così l'insieme di problemi che riguarda tutti gli abitanti della Terra, interessa tutti i popoli e la cui soluzione esige azioni concordate tra tutti gli Stati del mondo e le organizzazioni internazionali.
Tra questi problemi sono di primaria importanza la protezione dell'ambiente a livello globale; le garanzie effettive dei diritti umani in tutti i settori e per il libero sviluppo di tutte le culture e l’uguaglianza dei diritti di tutti gli Stati e di tutte le nazioni; la certezza della pace e del disarmo; la prevenzione del conflitto termonucleare e delle guerre locali; l’equilibrio tra la crescita demografica e l'uso delle risorse alimentari, energetiche e delle materie prime per il sostentamento; l’uso delle risorse dell'oceano mondiale e dello spazio cosmico; l’eliminazione dell'indigenza e il superamento del sottosviluppo.
I diversi problemi globali hanno natura comune perché sono il risultato del progresso sociale, delle lotte secolari dello sviluppo dell'umanità e la loro soluzione può essere soltanto a livello di sistema e complessiva, come risultato della cooperazione effettiva internazionale tra tutti gli Stati, le istituzioni, le organizzazioni e i movimenti.
La soluzione di questi problemi presuppone la formazione di una mentalità globalista a livello di sistema, capace di contrastare e vincere l'egoismo nazionale e di gruppo, manifestando allo stesso tempo il rispetto per la diversità culturale, la sovranità nazionale e i diritti umani, primo fra tutti il diritto a una vita decorosa.
Problema nazionale
Insieme di relazioni culturali, economiche, giuridiche, sociali e linguistiche stabilite in un territorio. Il problema nazionale esiste tra diversi gruppi etnoconfessionali che hanno autocoscienza nazionale e difendono i loro interessi comuni in contrapposizione agli interessi di altre collettività.
Nell'antichità e nel medioevo, con il predominio dell'economia naturale, l'intensità delle relazioni tra gli esseri umani appartenenti a questo o a quel gruppo etnico e confessionale risultava relativamente bassa e si compensava con la sottomissione a questo o a quel governante che usava la coazione extraeconomica come metodo principale per conservare o estendere i propri domini che, in via generale, erano polietnici e spesso policonfessionali.
Soltanto nei tempi moderni, con la formazione di mercati nazionali e come risultato delle rivoluzioni inglese e francese, inizia l'epoca della formazione degli Stati nazionali, in cui predominano una religione e lingue ufficiali. I concetti di “Stato” e di “nazione” si fondono definitivamente. Dopo la disgregazione degli imperi medievali, che fu alle origini della prima guerra mondiale, il principio nazionale nell'edificazione degli Stati europei e asiatici fu accettato anche da comunità polietniche (Europa orientale, URSS, Turchia, Cina).
A conseguenza della vittoria sul fascismo nella seconda guerra mondiale e dell'allargamento del movimento di liberazione nazionale ai continenti d'Asia e d'Africa e alle zone del Caribe e dell'Oceania, il numero degli Stati aumentò da una cinquantina a quasi duecento. Questi paesi, per la maggior parte polietnici, adottarono in apparenza la forma dello Stato nazionale (questo criterio nazionale fu adottato, per esempio, dall'India) insieme al criterio del mantenimento delle frontiere ereditate dall'epoca del colonialismo. Ciò consentì di minimizzare le dimensioni dei conflitti interetnici e interconfessionali, ma non poté sradicarli.
I casi della Iugoslavia, del Pakistan, del Sudan, dell'Etiopia, della Somalia, del Rwanda e del Burundi, dell'Angola, delle repubbliche postsovietiche ecc. dimostrano l'acutezza del problema nazionale nel nostro tempo.
I conflitti nazionali di oggi sono, in larga misura, risultato del colonialismo nelle sue diverse manifestazioni, perché gli imperi coloniali amministravano i loro territori aizzando i gruppi etnoconfessionali gli uni contro gli altri. Adesso questi gruppi e clan vogliono garantire i loro privilegi, mentre i gruppi, i clan e le comunità che soffrono la disuguaglianza sono utilizzati dalle potenze straniere e dai raggruppamenti avventuristi e arrivisti locali per seminare azioni armate, azioni di terrorismo e sopprimere così i giovani Stati, soffocandone l'indipendenza. In questo modo, il problema nazionale si è trasformato in una delle difficoltà mondiali più pressanti del nostro tempo.
Il Nuovo Umanesimo ritiene che i diritti umani universali abbiano la priorità rispetto ai valori escludenti di una etnia, di una confessione, di un clan, di una tribù, di una razza, di una casta o di qualunque altro gruppo sociale. I cittadini devono avere gli stessi diritti indipendentemente dalla loro origine etnica, confessionale, razziale ecc. La discriminazione nazionale deve essere proibita e i suoi effetti devono essere eliminati. I criminali di guerra, autori di azioni di etnocidio e di terrore religioso, devono essere consegnati ai tribunali internazionali. È necessario eliminare la soffocante eredità colonialista e creare le condizioni necessarie al fatto che tutti i popoli del mondo godano di una vita decorosa.
Proprietà
(dal lat. proprietas, -atis der. di proprius, che appartiene a qualcuno, dalla loc. pro privo, a titolo privato) Attributo o qualità essenziale di una persona o di una cosa; precisione con cui una persona si esprime; dominio, diritto o facoltà che qualcuno ha sulle cose che gli appartengono, per usare e disporre di esse liberamente.
Le forme di proprietà variano a seconda delle diverse culture e delle epoche storiche. Alcuni teorici dell'anarchismo propongono di porre fine a qualunque forma di proprietà. Il marxismo-leninismo vede nella proprietà privata l'origine dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo ed esorta a sostituirla con la proprietà collettiva. Il Nuovo Umanesimo prende in considerazione l'esperienza storica delle diverse forme di regolazione sociale della proprietà a diversi livelli dal basso verso l'alto, con il fine di umanizzarla. Ma l'aspetto essenziale della proposta umanista si basa nella messa in discussione della proprietà in generale (impresa-società) e nell'instaurazione di un sistema di proprietà del lavoratore.
Proprietà del lavoratore
Forma di proprietà in cui il lavoratore di un'azienda partecipa non soltanto percependo il salario ma condividendo gli utili e soprattutto partecipando alla gestione. Ci sono varie gradazioni che vanno dal possesso di un pacchetto azionario di minoranza fino al possesso del pacchetto di maggioranza e, nel migliore dei casi, al possesso dell’intero pacchetto azionario e al potere decisionale completo della gestione dell'azienda. Sin da quando è iniziato il cooperativismo, il tema della proprietà del lavoratore ha conosciuto avanzamenti e retrocessioni, è passato per l'intermediazione della burocrazia statale o ha subito le forme più diverse di occultamento della proprietà reale che, in pratica, è rimasta in mano a gruppi capitalisti. Il fattore giuridico-politico è decisivo quando si voglia tradurre in pratica il concetto di proprietà del lavoratore perché la sua possibilità di sviluppo dipende dalla portata delle leggi vigenti. In un sistema politico-sociale di taglio umanista, l'obiettivo primario è incentivare ed estendere alla totalità della popolazione la proprietà del lavoratore. L'evoluzione o rivoluzione politica umanista tende alla strutturazione di una società in cui prevalga la proprietà del lavoratore.
Il tema rientra in uno più ampio, quello delle nuove forme nei rapporti di produzione, tecnici e sociali, che cominciano a svilupparsi nell'economia mondiale e corrispondono all'elevarsi del ruolo e del potere dei lavoratori nel processo produttivo, combinando gli ideali di giustizia sociale con la promessa di efficienza economica (umanista, documento).
In uno studio realizzato nel 1996 dal CENDA (Centro di studi nazionali per uno sviluppo alternativo) gli autori – Manuel Riesco, Paola Parra e Manuel Loyola – stabiliscono antecedenti e confronti riguardo la proprietà del lavoratore in diversi luoghi del mondo. In un brano del rapporto scrivono: “La proprietà del lavoratore nelle aziende è un fenomeno che ha assunto importanza nel mondo durante gli ultimi decenni. In pochi anni, decine di milioni di lavoratori hanno acquisito percentuali significative della proprietà di decine di migliaia di aziende in tutto il mondo, nelle regioni e nei paesi più diversi. Il processo ha varie origini, di cui una delle più significative è quella che ha luogo negli USA, dove la proprietà del lavoro si è trasformata in un importante mezzo di finanziamento delle aziende private, in un periodo di forti ristrutturazioni, e ha goduto di incentivi statali attraverso meccanismi di sussidio sotto forma di esenzioni tributarie. Questa esperienza tende a crescere e a consolidarsi, ed è entrata a far parte della tendenza generale a concedere maggior potere ai lavoratori per migliorare la competitività delle aziende. Un altro fenomeno che ha avuto ripercussione sull'aumento registrato dalla proprietà del lavoratore è stato l'ondata di privatizzazioni che ha riguardato la maggior parte del mondo. La maggioranza dei paesi che hanno portato avanti programmi di privatizzazioni di massa hanno usato la proprietà del lavoro come mezzo per neutralizzare la forte opposizione che tali processi hanno riscontrato da parte di lavoratori delle aziende interessate. Come risultato di questo processo, i lavoratori hanno acquisito, in alcuni casi e in forma transitoria, livelli molto alti di proprietà delle loro imprese. Così in Russia, per esempio, dove nel 91% delle aziende privatizzate la maggioranza della proprietà appartiene ai lavoratori, mentre i dirigenti detengono una percentuale di minoranza del restante 9%. Tuttavia, con rapidità si è verificato che i lavoratori perdono la loro proprietà sulle aziende privatizzate e nel giro di pochi anni queste finiscono per appartenere a gruppi capitalisti, i quali non poche volte sono formati dagli ex dirigenti delle aziende stesse”. Questo è, insomma, uno dei modi di stravolgere il senso della proprietà del lavoratore.
In Cina, l'esperienza ha suscitato interesse non soltanto nel governo, ma anche nei sindacati, rappresentati dalla FSLC, che l'ha adottata come strategia preferenziale per la riforma di 400mila aziende statali e altri 400mila collettivi urbani affiliati, in particolare 20mila aziende statali e 100mila collettivi urbani che si trovano sotto il controllo diretto della FSLC. Il destino complessivo del processo di riforma in Cina sembra abbastanza chiaro, anche se le sue forme non sono ancora definite. Data la vastità dell'economia cinese, sembra probabile che l'impatto sull'esperienza mondiale della proprietà del lavoro sarà molto rilevante.
In Inghilterra, nel corso di soli tre anni (1978-81) la percentuale del prodotto nazionale lordo rappresentato dal settore a proprietà statale dell'industria è crollato dall'11 al 2%. Tuttavia, queste privatizzazioni non hanno coinciso in pieno con il passaggio della proprietà statale nelle mani dei lavoratori, e in questo caso ciò ha comportato un aumento della proprietà capitalista rispetto alla proprietà del lavoratore.
Negli USA, il 1995 è stato un anno importante nella crescita della proprietà del lavoratore. La costituzione di nuovi piani di proprietà azionaria dei lavoratori ha raggiunto il livello più alto dalla fine degli anni Ottanta, prima della recente crisi. Nel complesso, considerando soltanto i diversi piani di proprietà diretta, cioè escludendo gli investimenti dei fondi pensione, i lavoratori statunitensi sono attualmente proprietari di circa 500 miliardi di dollari, oltre il 6% del patrimonio totale delle aziende del paese. Le aziende in cui i lavoratori possiedono proprietà significative sono oltre 10mila. La più grande di queste ha oltre 190mila lavoratori e le dieci più grandi ne hanno in totale 780mila. Le compagnie maggiori in cui i lavoratori detengono più del 51% delle azioni sono: Publix Supermarkets (95mila lavoratori), United Airlines (75mila), Science Applications (17mila), Avis Car Rental (12.500) e Amstead Industries (8mila). I lavoratori coinvolti nei diversi piani di proprietà sono circa 15 milioni. La cifra è significativa se ricordiamo che i lavoratori dell'industria manifatturiera negli USA sono all'incirca 20 milioni. Queste cifre hanno registrato una rapida crescita durante gli ultimi vent'anni, a partire dall’entrata in vigore, nel 1974, della legislazione che regola e incoraggia i piani di proprietà azionaria dei lavoratori (ESOP).
Si legge nello studio del CENDA: “In Giamaica, la legislazione ispirata agli ESOP statunitensi costituisce uno dei casi più moderni e completi del mondo. Tale legislazione, approvata nell'aprile 1995, è orientata verso il settore privato, anche se non tralascia il suo uso potenziale per la privatizzazione di aziende pubbliche. Gli obiettivi del governo consistono nell'ottenere in meno di un anno che una percentuale di lavoratori compresa tra il 3 e il 5% aderisca agli ESOP. La legge incoraggia la partecipazione dei lavoratori in vari modi. Possono acquistare azioni scontandole dalle tasse o l’azienda può acquistarne per loro conto, con facilitazioni fornite mediante diversi meccanismi. Vengono offerti vari incentivi fiscali alle aziende che aderiscono agli ESOP. Per esempio, se la compagnia presta denaro ai propri lavoratori per l'acquisto di azioni a un interesse inferiore a quello di mercato, può detrarre annualmente dalle tasse l'equivalente degli ammortamenti del prestito. Se i lavoratori fanno parte del consiglio di amministrazione, il periodo di ammortamento ai fini delle detrazioni fiscali può essere ridotto a due anni. Se la fonte dei finanziamenti è un prestito esterno, la compagnia può dedurre dalle tasse il 25% degli ammortamenti dello stesso e il 100% degli interessi. Se una azienda esegue donazioni ai propri lavoratori perché acquistino azioni della stessa, essa può detrarre dalle tasse il 100% della donazione, sia per gli ammortamenti sia per gli interessi del prestito. Infine, gli ESOP stessi possono chiedere prestiti per acquistare azioni, con garanzia dell'azienda, come nel sistema statunitense. In ogni caso, le azioni vengono conservate in un fondo fiduciario (trust) a esclusivo beneficio degli azionisti. Le regole di assegnazione e di acquisizione (vesting) graduale dei pieni diritti individuali sulle azioni sono simili a quelle statunitensi. La legge pone l'accento sull'incoraggiamento della proprietà azionaria di lungo periodo da parte dei lavoratori, e ciò si esprime in una serie di stimoli, ma esistono anche disposizioni che consentono agli impiegati di vendere parte delle loro azioni, entro limiti stabiliti, a partire dal terzo anno e obbligano l’azienda a riacquistarle. In questo modo, gli ESOP giamaicani si configurano come un fondo pensione e allo stesso tempo come un meccanismo di risparmio. I dividendi percepiti dai lavoratori sono esenti da tasse. Esiste anche una possibilità che consente, trascorsi tre anni, di diversificare fino al 50% delle azioni in altri strumenti finanziari. La legge è altamente partecipativa e le azioni degli ESOP godono di pieni diritti in quanto gli amministratori del fondo fiduciario devono votare secondo le istruzioni dei lavoratori. Un consiglio di amministrazione di almeno tre membri dirige il piano, e i tre membri sono eletti uno dai dipendenti, uno dall'azienda e il terzo di comune accordo. Le azioni possono essere vendute ad altri lavoratori dell'azienda, dopo l’acquisizione dei pieni diritti individuali (fully vested) e con l'approvazione degli amministratori del piano. Possono partecipare al piano dipendenti part time, a termine e anche persone esterne all'azienda che 'intrattengano un rapporto economico significativo' con essa, come per esempio i fornitori. Il principale obiettivo della legge è promuovere una distribuzione più equa delle entrate, oltre a sviluppare il mercato azionario. La legge è stata approvata dai sindacati, i quali hanno deciso di introdurre la richiesta di dar vita agli ESOP nelle prossime trattative collettive. Il programma ESOP giamaicano ha ricevuto il sostegno della BID (Banca interamericana di sviluppo)”.
In Spagna, le cooperative Mondragón dei Paese Baschi costituiscono uno dei casi di proprietà del lavoro che ha ottenuto maggior successo nel mondo. A proposito di questa esperienza, si legge nel rapporto del CENDA: “Il gruppo Mondragón comprende oltre cento cooperative. Oggi è uno dei dodici maggiori gruppi imprenditoriali di Spagna e occupa oltre 26mila persone. Nel 1984 il patrimonio di Mondragón ha raggiunto gli 8,9 miliardi di dollari, con utili consolidati di oltre 270 milioni di dollari. Il gruppo comprende oltre 80 cooperative industriali, una creditizia, due distributive e tre agricole. Vi sono anche cinque centri di studio, quattro centri universitari e uno secondario politecnico; tre centri di ricerca e sei cooperative di servizi, che si dedicano tra l'altro ad assistenza, previdenza sociale, design e assicurazioni. In Spagna, Mondragón è leader praticamente in tutti i settori in cui opera: elettrodomestici, componenti automotrici, attrezzature meccaniche, controllo numerico computerizzato, strutture per l'edilizia. Inoltre, le sue vendite hanno un'alta percentuale di esportazioni che per alcuni prodotti raggiunge il 60%. Le sue esportazioni sono rivolte soprattutto verso i paesi dell'Unione europea, ma sono consistenti anche sui mercati di Stati Uniti, Cina, Hong Kong e America latina. Su questo terreno, la sua strategia di internazionalizzazione ha sfruttato i vantaggi riservati agli investimenti all'estero. In questo modo ha insediato stabilimenti in vari luoghi: per esempio, in Marocco per i condizionatori; in Messico e in Olanda per gli elettrodomestici; in Tailandia per i semiconduttori; in Inghilterra per la fornitura e l’assistenza nel settore degli ascensori; in Francia per servizi informatici e in Cina per la costruzione di vagoni. Le aziende sono amministrate democraticamente secondo il concetto 'un lavoratore un voto'. Sono distribuite in tre gruppi: finanziario, industriale e commerciale. Ognuno di questi opera indipendentemente sulla base di una strategia comune. Su 103 cooperative Mondragón costituite tra il 1956 e il 1986, soltanto sei sono fallite. Di queste, tre per vero e proprio fallimento, mentre una si è sciolta e le altre due si sono trasformate in aziende a capitalizzazione convenzionale. Il gruppo principale di cooperative risiede nel Paese basco, dove sono esistite cooperative almeno dal 1870, e ciò risulta sicuramente significativo per il successo dell'esperienza”.
Psicologia umanista
Secondo Fernand-Lucien Mueller “l'influenza della fenomenologia husserliana e della filosofia di Heidegger, da essa derivata, è stata importante per le scienze psicologiche; un'influenza nello stesso tempo diretta e diffusa, a cui abbiamo potuto dedicare solo un rapidissimo cenno. Essa ha inflitto una singolare smentita ai promotori della 'nuova' psicologia, che pretendevano di relegare la filosofia nel museo delle anticaglie”.
Sono numerosi gli autori che fanno parte di questa corrente. Quasi tutti hanno conosciuto l'influenza di F. Brentano e del metodo fenomenologico di E.Husserl. Le opere di Jaspers, di Merleau-Ponty, di Sartre e di Binswanger sono universalmente conosciute. Come corrente psichiatrica, la “terza scuola di Vienna” di Frankl si inscrive in questa corrente. Esistono anche metodi di lavoro psicologico come quello esposto da L. Ammann nel suo sistema di autoliberazione. Molte opere di psicologia umanista sono orientate verso la psicologia sociale.
Q
Qualità della vita
Il più astratto e complesso criterio di èbene sociale dei cittadini, reale o auspicato. Vi si includono di solito gli indici del livello di vita, le condizioni sanitarie, la situazione ecologica, le condizioni di lavoro, il grado d'istruzione, lo sviluppo culturale ed anche la valutazione del senso generale della vita e l’interesse per essa.
In ogni civiltà e in ogni fase della storia si forma la comprensione della qualità della vita come struttura complessa dell'esistenza sociale, come libertà personale e come livello dell'umanizzazione generale. La qualità della vita non può essere giudicata soltanto mediante indici quantitativi dal momento che in molte situazioni è possibile riscontrare una sproporzione tra un alto livello di vita e la qualità della vita.
Questione femminile
Si chiama così, in termini generali, l'insieme dei problemi derivati dalla situazione di disuguaglianza, ingiustizia e sottomissione della donna nelle società contemporanee. La lotta contro la èdiscriminazione che si compie in queste società “patriarcali” ha assunto il carattere di èfemminismo, costituendo un avanzamento nel raggiungimento di rivendicazioni immediate e nell'applicazione di leggi paritarie, leggi che non esistevano prima delle proteste e delle azioni femministe, o che, se esistevano, rimanevano formalmente, prive di applicazione concreta.
Il Nuovo Umanesimo pone lo sviluppo della questione femminile come imprescindibile nel processo di umanizzazione della società. La questione femminile non può rimanere all'interno di organizzazioni più o meno umanitarie, ma deve assumere il carattere di èfronte d'azione a partire dalle sue caratteristiche e con molteplici collegamenti con altri fronti antidiscriminatori.
R
Radicalismo
(dal. lat. radix, -icis, radice) Corrente che si propone di riformare profondamente l'ordine politico, scientifico, morale e religioso e si oppone alla posizione possibilista. Nella vita politica dei paesi europei e americani del XIX e del XX secolo appaiono i partiti radicali storici, che si schieravano sul versante di sinistra del movimento democratico e consideravano i liberali come versante di destra. I radicali difendevano i principi repubblicani del suffragio universale, dell'istruzione laica, del progredire della legislazione sociale e di altri diritti umani. I radicali presero parte a varie rivoluzioni politiche, formando alleanze politiche con i socialisti e partecipando attivamente alla lotta contro il fascismo e il totalitarismo in generale, battendosi per la modernizzazione della società.
Nella politologia contemporanea, il termine radicalismo si usa per sottolineare la propensione di una forza politica alle azioni energiche al di fuori della legalità. Così si differenziano il radicalismo di destra (fascismo, fondamentalismo) e il radicalismo di sinistra (anarchia, comunismo).
Reciprocità
Ha luogo tra due o più persone o gruppi, in modo che l'azione compiuta da questi equivale a quella ricevuta. Il Nuovo Umanesimo esplicita il principio di reciprocità nel rapporto con organizzazioni, partiti e gruppi con i quali stabilisce obiettivi per la realizzazione di attività definite.
Regime
Modo di governarsi o di reggersi in una cosa; costituzioni e pratiche di un governo. Si tratta di un determinato tipo di potere e di gestione sociale indipendemente dalla fase dello sviluppo socioeconomico e dalla natura sociale dello Stato. È una forma storica del potere, del suo meccanismo inteso come processo di gestione. Si distinguono regimi democratici (presidenziali e parlamentari), autoritari e totalitari.
La stessa forma dello Stato (monarchia e repubblica) può avere in diversi periodi della propria esistenza diversi regimi politici, da quello parlamentare fino a quello dittatoriale. Quindi, il concetto di regime possiede molte dinamiche. La natura sociale dello Stato può rimanere immutata e può tuttavia variare il regime politico.
Regola aurea
Principio morale, assai diffuso tra diversi popoli, che rivela un èatteggiamento umanista. Eccone alcuni esempi. Rabbino Hillel: “Quello che non vorresti per te non farlo al tuo prossimo”. Platone: “Mi sia concesso fare agli altri ciò che vorrei facessero a me”. Confucio: “Non fare all'altro ciò che non ti piacerebbe fosse fatto a te”. Massima giainista: “L'uomo deve sforzarsi di trattare tutte le creature come a lui piacerebbe essere trattato”. Nel cristianesimo: “Tutte le cose che vorreste gli uomini facessero con voi, voi fatele con loro”. Tra i sikh: “Tratta gli altri come vorresti che ti trattassero”. L'esistenza della regola aurea fu riscontrata da Erodoto in diversi popoli dell'antichità.
Per il Nuovo Umanesimo, la regola aurea costituisce la base etica di ogni azione personale e sociale.
Religione
(dal lat. religio, -onis, il senso della sacralità delle cose, da alcuni connesso con relegere, raccogliere di nuovo, fare ordine, da altri con relegare, legare più di una volta) In termini molto ampi si può dire che la religione si basa sul credere in esseri spirituali. Tuttavia, ciò non può essere applicato pienamente ai buddisti originari né ai confuciani, per i quali la religione è un codice di comportamento e uno stile di vita. Le religioni mostrano ciò che esiste nei loro rispettivi èpaesaggi di formazione, in quel che riguarda la descrizione dei loro dèi, cieli, inferni ecc. Entrano in scena in un determinato momento storico e si suol dire che allora Dio si “rivela” all'uomo, ma in quel momento storico è accaduto qualcosa che consente l’accettazione di tale rivelazione. Di fronte a ciò, si apre una vasta discussione riguardo alle condizioni sociali di quel momento. Questo modo di considerare il fenomeno religioso ha la sua importanza, ma non spiega come sia il registro interno che in quel momento hanno i membri di una società che si sta incamminando verso un nuovo momento religioso. Se la religione si basa su un fenomeno psicosociale, sarà opportuno studiarla anche da tale prospettiva (religiosità).
Si può parlare della “eternità” delle religioni quando si studia il sistema di immagini proiettato in icone, dipinti, statue, costruzioni, reliquie (proprio della percezione visiva), in cantici e orazioni (proprio della percezione uditiva) o nei gesti, nelle posizioni e negli orientamenti del corpo (proprio della percezione chinestesica e cenestesica) (percezione). Dalla “esteriorità” di una religione si possono studiare la sua teologia, i suoi libri sacri e i suoi sacramenti, come pure la sua liturgia, la sua organizzazione, le sue date di culto e la situazione dei credenti riguardo il loro stato fisico o la loro età per compiere determinate operazioni.
Infine, sempre in merito alla “esteriorità” religiosa, è interessante sottolineare con quale frequenza si sia incorsi in errori di descrizione e di previsione. Quasi nulla di ciò che è stato detto sulle religioni può oggi essere ritenuto valido. Se alcuni pensavano alle religioni come addormentatrici dell'attività politica e sociale, oggi devono confrontarsi con esse proprio per il loro forte impulso in quei campi; se altri le immaginavano dedite a imporre il loro messaggio, oggi devono ammettere che il messaggio è mutato; coloro che credevano che sarebbero rimaste per sempre, oggi dubitano della loro “eternità” e quelli che ne presupponevano la scomparsa entro breve tempo assistono con sorpresa al manifestarsi, in modo aperto o larvato, di forme mistiche. Nulla di quanto è stato detto sulle religioni può oggi essere ritenuto valido perché quelli che si sono dedicati all'apologia o alla detrazione vi si sono collocati esteriormente senza cogliere il registro interno, il sistema di ideazione delle società. E, logicamente, senza comprendere l'essenza del fenomeno religioso, tutto in esso vi può apparire meraviglioso o assurdo, ma quasi sempre inatteso.
Si è soliti considerare religioni universali quelle che partendo da un territorio più o meno delimitato, o da una etnia particolare, si estendono in seguito ad altri territori ed etnie. Tuttavia, l'elemento caratteristico di queste religioni è l'impulso alla conversione di nuovi membri senza limiti territoriali, linguistici o, in generale, culturali. Esempi di queste religioni universali sono il Buddismo, il Cristianesimo e l'Islam. Senza dubbio si deve osservare che tutte queste sono apparse inizialmente come eresie in un ambiente culturale in cui predominava una religione locale. Con il tempo, appaiono anche diversi movimenti eretici all'interno di queste religioni universali, dando luogo a diverse sette (hinayana, mahayana, lamaismo ecc. nel Buddismo; cattolicesimo, protestantesimo, ortodossia ecc. nel Cristianesimo; sunnismo, sciitismo ecc. nell'Islam).
Al di là della grande divisione tra religioni universali e locali o nazionali, si è soliti ammettere l'esistenza di un sistema di credenze e di pratiche più o meno disperse universalmente, che vengono considerate all'interno dell'animismo e dello sciamanismo. Il fatto che queste religioni non dispongano di una letteratura sistematizzata non invalida il fatto in sé né il carattere della loro categoria di religione.
Per il Nuovo Umanesimo, l'appartenenza o meno a una determinata religione, come pure l'adesione all'ateismo si riduce a un problema di coscienza personale. In ogni caso, il Nuovo Umanesimo non può partire, nella elaborazione della propria teoria o pratica, dalla credenza o meno in questioni religiose. Il punto di partenza di tutta la concezione del Nuovo Umanesimo muove dalla comprensione della struttura della vita umana. Questo punto marca una differenza importante con gli umanesimi precedenti.
Religiosità
Sistema di registri interni attraverso cui un credente orienta i propri contenuti mentali in una direzione trascendente. La religiosità è molto legata alla fede, e questa può essere orientata in modo ingenuo, fanatico o distruttivo, o in modo utile (dal punto di visto dei riferimenti) in rapporto a un mondo i cui stimoli mutevoli o dolorosi tendono alla destrutturazione della coscienza.
La religiosità non comporta necessariamente la credenza nella divinità, come avviene nel caso della mistica buddista originaria. In questa prospettiva è possibile comprendere l'esistenza di una “religiosità senza religione”. Si tratta, in ogni caso, di una esperienza di “senso” degli accadimenti della vita umana. Simile esperienza non può neppure essere ridotta a una filosofia, a una psicologia o, in generale, a un sistema di idee.
Repressione
(dal lat. tardo repressio, -onis, dal p. pass. di reprimere, re e premo, spingere indietro) Sistema di sanzioni e di discriminazione nei confronti di avversari interni e a volte esterni del regime esistente, considerati elementi sovversivi e sleali. La repressione si esercita anche contro determinati gruppi etnici o religiosi, contro gli studenti, contro gli intellettuali, contro alcuni gruppi sociali.
La repressione è una sanzione discriminatoria che si distingue dalle sanzioni giudiziarie e dalle misure amministrative, che perseguono i delinquenti comuni secondo il diritto penale e che tendono a difendere la sicurezza dei cittadini. Tuttavia, in molti casi le leggi nazionali e soprattutto le misure amministrative violano i diritti umani e presentano accentuate caratteristiche repressive. La corruzione imperante nel sistema giudiziario, negli organi amministrativi e nei corpi armati, i pregiudizi sociali etnocentristi, razzisti, religiosi ecc. trasformano la lotta contro la delinquenza in campagne repressive dirette contro i poveri, contro i dissidenti, contro le minoranze ecc.
Le misure repressive sono molte: dalla manganellata di un poliziotto fino al processo, all'arresto, alla deportazione violenta e all'eliminazione fisica degli avversari.
Revanscismo
(adatt. del fr. revanchisme, da revanche, rivincita) Politica orientata al recupero del territorio, dello status o del potere perduti. Il revanscismo usa qualunque mezzo, fino al più radicale e violento, per raggiungere i propri obiettivi.
In politica estera, il revanscismo provoca guerre che conducono a tragedie nazionali dei popoli, come accadde con la Germania dopo la prima guerra mondiale o con la Iugoslavia dopo la decomposizione del regime di Tito. In politica interna, il revanscismo genera controrivoluzioni, colpi di Stato e perfino guerre civili.
Il revanscismo è proprio delle forze estremiste, che cercano di recuperare le posizioni perdute per mezzo della violenza. È pericoloso perché può mobilitare vasti strati popolari sotto la bandiera del patriottismo e della difesa degli interessi della nazione. È in grado di costituire una minaccia reale alla democrazia, alla pace e alla sicurezza internazionale.
Riformismo
(der. di riforma; cfr. lat. reformare, comp. di re e formare, rendere alla forma primaria) Corrente che si propone di realizzare riforme sociali, politiche e religiose. Questa corrente politica si propone di realizzare la modernizzazione della società non per mezzo di rivoluzioni, ma attraverso riforme e modifiche graduali. Considera le riforme sociali come un metodo di cambiamento meno doloroso. Sostiene il progresso sociale ed esclude la violenza e le guerre civili.
Il Nuovo Umanesimo coincide con questa corrente nella valorizzazione delle riforme e nel rifiuto dell'estremismo, ma segnala la ristrettezza storica del riformismo che assolutizza le forme legali e ha la propria ragione d'essere nelle società democratiche, ma si infrange contro il muro del totalitarismo, del dispotismo e del colonialismo. Inoltre, il riformismo sottovaluta il movimento e le iniziative di base e le loro forme di lotta nonviolente, quali la disobbedienza e la resistenza civile.
Riformismo sociale
È una tendenza politica all'interno del movimento operaio e dei partiti socialdemocratici. Questa corrente nega l'inevitabilità della lotta di classe e della rivoluzione socialista. I riformisti sostengono l'idea della collaborazione sociale tra il lavoro e il capitale, si pronunciano contro la rivoluzione, a favore delle riforme sociali nell'interesse dei lavoratori, per la creazione della “società del benessere generale” e del “capitalismo popolare”. Questa corrente si è affermata nel movimento operaio dei paesi democratici d'Europa e d'America, ma non ha avuto seguito nei paesi in cui dominano i regimi totalitari e autoritari.
Il riformismo sociale è sorto all'interno del movimento operaio europeo nella seconda metà del XIX e all'inizio del XX secolo. Traeva le sue radici dal socialismo etico e dalla revisione della dottrina di Marx. Lottava contro l'assolutizzazione del ruolo della rivoluzione politica e della violenza nella storia e considerava le riforme sociali come uno strumento molto importante della classe operaia nella trasformazione della società. I suoi ideologi più rappresentativi erano Lassalle, Bernstein, Kautsky, Jaurès e Iglesias. La prima guerra mondiale ha infranto vari dei suoi postulati e ha rafforzato le posizioni del rivoluzionarismo sociale, da cui è nato il movimento comunista internazionale.
Il riformismo sociale è stata una delle fonti storiche della socialdemocrazia del dopoguerra e dell'Internazionale Socialista dopo la seconda guerra mondiale.
Il Nuovo Umanesimo apprezza lo spirito antimilitarista e il ripudio della violenza propri del socialriformismo, il suo contributo alla legislazione del lavoro e alla pratica della sindacalizzazione e della cooperativizzazione ma, allo stesso tempo, critica la ristrettezza classista e il riduzionismo economico dei suoi teorici.
Rinascimento
(der. di rinascere, dal lat. renasci, re-, di nuovo e nasci, nascere) Azione di rinascere. La parola rinascimento rimanda al rinnovamento spirituale e morale dell’Europa nel XV e XVI secolo, e che si realizzò grazie alla restaurazione della tradizione culturale umanista del mondo antico, particolarmente della cultura ellenica e romana, e dell'affermazione del ruolo decisivo delle lingue vive nazionali (italiano, francese, inglese, tedesco, castigliano, portoghese, ceco, polacco, ungherese ecc.). L'invenzione della stampa permise di divulgare ampiamente questa eredità culturale e i lavori delle giovani letterature nazionali. Il diffondersi delle incisioni rese accessibile al popolo le opere d'arte.
Questo movimento intraprese la lotta contro la scolastica medievale e contribuì all'affermazione della scienza sperimentale, allo sviluppo e all'estensione della morale e dell'istruzione laiche, dell'economia mercantile monetaria, dell'arte e della letteratura umaniste.
A quell'epoca l'umanesimo apparve come una compiuta concezione del mondo che affermò il valore supremo dell'essere umano, della sua vita. La preoccupazione per il benessere personale e sociale, per la difesa della libertà e dei diritti umani, segnò chiaramente l'ispirazione dei criteri etici umanisti.
Nel Rinascimento ebbero risalto gli sforzi di geniali scienziati, artisti, poeti, filosofi e politici. Il celebre artista, scienziato, ingegnere, architetto e scrittore italiano Leonardo da Vinci è un simbolo del rinascimento. Lo scienziato polacco Nicola Copernico e il matematico e fisico italiano Galileo Galilei crearono, sulla base di esperimenti e osservazioni astronomiche, il sistema eliocentrico, subendo persecuzioni da parte della chiesa. L'astronomo tedesco Keplero formulò le leggi fondamentali dei movimenti planetari.
Il filosofo e politico inglese Bacone fu uno dei creatori del metodo sperimentale che contribuì in modo decisivo alla rottura della scolastica. Il filosofo e moralista francese Montaigne denunciò la vanità del dogmatismo. Il celebre giurista e diplomatico olandese Ugo Grozio pubblicò il trattato Diritto di guerra e di pace. Lo storico, scrittore e politico italiano Machiavelli diede fondamento all'idea dello Stato nazionale e contribuì allo studio delle regole dell'attività politica.
Nella letteratura e nell'arte, grande attenzione fu rivolta all'essere umano e al suo mondo interno, al ruolo della personalità (personalismo) nella vita sociale.
Segnaliamo qui i nomi del poeta italiano Petrarca, del drammaturgo inglese Shakespeare, dello scrittore spagnolo Cervantes, dello scrittore francese Rabelais.
L'umanesimo civico rinascimentale si trasformò nel pilastro di tutte le concezioni umaniste occidentali seguenti. Nel generalizzare le tradizioni della filosofia classica greca e la sua etica, e nel collegarle ai risultati delle scienze naturali e all'esperienza pratica della vita, l'umanesimo rinascimentale formulò una serie di criteri fondamentali etici, definì la libertà della persona umana come un valore essenziale, rivelò la bellezza e la grandezza dell'essere umano e, per la prima volta, stabilì la priorità della personalità e dei suoi interessi, mostrando il legame tra le necessità personali e quelle sociali.
Riso
(dal latino risus, cfr. ridere) Proprietà fisiologica e comportamentale esclusivamente umana. Movimento della bocca e di altre parti del volto che dimostra allegria di una persona o di un gruppo.
Il riso è il titolo di un saggio sul significato del comico che H. Bergson pubblicò nel 1899. Quel testo è particolarmente interessante perché, al di là di una valida interpretazione estetica, si basa su una funzione conoscitiva plasmata sulla vita reale anche se contrapposta alla funzione concettuale. Il riso rappresenta una reazione contro la meccanicità dell'apparenza insita in una situazione, che non è acquisita nel profondo ma semplicemente accettata. Quando si pongono in risalto i dettagli delle sproporzioni di tali apparenze, si produce la rottura del mascheramento dei difetti. Tale rottura ha conseguenze diverse, una delle quali è il riso. Nella satira letteraria ciò è particolarmente evidente.
Il riso è uno strumento acuto nella lotta politico-sociale. Il riso consente di mettere alla gogna gli oppressori, di ridicolizzarli e di ottenere la vittoria morale su di essi.
Il Nuovo Umanesimo, in molte delle proprie pubblicazioni e attività sociali, pratica l'ironia e la satira per combattere l'oscurantismo e l'oppressione, per difendere la dignità e le libertà umane.
Rivoluzione
(dal tardo lat. revolutio, -onis, rivolgimento, cfr. re-volvere, rivolgere) È un mutamento improvviso e profondo che comporta la rottura di un modello precedente e il sorgere di un nuovo modello. Si distinguono diversi tipi di rivoluzioni: sociali, politiche, culturali, scientifiche, tecnologiche. Nella vita sociale si possono individuare rivoluzioni sociali, nazionali, anticoloniali ecc.
Le rivoluzioni sociali si differenziano dai colpi di Stato e dai pronunciamenti politici perché conducono a trasformazioni profonde di tutta la struttura sociale, economica e politica di un sistema, al sorgere di un nuovo tipo di cultura politico-sociale.
La rivoluzione significa mutamento rapido e radicale, conseguito generalmente per mezzo della violenza. Tuttavia, non è questa l'essenza della rivoluzione. Quindi, è possibile concepire una rivoluzione nonviolenta qual è quella proposta dal Nuovo Umanesimo (proprietà del lavoratore).
Spesso, le rivoluzioni sono accompagnate da guerre civili, da massicce distruzioni della ricchezza accumulata, dall'impoverimento e dalla fame per la maggior parte della popolazione, e ciò tende a provocare, a sua volta, l'arretramento e la vittoria della controrivoluzione.
Ruolo sociale
(dal fr. rôle, dal lat. rotulus, il rotolo usato come registro) Carattere o carica con cui si interviene nelle questioni della società
Il ruolo sociale ha aspetti psicologici e sociologici. Ogni individuo svolge un determinato ruolo, a seconda della sua posizione nella struttura sociale, a seconda del suo status sociale. Il suo comportamento è legato non soltanto alle sue caratteristiche personali, ma anche al suo status sociale, alle sollecitazioni della situazione e delle circostanze. All'interno del proprio gruppo sociale, ognuno svolge un determinato ruolo o determinati ruoli. Questi si modificano con il mutare dello status e delle circostanze. Ogni ruolo ha le proprie funzioni, i propri obblighi e i propri vantaggi ed esige di corrispondere ad altri ruoli, cioè è soggetto a determinate norme, aspettative e ha un proprio valore morale. Queste norme regolano i rapporti interpersonali e contribuiscono alla socializzazione del comportamento personale e alla soluzione dei conflitti all'interno del gruppo sociale e all'interno della società. Quindi, il ruolo sociale può essere considerato come un segmento della cultura. Con il progresso sociale si realizza la diversificazione dei ruoli sociali e ogni cittadino svolge i ruoli più vari e complessi non soltanto durante la propria intera vita, ma anche durante ognuno dei periodi di questa, il che consente di sviluppare in modo articolato la personalità, di superare l'uniformità di un determinato ruolo, di uscire da esso.
Dal punto di vista della psicologia umanista, il gioco dei ruoli è il sistema di strutture di comportamento di un individuo che forma i diversi strati della sua personalità.
S
Scelta
(femm. sostantiv. di scelto, dal lat. volg. *(e)xeltus, a fronte della forma class. electus, p. pass. di eligere, scegliere, col pref. ex-, da) Decisione che si assume tra due o più opzioni. La possibilità di scelta rivela il grado di libertà nelle azioni umane. Per il Nuovo Umanesimo ogni scelta si effettua in condizioni determinate e di conseguenza si può parlare di libertà in una precisa situazione e non in termini astratti. Il fatto di eludere o rinviare la scelta è a sua volta una scelta.
Schiavitù
(der. di schiavo, dal lat. mediev. sclavus, ovvero slavus, prigioniero di guerra slavo) Istituzione millenaria consistente nella dipendenza assoluta di un essere umano (schiavo) nei confronti di un altro o di altri (schiavisti). Lo schiavo è considerato come una cosa, uno strumento vivo, che può essere comprato, venduto, ereditato ecc.
Inizialmente, i prigionieri di guerra e le donne e i bambini delle tribù sconfitte venivano trasformati dai vincitori nei loro schiavi. Poi, con lo sviluppo delle relazioni mercantili, i creditori hanno cominciato a trasformare in schiavi i debitori, i loro congiunti e parenti caduti in povertà.
Sorsero così grandi mercati di schiavi, che non venivano impiegati soltanto nei lavori domestici ma anche nell'agricoltura, nelle miniere, nell'artigianato, come rematori nelle imbarcazioni, gladiatori negli spettacoli ecc. I figli degli schiavi erano a loro volta considerati schiavi. La schiavitù e il commercio degli schiavi finirono con il diventare un settore assai fiorente dell'economia. Parte degli schiavi era proprietà dello Stato, per esempio gli iloti a Sparta.
Gli schiavi si ribellavano frequentemente contro i loro oppressori. Sono famose le guerre scatenate dagli schiavi nell'antica Roma negli anni 135, 105-102 e 73-71 precedenti alla nostra era. Capo di quest'ultima guerra fu il celebre Spartaco.
A Haiti, Toussaint Louverture capeggiò l'insurrezione degli schiavi contro gli schiavisti francesi, tra il 1796 e il 1802, insurrezione coronata dall'indipendenza dell'isola.
La produttività del lavoro degli schiavi è sempre stata piuttosto bassa rispetto a quella del lavoro libero, ma veniva compensata dal prezzo molto basso degli schiavi ottenuti in innumerevoli guerre e in operazioni di pirateria (la tratta degli schiavi era una delle fonti più importanti per le finanze degli imperi romano, inglese, olandese, portoghese, spagnolo ecc.).
La schiavitù fu abolita in Europa a seguito della rivoluzione francese del 1789; poi, in America latina durante le guerre d'indipendenza; nel 1833 nell'India britannica; nel 1848 negli Stati Uniti; nel 1870 in Paraguay; nel 1888 in Brasile.
Ciò nonostante Hitler, Stalin e Mao fecero risorgere la schiavitù nei loro domini sotto forma di campi di concentramento e con l'uso massiccio del lavoro forzato.
Sopravvivenze di schiavitù si registrano in diversi paesi africani, asiatici, in alcuni Stati delle Antille, del Centro America e, sotto forme mascherate, in alcune repubbliche costituitesi dopo il collasso dell'URSS.
La schiavitù contraddice la coscienza giuridica e morale dell'umanità di oggi, e ciò si riflette anche nei documenti dell'ONU.
L'umanesimo ha sempre condannato e continua a condannare la schiavitù come ripugnante istituzione, contraria alla libertà e alla dignità dell'essere umano.
Scienza
(dal lat. scientia, der. di sciens, scientis, p. pres. di scire, sapere) Attività cognitiva e di ricerca, che ottiene conoscenze razionali. Soggetti di questa attività sono gli scienziati.
L'area della scienza comprende gli elementi di questa attività che sono le conoscenze, l'apparato concettuale, i metodi di ricerca e un rigoroso sistema informativo. Comprende inoltre le pubblicazioni, gli strumenti e le istituzioni scientifiche e gli istituti superiori d'insegnamento.
Tradizionalmente si distinguono, in base all'oggetto del loro studio, le scienze esatte (matematiche, logica ecc.), le scienze naturali, che si occupano dello studio della natura (animale, vegetale e minerale), e le scienze umane, che studiano le lettere e le arti.
Nell’antichità e nel medioevo alcuni elementi delle conoscenze e dei metodi scientifici si sovrapponevano (particolarmente in Egitto, Mesopotamia, India, Cina, America precolombiana, Grecia, Roma, Bisanzio). Ma in epoca moderna, a partire dal XVII secolo, con la cosiddetta rivoluzione scientifica la scienza, basata sul metodo sperimentale e su quello induttivo, si separa dalla teologia e si trasforma in un ramo autonomo di attività, affrancandosi dal metodo scolastico. Nel XX secolo, insieme alla differenziazione delle discipline scientifiche, acquistano estrema importanza i processi di integrazione, gli studi interdisciplinari, sistemologici e l'analisi dei modelli.
Ovviamente, la scienza è storica e progredisce in sintonia con il progresso sociale. Questo dato di fatto, spesso ignorato, induce a numerosi errori di valutazione. Si sa che la scienza di un'epoca è corretta o contraddetta dalle nuove conoscenze, e perciò non è possibile affermare con rigore l'esistenza di una scienza definitiva, assestata per sempre sui suoi grandi principi e sulle sue conclusioni. In tal senso, è più prudente parlare dello “stato attuale delle scienze”. Affrontando questo e altri problemi, l'epistemologia conduce uno studio critico sullo sviluppo, sui metodi e sui risultati delle scienze.
La scienza è chiamata a servire l'essere umano, il suo sviluppo, l'armonia tra di esso e la natura. Purtroppo, fino a ora molte conoscenze scientifiche vengono utilizzate più per la distruzione che per la creazione. Le alte tecnologie (tecnica), come regola generale, si concentrano nel complesso militare-industriale; le scienze sociali, anziché contribuire all'umanizzazione della vita, al perfezionamento morale e alla solidarietà umana, vengono sfruttate per manipolare la coscienza sociale e il comportamento di massa, rafforzando il potere oligarchico e le istituzioni burocratiche.
Comunque, la cultura, l'educazione, la socializzazione della personalità e del progresso sociale, dipendono nella loro interezza dal livello dello sviluppo della scienza e, in fin dei conti, dal suo orientamento umanista o antiumanista.
Sciovinismo
Variante radicale, estremista, del nazionalismo delle potenze che cerca di giustificare di fronte all'opinione pubblica le guerre di rapina, le conquiste, il saccheggio, le “pulizie etniche” e altri crimini commessi dai conquistatori. Sostiene la superiorità del vincitore sul vinto, del forte sul debole, dello sfruttatore sullo sfruttato ecc. Nella maggior parte dei casi ha aspetto razzista, in quanto proclama la superiorità di una razza sulle altre. Il nome di questo fenomeno deriva da Nicolas Chauvin, sergente dell'esercito napoleonico del Primo impero, agli inizi del XIX secolo.
L'umanesimo attuale smaschera e condanna lo sciovinismo come ideologia e come pratica antiumana che pone la nazione e la razza al di sopra dell'essere umano, che aizza alcuni uomini contro altri uomini e che esalta la violenza come metodo per risolvere i conflitti.
Separatismo
(der. di separare, dal lat. separare, comp. di se(d)-, via da, e parare, approntare) Dottrina e movimento politico che propugna la separazione di un territorio per ottenere l'indipendenza della sua popolazione o per annettere un altro Stato.
Esprime la volontà all'autodeterminazione nazionale quando sono calpestati i diritti delle minoranze etniche, religiose, culturali ecc. o quando peggiorano le condizioni economiche in determinate regioni del paese, e ciò è solitamente accompagnato da violazioni dei diritti umani e da arbìtri di ogni tipo. Quando quest'ansia di autogovernarsi viene soffocata con la forza si produce, in generale, la reazione da parte degli oppressi. Si innesca così la spirale delle violenze reciproche, come avviene in Cecenia, in Kurdistan, nei Paesi Baschi, in Corsica, nell'Irlanda del nord, nel Tibet, nello Yucatán e in altri luoghi del mondo d'oggi.
Un caso importante nella generazione di conflitti separatisti è rappresentato dal burocratismo e dagli arbìtri amministrativi del potere centrale rispetto ai luoghi in questione.
Si presenta un fenomeno di natura diversa quando un determinato punto, o regione, o provincia di un paese prende le distanze dal resto a causa del proprio sviluppo più accelerato. Il separatismo, in questo caso, poiché non si trova di fronte né l'ingiustizia né le pastoie burocratiche, riflette l'ambizione di alcuni strati della popolazione che intendono costituire un proprio potere isolandosi dall'insieme. Non si deve trascurare neppure l'azione delle consorterie oligarchiche che cercano di liberarsi da un insieme, o di annettere altri paesi a loro esclusivo vantaggio.
Il problema è delicato e richiede un vasto dibattito, che lasci la decisione finale nelle mani del popolo. Questa deve essere raggiunta tramite referendum e non per pura decisione della dirigenza del momento che propugna la posizione separatista. In ogni caso, si deve prevedere anche un insieme di accordi con la minoranza referendaria che viene coinvolta nella separazione.
Il Nuovo Umanesimo condanna l'etnocidio, il genocidio e la repressione, si dichiara a favore del riconoscimento dell'autonomia culturale delle minoranze e ritiene che la spirale della violenza possa essere infranta mediante l'innalzamento del livello di vita, l'eliminazione delle zone di miseria, la modernizzazione di regioni e paesi arretrati, il rispetto dei diritti umani, la sburocratizzazione e la democratizzazione. In ogni modo, questo fenomeno tende a svilupparsi nel processo di destrutturazione degli Stati nazionali del mondo attuale e può prendere altra direzione soltanto se si mette in moto un sistema federativo reale in cui le regioni interessate dispongano di autonomia e sovranità. La concezione del federalismo reale in sostituzione degli Stati nazionali si scontra ancora con la sensibilità di vasti strati della popolazione. Tuttavia, le nuove generazioni hanno sotto gli occhi i risultati dei conflitti creati dalla centralizzazione dello Stato nazionale.
Sicurezza
(der. di sicuro, dal lat. securus, ovv. se- = sine, senza e cura, preoccupazione) Sistema di garanzie per difendere i diritti umani, innanzitutto il diritto alla vita; mantenimento della stabilità sociale; prevenzione di catastrofi sociali e di perturbazioni violente; difesa della sovranità nazionale; assolvimento degli obblighi internazionali.
Si distinguono una sicurezza ecologica, economica, sociale, civile, nazionale, internazionale ecc.
La sicurezza è uno dei mezzi principali della realizzazione della politica sovrana che risponde agli interessi di ogni persona e di tutta la società in generale, di tutto un paese nei suoi rapporti con altri paesi e con la comunità internazionale. La sicurezza comprende la pace e lo sviluppo stabile e progressivo della personalità e della società.
I regimi dispotici, totalitari e autoritari confondono l'orientamento della sicurezza, attribuendole il senso contrapposto di conservazione dello status quo mediante qualunque mezzo. Ciò si è espresso nella cosiddetta “dottrina nazionale”, che cercò di giustificare i propri crimini e le proprie violazioni ai diritti umani contrapponendoli artificiosamente alla sovranità nazionale. I sostenitori della “dottrina della sicurezza nazionale” mascherarono sotto questo slogan gli interessi dei gruppi dominanti esaltando pregiudizi, xenofobia e militarismo. Perciò il Nuovo Umanesimo ha respinto e respinge la repressiva concezione della sicurezza nazionale posta al servizio delle dittature.
Sicurezza (o previdenza) sociale
Insieme di misure legislative e delle relative istituzioni che proteggono il cittadino o lo pongono al riparo dai rischi riguardanti essenzialmente il lavoro e la salute.
Queste misure sono state introdotte in Europa occidentale alla fine del XIX e agli inizi del XX secolo; in America latina, dopo la prima guerra mondiale; negli Stati Uniti, negli anni Trenta.
Siloismo
Sistema di idee esposto da Silo, pseudonimo letterario di M. Rodríguez Cobos. Il siloismo è un umanesimo filosofico, ma è anche un atteggiamento partecipe dei valori del Nuovo Umanesimo.
Sindacalismo
(der. di sindacale, sul modello del fr. syndacalisme) Movimento di associazioni formate per la difesa degli interessi professionali ed economici comuni a tutti gli associati. Sistema di organizzazione dei salariati che ha per base il sindacato.
Nacque in Inghilterra nel 1824. Il diritto degli operai a formare associazioni proprie fu riconosciuto nel 1868. Si estese poi a vari paesi d'Europa e d'America e nel XX secolo ha raggiunto tutto il mondo.
A volte il movimento sindacale svolge un ruolo politico importante, partecipando alla lotta per il potere (ad esempio, il movimento “Solidarnosc” in Polonia negli anni Ottanta).
I sindacati e l'ideologia sindacalista riflettono l'acutezza del confronto sociale, ma nelle condizioni economiche favorevoli servono da base per la collaborazione tra il lavoro e il capitale. Lo dimostra l'esempio della AFL-CIO negli Stati Uniti.
Nei regimi autoritari l'ideologia sindacalista viene usata per la manipolazione delle masse da parte dei burocrati sindacali e dei partiti unici, a vantaggio dell'élite governante. Ciò si vede nell'esempio dei sindacati ufficiali in URSS e nei loro eredi nella Russia di oggi, nei rapporti tra i sindacati ufficiali e i presidenti del Messico e dell'Argentina, nei sindacati verticisti sotto il regime di Franco in Spagna.
Alla fine del XIX e agli inizi del XX secolo erano presenti con forza l'anarcosindacalismo e il sindacalismo rivoluzionario, ma attualmente la destrutturazione sindacale cede il passo ai raggruppamenti autonomi frammentati che si coordinano occasionalmente su proteste marginali.
Sistema elettorale
(dal tardo lat. systema, gr. systema der. di synístemi, congiungere, dove syn- significa con) Uno dei componenti del meccanismo ufficiale e del legittimo meccanismo della realizzazione della democrazia, della partecipazione dei cittadini alla gestione mediante l'istituzione dell'elezione e del suffragio. Riguarda la gestione dello Stato, dei comuni, delle società e delle organizzazioni pubbliche e la scelta dei funzionari, come pure il controllo delle loro attività.
Le elezioni possono essere dirette e indirette, la votazione può essere segreta o palese. Esistono diversi metodi di scrutinio dei voti e di distribuzione dei seggi in parlamento (sistemi maggioritari o proporzionali).
I regimi autoritari sostituiscono le elezioni effettive con l'acclamazione, con il plebiscito fraudolento e con altri sotterfugi, per legittimare il loro potere. Così hanno proceduto Mussolini, Stalin, Hitler, Nasser, Pinochet, Suharto, Mao Zedong, Saddam Hussein e altri dittatori.
Per il resto, la tecnologia elettronica applicata al sistema elettorale consente non soltanto di accelerare lo scrutinio dei voti ma anche di mettere il cittadino in contatto immediato con le iniziative legislative o i decreti del potere esecutivo, facendo pressione con la propria opinione diretta (per via informatica) in maniera quasi plebiscitaria. Questa possibilità di rapporto immediato tra iniziative e accordi, o disaccordi, crea condizioni di interazione totalmente nuove. Naturalmente, questa tecnica non deve essere confusa con l'inchiesta soggetta alla manipolazione dello Stato o dell'azienda incaricata di raccogliere, elaborare e comunicare i risultati ottenuti.
Il Nuovo Umanesimo propone vari elementi complementari al sistema elettorale. Questi consistono in un insieme di leggi di responsabilità politica che contribuisca al controllo popolare della gestione dei governanti. Il giudizio politico, la messa fuori legge, la destituzione e altre misure, come pure i meccanismi di installazione, devono essere chiari per poter essere applicati immediatamente. Questo sistema è importante non soltanto per il controllo delle irregolarità ma anche per ridurre il margine di tradimento nei confronti dell'elettore, che si esprime di frequente con il non mantenimento delle promesse elettorali. Con il pretesto di attendere la realizzazione di future elezioni per stabilire se il cittadino è o non è d'accordo con quanto si realizza, si rinvia la decisione del popolo su questioni che possono essere di particolare urgenza. Nel momento presente, con l’accelerazione della velocità dei fatti sociali, questa lentezza è totalmente sproporzionata ed esige una profonda revisione. Finora, il tradimento dell’elettore è stato il metodo favorito usato dalle dirigenze che attendono la conclusione del mandato per verificare, soltanto in quel momento, se l'applicazione delle loro misure è accettata o respinta dal popolo.
Socialdemocrazia
Movimento internazionale ideologico e politico, composto da partiti politici, raggruppamenti giovanili, femminili, sindacati e cooperative. Questo movimento è sorto a metà del XIX secolo in Germania, come movimento politico dei lavoratori salariati contro il capitale, e ha conosciuto l'influenza delle idee di Marx, Lassalle, Proudhon, Bernstein, Kautsky e altri. Negli anni Settanta del secolo scorso si sono distaccati da questo movimento gli anarchici e, durante la prima guerra mondiale, i comunisti, che diedero vita alle rispettive internazionali. Alla fine del XIX e nella prima metà del XX secolo, quel raggruppamento di partiti operai era conosciuto come “Seconda Internazionale”.
Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni Cinquanta, i partiti socialdemocratici si riunirono nell'Internazionale Socialista, attiva ancora oggi, con sede a Londra.
I partiti socialdemocratici hanno assimilato i principi del socialismo etico. Non riconoscono la lotta di classe come forza motrice del processo storico, anche se difendono gli interessi e i diritti dei salariati; sono sostenitori di una forte politica sociale; si pronunciano a favore della regolazione dei rapporti tra capitale e lavoro non soltanto mediante incontri tra sindacati e padronato, ma anche con l'intervento dello Stato. Si pronunciano anche a favore della legislazione antimonopolista, dei diritti delle minoranze, delle facilitazioni economiche e sociali a favore dei più bisognosi, di una qualche redistribuzione della ricchezza sociale a spese dei più ricchi ecc. La socialdemocrazia è a favore della pace, della cooperazione internazionale e dell'indipendenza delle colonie. Infine, difende l'idea del socialismo umano come modello della società del futuro.
Socialismo
Sistema sociale in cui non esistono divisioni economiche ma che configura un'approssimazione alla società senza classi, in cui i mezzi di produzione siano posti sotto il controllo della società. Esistono diverse scuole socialiste. Verso il 1848 con L. Blanc il socialismo sorse come forza politica in Europa, ma l'intervento di Marx (marxismo-leninismo) portò il socialismo su una via differente basata sulla lotta di classe e la rivoluzione. In Europa sono comparsi vari partiti socialdemocratici, come quello laburista in Inghilterra, che ritengono possibile ottenere il socialismo senza rivoluzione.
Società
(dal lat. societas, -atis, da socius) Raggruppamento naturale o concordato di persone che costituiscono una unità diversa da ciascuno degli individui. È una forma o sistema di coesistenza in comune degli esseri umani e una determinata fase della loro autorganizzazione.
In diversi periodi della storia universale e in diverse regioni esistevano modelli specifici di società, riguardanti la struttura, le relazioni familiari, la comunità, le istituzioni politiche, la cultura, l'ideologia ecc. Una società può essere composta da centinaia e migliaia di comunità, organizzate secondo un determinato criterio: religioso, sessuale, lavorativo, familiare, di residenza o di interessi comuni.
La società ha vita dinamica, allo stesso modo della persona che è portatrice e creatrice del tutto sociale.
Società postindustriale
Si definisce così la società avanzata, dal punto di vista tecnologico, che ha superato o sta superando la fase tradizionale dello sviluppo estensivo e intensivo dell'industria, delle comunicazioni e delle grandi città. Questa società dispiega la propria attività tecnico-economica, sociale e politica sulla vasta ed efficiente base dell'informatizzazione, innanzitutto dei sistemi di comunicazioni elettroniche mediante i computer, che vengono usati nelle operazioni finanziarie e nello sviluppo della produzione. Le forme precedenti di vita sociale e di economia non vengono eliminate, ma si modernizzano sostanzialmente con l'uso di nuove conoscenze scientifico-tecnologiche.
Il progredire dell'informatizzazione segna un cambiamento importante nel ruolo e nella forza dell'intelletto umano. A partire dagli anni Cinquanta si produce un cambiamento generale nello sviluppo della civiltà, nella mentalità e nel sistema di valori, nella tecnologia e nel lavoro, nelle relazioni sociali e nella gestione, nella cooperazione internazionale, nelle capacità creative dello stesso essere umano. Questa tendenza ha carattere universale, ma procede con diversa velocità e intensità nelle diverse regioni e nei diversi paesi, e ciò aumenta le sproporzioni tra di essi. L'informatizzazione non contraddice l'umanizzazione della vita, ma contribuisce a questo processo quando la società e le personalità concrete si pongono questo obiettivo e agiscono coscientemente in questa direzione.
Sofferenza
Nel Nuovo Umanesimo, i problemi del dolore e della sofferenza sono di enorme importanza. Si distingue tra dolore (come risposta psicofisica a sollecitazioni corporali, che provengano dall'esterno o dall'intracorpo) e sofferenza relativa a una posizione mentale di fronte a problemi presunti o reali. Stabilita questa differenza, si dice che il motore dell'azione umana è il superamento del dolore fisico e la conseguente ricerca del piacere corporale. L'attività del processo di civilizzazione è orientata in questa direzione. Quindi, lo sviluppo della scienza e dell'organizzazione sociale va di pari passo con le soluzioni che si danno a questo problema. La stessa organizzazione sociale parte dalla finitezza temporale e spaziale dell'essere umano come individuo e questa finitezza che mostra il dolore e la mancanza di difese viene affrontata con il lavoro sociale. La fame, la mancanza di riparo e di protezione di fronte alle inclemenze naturali, alla malattia e a ogni tipo di difficoltà corporale vengono combattute grazie al progredire della società e, a poco a poco, grazie al progredire della scienza. Tuttavia, la sofferenza è mentale e non corrisponde al non soddisfacimento delle necessità immediate e non appare come risposta corporale a stimoli fisici dolorosi. La paura della malattia, della solitudine, della miseria e della morte non possono essere risolte in termini fisici, ma mediante una posizione esistenziale di fronte alla vita in generale. Comunque, si soffre per vie diverse, come la percezione, il ricordo e l'immaginazione. Ma non attraverso la percezione di stimoli fisici dolorosi, bensì attraverso la percezione di stimoli di situazioni che non si riescono a conseguire o che generano disperazione al non raggiungerle ecc. Anche le vie del ricordo e dell'immaginazione hanno le loro particolari caratteristiche. Ma in definitiva la coscienza è strutturale e totalizzante, cosicché la distinzione tra vie serve soltanto agli effetti dell'analisi e quando si soffre ciò accade globalmente; si tratta della coscienza sofferente, sebbene si possano distinguere alcuni aspetti salienti in ogni caso. Il superamento del dolore e della sofferenza è elemento prioritario nell'attività degli umanisti e da questa concezione muove la loro visione della necessità del lavoro sociale d’insieme a favore della scienza, della giustizia sociale e contro ogni violenza e discriminazione. D'altra parte, anche l'umanesimo ha molto da dare riguardo al problema del senso della vita, a come ci si pone di fronte a essa e allo sviluppo dell'essere umano per superare la sofferenza mentale.
Solidarietà
(der. di solidario, che è lo stesso che solidale, dalla loc. del lat. giuridico in solidum, in solido,* obbligato) Comprensione della comunanza di sentimenti, interessi e ideali od obiettivi comuni e delle azioni corrispondenti a questi. Nella società divisa in gruppi antagonistici, questo sentimento ha caratteristiche di gruppo o corporative, unisce le persone di una determinata etnia, razza, professione, classe o strato sociale, nazione, partito. Allo stesso tempo, e si tratta di un difetto, contrappone gli uni agli altri dividendo la società e provocando ostilità e perfino risentimenti. Si presenta come una forza motrice e come un principio morale dell'azione d’insieme di determinati movimenti sociali, politici, religiosi ecc., per la soluzione di obiettivi comuni e si materializza nella creazione di organizzazioni ed istituzioni di solidarietà. Attualmente si manifesta sempre più come un imperativo morale per l'aiuto ed il sostegno collettivo alle vittime di cataclismi naturali e sociali, alle vittime di ogni genere di ingiustizie e di violenze. L'interpretazione della solidarietà nella coscienza umanista contemporanea non separa gli uni dagli altri, ma tende ad unire tutti gli esseri umani e a motivare in loro azioni di solidarietà.
Spazio
(dal latino spatium, intervallo) Contenitore di tutti gli oggetti sensibili che coesistono; parte di questo contenitore occupato da ogni oggetto; capacità di un terreno, di un sito o di un luogo.
È uno dei concetti più generali che caratterizzano l'universo. Il suo contenuto varia nelle diverse culture e si arricchisce con il progresso tecnico-scientifico. Diverse scuole filosofiche ne danno interpretazioni diverse e perfino contrapposte.
In campo socio-culturale e politico, l'assolutizzazione dello spazio ha contribuito alla sua sopravalutazione nella strategia militare e nella geografia politica moderna, soprattutto dopo la fondazione della cosiddetta scienza nota come “geopolitica”. Il suo uso da parte degli ideologi del fascismo, del razzismo e dell'etnocentrismo ha contribuito alla giustificazione di atti di aggressione e colonizzazione di paesi deboli, alla pratica del genocidio e all'utilizzo dello sradicamento, del trasferimento e della rotazione in massa delle popolazioni sottomesse. Questa assolutizzazione dello spazio si ritrova alla base della dottrina aggressiva della sicurezza nazionale e dell'espansionismo degli imperi moderni, abbellita dalla falsa concezione dello “spazio vitale”.
In realtà, il progresso scientifico-tecnico e l'adozione di un sistema di misure demografiche consentono, come dimostra l'esempio del Giappone nel dopoguerra, di garantire lo sviluppo di un paese senza ampliarne il territorio. Queste possibilità aumentano con il crescere dell'integrazione regionale e internazionale.
Stato
(lat. status, der. di stare, stare ritto in piedi) Strumento di base del potere politico. Le sue caratteristiche principali sono: 1. Monopolio della violenza, che viene delegata a diverse organizzazioni armate; 2. Esazione impositiva; 3. Burocrazia, cioè insieme dei funzionari degli organi dello Stato; 4. Territorialità, in cui lo Stato esercita il proprio potere; 5. Capacità d'intervento in nome della totalità dei cittadini che vengono considerati sudditi. Spesso si confonde lo Stato con il popolo o con la società civile. In generale, tutti gli statalismi tendono a non introdurre questa distinzione.
Lo Stato può essere visto come l'istituzione fondamentale del sistema politico e dell'organizzazione politica, che realizza la struttura della società. È una formazione sociale complessa. Elementi strutturali fondamentali dello Stato sono: istituzioni legislative, organi esecutivi, sistema giudiziario, istanze di controllo, forze armate. Ogni Stato moderno ha la propria costituzione e i propri simboli di identità. È strumento della gestione sociale. D'altro canto, è una associazione che si pone su un territorio determinato e riunisce tutti i membri di una certa società. Il tratto caratteristico dello Stato è la sua sovranità, vale a dire il monopolio nel rappresentare tutta la società. Lo Stato nazionale tende a estinguersi nel processo di integrazione regionale e internazionale, e a cedere le proprie funzioni a organismi sovranazionali.
Con lo sviluppo della società e con il perfezionarsi della sua struttura, la sfera dello Stato cede spazio alla società civile, che assume poco a poco varie delle sue funzioni.
I tipi di Stato e le loro relazioni con la società civile e con gli altri Stati dipendono dal tipo di civiltà a cui appartengono. Gli Stati si differenziano per le forme di governo (monarchia, repubblica, tirannia ecc.), per la strutturazione delle istituzioni del potere politico (Stato unitario, federale, confederato) e per il regime politico (presidenziale, parlamentare, autoritario, totalitario ecc.). Lo Stato ha funzioni esterne e interne. La società civile assume diverse funzioni interne dello Stato e quindi inizia ad assolvere funzioni esterne condividendole con esso.
Lo Stato, come ogni istituzione, non è una struttura naturale ma storica, che muta a seconda del momento e della fase dello sviluppo della società. Nel momento attuale, lo Stato nazionale sta perdendo la propria sovranità a vantaggio di uno stato parallelo sovranazionale dipendente dal potere finanziario internazionale.
Gli umanisti condannano la violenza operata dallo Stato e adottano una posizione storicamente precisa riguardo alla politica dello Stato concreto. L'atteggiamento politico degli umanisti nei confronti dello Stato dipende dall'essenza sociale della politica e dai metodi della sua realizzazione.
Stile di vita
(dal lat. stilus, lo stilo per scrivere) Insieme storico dei tratti di comunicazione e del sistema di immagini e metodi della creazione artistica propri di una personalità o di un gruppo di persone, che rappresenta gusti, abitudini, modi di comportamento e che riflette gli elementi specifici del suo mondo interno attraverso le forme esterne dell'esistenza umana. Dipende, in larga misura, dai valori culturali, dalle caratteristiche socio-psicologiche e dalle tradizioni storiche della famiglia, del gruppo sociale, della etnia e della religione in cui una persona si è formata. È legato al modo di vita in cui si manifestano norme e stereotipi di comportamento e di coscienza dei grandi gruppi umani e perfino di intere generazioni e civiltà. Lo stile di vita include anche gli aspetti etici ed estetici connessi. Le forme più umane dell'autorealizzazione e dell'autoistruzione si incarnano nello stile di vita, rivelando il grado di libertà e di integrità di una persona.
Lo stile di vita umanista si caratterizza per il rispetto della diversità, dei diritti, delle opinioni e degli interessi degli altri, per il rifiuto della violenza e dello sfruttamento, per la volontà di intrattenere rapporti armoniosi con la natura e con la società, per il desiderio di approfondire le conoscenze e di allargare e perfezionare le capacità di ognuno.
Storiologia
Scienza dell'interpretazione storica. La storiologia stabilisce le condizioni preliminari in cui si dà ogni interpretazione del fatto temporale. Si tratta, quindi, di una costruzione preliminare necessaria per arrivare ai “fatti in sé”. Uno dei punti più importanti è quello della comprensione dell'“interferenza” che l'osservatore compie sull'oggetto studiato. Nella storiologia si esamina la nozione di temporalità e il paesaggio di formazione su cui si basa lo storico per costituire la prospettiva da cui osserva o descrive. Uno dei problemi della storiologia si manifesta quando si comprende che la descrizione del paesaggio degli storici è fatta anch’essa da una determinata prospettiva. Questo metapaesaggio consente, tuttavia, di stabilire comparazioni tra elementi resi omogenei, in quanto li si fa rientrare in una stessa categoria che non si dà per scontata, ma che è stata determinata in precedenza.
Stratificazione sociale
1. Conformazione e relazione delle generazioni che compongono una società. Uno degli strumenti di studio usati è la piramide demografica. 2. Conformazione e relazione delle collettività culturali che compongono una società. 3. Conformazione della società secondo una divisione per strati determinata dalla prestazione lavorativa, dal reddito e dal rapporto di dipendenza. Questo modo di determinare la stratificazione sociale presenta numerose varianti. Storicamente, possiamo dire che nelle epoche di predominio delle attività estrattive di base (agricoltura, miniere e pesca) la relativa stratificazione sociale mostrava un'ampia base di lavoratori impegnati in questi ruoli. Dopo la rivoluzione industriale, la conformazione della base e degli strati emergenti di quel processo ha cominciato a trasformarsi. Lo sviluppo delle industrie secondarie e terziarie e la crescita delle aree di servizi hanno modificato conseguentemente la stratificazione sociale e il modo di vita delle popolazioni. L'esodo dalle campagne, la crescita urbana e l'aumento squilibrato della popolazione regionale e mondiale sono fattori che oggi incidono sulla tendenza alla formazione di nuove e veloci forme di stratificazione sociale. Si verifica anche lo spostamento di importanti settori lavorativi per azione della tecnologia produttiva e della migrazione di massa da aree meno favorite verso altre in cui aumentano, a loro volta, la recessione e la disoccupazione. I cambiamenti attuali nella stratificazione sociale conducono all'isolamento di strati che precedentemente si relazionavano in modo solidale mentre cresce la discriminazione come fenomeno psicosociale.
Struttura
Questo termine può essere definito in modo molto ampio e anche in modo ristretto. Una serie di numeri scelti a caso è, comunque, una “serie”, cioè una struttura intesa in senso lato. Non sarebbe struttura soltanto ciò che è definitivamente amorfo, vale a dire: “quel che non ha una struttura”. Ma questa è una formulazione vuota. Nel senso spiegato da Husserl, gli elementi di un tutto non vengono compresi come parti dello stesso ma come membri e quindi l'insieme o gruppo è un tutto e non una “somma”. I membri di un dato complesso sono correlati in modo da essere non-indipendenti gli uni rispetto agli altri e si compenetrano reciprocamente. Ciò segna una differenza importante rispetto alla concezione atomista e al suo metodo d'analisi per quanto attiene allo studio di una struttura. Quando Husserl afferma che, nella struttura della percezione o della rappresentazione, il “colore” è non-indipendente dall'“estensione” indica che una separazione atomista tra i due termini rompe esattamente la reale essenza della percezione o della rappresentazione. Quindi, la coscienza in generale deve essere vista come una struttura che si modifica nella sua posizione-nel-mondo e in cui ognuno dei suoi membri è in rapporto con altri in modo inseparabile in quel mutamento di posizione. Questa descrizione è valida per la comprensione di diverse strutture come la storicità o la società umana.
Quanto al rapporto tra una struttura e il suo ambiente (che, a sua volta, deve essere considerato come struttura, per esempio l'ambiente biologico), esso viene di solito indicato come “sistema” (per esempio, sistema ecologico). Generalmente, in un sistema le strutture entrano in relazione come membri del sistema stesso. Quando si parla dell'essere-umano-nel-mondo, ci si riferisce a una sistema di strutture non indipendenti e, in questo caso, non si può considerare l'essere umano in sé, ma piuttosto in “apertura” verso il mondo e, a sua volta, il “mondo” può essere colto con un significato solo in rapporto all'essere umano.
Strutturalismo
Tendenza filosofica sorta negli anni Sessanta, soprattutto in Francia. Si tratta di uno “stile di pensiero” che riunisce autori molto diversi e che si esprimono nei campi più diversi delle scienze umane, come l'antropologia (C. Lévi-Strauss), la critica letteraria (R. Barthes), la psicanalisi freudiana (J. Lacan), la ricerca storiografica (M. Foucault), o in correnti filosofiche specifiche come il marxismo (L. Althusser).
Questi studiosi respingono le idee di soggettivismo, storicismo e umanesimo, che sono il nucleo centrale delle interpretazioni della fenomenologia e dell'esistenzialismo. Usando un metodo nettamente contrastante con quello dei fenomenologi, gli “strutturalisti” tendono a studiare l'essere umano dall'esterno, come un qualsiasi fenomeno naturale, “come si studiano le formiche” dirà Lévi-Strauss, e non dall'interno, come si studiano i contenuti della coscienza. Con questo approccio, che imita le tecniche delle scienze fisiche, cercano di elaborare strategie di ricerca capaci di illustrare i rapporti sistematici e costanti che esistono nel comportamento umano, individuale e collettivo, e a cui danno il nome di “strutture”. Non sono rapporti evidenti ma si tratta di rapporti profondi che, in gran parte, non vengono percepiti coscientemente e che limitano e costringono l'azione umana. La ricerca strutturalista tende a porre in rilievo ciò che è “inconscio” e i condizionamenti anziché la coscienza o la libertà umana.
Il concetto di struttura e il metodo a esso relativo non giungono allo strutturalismo direttamente dalle scienze logico-matematiche né dalla psicologia (scuola della Gestalt), in cui erano da tempo operanti. Lo strutturalismo ricava i propri strumenti di analisi dalla linguistica. Di fatto, un punto di riferimento comune ai diversi sviluppi dello strutturalismo è sempre stato il Corso di linguistica generale di F. de Saussure (1915) che, oltre a costituire un contributo decisivo alla fondazione della linguistica moderna, introduce l'uso del “metodo strutturale” nel campo dei fenomeni linguistici.
La visione dello strutturalismo avrebbe sperimentato grandi progressi approfondendo lo studio dei campi di “presenza” e di “compresenza” in cui Husserl trova quella caratteristica della coscienza che la fa dedurre più di quanto percepisca o intenda. È in questa compresenza che il razio-vitalismo affonda per comprendere la struttura d'ideazione che chiama credenza, su cui si basano le idee e la ragione. In nessun modo il sistema di credenze è posto in rapporto con un presunto “inconscio”. Ha le sue leggi, la sua dinamica e si sposta storicamente trasformato dalle generazioni nel corso del mutamento di paesaggio. Le credenze appaiono allora come il “terreno” su cui si fondano e di cui si alimentano quelle altre strutture d'ideazione chiamate “idee”.
Superamento del vecchio da parte del nuovo
Tendenza generale dello sviluppo delle strutture vitali, della società e della coscienza. Se si considera la vita non come un caso isolato e singolare, ma come un passaggio di estrema complessità della natura, allora si può considerare che lo stesso universo si sviluppa in una direzione irreversibile (seguendo la freccia del tempo) in cui le strutture semplici tendono a superare la loro condizione iniziale, interagendo, raggruppandosi e, in definitiva, conseguendo una complessità crescente rispetto al momento precedente. Se, invece, si considera la vita come un caso isolato e anche l'universo come un altro fenomeno singolare, non si può parlare della tendenza al superamento del vecchio da parte del nuovo, ma allo stesso tempo non si può fare scienza generale (non esiste scienza del singolare e dell'irripetibile). Sia le cosmologie sia la biologia di epoche precedenti hanno scelto la tendenza a immaginare un universo che tende a perdere energia e ordine. In questo modo, le organizzazioni a complessità crescente sono apparse come casi singolari, come fenomeni casuali.
Per il Nuovo Umanesimo, il superamento del vecchio da parte del nuovo è una tendenza generale dello sviluppo universale. Nel caso della società, questa tendenza si esprime nella dialettica generazionale in cui finiscono per prevalere le generazioni più giovani (generazioni); nella coscienza, si esprime nella dialettica temporale in cui prevale il tempo futuro; nella storia, si esprime come il superamento dei momenti attuali da parte di altri più complessi che avanzano verso un futuro irreversibile. È nella destrutturazione di ogni sistema che si verifica il superamento del vecchio da parte del nuovo. Tuttavia, gli elementi più progrediti della fase precedente entrano a far parte del nuovo passaggio evolutivo mentre si perdono gli elementi che non si adattano al mutamento di situazione.
T
Tecnica
(f. sostantiv. di tecnico, dal lat. technicus, dal gr. tekhnikós, da tékhne, l'arte, il mestiere) Non si deve confondere la scienza con l'insieme delle applicazioni pratiche che da essa deriva e che si definisce tecnica. Tuttavia, la scienza e la tecnica sono connesse e si implicano l'una con l'altra. Attualmente, si utilizza questo vocabolo per riferirsi all'insieme dei mezzi tendenti a perfezionare i sistemi di conseguimento o di elaborazione dei prodotti. Sulla base della velocità e della qualità del cambiamento sperimentato si può parlare di evoluzione o rivoluzione tecnica. A sua volta, si intende come tecnologia lo studio dei mezzi, delle tecniche e dei procedimenti impiegati nei diversi rami della produzione in generale e dell'industria in particolare. Per il Nuovo Umanesimo lo sviluppo della tecnica dipende non soltanto della precedente accumulazione di conoscenze e di pratiche sociali, ma anche dalla direzione del processo di una determinata società che inoltre, nel momento attuale, si trova in contatto con la società mondiale (mondializzazione). Indipendentemente dalle condizioni materiali, le idee di previsione e di pianificazione del futuro influiscono in modo decisivo sugli sviluppi tecnologici del momento presente. Di fronte a uno stesso mezzo materiale si possono scegliere diverse linee di sviluppo tecnico con risultati a loro volta diversi. Le tecnologie alternative si impongono con forza sempre maggiore, dato il limite a cui sono giunti alcuni avanzamenti materiali che non hanno tenuto in conto il rinnovamento delle risorse, il che rende difficile seguire questa direzione senza provocare danni irreparabili all'ambiente che, in definitiva, tendono a frenare lo stesso progresso tecnologico.
(il) Tema più importante
Espressione frequente nel Nuovo Umanesimo, che fa riferimento alla situazione personale di fronte alla vita. Il tema consiste nel sapere se si vuol vivere e in quali condizioni farlo (ubicazione personale).
Tempo
(dal latino tempus, -oris; secondo alcuni affine al gr. témno, tagliare, quindi parte o divisione di tempo) È uno dei concetti più generali che caratterizzano l'universo. In diverse culture, il tempo viene concepito e misurato in modo diverso. La nozione di tempo sorge nell'antichità come tempo ciclico che misura il ritmo dei processi della natura e dell'essere umano come parte della natura stessa. Per misurare questi processi ciclici, si ricorse al calendario basato sui movimenti del sole, della luna e dei pianeti.
Il diffondersi del cristianesimo contribuì all'introduzione del concetto di tempo unilineare per misurare i periodi della storia sacra, dall'atto della creazione dell'universo fino al giudizio finale come processo di salvazione dell'umanità. Questo principio si estese alla stessa storia civile, mentre la natura era considerata un fenomeno atemporale. Con il sorgere della scienza, l'uso dell'orologio meccanico, del telescopio e del microscopio, il concetto di tempo lineare, irreversibile e ascendente consentì di formulare la teoria evoluzionista per spiegare i fenomeni della natura e poi applicarla anche ai fenomeni della società e della cultura.
Per misurare i processi politici si è introdotto il concetto di tempo politico e si è elaborata la teoria della cronopolitica sincronica e diacronica. La prima si usa in politologia, la seconda nella storia universale e nella futurologia.
Tesi
Proposte dottrinali del Partito Umanista, approvate durante la prima èInternazionale Umanista. La tesi 4 descrive in particolare la visione politica del partito. Vi si dice: “La contraddizione sociale è prodotto della violenza. L'appropriazione del tutto sociale, operata da una parte dello stesso, è violenza e quella violenza è alla base della contraddizione e della sofferenza. La violenza si manifesta come esproprio dell'intenzionalità dell'altro (e, di sicuro, della sua libertà); come azione di sommergere l'essere umano, o gli insiemi umani, nel mondo della natura. Perciò le ideologie dominanti hanno considerato 'naturali' gli indigeni soggiogati, 'forza lavoro' gli operai sfruttati; semplici 'procreatrici' le donne; zoologicamente 'inferiori' le razze dominate; progetto, caricatura, 'immaturità' di uomini completi i giovani sprovvisti dei mezzi di produzione; 'sottosviluppati' i popoli negletti. Quest'ultimo punto si inserisce in un grossolano schema naturalista in cui si dà per scontato che lo 'sviluppo' comporta un modello unico, rappresentato proprio dagli sfruttatori a cui viene attribuita la pienezza dell'evoluzione, in termini non soltanto oggettivi ma anche soggettivi poiché, per essi, la soggettività è un semplice riflesso delle condizioni oggettive”.
Tirannia
(der. di tiranno, dal gr. tyrannos, attraverso il lat. tyrannus) Governo esercitato da un tiranno, individuo o gruppo ristretto che ottiene il potere assoluto attraverso la violenza e contro il diritto stabilito. Questi esercita il potere senza giustizia e sul metro della propria volontà.
Il fondamento della tirannia è la forza bruta, il terrore e il cinismo che devono provocare negli altri paura e cieca obbedienza. Sorge normalmente nel periodo di transizione dal sistema tradizionale a un altro nuovo, quando la vecchia élite politica e sociale è screditata e la nuova è ancora in fase di formazione. È un regime crudele ma fragile, che provoca sconvolgimenti politici violenti.
Ha molti tratti in comune con il dispotismo, perché adotta vari meccanismi ereditati da quest'ultimo, ma se ne differenzia per la mancanza di legittimità, di una base sociale più o meno stabile e per la rottura con la tradizione, con la società tradizionale.
Tolleranza
(dal lat. tolerantia, da tolerare, sopportare) Qualità morale che esprime un atteggiamento attento e rispettoso di una persona, di un gruppo, di una istituzione o di una società, riguardo agli interessi, alle credenze, alle opinioni, alle abitudini e ai comportamenti altrui. Si manifesta con il desiderio di giungere alla reciproca comprensione e alla conciliazione di interessi e opinioni divergenti per mezzo della persuasione e delle trattative. Il punto di vista sulla tolleranza espresso da alcune religioni ammise la non resistenza al male per mezzo della violenza. Questo punto di vista fu sviluppato da Tolstoj e da Gandhi in una dottrina politica e morale. In ogni caso, non si deve confondere la tolleranza con la ècarità o la compassione.
La tolleranza assicura la libertà spirituale di ogni persona nella società moderna. Sin dal XVIII secolo si applicava di preferenza alla sfera religiosa con il riconoscimento del permesso di professare confessioni diverse da quella riconosciuta ufficialmente. Oggi, la tolleranza si è trasformata in una condizione necessaria per la sopravvivenza dell'umanità perché consente di realizzare il dialogo tra culture e correnti diverse, sulla base del rispetto reciproco e dell'uguaglianza dei diritti.
La tolleranza è il fondamento della democrazia moderna perché assicura il pluralismo religioso, ideologico e politico, dà garanzie alle minoranze nei confronti delle maggioranze e assicura la sovranità della personalità.
Il Nuovo Umanesimo considera la tolleranza come condizione indispensabile dello stile di vita umanista e della cooperazione nazionale e internazionale come base per l'applicazione effettiva dei diritti umani universali.
Tolstojsmo
Corrente ideologica dei discepoli dello scrittore e pensatore russo Lev Tolstoj (1828-1910), che propagava le idee della nonviolenza e dell'amore per l'essere umano, del superamento dell'alienazione, dell'autoperfezionamento morale della personalità per mezzo della sua unione con Dio senza la mediazione feroce della chiesa ufficiale. Secondo Tolstoj, lo Stato, la proprietà privata e la chiesa formale ostacolano la realizzazione di questo ideale.
I tolstojani, che hanno creato loro sette nei diversi paesi, idealizzano la vita rurale, il lavoro nei campi e la comunità agricola. Si dichiarano contrari alla disuguaglianza sociale e all'oppressione, e favorevoli alla fratellanza di tutti gli esseri umani.
I concetti di Tolstoj sulla nonviolenza e sull'amore si sono espressi in modo originale nell'attività di Gandhi in India, di Schweitzer in Africa, di Nkrumah in Ghana, di Luther King negli Stati Uniti.
La linea umanista di Tolstoj è stata manomessa da alcuni dei suoi seguaci e ha finito per avviarsi al declino. Oggi il tolstojsmo come corrente sociale organizzata non esiste, anche se in alcuni luoghi sopravvivono piccole comunità agricole.
Totalitarismo
(der. di totalitario; cfr. totale, dal lat. mediev. totalis, der. di totus, tutto intero) 1. Ideologia che intende subordinare l'essere umano al dominio completo e totale dello Stato onnipotente per mezzo della manipolazione socio-psicologica e ideologica del comportamento delle masse, il controllo repressivo di tutta la vita pubblica e privata di ogni cittadino attraverso il terrore quotidiano. 2. Sistema e regime socio-politico che si contraddistingue per il controllo repressivo totale, burocratico, imposto violentemente dallo Stato prevaricatore e terrorista a tutta la società e a ognuno dei suoi abitanti. Questo controllo e la relativa repressione si realizzano oggi con l'uso delle tecnologie informatiche della civiltà postindustriale.
Il regime totalitario sfrutta su scala crescente il lavoro forzato organizzato industrialmente. Utilizza l'immagine del nemico per mantenere il dominio psicologico delle masse; inibisce le intenzioni umane svilendole, degradando e distruggendo la personalità; trasforma l'individuo in un primitivo strumento della strumentazione burocratica e dello Stato. Si caratterizza per la totale militarizzazione della vita pubblica ed elimina la società civile.
Esistono varie forme e manifestazioni del totalitarismo, basate sulle idee del fascismo, del nazionalismo, del corporativismo, del comunismo ecc.
Il Nuovo Umanesimo condanna tutte le manifestazioni di totalitarismo come regime e ideologia violenti e oppressivi e chiama alla lotta contro il soffocamento della dignità umana. L'umanesimo è il contrario del totalitarismo e crea un ambiente di resistenza a quel sistema inumano, corrodendone le basi e indicando i metodi per combatterlo.
U
Ubicazione personale
Attualmente si mette in discussione tutto ciò che dà riferimenti personali, sia nell'azione sia nel posizionamento psicologico di fronte al mondo in continuo mutamento. La crisi di “modelli” di vita riguarda questo problema. In una delle Lettere ai miei amici, Silo presenta una sintesi di alcune sue osservazioni sviluppate in precedenza. Sebbene possa apparire insufficiente in sede esplicativa, è tuttavia opportuno riproporla qui. Dice:
- Nel mondo è in atto una veloce trasformazione, determinata dalla rivoluzione tecnologica, che si scontra con le strutture stabilite e con la formazione e le abitudini di vita delle società e degli individui.
- Lo sfasamento che ne deriva genera crisi sempre più profonde in tutti i campi; niente lascia supporre che questo sfasamento si ridurrà; sembra, al contrario, che tenderà ad aumentare.
- Essendo gli avvenimenti imprevedibili, ci diventa impossibile capire quale direzione prenderanno le cose, le persone che ci circondano e, in definitiva, la nostra stessa vita.
- Molte cose che pensavamo e credevamo non ci servono più. Né possiamo attenderci soluzioni da una società, da istituzioni o da singoli individui che soffrono dello stesso male.
- Se decidiamo di agire per far fronte a questi problemi, dovremo dare direzione alla nostra vita provando a rendere coerenti tra loro ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo. Dal momento che non viviamo isolati, la coerenza dovrà applicarsi ai rapporti con gli altri, che tratteremo nello stesso modo che desideriamo per noi. Queste due proposte non possono essere messe in pratica rigorosamente ma rappresentano la direzione di cui abbiamo bisogno, soprattutto se le utilizziamo come punti di riferimento permanenti e se diventano sempre più sentite.
- E’ negli ambiti in cui siamo direttamente a contatto con altre persone che dobbiamo agire per imprimere una direzione favorevole alla nostra situazione. Qui non abbiamo a che fare con una questione psicologica, una questione che possa essere risolta nella testa dei singoli individui; questo è un tema legato alla situazione in cui si vive.
- Se siamo coerenti con queste proposte e se cerchiamo di metterle in pratica, arriveremo alla conclusione che quanto risulta positivo per noi e per l’ambiente che ci è più vicino dovrà essere esteso a tutta la società. Insieme a quanti si sono incamminati nella nostra stessa direzione creeremo i mezzi più adeguati affinché una nuova solidarietà possa manifestarsi. Pertanto, pur agendo in modo specifico nel nostro ambiente, non perderemo mai di vista la situazione globale che coinvolge tutti gli esseri umani e che richiede il nostro aiuto, proprio come noi abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri.
- I cambiamenti inattesi ci portano a prospettare seriamente la necessità di dare direzione alla nostra vita.
- La coerenza non inizia né termina nell’individuo singolo ma è in rapporto con l’ambiente, con le altre persone. La solidarietà è un aspetto della coerenza personale.
- Agire con proporzione significa stabilire delle priorità nella propria vita ed operare in base ad esse evitando che si determinino squilibri.
- Agire con senso dell’opportunità significa retrocedere davanti a una grande forza e avanzare con risolutezza quando questa si indebolisce. Questa è un’idea importante se, trovandoci sottomessi alla contraddizione, cerchiamo di cambiare la direzione della nostra vita.
- Il disadattamento nei confronti del nostro ambiente, che ci impedisce qualunque trasformazione, non risulta conveniente; lo stesso vale per l’adattamento decrescente, situazione nella quale ci limitiamo ad accettare le condizioni stabilite. L’adattamento crescente consiste nell’accrescere la nostra influenza sull’ambiente seguendo una direzione coerente”.
Uguaglianza
(der. di uguagliare; cfr. uguale, dal lat. aequalis, der. di aequus, uguale nel senso di piano, pari, giusto) Principio che riconosce a tutti i cittadini gli stessi diritti.
Gli esseri umani non possono essere uguali perché ognuno è una personalità unica nel suo genere e non può ripetersi nella storia, è insostituibile. Ma nell'attività economica l'esecutore e il dirigente sono sostituibili nelle loro funzioni tecnologiche, nei ruoli sociali ecc. Questa alienazione dell'essere umano crea l'illusione dell'uguaglianza universale.
Su questa base sorge l'ugualitarismo. Si sono formate storicamente due concezioni fondamentali dell'ugualitarismo: come ugualitarismo delle possibilità e come ugualitarismo dei risultati. È molto importante il problema del rapporto tra il contributo dell'individuo e la sua remunerazione, quello delle capacità e delle necessità e il problema della misura della redistribuzione dei redditi. Il punto di vista social-democratico tenta di dare fondamento e realizzazione a diverse forme di compromesso tra entrambe le concezioni dell'ugualitarismo.
I comunisti affermano l'uguaglianza delle persone per quanto riguarda la proprietà dei mezzi di produzione, negando la proprietà privata in quanto causa dell'alienazione e dello sfruttamento.
I conservatori respingono l'uguaglianza dei risultati in quanto viola i principi di libertà e di natura umane, come pratica viziosa che mina l'efficacia del funzionamento del sistema sociale.
Il Nuovo Umanesimo ammette l'uguaglianza sociale dei cittadini di fronte alla legge e quella delle nazioni per quanto riguarda i loro diritti internazionali, come stabilito dalla carta dell'ONU, ma non accetta l'ugualitarismo come dottrina sociale e politica. Allo stesso tempo, il Nuovo Umanesimo condanna il punto di vista neoconservatore che tenta di preservare i privilegi dell'aristocrazia del denaro e di un minuscolo gruppo di Stati eliminando i gruppi sociali più bisognosi e i paesi in via di sviluppo.
Umanesimo
1. Pratica e/o teoria del Nuovo Umanesimo. 2. Ogni posizione che sostenga i valori definiti dall'atteggiamento umanista. 3. Ogni attività pratica di impegno basata sui valori definiti dall'atteggiamento umanista. 4. Qualunque dottrina che proclama la solidarietà e la libertà di scelta dell'essere umano può essere definita un umanesimo.
Umanesimo antropocentrico
La posizione che si basa sulla collocazione centrale dell'essere umano escludendo, in generale, ogni proposizione teista. D'altra parte, l'umanesimo antropocentrico respinge il dominio di un essere umano da parte di un altro essere umano, trasferendo l'azione verso il controllo della natura, definita come l'ambiente su cui si deve esercitare un potere illimitato. Le differenze rispetto al Nuovo Umanesimo consistono nel fatto che questo parte dalla posizione centrale dell'essere umano, ma non respinge le posizioni teiste. D'altra parte, considera la natura non come un ambiente passivo ma come forza operante in interazione con il fenomeno umano. Di conseguenza, l'impulso a miglioramenti individuali e sociali deve prendere in considerazione l'impatto umano sulla natura, cosa che impone limiti non soltanto morali ma deve anche riflettersi nel sistema legale e nella pianificazione ecologica.
Umanesimo cristiano
È una forma di umanesimo filosofico.
Citiamo qui di seguito un brano dal libro Interpretazioni dell'umanesimo (L'umanesimo cristiano) di S. Puledda:
“L'interpretazione del cristianesimo in chiave umanista va inserita nel generale processo di revisione e di adattamento delle dottrine cristiane al mondo moderno, riguardo al quale la Chiesa aveva adottato per secoli una posizione di rifiuto o di aperta condanna. Si ritiene comunemente che la sterzata della Chiesa cominci con l'enciclica Rerum novarum di Leone XIII (1891). Con questa enciclica la Chiesa ha tentato di darsi una dottrina sociale che potesse essere contrapposta al liberalismo e al socialismo. La Chiesa autorizzò la formazione di partiti di massa d'ispirazione cristiana e si ripropose come portatrice di una visione del mondo e di un'etica capaci di dare risposta alle necessità più profonde dell'uomo moderno. In questa prospettiva va inserito l'umanesimo cristiano, il cui iniziatore può essere considerato J. Maritain. Dapprima allievo di H. Bergson, aveva poi aderito al socialismo rivoluzionario. Insoddisfatto di entrambe queste filosofie, nel 1906 si convertì al cattolicesimo. Fu uno degli esponenti più significativi della cosiddetta neoscolastica o neotomismo. Cioè, di quella corrente del pensiero cattolico moderno che si rifà direttamente a San Tommaso d'Aquino e, attraverso di lui, ad Aristotele, il cui pensiero San Tommaso aveva adattato ai dogmi cristiani. Quella di Maritain è dunque una posizione culturale che si contrappone radicalmente alla tendenza più generale del pensiero moderno, dal Rinascimento in poi. In effetti, era proprio contro la scolastica tomista (l'espressione più tipica del pensiero medievale) che si erano scagliati gli umanisti del Rinascimento. Quindi, Maritain compie un salto all'indietro, oltre il Rinascimento. E lo fa perché è proprio nell'umanesimo rinascimentale che scopre i germi che hanno condotto alla crisi e alla frattura della società attuale. Con ciò, non pretende esplicitamente di rivalutare il medioevo e la visione cristiana legata a quel periodo, ma di riprendere il filo di una evoluzione storica del cristianesimo e del suo perfezionamento nella società che, secondo il suo modo di vedere, sono stati compromessi dal pensiero moderno, laico e secolare. Nel libro Umanesimo integrale, Maritain esamina l'evoluzione del pensiero moderno dalla crisi della cristianità medievale all'individualismo borghese del XIX secolo e al totalitarismo del XX secolo. In questa evoluzione egli scorge la tragedia dell'umanesimo 'antropocentrico' (è così che lo definisce), che si sviluppa a partire dal Rinascimento. Questo umanesimo, che ha condotto a una progressiva decristianizzazione dell'Occidente, è una metafisica della 'libertà senza la Grazia'.
Ecco le tappe di quella progressiva decadenza: 'Nei confronti dell'uomo, si può notare che nei primi periodi dell'epoca moderna, con Cartesio anzitutto e poi con Rousseau e Kant, il razionalismo aveva costruito della personalità dell'uomo un'immagine superba e splendida, infrangibile, gelosa della sua immanenza e della sua autonomia, e finalmente buona per essenza'. Ma questa superbia razionalista che dapprima ha eliminato tutti i valori tradizionali e trascendenti e poi, con l'idealismo, perfino il concetto di realtà oggettiva, ha generato da sé la propria distruzione. Prima Darwin e poi Freud hanno inferto i colpi mortali alla visione ottimista e progressista dell'umanesimo antropocentrico. Con Darwin l'uomo scopre che non esiste discontinuità biologica tra se stesso e la scimmia. Ma non soltanto questo: tra lui e la scimmia non esiste neppure una vera e propria distinzione metafisica, cioè non vi è cambiamento di essenza, un vero salto di qualità. Con Freud, l'uomo scopre che le sue motivazioni più profonde sono dettate in realtà dalla libido sessuale e dall'istinto di morte. Alla fine di questo processo dialettico distruttivo, sono ormai aperte le porte ai totalitarismi moderni. Maritain conclude: 'Dopo tutte le dissociazioni e i dualismi dell'epoca umanistica [...] noi assistiamo a una dispersione e a una decomposizione definitiva. Il che non impedisce all'essere umano di rivendicare più che mai la propria sovranità, ma non più per la persona individuale. Questa non sa più dove sia e si vede solo dissociata e decomposta: è ormai matura per abdicare [...] a favore dell'uomo collettivo, di questa grande figura storica dell'umanità della quale Hegel ha fatto la teologia e che, per lui, consisteva nello Stato con la sua perfetta struttura giuridica, e per Marx consisterà nella società comunista col suo dinamismo immanente'. All'umanesimo antropocentrico, la cui evoluzione ha così descritto, Maritain contrappone un umanesimo cristiano che egli definisce 'integrale' o 'teocentrico'. Ecco come si esprime: 'Siamo così condotti a distinguere due specie di umanesimo: un umanesimo teocentrico o veramente cristiano, e un umanesimo antropocentrico, del quale sono principalmente responsabili lo spirito del Rinascimento e della Riforma [...]. La prima specie d'umanesimo riconosce che Dio è il centro dell'uomo, implica il concetto cristiano dell'uomo peccatore e redento, e il concetto cristiano della grazia e della libertà [...]. La seconda crede che l'uomo stesso sia il centro del mondo, e quindi di tutte le cose, e implica un concetto naturalistico dell'uomo e della libertà. [...] Si capisce come l'umanesimo antropocentrico meriti il nome di umanesimo inumano e che la sua dialettica debba essere considerata come tragedia dell'umanesimo'.
All'umanesimo teocentrico Maritain affida il compito di ricostituire un mondo organico che riconduca la società profana sotto la guida dei valori cristiani. L'interpretazione cristiana che Maritain ha dato dell'umanesimo è stata accolta in modo entusiastico in alcuni ambienti ecclesiastici e tra vari gruppi laici. D'altra parte, ha ispirato numerosi movimenti cattolici impegnati nell'azione sociale e nella vita politica, e ha finito per rivelarsi un'arma ideologica rivolta soprattutto contro il marxismo. Ma quella interpretazione ha ricevuto anche critiche demolitrici in ambienti filosofici non confessionali. In primo luogo, è stato osservato che la tendenza razionalista evidente nella filosofia postrinascimentale e che Maritain segnala in Descartes, Kant e Hegel può esser fatta risalire all'ultima scolastica e anche al pensiero di San Tommaso. Tale tendenza, che condurrà alla crisi e alla sconfitta della ragione, non è un prodotto dell'umanesimo rinascimentale, ma del tomismo. Secondo questi critici, Maritain ha dato luogo a una colossale opera di mistificazione e di camuffamento, quasi un gioco di prestigio filosofico, attribuendo al Rinascimento una responsabilità storica che al contrario appartiene al pensiero cristiano medievale più tardo. La filosofia cartesiana, che è alla base del pensiero moderno, nel suo razionalismo si ricollega molto di più a San Tommaso che al neoplatonismo e all'ermetismo mistico del Rinascimento. Le radici della 'superbia della ragione' della filosofia moderna devono essere ricercate, di conseguenza, nella pretesa del tomismo di costruire una teologia intellettualistica e astratta. In secondo luogo, la crisi dei valori e il vuoto esistenziale a cui è approdato il pensiero europeo con Darwin, Nietzsche e Freud non è una conseguenza dell'umanesimo rinascimentale, ma deriva al contrario dal permanere di concezioni cristiane medievali all'interno della società moderna. La tendenza al dualismo e al dogmatismo, il senso di colpa, il rifiuto del corpo e del sesso, la devalorizzazione della donna, il terrore della morte e dell'inferno, sono altrettanti residui del cristianesimo medievale, che anche dopo il Rinascimento hanno influito fortemente sul pensiero occidentale. Sono essi ad aver determinato, con la Riforma e con la Controriforma, l'ambito socioculturale in cui il pensiero moderno si è sviluppato. La schizofrenia del mondo attuale, la 'dialettica distruttiva' dell'Occidente (su cui Maritain insiste) deriva, secondo questi critici, dal coesistere di valori umani e antiumani, e deve essere spiegata come il tentativo doloroso di liberarsi da quel conflitto interno”.
Umanesimo empirico
Ogni umanesimo che si dà nella pratica, senza presupposti storici o filosofici. L'umanesimo empirico è il caso chiaro e quotidiano in cui si esercita l'atteggiamento umanista.
Umanesimo esistenzialista
È una forma di umanesimo filosofico.
Immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, il panorama culturale francese è dominato dalla figura di Sartre e dalla corrente di pensiero, l'esistenzialismo, che ha contribuito a diffondere attraverso la sua opera di filosofo e di romanziere, e attraverso il suo engagement, il suo impegno politico-culturale. La formazione filosofica di Sartre si compie negli anni trenta in Germania ed è influenzata soprattutto dalla scuola fenomenologica di Husserl e di Heidegger. Nel nuovo clima politico del dopoguerra e nel confronto con il marxismo e con l'umanesimo cristiano, Sartre si è sforzato di elaborare gli aspetti etico-politici del suo esistenzialismo, riqualificandolo come dottrina umanista, fondata sull'impegno e sull'assunzione di responsabilità storiche, attiva nella denuncia di tutte le forme di oppressione e di alienazione. È appunto con questa intenzione che Sartre ha scritto nel 1946 L'esistenzialismo è un umanismo. Il saggio è una versione lievemente modificata del testo della conferenza che aveva tenuto, sullo stesso tema, al Club Maintenant di Parigi.
Sartre presenta e sostiene la tesi secondo cui l'esistenzialismo è un umanesimo in questi termini: “Molti potranno meravigliarsi che qui si parli di umanismo. Vedremo in qual senso l'intendiamo. In ogni caso possiamo dire subito che intendiamo per esistenzialismo una dottrina che rende possibile la vita umana e che, d'altra parte, dichiara che ogni verità e ogni azione implicano sia un ambiente, sia una soggettività umana. [...] Il nostro punto di partenza è in effetti la soggettività dell'individuo, e questo per ragioni strettamente filosofiche. [...] Non vi può essere, all'inizio, altra verità che questa: 'io penso, dunque sono'. Questa è la verità assoluta della coscienza che coglie se stessa. Ogni teoria che considera l'uomo fuori dal momento nel quale egli raggiunge se stesso è, anzitutto, una teoria che sopprime la verità, perché, fuori del 'cogito' cartesiano, tutti gli oggetti sono soltanto probabili; ed una dottrina di probabilità, che non sia sostenuta da una verità, affonda nel nulla. Per definire il probabile, bisogna possedere il vero. Dunque, perché ci sia una qualunque verità, occorre una verità assoluta; e questa è semplice, facile a raggiungersi, può essere compresa da tutti e consiste nel cogliere se stessi senza intermediario. E poi, questa teoria è la sola che dia una dignità all'uomo, è la sola che non faccia di lui un oggetto”. Ma diversamente da quanto avviene nella filosofia cartesiana, per Sartre l'“io penso” rimanda direttamente al mondo, agli altri; la coscienza nella sua intenzionalità è sempre coscienza di qualcosa. Sartre prosegue: “In questo modo l'uomo, che coglie se stesso direttamente col 'cogito', scopre anche tutti gli altri, e li scopre come la condizione della propria esistenza. Egli si rende conto che non può essere niente [...] se gli altri non lo riconoscono come tale. Per ottenere una verità qualunque sul mio conto, bisogna che la ricavi tramite l'altro. L'altro è indispensabile alla mia esistenza, così come alla conoscenza che io ho di me. In queste condizioni, la scoperta della mia intimità mi rivela, nello stesso tempo, l'altro come una libertà posta di fronte a me, la quale pensa e vuole soltanto per me o contro di me. Così scopriamo subito un mondo che chiameremo l'intersoggettività, ed è in questo mondo che l'uomo decide di ciò che egli è e di ciò che sono gli altri”.
Dopo questa premessa metodologica, Sartre definisce che cosa sia l'uomo per l'esistenzialismo. Tutti gli esistenzialisti, di diversa estrazione, cristiana o atea, compreso Heidegger, secondo Sartre concordano su un punto: nell'essere umano l'esistenza precede l'essenza. Per chiarire l'argomento, Sartre ricorre a questo esempio: “Quando si considera un oggetto fabbricato, come, ad esempio, un libro o un tagliacarte, si sa che tale oggetto è opera di un artigiano che si è ispirato ad un concetto. L'artigiano si è ispirato al concetto di tagliacarte e, allo stesso tempo, ad una preliminare tecnica di produzione, che fa parte del concetto stesso e che è in fondo una 'ricetta'. Quindi il tagliacarte è da un lato un oggetto che si fabbrica in una determinata maniera e dall'altro qualcosa che ha un'utilità ben definita [...] Diremo dunque, per quanto riguarda il tagliacarte, che l'essenza – cioè l'insieme delle conoscenze tecniche e delle qualità che ne permettono la fabbricazione e la definizione – precede l'esistenza [...]”. Nella religione cristiana, sulla quale si è formato il pensiero europeo, il Dio creatore “è concepito in sostanza alla stregua di un artigiano supremo [...] e Dio crea l'uomo [...] ispirandosi ad una determinata concezione, così come l'artigiano che produce il tagliacarte. [...] Nel secolo XVIII, con i filosofi atei, la nozione di Dio viene eliminata, non così però l'idea che l'essenza preceda l'esistenza. [...] Questa natura, cioè il concetto di uomo, si trova presso tutti gli uomini, il che significa che ogni uomo è un esempio particolare di un concetto universale: l'uomo. [...] L'esistenzialismo ateo, che io rappresento”, prosegue Sartre, “è più coerente. Se Dio non esiste, esso afferma, c'è almeno un essere in cui l'esistenza precede l'essenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest'essere è l'uomo, o, come dice Heidegger, la realtà umana. Che significa in questo caso che l'esistenza precede l'essenza? Significa che l'uomo esiste innanzi tutto, si trova, sorge nel mondo, e che si definisce dopo. L'uomo, secondo la concezione esistenzialistica, non è definibile in quanto all'inizio non è niente. Sarà solo in seguito, e sarà quale si sarà fatto”. E più avanti Sartre precisa: “L'uomo non è altro che ciò che si fa. Questo è il principio primo dell'esistenzialismo. Ed è anche quello che si chiama la soggettività e che ci viene rimproverata con questo stesso termine. Ma che cosa vogliamo dire noi, con questo, se non che l'uomo ha una dignità più grande che non la pietra o il tavolo? Perché noi vogliamo dire che l'uomo in primo luogo esiste, ossia che egli è in primo luogo ciò che si slancia verso un avvenire e ciò che ha coscienza di progettarsi verso l'avvenire. L'uomo è, dapprima, un progetto che vive se stesso soggettivamente [...]; niente esiste prima di questo progetto; [...] l'uomo sarà anzitutto quello che avrà progettato di essere”.
Quindi, per Sartre, si tratta di dedurre coerentemente tutte le possibili conseguenze dal fatto che Dio non esiste. L'uomo costruisce, nell'esistenza, la propria essenza in un primo momento come progetto e poi attraverso le sue azioni. Ma in questo processo di autocostruzione, l'uomo non ha a disposizione regole morali che lo possano guidare. Riferendosi a uno degli ispiratori dell'esistenzialismo, Dostoevskij, Sartre dice: “Dostoevskij ha scritto: 'Se Dio non esiste tutto è permesso'. Ecco il punto di partenza dell'esistenzialismo. [...] Se, d'altro canto, Dio non esiste, non troviamo davanti a noi dei valori o degli ordini che possano legittimare la nostra condotta. Così non abbiamo né dietro di noi né davanti a noi, nel luminoso regno dei valori, giustificazioni o scuse. Siamo soli, senza scuse. Situazione che mi pare di poter caratterizzare dicendo che l'uomo è condannato a essere libero. Condannato perché non si è creato da solo, e ciò non di meno libero perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto quanto fa. [...] L'uomo, senza appoggio né aiuto, è condannato in ogni momento a inventare l'uomo [...]. Quando diciamo che l'uomo si sceglie, intendiamo che ciascuno di noi si sceglie, ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. Infatti, non c'è uno solo dei nostri atti che, creando l'uomo che vogliamo essere, non crei nello stesso tempo una immagine dell'uomo quale noi giudichiamo debba essere. Scegliere d'essere questo piuttosto che quello è affermare, nello stesso tempo, il valore della nostra scelta, giacché non possiamo mai scegliere il male; ciò che scegliamo è sempre il bene e nulla può essere bene per noi senza esserlo per tutti”.
Su queste basi Sartre costruisce la sua etica della libertà: “Quando su un piano di totale autenticità, io ho riconosciuto che l'uomo è un essere nel quale l'essenza è preceduta dall'esistenza, che è un essere libero il quale non può che volere, in circostanze diverse, la propria libertà, ho riconosciuto nello stesso tempo che io non posso volere che la libertà degli altri”. L'etica di Sartre non si basa sull'oggetto scelto ma sull'autenticità della scelta. L'azione non è necessariamente gratuita, assurda o infondata. In effetti, è possibile dare un giudizio morale anche se non esiste una morale definitiva e ognuno è libero di costruire la propria morale nella situazione in cui vive, scegliendo tra le diverse possibilità che gli vengono offerte. Questo giudizio morale si fonda sul riconoscimento della libertà (propria e degli altri) e della malafede. Vediamo come la spiega Sartre: “Si può giudicare un uomo dicendo che è in malafede. Se abbiamo definito la condizione dell'uomo come una libera scelta, senza scuse e senza aiuti, chiunque si rifugi dietro la scusa delle sue passioni, chiunque inventi un determinismo è un uomo in malafede. [...] Mi si può ribattere: e se io voglio essere in malafede? Rispondo: non c'è alcuna ragione perché non lo siate, ma io affermo che lo siete e che l'atteggiamento di stretta coerenza è l'atteggiamento della buona fede. E, inoltre, posso dare un giudizio morale”.
In che senso l'esistenzialismo è un umanesimo? “L'uomo è costantemente fuori di se stesso; solo progettandosi e perdendosi fuori di sé egli fa esistere l'uomo e, d'altra parte, solo perseguendo fini trascendenti, egli può esistere; l'uomo, essendo questo superamento e non cogliendo gli oggetti che in relazione a questo superamento, è al cuore, al centro di questo superamento. Non c'è altro universo che un universo umano, l'universo della soggettività umana. Questa connessione fra la trascendenza come costitutiva dell'uomo, – non nel senso che si dà alla parola quando si dice che Dio è trascendente, ma nel senso dell'oltrepassamento, – e la soggettività, – nel senso che l'uomo non è chiuso in se stesso, ma sempre presente in un universo umano, – è quello che noi chiamiamo umanismo esistenzialista. Umanismo, perché noi ricordiamo all'uomo che non c'è altro legislatore che lui e che proprio nell'abbandono egli deciderà di se stesso; e perché noi mostriamo che, non nel rivolgersi verso se stesso, ma sempre cercando fuori di sé uno scopo, - che è quella liberazione, quell'attuazione particolare, - l'uomo si realizzerà precisamente come umano”.
Sartre ammise che l'antitesi tra libertà assoluta e malafede altrettanto assoluta gli era stata suggerita dal clima di guerra, in cui non sembrava possibile altra alternativa se non quella tra “essere con” e “essere contro”. Dopo la guerra giunse l'esperienza vera, quella della società, vale a dire l'esperienza di una realtà complessa senza antitesi chiare né semplici alternative, in cui esisteva un ambiguo rapporto tra situazione data e iniziativa libera, tra scelta e condizionamento. In una intervista alla “New Left Review” del 1969, Sartre darà la seguente definizione di libertà: “La libertà è quel piccolo movimento che fa di un essere sociale completamente condizionato una persona che non si limita a ri-esteriorizzare nella sua totalità il condizionamento che ha sofferto”. Nonostante questa riduttiva definizione di libertà, Sartre non rinuncia ad alcuni temi fondamentali della sua filosofia precedente. La libertà continua a essere il centro della sua problematica. Nel 1974, sei anni prima di morire, nelle conversazioni pubblicate con il titolo Ribellarsi è giusto, afferma che l'uomo può essere alienato e reificato appunto perché è libero, perché non è una cosa, neppure una cosa particolarmente complessa. Gli uomini non coincidono mai integralmente con i loro fattori di condizionamento; se così fosse, di fatto non si potrebbe neppure parlare dei suoi condizionamenti. Un robot non potrebbe mai essere oppresso. Le alienazioni rinviano alla libertà.
Umanesimo filosofico
Posizione sostenuta da numerosi esponenti dell'esistenzialismo e da rappresentanti di diverse correnti storicistiche. Si è verificato anche il manifestarsi di alcune confuse ideologie basate sulla presunta “natura umana”. Questi naturalisti, in generale, accettano la definizione dell'essere umano come “animale razionale” e, perciò, lo collocano accanto a una animalitas evoluta e così non determinano le differenze strutturali tra l'essere umano e l'animale, ma annotano le differenze di complessità che si sviluppano in una stessa struttura. Non è facile comprendere come quei naturalisti o neonaturalisti possano considerarsi “umanisti”.
Umanesimo marxista
È una forma di umanesimo filosofico. Si sviluppa particolarmente negli anni seguenti la seconda guerra mondiale a opera di un gruppo di filosofi. Gli esponenti più rappresentativi sono: Ernst Bloch in Germania, Adam Schaff in Polonia, Roger Garaudy in Francia, Rodolfo Mondolfo in Italia, Erich Fromm e Herbert Marcuse negli Stati Uniti. Questi autori hanno tentato di recuperare e di sviluppare l'aspetto umanista che, secondo la loro interpretazione, costituiva l'essenza stessa del marxismo. In precedenza, Engels nella sua famosa lettera a Bloch (1880) aveva sottolineato come il marxismo fosse stato male inteso e che vedere un determinismo assoluto e unilaterale delle forze produttive sulla coscienza e sulle sovrastrutture fosse stato un errore. La coscienza, spiegava, reagiva a sua volta sulla struttura ed era necessaria per la comprensione rivoluzionaria delle mutazioni della struttura e della contraddizione tra le forze produttive e i rapporti sociali.
I marxisti umanisti hanno sottolineato l'importanza dei testi giovanili di Marx, soprattutto dei Manoscritti economico-filosofici del 1844, dell'Ideologia tedesca e della Critica della filosofia del diritto di Hegel, e di altri della maturità, come quelli della “teoria del plusvalore”. Questi filosofi si sono sforzati di reinterpretare il pensiero di Marx in chiave non strettamente economicista e materialista. Hanno perciò dato attenzione più che agli scritti della maturità di Marx, come Il capitale, alle opere giovanili ritrovate negli anni trenta. Hanno dato grande rilievo a quel brano dei Manoscritti in cui Marx dice: “Ma l'uomo non è soltanto un essere naturale; è anche un essere naturale umano, cioè è un essere che è per se stesso, e quindi un essere generico; come tale egli si deve attuare e confermare tanto nel suo essere che nel suo sapere. Perciò gli oggetti umani non sono gli oggetti naturali, come si presentano in modo immediato [...]. Né la natura, oggettivamente, né la natura, soggettivamente, è immediatamente presente all'essere umano in forma adeguata”. Marx dice, all'inizio dell'esposizione della sua antropologia nei Manoscritti: “Vediamo qui come il naturalismo o umanismo condotto al proprio termine si distingua tanto dall'idealismo che dal materialismo, e sia ad un tempo la verità che unisce entrambe”.
Mondolfo spiega: “In realtà, se esaminiamo senza prevenzioni il materialismo storico, quale ci risulta dai testi di Marx ed Engels, dobbiamo riconoscere che non si tratta di un materialismo, ma di un vero umanismo, che al centro di ogni considerazione e discussione pone il concetto dell'uomo. È un umanismo realistico (reale Humanismus), come lo chiamarono i suoi stessi creatori, il quale vuol considerare l'uomo nella sua realtà effettiva e concreta, vuol comprendere l'esistenza di lui nella storia e comprender la storia come realtà prodotta dall'uomo per via della sua attività, del suo lavoro, della sua azione sociale, attraverso i secoli in cui si va svolgendo il processo di formazione e trasformazione sul quale l'uomo vive, e si va sviluppando l'uomo stesso come effetto e causa, ad un tempo, di tutta l'evoluzione storica. In questo senso troviamo che il materialismo storico non può confondersi con una filosofia materialistica”(antiumanesimo filosofico, marxismo-leninismo).
Umanesimo nuovo o neoumanesimo
vedi Nuovo Umanesimo
Umanesimo prerinascimentale
Alcuni autori hanno definito con questa espressione l'umanesimo storico occidentale che comincia a svilupparsi alla metà dell'XI secolo. Tra gli esponenti di questa corrente possono essere compresi i poeti goliardi e le scuole delle cattedrali francesi del XII secolo. Numerosi specialisti hanno sottolineato come già nell'umanesimo prerinascimentale appaia una nuova immagine dell'essere umano e della personalità umana. Questa viene costruita ed espressa attraverso l'azione e in tal senso si attribuisce particolare importanza alla volontà rispetto all'intelligenza speculativa. D'altra parte, emerge un nuovo atteggiamento nei confronti della natura. Questa non è più una semplice creazione di Dio e una valle di lacrime per i mortali, ma l'ambiente dell'essere umano e, in alcuni casi, la sede e il corpo di Dio. Infine, questa nuova collocazione di fronte all'universo fisico rafforza lo studio dei diversi aspetti del mondo materiale, tendente a spiegarlo come un insieme di forze immanenti che non richiedono per la loro comprensione concetti teologici. Ciò rivela già un chiaro orientamento verso la sperimentazione e una tendenza al dominio delle leggi naturali. Il mondo è ormai il regno dell'uomo e questi deve dominarlo attraverso la conoscenza delle scienze.
Umanesimo storico
Nel mondo accademico occidentale, si è soliti chiamare “umanesimo” il processo di trasformazione della cultura che, iniziato in Italia, particolarmente a Firenze, tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento, si conclude con il Rinascimento e con la sua espansione in tutta l'Europa. Quella corrente si manifestò legata alle humanae litterae (gli scritti relativi alle cose umane), in contrapposizione alle divinae letterae (che mettevano l'accento sulle cose divine). E questo è uno dei motivi per cui i suoi rappresentanti si chiamano “umanisti”. Secondo questa interpretazione, l'umanesimo è, all'origine, un fenomeno letterario con una chiara tendenza a riprendere i contributi della cultura greco-latina, soffocati dalla visione cristiana medievale. Va sottolineato che il sorgere di questo fenomeno non fu dovuto semplicemente alla modificazione endogena dei fattori economici, sociali e politici della società occidentale ma che questa ricevette influenze trasformatrici di altri ambienti e di altre civiltà. L'intenso contatto con le culture ebraica e araba, il commercio con le culture dell'estremo Oriente e l'allargamento dell'orizzonte geografico, formarono parte di un contesto che incrementò l'attenzione per il genericamente umano e per le scoperte delle cose umane.
Umanesimo storico, situazione dell'
Il mondo europeo medievale preumanista era un ambiente chiuso dal punto di vista temporale e fisico, che tendeva a negare l'importanza del contatto che si verificava, di fatto, con altre culture. La storia, dal punto di vista medievale, è la storia del peccato e della redenzione; la conoscenza di altre civiltà non illuminate dalla grazia di Dio non riveste grande interesse. Il futuro prepara semplicemente l'Apocalisse e il giudizio di Dio. La Terra è immobile e si trova al centro dell'universo, secondo la concezione tolemaica. Tutto è circondato dalle stelle fisse e le sfere planetarie girano animate da potenze angeliche. Questo sistema si conclude nell'empireo, sede di Dio, motore immobile che tutto muove. L'organizzazione sociale corrisponde a questa visione: una struttura gerarchica ed ereditaria differenzia i nobili dai servi. Al vertice della piramide ci sono il papa e l'imperatore, a volte alleati, a volte in lotta per la preminenza gerarchica. Il regime economico medievale, almeno fino all'XI secolo, è un sistema economico chiuso, basato sul consumo dei prodotti nel luogo di produzione. La circolazione monetaria è scarsa, il commercio difficile e lento. L'Europa è una potenza continentale chiusa perché il mare, in quanto via di traffico, è in mano ai bizantini e agli arabi. Ma i viaggi di Marco Polo e il suo contatto con le culture e con la tecnologia dell'estremo Oriente; i centri culturali della Spagna da dove i maestri ebrei, arabi e cristiani diffondono conoscenza; la ricerca di nuove rotte commerciali che evitino la barriera del conflitto bizantino-musulmano; la formazione di uno strato mercantile ogni giorno più attivo; la crescita di una borghesia cittadina sempre più forte e lo sviluppo di istituzioni politiche più efficienti come le signorie italiane, segnano un cambiamento profondo nell'atmosfera sociale, e questo cambiamento consente lo sviluppo dell'atteggiamento umanista. Non si dovrà dimenticare che questo sviluppo comporta numerosi progressi e regressi fino a quando il nuovo atteggiamento si sarà reso cosciente.
Umanesimo storico, sviluppo dell'
Cent'anni dopo Petrarca (1304-1374) si registrava una conoscenza dei classici dieci volte maggiore rispetto ai mille anni precedenti. Petrarca condusse la propria ricerca negli antichi codici cercando di correggere una memoria deformata e così ebbe inizio una tendenza alla ricostruzione del passato e un nuovo punto di vista circa il fluire della storia, impedito allora dall'immobilismo dell'epoca. Un altro dei primi umanisti, Giannozzo Manetti, nella sua opera De dignitate et excellentia hominis (la dignità e l'eccellenza dell'uomo), rivendicò l'essere umano contro il De contemptu mundi (il disprezzo del mondo) predicato dal monaco Lotario, il futuro papa Innocenzo III. Quindi, Lorenzo Valla nel suo De voluptate (il piacere) attaccò il concetto etico del dolore, vigente nella società del suo tempo. E così, mentre si verificava il cambiamento economico e si modificavano le strutture sociali, gli umanisti prendevano coscienza di quel processo dando luogo a una vasta mole di produzioni in cui si delineò quella corrente che oltrepassò gli ambiti culturali e finì per mettere in discussione le strutture del potere che si trovavano nelle mani della Chiesa e del monarca. È noto che molti temi introdotti dagli umanisti continuarono ad affermarsi e ispirarono gli enciclopedisti e i rivoluzionari del XVIII secolo. Ma dopo la rivoluzione americana e quella francese, iniziò il declino in cui l'atteggiamento umanista rimase sommerso. L'idealismo critico, l'idealismo assoluto e il romanticismo, ispiratori a loro volta di filosofie politiche assolutiste, tralasciarono l'essere umano come valore centrale per trasformarlo nell'epifenomeno di altre potenze.
Umanesimo teocentrico
È una posizione così definita per similitudine con alcune proposte di altri umanesimi, ma partendo sempre dall'idea della divinità. L'umanesimo cristiano è una forma di umanesimo teocentrico. Manifestazioni dell'umanesimo teocentrico possono essere osservate nelle più diverse culture.
Umanesimo universalista
Detto anche Nuovo Umanesimo. È caratterizzato dalla sottolineatura dell'atteggiamento umanista. Questo atteggiamento non è una filosofia ma una prospettiva, una sensibilità e un modo di vivere il rapporto con gli altri esseri umani. L'umanesimo universalista sostiene che in tutte le culture, nel loro miglior momento di creatività, l'atteggiamento umanista pervade l'ambiente sociale. Vengono così ripudiate la discriminazione, le guerre e, in generale, la violenza. La libertà di idee e di credenze assume forte impulso e ciò incoraggia, a sua volta, la ricerca e la creatività nella scienza, nell'arte e nelle altre espressioni sociali. In ogni caso, l'umanesimo universalista propone un dialogo non astratto né istituzionale tra culture, ma l'accordo sui punti essenziali e la reciproca collaborazione tra rappresentanti di diverse culture, basandosi su “momenti” umanisti simmetrici (momento umanista). Il panorama generale delle idee dell'umanesimo universalista è delineato nel documento del movimento umanista (umanista, documento).
Umanista
1. In senso amplio, si chiama così chi pratica un atteggiamento umanista. 2. In senso stretto, si chiama così chi partecipa all'attività del movimento umanista.
Umanista I, manifesto
(Humanist manifesto I) È stato pubblicato nel 1933 a firma di trentaquattro noti autori, tra cui Dewey. Si tratta di uno scritto dal forte tono naturalista. Sia in questo manifesto sia nel seguente manifesto umanista II, si insiste sulla libertà individuale e sul mantenimento del regime politico democratico.
Umanista II, manifesto (Humanist manifesto II)
Pubblicato nel 1974 a firma di numerosi autori tra cui Skinner, Monod e Sacharov. L'autore che serve da legame tra i due manifesti è C. Lamont, che firma il testo. Il manifesto in questione ha un forte accento social-liberale. Sottolinea la necessità di una pianificazione economica ed ecologica che non comprometta le libertà individuali, compresi il suicidio, l'aborto e la pratica dell'eutanasia.
Umanista, parole affini
La parola “umanista”, che indicava un certo tipo di studioso, cominciò a essere usata in Italia nel 1538. Su questo punto si rinvia alle osservazioni di A. Campana nell'articolo “The origin of the word 'Humanist'”, pubblicato nel 1946. I primi umanisti non si riconoscevano in questa definizione, che si affermerà molto più tardi. Parole affini come “humanistische” (umanistico), secondo gli studi di Walter Rüegg, cominciano a essere usate nel 1784 e “humanismus” (umanesimo) comincia a diffondersi a partire dai lavori di Niethammer del 1808. È a metà del secolo scorso che il termine “umanesimo” circola in quasi tutte le lingue. Parliamo, quindi, di definizioni recenti e di interpretazioni di fenomeni che sicuramente furono vissuti dai loro protagonisti in modo molto diverso da come li ha considerati la storiologia o la storia della cultura del secolo scorso.
Umanità
(dal lat. humanitas, -atis, der. di humanus, umano) Sensibilità, compassione per le disgrazie dei nostri simili; benevolenza, mansuetudine, affabilità.
In senso lato, comprende tutte le generazioni dell'Homo sapiens nel passato e nel presente. In tal senso, la storia dell'umanità ha approssimativamente 200 o 300mila anni, anche se il neo-antropos compare visibilmente 60mila anni fa in Africa e 40mila nella penisola arabica. In senso stretto, l'umanità comprende tutte le generazioni presenti, cioè, all'incirca 6.400 milioni di persone che abitano la nostra Terra.
Il concetto di umanità è sorto da 9 a 7mila anni orsono, contemporaneamente alle antiche civiltà d'Europa, d'Asia e d'Africa. Ma soltanto a partire dal XV e XVI secolo questa concezione dell'umanità presente, come insieme di tutti gli esseri umani che abitano il globo terracqueo, si trasforma nel patrimonio della scienza e della pratica delle relazioni internazionali. Tuttavia, soltanto dopo la seconda guerra mondiale, con la creazione dell'ONU, che proclama la priorità dei diritti umani, la pratica della discriminazione di diversi gruppi umani è condannata ufficialmente dalla comunità internazionale, anche se non è ancora sradicata.
Umanitarismo
Attività pratica mediante la quale si cerca di risolvere problemi particolari di individui o di insiemi umani. L'umanitarismo non pretende di modificare le strutture del potere, ma molto spesso ha condotto alla conformazione di stili di vita assai validi dal punto di vista dell'impegno rispetto alle necessità immediate dell'essere umano. Tutte le azioni di solidarietà sono, in maggiore o minore misura, forme di umanitarismo (altruismo, filantropia).
Utopia
(dal greco ou, non e topos, luogo; luogo che non esiste) Termine tratto dal libro Utopia (1516) del politico e scrittore inglese Tommaso Moro, che descriveva una repubblica immaginaria ideale. Si tratta del sinonimo del sogno della fondazione artificiale di un paradiso terrestre, basato su un alto ideale sociale.
Attualmente, l'utopismo è proprio delle varie scuole filosofiche di tendenza umanista perché riflette le aspirazioni di un mondo migliore, della felicità, dell'uguaglianza e del benessere. Questo fattore svolge certamente un ruolo positivo nel muovere l'energia creatrice dell'essere umano, contribuisce allo sviluppo della sua intenzionalità come stimolo reale del progresso sociale e come norma morale.
Ma nella vita reale i tentativi artificiali di realizzare l'ideale utopico “qui e adesso”, senza prendere in considerazione circostanze precise e tendenze dello sviluppo di determinate società, hanno generato numerosi abusi di potere e numerose vittime umane. Questa triste esperienza si riflette nella letteratura critica sotto forma di “antiutopie”.
V
Violenza
(dal lat. violentia, der. di violentus, violento, da riconnettersi a vis, forza) È il modo più semplice, frequente ed efficace per conservare il potere e la supremazia, per imporre la propria volontà ad altri, per usurpare il potere, la proprietà e anche le vite altrui. Secondo Marx, la violenza è “la levatrice della storia”, cioè: tutta la storia dell'umanità, compreso il progresso, deriva dalla violenza, dalle guerre, dagli espropri di terre, dai complotti, dagli omicidi, dalle rivoluzioni ecc. Quell'autore afferma che tutti i problemi importanti nella storia si risolvevano di solito con la forza. L'intelligenza, le ragioni o le riforme svolgevano un ruolo subordinato. In questo senso Marx ha ragione; tuttavia, non ha ragione nella misura in cui assolutizza il ruolo della violenza, negando i vantaggi dell'evoluzione senza violenza. Non ha ragione neppure quando giustifica la violenza con una finalità nobile (sebbene egli stesso abbia spesso affermato che nessuna buona ragione può giustificare mezzi malvagi per conseguirla). I sostenitori della violenza di ogni segno la giustificano come mezzo per ottenere risultati “buoni” o “utili”. Tale prospettiva è pericolosa ed equivoca poiché conduce all'apologia della violenza e al rifiuto dei mezzi nonviolenti.
Si differenzia di solito la violenza diretta, individualizzata (autorità del padre sul figlio) da quella indiretta (trasmutante), “codificata” normalmente per le istituzioni sociali e per la politica ufficiale (guerre, dominio del dittatore, potere del partito unico, monopolio confessionale); vi sono anche violenze fisiche, psicologiche, palesi o mascherate. Nella società si vedono altre gradazioni più precise di violenza: a livello di famiglia, di nazione, di politica mondiale, come pure del rapporto dell'essere umano con la natura, con altre specie animali ecc. Osserviamo dovunque elementi di vario genere, manifestazioni o condizioni della violenza che agisce per risolvere problemi o conseguire risultati desiderati a costo di danneggiare e far soffrire un altro individuo. La violenza non si orienta verso un nemico determinato (anche se ciò può accadere) ma ad ottenere determinati risultati concreti e per questo si considera necessaria e utile. Spesso chi violenta crede di agire in modo giusto. Da qui deriva il concetto secondo cui la violenza si divide in “bianca” (giustificata) e “nera” (ingiustificata).
La violenza ha molte facce. Nella maggior parte dei casi viene considerata come categoria etica, come un male o un “male minore”. La violenza si è insinuata in tutti gli aspetti della vita: si manifesta in modo costante e quotidiano nell'economia (sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, coazione dello Stato, dipendenza materiale, discriminazione del lavoro della donna, lavoro minorile, imposizioni ingiuste ecc.); nella politica (il dominio di uno o di alcuni partiti, il potere del capo, il totalitarismo, l'esclusione dei cittadini nel momento di prendere decisioni, la guerrra, la rivoluzione, la lotta armata per il potere ecc.); nell'ideologia (imposizione di criteri ufficiali, proibizione del libero pensiero, subordinazione dei mezzi di comunicazione, manipolazione dell'opinione pubblica, propaganda di concetti dal contenuto violento e discriminatorio che risultano comodi all'élite che governa ecc.); nella religione (sottomissione degli interessi dell'individuo alle disposizioni clericali, controllo severo sul pensiero, proibizione di altre credenze e persecuzione degli eretici); nella famiglia (sfruttamento della donna, imposizione sui figli ecc.), nell'insegnamento (autoritarismo dei maestri, punizioni corporali, proibizione dei programmi liberi di insegnamento ecc.); nell'esercito (volontarismo dei capi, obbedienza cieca dei soldati, punizioni ecc.); nella cultura (censure, esclusione delle correnti innovatrici, proibizione di pubblicare opere, imposizioni della burocrazia ecc.).
Se analizziamo la sfera di vita della società contemporanea, ci troviamo sempre di fronte al fatto che la violenza restringe la nostra libertà; perciò risulta praticamente impossibile determinare quale genere di proibizioni e di soffocamento della nostra volontà siano realmente razionali e utili, e quali abbiano un carattere surrettizio e antiumano. Un ruolo particolare delle forze autenticamente umaniste consiste nel superare le caratteristiche aggressive della vita sociale: favorire l'armonia, la nonviolenza, la tolleranza e la solidarietà.
Quando si parla di violenza, si fa generalmente allusione alla violenza fisica in quanto questa è l'espressione più evidente dell'aggressione corporale. Altre forme di violenza, come quella economica, razziale, religiosa, sessuale ecc. in varie situazioni possono agire nascondendo il proprio carattere e sfociando, in definitiva, nell'assoggettamento dell'intenzione e della libertà umane. Quando queste forme si rivelano in modo manifesto, si esercitano anche attraverso la coazione fisica. Correlativa ad ogni forma di violenza è la discriminazione.